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Lo Spirito Santo nell’agire umano
Michael Böhnke

Lo Spirito Santo nell’agire umano

Per una pneumatologia pratica

Prezzo di copertina: Euro 25,00 Prezzo scontato: Euro 23,75
Collana: Giornale di teologia 417
ISBN: 978-88-399-3417-8
Formato: 12,3 x 19,5 cm
Pagine: 288
Titolo originale: Gottes Geist im Handeln der Menschen. Praktische Pneumatologie
© 2019

In breve

Lo Spirito è la certezza, a noi promessa, della presenza divina: ma questa presenza dove è visibile, come si manifesta, in che maniera è possibile coglierla nella pratica?
Ecco una ricerca davvero nuova su “lo Spirito nell’agire” e su “l’agire nello Spirito”!

Descrizione

Come opera lo Spirito di Dio, dove si manifesta? Questo studio risponde: lo Spirito si lascia cogliere esattamente nell’agire umano.
Prendendo le distanze dalle consuete affermazioni sullo Spirito Santo, troppo spesso indeterminate, Böhnke sollecita una pneumatologia in chiave pratica, che abbia come punto di partenza l’umano e come approccio fondamentale l’interazione tra gli esseri umani. L’autore analizza in profondità determinati gesti percepibili come esperienze – implicite o esplicite – dello Spirito di Dio: l’epìclesi, la parresìa, la dossologia, la sagacia...
E, riflettendo su queste prassi e rifacendosi alla testimonianza biblica, evidenzia i caratteri distintivi dello Spirito di Dio, fino a giungere alla determinazione dello Spirito Santo come persona.
Questo nuovo approccio apre allo Spirito Santo come entità divina che viene ricevuta, che libera, che riempie di sé, che esercita una pressione benevola. E dischiude prospettive inedite per l’ecclesiologia, per l’escatologia, per una concezione ecumenica della Trinità.
Una ricerca davvero nuova su “lo Spirito nell’agire” e su “l’agire nello Spirito”.

Recensioni

È decisamente intrigante e stimolante la proposta di una «pneumatologia pratica» avanzata nel suo ultimo saggio da Michael Böhnke, docente di teologia sistematica a Wuppertal e di diritto canonico a Münster, che intende tratteggiare le linee portanti di un «innovativo progetto teologico-sistematico» (p. 11). Se le epoche moderna e postmoderna hanno relegato l'azione dello Spirito nell'esperienza interiore, carismatica e spirituale, l'intento dell'A. è di mostrare piuttosto come lo Spirito di Dio si manifesti nell'agire umano, offrendo così una prospettiva inedita per poter superare quella percezione di «lontananza di Dio» e quell'«oblio dello Spirito» che - a suo dire - «caratterizzano la comprensione dell'agire umano» nel nostro tempo (p. 7).

Egli è consapevole che si tratta di una «pretesa» ambiziosa, in quanto comporta una riformulazione radicale della pneumatologia, non più come semplice tema dogmatico partendo dalla dottrina della Trinità, bensì a partire dalla considerazione della «determinatezza» dell'agire umano da parte dello Spirito e - reciprocamente - in vista di mostrare «come lo Spirito di Dio può essere identificato nella realtà dell'agire umano» (p. 8). D'altra parte, in un'epoca segnata dall'«assenza di Dio», una tale operazione vorrebbe aprire la possibilità di cogliere la «presenza di Dio» all'uomo non solo «intellettualmente», ma anche «esistentivamente». Scrive l'A.: «Forse oggi, nella coscienza di chi crede come pure nella predicazione della chiesa, ci basiamo troppo facilmente su un'ovvia presenza di Gesu Cristo» (p. 15). In realtà, «si esige troppo dalla cristologia se essa deve preoccuparsi della presenza di Dio, poiché anche la presenza di Gesù Cristo come Signore glorificato è accessibile solamente nello Spirito» (p. 20). Pertanto, la tesi che sostiene l'intera proposta è che «si può contrastare l'assenza di Dio soltanto con una pneumatologia pratica», che tematizzi «la dimensione pneumatica come verità divina rivendicata nell'agire» (p. 23).

Dopo una prima ampia parte introduttiva (cap. 1), che presenta la questione e delimita il campo della ricerca nel contesto del dibattito pneumatologico degli ultimi decenni - in dialogo quindi con numerosi esponenti della teologia del '900 e contemporanea, quasi esclusivamente di area tedesca - il progetto si snoda in tre parti successive.

Anzitutto (cap. 2), dopo un'analisi fenomenologica dell'agire umano con l'obiettivo di «dimostrare che la determinatezza dello Spirito nella realtà dell'azione è per se stessa un fattore strutturale costitutivo dell'agire», Böhnke passa in rassegna alcuni atti che «da sé affermano esplicitamente un determinato legame con lo Spirito e quindi rivendicano di essere determinati dallo Spirito di Dio» (p. 72): l'epiclesi,ovvero quella invocazione che «afferma lo Spirito Santo come destinatario e implica la divinità collegata al suo nome» (p. 73); la parrhesia,ovvero quel parlare con franchezza che esprime una certa distanza o differenza tra me e l'altro e, in tal modo, «tematizza la libertà dello Spirito ricevuto» mentre reclama «l'automanifestazione dello Spirito come verità tra noi» (p. 73); la dossologia,che secondo Lc 10,21 (Gesù che esulta di gioia nello Spirito) è espressione dell'esperienza soggettiva (o anche ecclesiale) di essere «pieno dello Spirito» e rivendica quindi «l'automanifestazione dello Spirito come espressione di una certezza escatologica» (p. 74); infine la sazienza (dal latino medievale sacire = catturare, entrare in possesso, acquisire), ovvero l'esperienza dell'«essere-toccati» o «afferrati» dallo Spirito – indagata a partire dall'esperienza del teatrodanza contemporaneo (a opera di Pina Baush, di Wuppertal) come espressione della vita - in cui lo Spirito si esprime come «movimento e commozione che prende tutta la persona», in modo che «il corpo vivente diventa espressione della presenza divina» (p. 75).

Una volta considerato lo Spirito nella realtà di queste azioni, «come entità che viene ricevuta, che libera, riempie e tocca», in un secondo momento (cap. 3) Böhnke mostra come all'automanifestazione dello Spirito comunicata in tali esperienze corrisponde una precisa determinazione dello Spirito santo come persona, che egli vede caratterizzata da «un duplice in-essere»: tanto nella vita di Dio (come presenza e sussistenza del Padre nel Figlio e del Figlio nel Padre, ovvero come «glorificazione»), quanto nella vita degli uomini (come presenza di Dio che vivifica, santifica e perfeziona nell'altro da sé) lo Spirito è «lo stesso nell'inabrogabile differenza», come «sigillo» della promessa di fedeltà incondizionata.

Il guadagno così maturato circa alcuni tratti costitutivi della personalità dello Spirito a partire dalla sua determinazione nell'agire umano, oltre le semplici categorie tradizionali di «dono» e «comunione», consente nell'ultima parte una rivisitazione pneumatologica di alcuni trattati teologici (cap. 4). Per quanto riguarda l'ecclesiologia,«il richiamo cristocentrico alla logica dell'incarnazione per fondare la presenza istituzionale di Cristo nella chiesa va corretto e integrato con il richiamo pneumatocentrico all'assenza del Glorificato come presupposto per l'invio dello Spirito», aprendo così a una idea di chiesa «più libera, più pellegrinante, più interrogante», «più plurale e più peccatrice», che «sente la mancanza di Cristo» e «implora la presenza di Dio nello Spirito» mentre «spera nel ritorno di Cristo» (p. 76). Per quanto riguarda la dottrina della redenzione e l'escatologia,una pneumatologia pratica conduce a considerare il compiersi della redenzione di Cristo per mezzo dello Spirito presso il credente come «verità della coscienza» circa il presente e «certezza della redenzione» circa il futuro, tematizzando l'inclusione dei battezzati nella relazione di Gesù con Dio mediante le categorie di «amicizia», «in-esistenza» ed «eredità». Infine, per quanto riguarda la dottrina della Trinità,viene rivisitata sia la questione del Filioque, sia la controversia teologica sul concetto trinitario di persona.

Non sempre agile alla lettura, a motivo sia della densità della scrittura sia di un linguaggio talvolta stringato che tocca molti temi e questioni, il percorso di ricerca si muove invece con agilità attraverso la testimonianza scritturistica e la recente storia filosofico-teologica. In tal modo viene offerto al lettore un affresco che, per quanto possa apparire ancora in forma di abbozzo – in cui, come lo stesso A. riconosce, affermazioni che possono apparire talvolta unilaterali chiederebbero maggiore affondo e calibratura – tuttavia riesce efficacemente a far cogliere la forza innovativa dell'intuizione che lo sostiene, lanciando una sfida alla teologia contemporanea che appare promettente.


V. Sottana, in Studia Patavina 68 (1/2021) 167-169

Il recente saggio di M. Böhnke rappresenta un tentativo originale di proporre una teologia dello Spirito che permetta un accesso alla presenza di Dio non solo intellettualmente, ma anche esistentivamente ed ecclesialmente significativo.

La tesi di fondo del volume è che, se si vuole contrastare l'assenza di Dio nel mondo contemporaneo, occorre ripartire da una pneumatologia pratica più che da una cristologia, giacché anche la presenza di Gesù Cristo come Signore glorificato è accessibile solamente nello Spiriro. È l'oblio dello Spirito la causa teologica che ha reso la presenza di Dio come evanescente e difficilmente accessibile. Per «pneumatologia pratica» l'autore intende il tentativo di identificare la presenza di Dio come realtà determinata dallo Spirito Santo e accessibile partendo da atti elementari e generalmente comprensibili.

La concezione dello Spirito Santo e la conseguente riflessione pneumatologica hanno storicamente quasi sempre riguardato aspetti interiori dell'esistenza. Lo Spirito cioè si manifesterebbe nella coscienza dell'uomo, nella sua interiorità, in una sorta di "locuzione" attraverso la quale Dio farebbe sentire in modo efficace la propria voce ai singoli fedeli. Limpresa di Böhnke procede in direzione opposta e muove da una premessa audace: non approdare alla pneumatologia a partire dalla Trinità, bensì giungere alla Trinità a partire dalla pneumatologia, intesa come condizione di ogni conoscenza teologica. La fede nella Trinità dipende da premesse pneumatologiche, così come la giusta comprensione di Gesù come il Cristo, la creazione, la grazia, la Chiesa, l'escatologia, il dialogo ecumenico sono possibili nello Spirito Santo.

La pneumatologia non può essere sviluppata adeguatamente a partire dalla dottrina trinitaria, che è stata la via classica dal punto di vista storico-dogmatico, perché si è trattato di un approccio dovuto a motivi apologetici, ossia alla contestazione della divinità dello Spirito Santo nel IV secolo. Dopo Rahner, tuttavia, cristologia e pneumatologia hanno tematizzato i due modi dell'autocomunicazione divina. Biblicamente si può parlare di una personalità dello Spirito soltanto con riferimento alla persona di Gesù Cristo, dal quale lo Spirito è ricevuto come Paraclito. Per Böhnke, dunque, l'idea della personalità dello Spirito si basa sulla conoscenza che Gesù Cristo è persona e non la si può sviluppare adeguatamente a posteriori muovendo dalla dottrina della Trinità o da un concetto trinitario di persona: «Una pneumatologia pratica inizia con la prassi dell'essere uomo vissuto. Essa riflette ed evidenzia la dimensione dello Spirito cogliendola nella pratica. Tematizza quindi determinate esperienze che possono essere viste come percepibili e descrivibili esperienze dello Spirito di Dio, dove – e questo dovrà essere spiegato in seguito – l'esperienza deve essere determinata con Heribert Mühlen [che cita qui Bultmann] come un "conoscere nella relazione" (68).

Compito centrale e irrinunciabile della pneumatologia pratica è dunque per Böhnke sviluppare e provare teologicamente la presenza di Dio nello Spirito nel contesto dell'azione umana. Nel primo capitolo del suo saggio l'autore delinea un confronto sintetico con numerosi teologi che, soprattutto nel corso del Novecento, hanno sviluppato un fecondo contributo pneumatologico, tra cui Scheeben, Breuning, Schell, Malmberg, Schillebeeckx, Rahner, Pannenberg, Moltmann, Hilberath, Greshake, Müller-Fahrenholz, Welkrer e altri.

Nel secondo capitolo l'autore analizza in profondità alcuni gesti percepibili come esperienze implicite o esplicite dello Spirito di Dio. Infatti, «lo Spirito viene compreso come ciò da cui è compenetrata l'azione degli umani» (91). L’autore prende in considerazione quattro atteggiamenti fondamentali che animano la vita del cristiano: l'epiclesi, la parresìa, la dossologia, la sazienza.

L’epiclesi è l'atto attraverso il quale si manifesta la forma fondamentale dell'agire cristiano, cioè l'invocazione con cui gli uomini si rivolgono a Dio come il Signore. Essa non è un privilegio di un determinato gruppo di persone, ma il gesto con cui ogni uomo, sempre e ovunque, può invocare direttamente lo Spirito di Dio. Dopo il concilio Vaticano II l'epiclesi liturgica è stata oggetto, giustamente, di una forte valorizzazione che ha conseguenze ecclesiologiche ed ecumeniche.

La parresìa, cioè il parlare franco, aperto e pubblico, è l'espressione costitutiva e distintiva dell'azione profetica nel mondo. Si tratta della capacità del cristiano di farsi annunciatore di quelle verità scomode che garantiscono la libertà di sé e degli altri.

La dossologia, tecnicamente concepita come discorso di glorificazione, è in realtà la risposta al dono dello Spirito, la capacità di corrispondere nella preghiera lo Spirito Santo da cui il cristiano si sente abbracciato. Nella lode il singolo individuo e tutta la Chiesa testimoniano anticipatamente l'esperienza escatologica dell'essere riempiti dallo Spirito. La dossologia è la preghiera che più di ogni altra esprime questo passaggio.

Infine, Böhnke sviluppa il concetto di sazienza, ossia l'essere afferrati dallo Spirito che trova la sua espressione descrittiva in un movimento vivente e in carne ossa. Per Böhnke, «partendo dall'idea della determinatezza dell'agire secondo lo Spirito, lo Spirito di Dio può essere identificato teoreticamente in rutti gli atti, e cioè: non soltanto nell'azione dei credenti o della Chiesa [...]. Questo essere-toccati (Ergriffenheit) può essere rappresentato nella più effimera di tutte le forme artistiche, la danza, e lo può essere in un modo che non sarebbe possibile rendere con le parole» (149).

Nel terzo capitolo l'autore propone un'interessante riflessione sull'applicazione del concetto moderno di persona allo Spirito Santo. Nella letterarura teologica specialistica il proprium dello Spirito è descritto solitamente con i concetti di dono e/o di persona. La teologia trinitaria classica ha affermato che lo Spirito è, da un lato, un dono per una persona e, dall'altro, come dono è egli stesso una persona. Lo Spirito Santo, come datore del dono, è persona che comunica se stessa. A questa affermazione è collegata un'impostazione teologica che porta con sé un problema rilevante, ossia il fatto che nella teologia classica la persona non è stata determinata sul concetto della soggettività e sulle caratteristiche ad essa collegate, come la libera volontà, la coscienza di sé e la relazione. Nella concezione antica e medievale «la ragione determinante della persona è piuttosto un proprium incomunicabile, con il quale nella teologia della Trinità poteva essere definita la distinzione reale fra Padre, Figlio e Spirito. Se si usano concetti soggettivi per esprimere la personalità dello Spirito come quella delle altre due persone divine, si introduce nella dottrina della Trinità il concetto moderno di persona, che presuppone una soggettività autocosciente e un agire autodeterminato» (176-177).

Questo riferimento è per l'autore estremamente controverso. Da un lato, Böhnke sa bene che la categoria di persona attribuita allo Spirito èirrinunciabile perché una concezione non-personale dello Spirito sacrificherebbe sia il pensiero della definitività dell'autorivelazione di Dio in Gesù Cristo sia quello della presenza di Cristo nello Spirito Santo. Solo se è compreso come persona, seguendo il Cristo giovanneo, «prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà» (Gv 16,14). D'altra parte, l'autocomunicazione dello Spirito Santo è l'autocomunicazione del Noi intratrinitario, pertanto lo Spirito è il Noi-in-persona. La riflessione di Böhnke non ha altra pretesa che indicare nuove vie possibili su questo tema.

Infine, nel quarto capitolo il teologo tedesco si incarica di tracciare alcune direttrici tematiche che hanno per oggetto gli sviluppi ecclesiologici, escatologici, la questione del Filioque e il rapporto fra Trinità economica e Trinità immanente. Si tratta di ambiti nei quali Böhnke tenta di mostrare come una piena assunzione dello Spirito nell'orizzonte di vita cristiano non può non condurre la Chiesa a una progressiva riforma, che abbia per oggetto non tanto, o non primariamente, la modifica di alcune sue prassi secolari, come di solito si tende a pensare, bensì la scelta convinta della povertà e dell'essenzialità.

Subito dopo il concilio Vaticano II una parte della teologia e numerosi vescovi avevano avanzato l'opzione preferenziale per i poveri. Tale istanza, che è stata riproposta in modo efficace ecredibile da papa Francesco, non ha contagiato molto la prassi della vita e del ministero episcopale. La ragione di questa resistenza non è fondamentalmente una questione di potere, bensì è la necessità per i pastori di non sentirsi rappresentanti di Cristo, capo della Chiesa, ma di assumere il ministero episcopale o presbiterale come un ministero pneumatologico. Per Böhnke, «se la Chiesa deve trasformarsi in una Chiesa povera per i poveri, questo teologicamente significa che essa deve lasciare che Cristo se ne vada (Gv 16,5-7). L’appello cristocentrico alla logica dell'incarnazione per fondare la presenza di Cristo nella sua Chiesa e il potere del ministero episcopale va integrato con l'appello pneumatologico all'assenza del Glorificato come presupposto per l'invio dello Spirito.

Soltanto questo passo doloroso rende possibile una concezione del popolo di Dio come Chiesa e della Chiesa come Chiesa libera, pellegrina e in ricerca, plurale e peccatrice, che sente la mancanza di Cristo, vive nel suo spirito e spera nel suo ritorno (Gv 16,16-33)».

Il volume di Böhnke, in definitiva, rappresenta un'approfondita e originale pneumatologia che fa tesoro della tradizione antica, senza rigettare nulla di quanto la storia ci ha consegnato, e tuttavia che non teme di mostrare alcune aporie del pensiero trinitario e le loro ricadute sul piano della teologia pratica.


E. Brancozzi, in Rassegna di Teologia 3/2020, 517-520

Lo Spirito esce dall’oblio come un’onda di Hokusai. È l’immagine di copertina del libro di Michael Böhnke, Lo Spirito Santo nell’agire umano, a rappresentare perfettamente l’intento del saggio del teologo tedesco: superare la dimenticanza dello Spirito nella teologia del XX secolo. La “Grande onda” del pittore giapponese secondo l’autore, docente di teologia sistematica a Wuppertal e di diritto canonico a Münster, è destinata a travolgere questo silenzio; un silenzio che ha coinvolto anche la filosofia dopo l’irrilevanza cui è stato condannato da Kant ed Hegel, solo parzialmente spezzata nel secolo scorso da Heidegger e soprattutto da Ferdinand Ebner, che ha parlato di Spirito attraverso il concetto di dono e ha inteso la persona dialogicamente; ancora, un silenzio interrotto solo casualmente dall’espressione comune che ha definito alcuni fenomeni, dal ’68 alle rivoluzioni antisistema, come “il ritorno dello Spirito”.

Il libro di Böhnke, da poco edito da Queriniana, riapre la questione e lo fa coinvolgendo anche l’agire umano. Come opera lo Spirito e dove si manifesta? Alla domanda fondamentale l’autore risponde con lo sguardo del teologo ma portando il discorso anche sul piano concreto: non a caso il sottotitolo del volume è Per una pneumatologia pratica.

Ma procediamo con ordine. Sulla scia di teologi come Jungel, Moltmann, Pannenberg e Kasper e con ampi riferimenti all’enciclica Dominum et vivificantem di Giovanni Paolo II, a suo dire troppo trascurata, Böhnke prende atto del fatto che nessun teologo oggi presume di fondare un discorso su Dio al di fuori di una comprensione cristologica della rivelazione. Ma pur senza mostrare cedimenti verso le profezie di Gioacchino da Fiore, che immaginava l’avvento dell’età dello Spirito come superamento dell’età del Padre e del Figlio, al tempo stesso egli non si accontenta di sentenze come quella di Karl Barth, secondo il quale lo Spirito non è altro che «l’autopresentificazione di Gesù Cristo». E porta a sostegno delle sue tesi un passaggio della Preghiera eucaristica IV: «… il tuo unico Figlio ha mandato, o Padre, lo Spirito Santo, primo dono ai credenti, a perfezionare la sua opera nel mondo e compiere ogni santificazione». Anche la multiforme testimonianza dei credenti prodotta dallo Spirito diviene un segno della speranza escatologica: di qui la necessità di un approccio penumatologico alla presenza di Dio e del Signore glorificato.

I richiami vanno alla teologia di Paolo espressa in particolare nella Lettera ai Corinzi, così commentata da un teologo spesso citato nel libro, Alex Stock: «Confessare Gesù Cristo come il Signore è un respiro del corpo di Cristo». Ma anche a Basilio di Cesarea e Ambrogio, che più di altri Padri della Chiesa hanno rivendicato il ruolo dello Spirito Santo nell’economia della salvezza. Sulla scorta di queste affermazioni, e di altre posizioni di teologi del ‘900 come Rahner e von Balthasar, l’autore ha in mente di contrastare l’assenza di Dio grazie alla pneumatologia. Non concorda con quanto sostenuto da un altro teologo tedesco, Gerhard Ludwig Müller, secondo cui «si mancherebbe l’obiettivo se si introducesse la pneumatologia come un trattato di peso uguale accanto alla cristologia». In soccorso gli viene l’enciclica citata di Wojtyla, per la quale la redenzione compiuta dal Figlio di Dio nella storia è stata, «nella sua intera potenza salvifica, trasmessa dallo Spirito Santo». Anche Paolo VI nel clima di fervore postconciliare in parecchi discorsi invitò i teologi a integrare pneumatologicamente la dottrina del Vaticano II e nel 1973 scrisse: «Alla cristologia e specialmente all’ecclesiologia del concilio deve succedere uno studio nuovo e un culto nuovo dello Spirito Santo».

Oltre a ricostruire il dibattito teologico, il libro di Böhnke come accennato delinea alcune forme pratiche dell’azione dello Spirito Santo, quali l’epiclesi, la parresia, la dossologia, la sagacia… Preghiere e invocazioni, gesti ed esperienze che sono caratteristica di alcuni movimenti ecclesiali e che danno testimonianza della gioia propria delle manifestazioni dello Spirito. Quella letizia di cui scrisse la mistica Madeleine Delbrêl in una poesia: «Fa’ che viviamo la nostra esistenza / come una danza, / tra le braccia della tua grazia». Il tutto apre la via a quella chiesa dell’ascolto così spesso richiamata da papa Francesco. Che proprio alla Pentecoste e all’azione dello Spirito Santo nella vita del cristiano e nella storia dell’umanità ha dedicato un’ampia riflessione nel corso dell’udienza general del 19 giugno scorso. Radunati assieme a Maria nel Cenacolo dopo la Pasqua, gli apostoli sono sorpresi dall’irruzione di Dio, che «non tollera il chiuso; spalanca le porte attraverso la forza di un vento». È lo Spirito che si manifesta e che si presenta, ha spiegato Bergoglio, non solo attraverso una sinfonia di suoni, ma «come direttore d’orchestra, èl’artista della riconciliazione». Così, lo Spirito, ieri come oggi, «fa crescere la chiesa aiutandola ad andare al di là dei limiti umani, dei peccati e di qualsiasi scandalo».

Teologia e pratica ecclesiale possono contribuire a far superare in modo duraturo l’oblio dello Spirito. Per dirla con Böhnke possiamo allora concludere: «Se il Dio, che si è rivelato agli umani con amore incondizionatamente anticipatore, è un Dio che ha determinato se stesso a farsi determinare dalla libertà dell’essere umano, perché neppure l’amore divino raggiunge la sua meta senza il libero consenso dell’essere umano, allora l’essere umano, rispetto a Dio, è uno che con libertà si è determinato a lasciarsi determinare dall’amore di Dio. come il primo fatto è avvenuto in Gesù Cristo, il secondo si è verificato nello Spirito Santo».


R. Righetto, in Avvenire 10 ottobre 2019, 25

L’a. avanza una pretesa: mostrare come si manifesta nel quotidiano agire umano lo Spirito di Dio, in un contesto storico che sembrava registrare il superamento dell’oblio dello Spirito nella teologia. Rispondere alla domanda di come esso operi e dove si riveli significa affermare che lo Spirito si lascia cogliere nell’azione che gli esseri umani svolgono ogni giorno. Una pneumatologia in chiave pratica, pertanto, si impone come punto di partenza in modo tale da riformulare l’epiclesi, la parresia, la dossologia e ogni altro aspetto che vede lo Spirito Santo come entità divina che viene ricevuta, che riempie di sé dischiudendo nuove traiettorie per la stessa ecclesiologia: una pneumatologia in chiave pratica che libera.
D. Segna, in Il Regno Attualità 16/2019

Qual è la caratteristica religiosa più saliente dell’epoca moderna e postmoderna? La risposta secondo Michael Böhnke è la seguente: la lontananza di Dio e l’oblio dello Spirito. L’a. del volume spiega la sua lettura aggiungendo che «queste epoche sono connotate da una rassegnata limitazione dell’azione dello Spirito nell’esperienza interiore, carismatica e spirituale». In altre parole, Böhnke non nega che sia dato uno spazio allo Spirito nella vita dell’uomo, ma – continua la sua analisi – tale spazio è circoscritto nei margini dell’interiorità.

Dinanzi a questa sfida, l’a. propone di rimediare reintroducendo lo Spirito nell’agire concreto e nella vita comunitaria e sociale. Con le prime battute del suo volume, infatti, egli riassume l’intento del libro con queste chiare e succinte parole: «Spirito nell’agire – azione nello Spirito: di ciò di parla in questo libro», ovvero la presentazione di un’ermeneutica pneumatologica della realtà dell’azione dell’essere umano.

In modo più dettagliato, possiamo dire che l’intento della densa opera, che dialoga con un numero non esiguo di autori, è quello di considerare il compito della pneumatologia partendo dal pensiero della determinatezza da parte dello Spirito dell’agire umano rivalutando questa stessa opera. Specularmente, l’opera constata come ogni agire fecondo sia necessariamente determinato dallo Spirito in modo che si possa legittimamente dire che lo Spirito di Dio può essere identificato nella realtà dell’agire umano.

L’a. denuncia all’inizio della sua opera l’eclissi e l’oblio dell’opera dello Spirito vedendo in questa uno dei motivi dell’eclissi di Dio ed avanza in questo contesto la seguente tesi: «Si può constatare l’assenza di Dio soltanto con una pneumatologia pratica. Si esige troppo dalla cristologia se essa deve preoccuparsi della presenza di Dio, poiché anche la presenza di Gesù Cristo come Signore glorificato è accessibile solamente nello Spirito».

Non si può sostituire l’opera di Gesù a quella dello Spirito, né tantomeno contrapporla perché, come evidenzia Otto Dilschneider «è il continuum dello Spirito che collega il Gesù cronistorico e il Cristo kerygmatico nella testimonianza del Kerygmatico e li unisce a tal punto che nel Kerygmatico si manifesta lo stesso Cristo». Detto più semplicemente, è lo Spirito che attualizza l’opera di Cristo.

L’attualizzazione dell’opera di Cristo nello Spirito è una prassi che, secondo l’a., avviene fondamentalmente in quattro atti specifici: l’epiclesi, la parrhesía, la dossologia e la messa in scena dell’essere toccati. L’epiclesi è l’invocazione che fa spazio nella preghiera all’opera dello Spirito. La parrhesia è il parlare con franchezza che tematizza la libertà dello Spirito ricevuto e reclama l’automanifestazione dello Spirito come verità tra noi. La dossologia è l’esultanza nello Spirito ed è l’espressione soggettiva e anche ecclesiale di essere pieno dello Spirito. L’essere toccati e trasformati dallo Spirito è il modo tangibile che attesta l’aver fatto esperienza dello Spirito e che permette di essere toccanti e capaci di rendere una testimonianza convincente.


R. Cheaib, in Theologhia.com 9 giugno 2019

È stato più volte notato che la presenza dello Spirito Santo, la Terza Persona della Santissima Trinità, non sempre viene adeguatamente valorizzata all’interno della vita di fede. Spesso, Egli appare lontano dalla vita quotidiana del credente. Un interessante contributo finalizzato a recuperare la giusta familiarità con il Paraclito proviene da due testi recentemente editi dalla Queriniana.
Nel libro Lo Spirito Santo nell’agire umano. Per una pneumatologia pratica (pp. 278, euro 25), Michael Böhnke, docente di teologia sistematica a Wuppertal, in Germania, intende offrire al lettore indicazioni utili per cogliere le concrete manifestazioni dello Spirito nell’agire umano, sino a mostrarne le evidenti caratteristiche che ne fanno una Persona divina assai vicina all’uomo che a Lei si affida.
Stephan Leimgruber, professore emerito di pedagogia e didattica della religione nell’Università di Monaco di Baviera, autore del volume Spirito Santo, soffia su di noi! Piccola introduzione alla vita spirituale (pp. 212, euro 23), propone un modello di vita che, liberata dalla frenesia e dall’ansia, si lascia animare dallo Spirito Santo, che guida il cristiano all’incontro col Padre e col Figlio. Percepire il soffio dello Spirito – sostiene l’autore – significa porsi in sintonia con Dio nella quotidianità.
M. Schoepflin, in Toscana Oggi 26 maggio 2019

L’assenza di Dio nel nostro tempo, l’esigenza di affidabilità sentita dalle persone e l’oblio dello Spirito Santo rendono ineludibile la ripresa della proposta di una pneumatologia non astratta, teorica, ma vicina alla gente, pratica, per dare accesso a Dio in tempi della sua assenza. Essa si basa sulla convinzione che non tutto ciò che viene operato ad extra nel mondo sia da attribuire a tutta la Trinità, ma che si debba attribuire maggiore forza alla potenza dello Spirito Santo. L’autocomunicazione di Dio avviene prima pneumatologicamente che cristologicamente. Secondo Böhnke chi afferma cristocentricamente la presenza di Dio nel mondo, si priva della sua prova pneumatologica.

Lo Spirito e il sapere della fede

La pneumatologia va preposta a tutti i trattati teologici, perché lo Spirito si manifesta azione di Dio nell’agire dell’uomo e l’azione dell’uomo è a sua volta sempre azione nello Spirito. Occorre rivendicare la primazia dello Spirito di Dio e la rilevanza della prassi pneumatologica prima ancora della sua trattazione teorica. La trattazione e la prospettiva pneumatologica deve precedere i trattati tradizionali sulla cristologia, sulla Trinità, sull’ecclesiologia…

L’autore è il sessantaquattrenne professore di Teologia sistematica al Wuppertal e incaricato di Teologia del Diritto canonico a Münster. Egli delimita il campo di ricerca su quattro basi: 1) la concepibilità di Dio che rivela se stesso come realtà diversa da mondo e uomo partendo dal compimento di atti umani; 2) la determinazione del contenuto della specificità dello Spirito di Dio, che deve avvenire in base all’autorivelazione di Dio nell’uomo; 3) la riscoperta dello Spirito di Dio nell’uomo non può essere ridotta alla riflessione antropologica sullo Spirito. Essa si ha anzitutto nell’esperienza dello Spirito nell’agire e nella vita umana internamente alla società e al mondo. L’esperienza è importante. Non è ammissibile solo quella intima e indimostrabile, ma l’esperienza come conoscenza-in-comunione, comune, verificabile; 4) la rilevanza e la pretesa di validità di una pneumatologia pratica.

L’agire e lo Spirito

Cerchiamo di riassumere il progetto di Böhnke rifacendoci, quasi totalmente alla lettera, ad alcune sue pagine di sintesi (cf. 67-77). Dopo aver esposto un quadro della storia della trattazione dello Spirito Santo nella teologia della Riforma, di quella cattolica e nell’ecumenismo, l’autore espone il suo progetto. Esso incomincia della prassi. Si tratta di dimostrare che la determinatezza dello Spirito nella realtà dell’azione è per se stessa un fare strutturale costitutivo dell’agire.

A partire da questa base, si analizzano determinati atti che da sé affermano esplicitamente un determinato legame con lo Spirito e quindi rivendicano di essere determinati dallo Spirito di Dio: si tratta dell’epiclesi, della parresia, della dossologia e della messa in scena dell’essere-toccati (Ergriffenheit) (danza…). L’epiclesi, come invocazione dello Spirito, afferma lo Spirito Santo come destinatario e implica la divinità collegata al suo nome. Come atto di preghiera la si trova con caratterizzazione cultico-rituale ed eticoesistentiva. In ambedue le dimensioni presuppone la ricezione dello Spirito e rivendica quindi la possibilità del verificarsi dell’esperienza dello Spirito.

La profezia della libertà praticata

La parresia, cioè il parlare con franchezza, realizza la possibilità della distanza, della prospettiva diversa e dell’altro. Tematizza la libertà dello Spirito ricevuto e reclama l’automanifestazione dello Spirito come “verità tra di noi”. In quanto “prassi della libertà”, critica verso il potere e la società, la parresia mira a divenire soggetto dell’altro, è vista come forza di critica sociale. Sviluppa la sua rilevanza in rapporto all’impegno per la giustizia, la pace e la salvaguardia della creazione. Nella teologia femminista sviluppa la sua forza controfattuale e conferma la correlazione dell’agire determinato dallo Spirito con il munus propheticum.

La dossologia è l’esultanza di gioia nello Spirito, espressione dell’esperienza soggettiva o anche ecclesiale di essere pieno dello Spirito. Rivendica l’automanifestazione dello Spirito come espressione di una certezza escatologica. Nella dossologia l’uomo diventa il medium.

Per quanto riguarda la messa in scena dell’essere-toccati, si fa presente che il teatrodanza (cf. Pina Bausch), è stato fondato e inteso come espressione della vita e in esso lo Spirito si esprime come movimento e commozione che prende tutta la persona con una rapidità difficilmente superabile. Nel ricorso alla danza come espressione della vita è superato così a priori ogni dualismo tra spirito e corpo e, al tempo stesso, il corpo vivente diventa espressione della presenza divina.

Essere-toccati: modo dello Spirito

Dal modus dell’essere-toccati si può tracciare una linea verso l’automanifestazione dello Spirito in un’esistenza profetica, mentre una seconda traccia porta invece dall’essere-toccati a una concezione della mistica determinata dallo Spirito. Ambedue i percorsi possono essere visti come testimonianza della presenza di Dio che afferra. Nel c. 3 l’autore espone l’analisi delle realtà delle azioni in cui lo Spirito è considerato esplicitamente come entità che viene ricevuta, che libera, riempie e tocca. Viene in tal modo precisato un approccio alla realtà divina dello Spirito Santo. Si sostiene la tesi che all’automanifestazione dello Spirito comunicata nelle esperienze deve corrispondere la determinazione dello Spirito come persona.

Secondo l’autore, i concetti dello Spirito come “dono” e “comunione” sono deficitari. Egli propone che, come l’esser persona di Gesù è caratterizzato dall’unione ipostatica, così l’essere persona dello Spirito è caratterizzato da un doppio essere: egli è lo stesso nell’inabrogabile differenza e come sigillo della promessa di fedeltà incondizionata ed è sia nella vita di Dio che nella vita degli uomini.

Presso Dio, presso gli uomini – allo stesso tempo

L’in-essere dello Spirito nella vita di Dio si può identificare come presenza e sussistenza del Padre nel Figlio e del Figlio nel Padre o, detto in altre parole, come glorificazione. Il suo in-essere nella vita degli uomini si può identificare come presenza di Dio che vivifica, santifica e perfeziona l’altro. Con queste determinazioni della personalità dello Spirito si prepara il terreno per una rilettura pneumatologica di altri trattati dogmatici. Nel c. 4, infatti, sono sottoposti a tale rilettura alcuni trattati. Per quanto riguarda l’ecclesiologia, sulla scia degli stimoli di papa Francesco per una Chiesa povera e con i poveri, l’autore vede la povertà come implicazione di una visione pneumatologica della Chiesa e come una sua conseguenza.

L’escatologia è vista come automanifestazione dello Spirito. Per quanto riguarda il trattato della Trinità, si fanno alcune riflessioni sull’esseretoccati come atto trinitario, si riprende la questione del Filioque, si analizza il proprium nell’automanifestazione dello Spirito e, infine, il rapporto tra Trinità economica e Trinità immanente. Le fonti e la bibliografia (pp. 235-266) sono articolate in Documenti del Magistero, Testi di altre fonti, Articoli e libri per la pneumatologia e precedono l’Indice dei nomi (pp. 267-274).

Testo di studio che propone un percorso originale per superare l’oblio dello Spirito Santo proprio in tempi di assenza di Dio e di domanda esigente di affidabilità della propria vita.


R. Mela, in SettimanaNews.it 13 maggio 2019

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