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La teologia della deep incarnation
Stefano Fenaroli

La teologia della deep incarnation

Indagine, dialogo e prospettive

Prezzo di copertina: Euro 56,16
Collana: Biblioteca accademica 1
ISBN: 978-88-399-1110-0
Formato: 15,24 x 22,86 cm
Pagine: 544
© 2024

In breve

È possibile immaginare un’eco-teologia a partire non dalla creazione ma dall’incarnazione? Che rapporto esiste tra la carne di Gesù e la materia di tutto il creato? Sono queste le domande che si pone la teologia della deep incarnation a cui è dedicato questo approfondito lavoro di ricerca di Stefano Fenaroli. Dall’esegesi del Prologo di Giovanni ai Padri della chiesa fino alle più recenti teorie fisico-quantistiche. L’incarnazione profonda spazia a 360 gradi per ripensare il cuore del cristianesimo e il suo valore per l’oggi. Un’indagine accurata sull’origine, le finalità, i protagonisti e le idee di questa recente corrente teologica. Un libro per conoscere a fondo e confrontarsi con una nuova voce, fedele alla tradizione ma aperta alle domande e ai bisogni della nostra epoca.

Descrizione

Che rapporto sussiste tra la carne di Gesù e la “carne” del creato? Qual è il significato salvifico dell’incarnazione del Verbo per ogni creatura, umana e non umana? Sono queste le domande che costellano il lavoro della teologia della deep incarnation (incarnazione profonda), un’inedita corrente ecoteologica che radica il valore di ogni creatura nel mistero dell’incarnazione, quale assunzione da parte del Logos divina della carne della creazione in Gesù. Dopo averne richiamato le origini e le finalità, la ricerca di Stefano Fenaroli si sofferma, nella prima parte, su tre aspetti decisivi: il fondamento biblico (in particolare Gv 1,14), il rimando alla testimonianza storico-patristica e il ripensamento di trascendenza e immanenza. Nella seconda parte, invece, l’autore mette a confronto l’incarnazione profonda con la teologia di Paolo Gamberini e cerca di offrirne una personale rielaborazione, tratteggiando una teologia del «mondo del Figlio incarnato». Una ricerca originale e approfondita, per presentare al panorama teologico italiano una nuova voce in grado di far dialogare il cuore della fede cristiana con le domande della nostra epoca.

Recensioni

Davanti al mistero dell’incarnazione Stefano Fenaroli «si toglie i sandali dai piedi» (15) e con un’azione «immersiva», piuttosto che di «fronteggiamento», compenetra nella Deep Incarnation quasi in assonanza con l’aggettivo che la connota. Ne fanno testo anche la ricca e articolata bibliografia e soprattutto lo stile, tecnicamente accurato, chiaro e fluido, che attira in una lettura impegnativa ma appassionante.

Che cosa significhi il termine «deep»(profondo), connesso a «incarnation», per questa nuova (per il pubblico italiano) sensibilità teologica, e il compito di cui l’autore s’incarica, partendo dalla sua genesi che vede nel teologo danese Niels H. Gregersen l’iniziatore.

E la domanda sul male e «sul dolore nel corso dell’evoluzione» (428) che muove questo studioso a scrutare con occhi nuovi le parole giovannee «Il Verbo si fece carne» e il loro legame con l’evento della croce, via via maturando l’idea che per il mondo d’oggi sia necessario ri-pensare il rapporto trascendenza/immanenza e il carattere sacramentale della presenza di Dio in Gesù.

Sinteticamente, si può affermare che Gregersen s’assume il compito di ri-configurare l’antica domanda anselmiana: non più (solo) Cur Deus homo?, bensì Cur Deus caro? (cf. 430). La «profondità» di cui si parla connota l’evento dell’incarnazione in quanto si riferisce al «farsi carne» come assunzione, da parte del Logos, dell’«essenza stessa della materialità del creato» (55 et al.) e della destinazione nella vita divina per ogni creatura «ricapitolata e redenta in Cristo, Logos incarnato, risorto» (ivi).

Il notevole movimento di ri-significazione che innesca la Deep Incarnation investe i nomi – Logos, sarx (carne), Figlio, mondo… – e s’incardina su un’ermeneutica che, penetrando le Scritture, li ri-configura estendendone il significato e imprimendo in essi come un movimento d’inclusione sia in senso soggettivo sia oggettivo.

L’operazione volta a inquadrare teologicamente la proposta di Deep Incarnation e compiuta a partire, oltre che da un rilevante lavoro di scavo, storico e fenomenologico, sullo «stato» dell’idea cristiana di incarnazione, dall’emergenza dei richiami d’ordine ecologico-ambientale e dalla ricerca di una risposta alla sfida del male evolutivo (cf. 445).

La I parte del libro ricostruisce l’immagine della Deep Incarnation su tre assi portanti: l’indagine esegetica sulle due parole-cardine, logos e sarx;il dialogo con i Padri; il ripensamento del rapporto Dio/mondo. Il c. 3 è interamente dedicato alle grandi figure di Ireneo, Atanasio, Gregorio di Nazianzio, Gregorio di Nissa, Massimo il Confessore, cui è riservato un significativo rilievo; il terzo asse, anch’esso molto ricco, consta di due cc., il primo sulla «Presenza di Dio», il secondo dedicato a quattro studiosi contemporanei – Elisabeth Johnson, Denis Edwards, Christopher Southgate, Celia Deane-Drummond – che si sono confrontati con la Deep Incarnation, in dialogo critico con il suo iniziatore.

I primi tre cc. sviluppano la parte in-formante (250) intenzionata a dare forma a questo soggetto teologico; il terzo asse, con un’originale scelta ermeneutica, fa precedere alla trattazione delle proposte teologiche contemporanee il c. dal titolo «Deep Incarnation e presenza di Dio», che spazialmente si trova nel libro in posizione quasi centrale e lo è altrettanto per densità e contenuto. La domanda che regge e conduce il discorso è se il concetto di «Dio», così come si è giunti a pensarlo a seguito della storia del dogma cristologico, sia effettivamente idoneo per pensare questo Dio trinitario in relazione con il creato, in grado di donarsi alle creature e ricondurre a sé l’intera opera creata.

Questa ermeneutica riconfigura la relazione di cui si dice secondo una rinnovata prospettiva radicalmente storico-salvifica: Dio è presente non solo e non tanto alle creature, ma in, with, under (in, con e sotto) il mondo creato (cf. 430, 440 et al.) e questo a partire dal suo essersi rivelato come creatura.

Collegato a ciò, il concetto strategico di extended body (corpo esteso) permette di radicare i livelli di profondità dell’incarnazione nella singolarità storica di Gesù, da cui risalire alla relazione fondante e costituiva dell’esistenza stessa di Gesù, cioè il suo essere Figlio, incarnato, in continua relazione con il Padre nello Spirito.

Si delinea, così, il legame radicalmente inclusivo e patetico del Verbo con tutta la creazione, fondato su un’assunzione «a doppio senso» (twofold assumption,altro concetto centrale nel disegno di Gregersen): l’assunzione divina della carne nel Verbo e l’assunzione del medesimo Verbo in Dio con la resurrezione (cf. 25, 187, 434). La nuova pensabilità della presenza di Dio è proposta secondo un modello allo stesso tempo panenteistico e kenotico,unendo in un paradossale binomio la trascendenza assoluta di Dio, in cui tutto sussiste, con la sua spoliazione e donazione in Cristo (437).

È in questo contesto che va segnalato lo sforzo di Gregersen (e di altri teologi) per avvicinare la teologia al mondo delle scienze naturali, in particolare alla ricerca fisicoquantistica e biologica, che rappresenta un’imprescindibile chiave d’accesso per il pensiero teologico chiamato a una vera epochè (cf. 444) per leggere e comprendere la realtà come oggi si manifesta.

La seconda sezione del libro, intitolata «Corrispondenze», ricerca «lo sguardo d’altri» a confronto con la Deep Incarnation e propone, nella I parte, l’esame critico della teologia di Paolo Gamberini e nella II il contributo teorico dello stesso autore «in dialogo con l’incarnazione profonda» (427). Al teologo gesuita viene dedicato un ampio e articolato esame che nelle conclusioni ipotizza un passaggio da un «primo» Gamberini, orientato all’elaborazione di una cristologia relazionale (399), al Gamberini «2.0», impegnato in un ripensamento della teologia in chiave monista-relativista su cui Fenaroli avanza la propria riserva critica, basata su alcuni decisivi nodi concettuali: il rapporto tra identità del divino e individualità; l’idea d’incarnazione come assuntio humanae naturae in personam filii (418); la comprensione del «finito» come semplice espressione della relazione infinita di Dio con il mondo creato; la realtà divina declinata come pura consapevolezza (senza nome).

La ripresa del termine «Logos» nella sua rilevanza cristologico-trinitaria segna l’avvio del contributo dell’autore che s’interroga sull’incarnazione del Verbo nella storia di Gesù come Figlio. Gesù è il punto focale che riassume il rapporto universale del mondo con Dio, a partire dalla sua relazione con il Padre, e non con una generica natura divina. In questo senso si deve parlare del mondo del Figlio e non solo del Logos: la verità del Figlio è l’evidenza della storia di Gesù in quanto «il rapporto storico dell’uomo Gesù con Dio è la realizzazione della sua figliolanza divina, viceversa la sua figliolanza divina non può essere conosciuta se non nel rapporto dell’uomo Gesù e della sua storia con Dio» (484).

La dinamica trinitaria, come precisa l’autore, non è una teoria «adatta» a spiegare ciò che poi è avvenuto nella storia di Gesù. Al contrario, la storia e la stessa sarx di Gesù rivelano una diversa presenza di Dio, il cui senso è stato riconosciuto, ed è riconoscibile, nella relazione filiale con il Padre per mezzo dello Spirito.

L’aver scelto, come esergo e come conclusione, citazioni da un racconto di J.P. Sartre da un’altra ventata di profondità, riportandoci l’eco di quel «figlio del tuono» che scrisse e trasmise le inesauribili parole «Il Verbo si fece carne».


B. Maggi, in Il Regno Attualità 4/2025, 95

Il volume di S. Fenaroli è il primo studio monografico in lingua italiana dedicato alla prospettiva della deep incarnation. Il termine, coniato nel 2001 dal teologo danese Niels Gregersen, richiama una prospettiva dalle radici antichissime, ma riletta alla luce delle sfide contemporanee.

La crescente centralità delle questioni ecologiche nel dibattito pubblico e nel magistero ha riacceso nella teologia l’interesse per il rapporto tra Cristo e la creazione, spingendola a indagare più profondamente le motivazioni che guidano l’agire umano nel mondo. Benché discussa nel panorama internazionale da autori come Elizabeth Johnson, Celia Deane-Drummond, Ilia Delio, Christopher Southgate e lo stesso Gregersen, la deep incarnation non aveva ancora trovato un’esposizione così completa e articolata in lingua italiana.

Questo volume rappresenta dunque un punto di svolta per la riflessione teologica nel nostro Paese, aprendo nuove prospettive di dialogo tra fede cristiana, ecologia e scienze moderne. La pubblicazione si colloca inoltre accanto a due altri titoli di rilievo sul tema, editi sempre per i tipi Queriniana: Il creato e la croce. La misericordia di Dio per un pianeta in pericolo di Elizabeth Johnson (2021) e Incarnazione profonda. Sofferenza di Dio e redenzione delle creature di Denis Edwards (2024), quest’ultimo tradotto in italiano dallo stesso Fenaroli.

Il lavoro si struttura su due parti principali, precedute da un’introduzione che ne inquadra il contesto e le finalità. Nella prima parte, Fenaroli analizza le basi bibliche, storiche e teologiche della deep incarnation, soffermandosi su tre assi portanti: il fondamento scritturistico, il dialogo con la tradizione patristica e il ripensamento del rapporto tra trascendenza e immanenza. La riflessione parte dal Prologo di Giovanni (Gv 1,14), dove il termine sarx (carne) viene approfondito alla luce del suo significato biblico, non limitato alla natura umana ma esteso a tutta la creazione. Questo approccio permette di vedere nell’incarnazione del Verbo non solo la rivelazione definitiva di Dio in Gesù di Nazareth, ma anche l’assunzione della totalità del creato in Dio stesso, con tutte le sue fragilità e ferite.

Il dialogo con la tradizione patristica è un altro punto di forza del volume. Fenaroli recupera il pensiero di autori come Ireneo di Lione, Atanasio di Alessandria, i Cappadoci e Massimo il Confessore, evidenziando come già nei Padri fosse presente una visione unitaria della storia della salvezza, che a partire dalla creazione passa per l’incarnazione e culmina nell’escatologia. Questa prospettiva consente di riscoprire il valore cosmico dell’incarnazione e di superare una visione limitata al solo riscatto dell’umanità.

Un ulteriore approfondimento riguarda il rapporto tra trascendenza e immanenza, un tema che Fenaroli esplora anche riferendosi ad autori che hanno dialogato con le scienze contemporanee, come la fisica quantistica e la biologia evolutiva. I guadagni dal confronto con le teorie scientifiche permettono all’autore di proporre una visione di Dio come amore assoluto e presenza coinvolta nel mondo, capace di trasformare la creazione dall’interno. Questa prospettiva, che si colloca in una cornice panenteistica, arricchisce ulteriormente la comprensione del mistero dell’incarnazione, mostrandone la portata universale.

Nella seconda parte del volume, Fenaroli propone un confronto tra la deep incarnation e il monismo relativo di Paolo Gamberini, teologo gesuita noto per il suo impegno nel dialogo interculturale e interreligioso. Questo dialogo si rivela particolarmente fecondo, poiché consente all’autore di sviluppare una propria rielaborazione del tema, delineando una “teologia del mondo del Figlio incarnato”. In questa visione, il mondo creato viene inteso come parte integrante della storia di Cristo, e ogni creatura trova il suo senso e il suo compimento nel Mistero Pasquale.

Uno degli aspetti più significativi di questa pubblicazione è la sua capacità di rendere accessibili al pubblico italiano temi complessi e innovativi, che finora erano stati sviluppati principalmente in ambito anglosassone. Fenaroli riesce a coniugare un rigoroso approfondimento accademico con uno stile chiaro e coinvolgente, rendendo il libro fruibile sia per gli studiosi sia per un pubblico più ampio. La scelta di intrecciare costantemente il dialogo tra teologia, scienze e la crescente sensibilità ecologica del nostro tempo arricchisce ulteriormente il testo, trasformandolo in una lettura imprescindibile per chiunque desideri comprendere come il cristianesimo possa rispondere alle sfide del nostro tempo.

La deep incarnation, come emerge dal lavoro di Fenaroli, non è solo una nuova corrente teologica, ma una proposta capace di rimettere al centro dell’annuncio cristiano il mistero dell’incarnazione, interpretandolo come evento di redenzione per l’intera creazione. In un’epoca segnata dalla crisi ecologica e da una crescente consapevolezza della connessione tra tutte le forme di vita, questa prospettiva offre strumenti preziosi per pensare in modo nuovo il rapporto tra Dio, il creato e l’essere umano.

Il libro di Fenaroli rappresenta dunque un’opera di riferimento sul tema, sia in Italia che a livello internazionale. La sua pubblicazione testimonia l’impegno dell’Editrice Queriniana nel promuovere riflessioni di alto livello accademico, in grado di dialogare con le domande del presente e di aprire nuove vie per il pensiero teologico.


C. Tagliapietra, in Rassegna di Teologia 4/2024, 599-601

Un’indagine sul reale significato che deve essere attribuito alla parola incarnazione, di questo si occupa l’ultimo libro di Stefano Fenaroli, La teologia della deep incarnation. Esso investiga, in particolare, il legame tra creazione e cristologia alla luce di una recente ramificazione teologica: quella dell’incarnazione profonda (deep incarnation).

Come viene rimarcato già nella prefazione, questo indirizzo del pensiero cristiano più recente non va considerato una delle tante appendici della scienza biblica, ma un vero e proprio new path for theology. Per meglio dire, lungi dall’essere una nuova declinazione della sistematica che si aggiunge alle infinite altre, essa si identifica piuttosto in un modo nuovo di vedere e approcciare i principali misteri cristiani, come l’ontologia del Cristo, la natura della creazione, la causa dell’incarnazione e la realtà del male.

Il saggio, frutto di un lavoro dottorale discusso alla Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale, inaugura una nuova collana dell’Editrice Queriniana dal titolo «Biblioteca Accademica», espressamente dedicata alle tesi di dottorato.

Un esordio apprezzabile

La ricerca svolta è sicuramente da apprezzare, anche perché rimedia a un colpevole ritardo e colma una lacuna nel panorama teologico italiano, nel quale la deep incarnation è ancora poco sconosciuta, sebbene proprio la Queriniana abbia tradotto e pubblicato alcuni volumi sul tema. Il principale merito del presente volume, quindi, è quello di offrire al pubblico di lingua italiana, per la prima volta, una presentazione organica, completa e sistematica della teologia dell’incarnazione profonda e dei suoi principali interpreti.

Un ulteriore pregio della pubblicazione, anche se inevitabilmente porta con sé la laboriosità e la fucina di pensiero che sempre accompagnano le ricerche dottorali, è quello di non essere pesante, essendo scritto in modo scorrevole e con l’intenzione di essere comprensibile. Le sue non poche pagine, quindi, più che affaticare la lettura danno modo di penetrare a fondo le questioni implicate.

Il volume, inoltre, nell’approfondire la deep incarnation si confronta e critica quel tradizionalismo cristologico che, in nome della conservazione del valore Tradizione, rimane ancorato sul solo schema calcedonense. In virtù della sua comprensione «profonda» dell’incarnazione, però, il saggio non si confronta solo sulla figura di Cristo, ma anche con varie questioni che ruotano intorno alla cosmologia, soprattutto la natura del mondo e la fisica e la biologia contemporanee, in un’ottica di fondo che papa Francesco denominerebbe «sviluppo della dottrina».

La struttura del libro è divisa in due parti: una prima in cui si presenta in sé la deep incarnation e i suoi temi di fondo, ed una seconda in dialogo con la teologia di Paolo Gamberini. Tuttavia, sebbene diviso in due sezioni, il saggio affronta in realtà tre diverse aree tematiche: la presentazione sistematica dei principali autori della teologia dell’incarnazione profonda; un dialogo critico con il monismo relazionale di Gamberini; ed una nuova versione della deep incarnation proposta dallo stesso Fenaroli che si affianca a quella degli altri autori della «scuola».

A livello metodologico, la ricerca si rivela seria e rigorosa, con un’evidente attenzione al metodo genetico, come lascia intendere l’approfondimento biblico e quello patristico. Nei capitoli successivi, però, l’autore dimostra anche una capacità di sintesi e di rilettura sistematica.

Chiude il saggio, infine, una bibliografia ragionata che è strumento indispensabile per tutti coloro che vorranno sviluppare in futuro questa innovativa ramificazione teologica. È auspicabile, infatti, che la teologia della deep incarnation penetri ancor più in profondità nel dibattito contemporaneo e su di essa si apra una discussione che non potrà che apportare proficue spinte di rinnovamento teologico. […]


P. Trianni, in SettimanaNews.it 12 dicembre 2024

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