Mons. Jean-Paul Vesco, arcivescovo di Algeri, nel bel libretto, Il dono dell'amicizia (Queriniana 2018), sostiene che l'amicizia non coincide con la fratellanza di sangue, né con la fratellanza di tribù-clan-cultura, né con la relazione coniugale uomo-donna, né con la fraternità della vita consacrata, e nemmeno con la fraternità di una comunità cristiana (cfr. pp.13-17).
Insomma, l'amicizia non deriva da un'appartenenza ereditaria, clanica, culturale o religiosa, ma è frutto di una scelta libera più o meno esplicita, e rifiuta ogni gelosia e legame esclusivo.
Tuttavia, l'amicizia può istaurarsi all'interno di questi tipi di relazione, trasformandoli. Ma appena pensiamo di averla rinchiusa in tali relazioni, essa sfugge. Vesco è convinto che l'amicizia si lascia conoscere per via di reconnaissance, secondo un triplice significato del termine: 1) due amici si "riconoscono" avere qualcosa in comune (il carattere, una passione, una lotta); questo ri-conoscersi oltrepassa tutte le barriere di razza, cultura, origine sociale e religione; "non esiste un'amicizia - scrive Vesco - senza un'alterità-uguaglianza", inventando un termine: "alter-uguaglianza" (p. 18); 2) in secondo luogo l'amicizia si edifica sulla riconoscenza nel senso di "gratitudine", poiché l'amicizia non è mai una relazione dovuta, ma un regalo libero che ci scioglie dai lacci della solitudine; di fronte a un dono, la risposta è un "grazie"; 3) infine, l'amicizia è "ri-conoscenza" nel senso che lo sguardo dell'amico è uno specchio in cui posso ri-conoscermi come sono, con le mie debolezze e fragilità, poiché questo sguardo mi porta sempre oltre a me stesso, rendendomi unico (cfr. pp.17-21).
Sbirciando tra le pagine del Vangelo, lo sguardo di Vesco si fissa sulle amicizie di Gesù (cfr. pp. 23-31), che hanno molto a che vedere con la missione che deve compiere. Quando Gesù scoppia in pianto davanti alla tomba di Lazzaro, la gente esclama: "Vedi come l'amava!" (Gv 11,36). Questo aspetto umano di Gesù non è "troppo umano", non ne nasconde la divinità, anzi la manifesta più pienamente. "Ognuno degli incontri di Gesù, che sono il contenuto stesso dei Vangeli, rappresenta uno di questi frammenti di umanità posti sotto il segno dell'amicizia" (p. 24).
Prendiamo ad esempio l'incontro con Zaccheo (Le 19,1-10). L'esattore delle tasse, odiato da tutti, nascosto tra le foglie dell'albero è "riconosciuto" da Gesù che, guardandolo, non solo lo fa uscire dal suo nascondiglio, ma gli fa anche da specchio in cui si riconosce diverso, nuovo. Zaccheo vede negli occhi di Gesù l'uomo che aspira essere, non quello che la gente dice di lui. E in Zaccheo, sotto lo sguardo dell'amico che si autoinvita a casa sua, la gioia e la conversione diventano un'unica realtà.
L'incontro con l'esattore delle tasse Levi-Matteo (Mt 9,9) è composto da un semplice scambio di sguardi e una frase di Gesù. La qualità di queste relazioni può entrare nella categoria dell'amicizia. Ed è probabilmente questa qualità che fa dire alla gente che Gesù, a differenza degli scribi e dei farisei, "parla con autorità". "Ognuno degli incontri di Gesù può essere letto alla luce di questo sguardo di amicizia che, come la verità, rende liberi. L'incontro è effimero, dura un istante. Il più delle volte è rimasto senza un prosieguo. Eppure tutti gli elementi che fondano le amicizie di un'intera vita sono stati concentrati i quei pochi istanti. Uno scambio di sguardi e tutto è stato detto, e la vita ne è definitivamente cambiata" (p. 26).
Vesco osserva che soprattutto in tre sue relazioni Gesù sembra "aver corso in maniera ancora più personale il rischio dell'amicizia" (p. 27): a) con Lazzaro, per il quale scoppia in pianto al momento della morte; b) con Maria Maddalena, i cui contorni restano misteriosi; c) con il "discepolo che amava", che arriva primo al sepolcro vuoto e riconosce il Maestro all'alba sulla riva del lago dopo la notte di pesca infruttuosa. Con quest'ultimo, Gesù corre un altro rischio, perché si tratta di una relazione privilegiata all'interno del gruppo dei Dodici. Può suscitare una forma di gelosia, come quella espressa da Pietro nell'ultima conversazione con Gesù (cfr. Gv 21,21: "E lui?". "Che importa a te?" - gli risponde Gesù).
[…] Mons. Vesco parla dell'impegno missionario della Chiesa d'Algeria come un'amicizia vissuta su tutti i piani, cioè, come per Teissier: un primo livello, costituito dall'amicizia che si crea nella vita e gli impegni quotidiani; e un secondo livello, più spirituale, in cui la condivisione riguarda le convinzioni di ciascuno. Ci sono allora delle amicizie che, nonostante la storia conflittuale e complessa portata da ciascuno (la storia dell'incontro-scontro islam-Occidente), "resistono nel tempo": "Queste amicizie sono il cemento della Chiesa in Algeria", sottolinea Vesco (p. 78). E ancora: "Quando due credenti degni di fede si incontrano nell'amicizia, sono le loro fedi che si incontrano al di là della differenza delle loro religioni, e questa esperienza è sconvolgente. Si presenta anche una domanda lancinante: in che modo la religione dell'altro, che sarebbe lungi dal farmi vivere, fa vivere questa persona a cui mi sento così vicino?" (p. 80). E conclude con la seguente affermazione: "Si dice che i viaggi formino i giovani; ebbene, mi sembra che l'amicizia sia un buon mezzo, probabilmente il solo, per viaggiare nella religione dell'altro" (p. 83).
P. Tovo, in
Missione Oggi 2/2024, 53-56