L’esistenza umana, spirituale e intellettuale dello svizzero Hans Küng, conclusasi il 6 aprile del 2021, ha visto un semplice credente in Cristo in continua tensione con la propria chiesa, quella cattolica romana, la quale, com’è noto, nel 1979, tramite la Congregazione per la Fede (ex Sant’Uffizio), al termine di un lungo e piuttosto polemico processo, lo privò della cattedra di Teologia dogmatica dell’Università di Tubinga, dichiarando, senza mezzi termini, di non riconoscergli più il titolo di «teologo cattolico». Eppure cattolico Küng si proclamò tale sino alla fine dei suoi giorni.
Indubbiamente, il teologo svizzero, a iniziare dalla sua dissertazione di dottorato, La giustificazione. La dottrina di Karl Barth e una riflessione cattolica del 1957, ebbe modo di percorrere un proprio cammino che lo avrebbe portato a distaccarsi dall’impostazione neoscolastica sino allora dominante nelle facoltà teologiche cattoliche. Nel 1960 Küng pubblica due opere, Strutture della chiesa e Concilio e riunificazione, che possono essere considerate prodromiche all’opera che lo imporrà definitivamente fra i massimi teologi cattolici della seconda metà del Novecento, sebbene tra i più controversi.
La chiesa, del 1967, è uno studio nel quale il dato neotestamentario viene assunto dall’autore come il perno centrale per elaborare una retta ecclesiologia. Di questo poderoso testo, considerato a ragione un vero e proprio classico per la profondità e la sistematicità con cui si presenta, Küng nel corso degli anni ha ricavato un’edizione più snella, quella ora di nuovo edita dalla Queriniana, che risponde alla domanda «che cos’è la chiesa?», affrontando la questione di ciò che per essa è essenziale e ciò che non lo è. Il testo, pertanto, collega le pagine più salienti dell’opera maggiore per delineare una risposta sull’essenza della chiesa.
È, dunque, un compendio, un distillato quello che il nostro volle presentare ai lettori di allora, ma le cui traiettorie posseggono ancora la medesima freschezza di quando furono elaborate perché, come scrive lo stesso Küng nella sua prefazione: «Forse appare ancora con più forza e in forma ancora più programmatica ciò che la chiesa dev’essere, oggi: fin dove essa deve rimanere ciò che è, e fin dove essa deve diventare ciò che al presente non è» (p.12).
In effetti, a ben vedere, l’intera attività teologica di Küng si muove su due direzioni: con la prima si approfondisce il mistero della chiesa, della sua natura, le sue proprietà, nonché le sue funzioni e istituzioni. Tale pista costituisce il nucleo pulsante della sua ricerca non solo negli anni del Concilio Vaticano II, ma anche nel decennio successivo degli anni Settanta. Una ricerca sempre più in rotta di collisione nei confronti della teologia della Chiesa di Roma e dello stesso magistero ecclesiastico.
La seconda e quella che lo condusse a dialogare con l’uomo a lui contemporaneo, con coloro che vivono ai margini o fuori dalla chiesa, in breve con coloro che oscillano fra fede e incredulità, con chi crede ma resta insoddisfatto dello stato delle cose a lui coevo, con chi non crede ma, tuttavia, è in perenne ricerca, con chi, infine, pratica un’altra religione: sarà il teologo di Essere cristiani, di Dio Esiste?, destinato ad avere anche un notevole successo editoriale facendo propri metodi della filosofia e delle scienze umane più che della teologia.
Con il compendio sulla chiesa Küng rende evidente ciò che lo guidò nel redigere l’opera maggiore: egli studia la chiesa attraverso la storia, a iniziare dalle sue origini. Alla base di questo approfondimento c’è un assunto contestato soprattutto da quel segmento della chiesa cattolica meno permeabile a recepire il Concilio: il presupposto hegeliano tramite cui si deve distinguere l’essenza di una cosa dalle sue forme, vale a dire dalle sue figure storiche. Se Hegel se ne è servito per studiare le configurazioni immanenti dello spirito una volta che l’idea diviene cosciente di sé e ritorna in se stessa così come sono descritte nella Fenomenologia dello spirito, Küng se ne serve per analizzare le forme storiche con cui la chiesa, di volta in volta, si è identificata, con l’intento di verificare se e fino a che punto esse realizzano la sua essenza.
I rapporti che intercorrono tra l’essenza della chiesa e le sue forme storiche furono, di conseguenza, oggetto di profonda riflessione da parte di Küng. Questi afferma che esse sono distinte ma non separate: non esiste, perciò, una forma della chiesa che, nel corso del tempo, abbia rispecchiato in modo perfetto ed esaustivo l’essenza della chiesa stessa. Esito finale di tale impostazione è l’affermazione, suffragata dalla Prima epistola ai Corinzi e dalle due Lettere ai Tessalonicesi, di una chiesa carismatica più che istituzionale. Chiesa carismatica, dunque, nella sua struttura essenziale, che si presenta come chiesa pneumatica quanto alla sua origine. Una chiesa che deve tener presente che essa «è e resta legata normativamente al Cristo. Tutta la sua autonomia consiste in questa eteronomia» (p. 151).
HansKüng: un teologo cristiano a cui stava a cuore la chiesa, il cui unico capo è Gesù il Cristo, il crocifisso.
D. Segna, in
Protestantesimo vol. 78 (1/2023), 62-63