Disponibile
Undicesimo: non pensare
Fabio Barbero

Undicesimo: non pensare

Anatomia di un plagio

Prezzo di copertina: Euro 16,00 Prezzo scontato: Euro 15,20
Collana: Books
ISBN: 978-88-399-3244-0
Formato: 13,5 x 21 cm
Pagine: 200
© 2025

In breve

Prefazione di Ludovica Eugenio

La fede come arma. Un uomo, una comunità, la lotta per riconquistare la libertà e per ridare voce, oltre i silenzi complici, alla verità.

Un racconto che offre spunti di riflessione, contribuendo al dibattito su libertà di coscienza e tutela delle persone.

Una testimonianza unica a tratti sconvolgente.

Descrizione

Fabio Barbero ci conduce con coraggio in un’esperienza personale, che si legge come un thriller psicologico.
Quarant’anni fa iniziava per lui un lungo percorso di spersonalizzazione all’interno di una comunità religiosa. Con un racconto lucido e dettagliato, Barbero svela i meccanismi subdoli che lo hanno portato ad annullare la propria personalità: la manipolazione attraverso la “trasparenza dei pensieri” e la “confessione” alla Vergine; l’isolamento dal mondo esterno e la demonizzazione degli affetti; il controllo totale del tempo e delle azioni; l’imposizione di un linguaggio falsamente devoto, che distorce la realtà.
Con la precisione di un chirurgo, Barbero analizza il contesto ecclesiale che ha facilitato quella esperienza terrificante, mettendo in luce un fenomeno ben più ampio: la deriva settaria di non pochi movimenti religiosi cattolici.
Ne esce un libro di grande attualità che, partendo da un caso individuale, affronta i temi cruciali come l’abuso spirituale e il dibattito sul reato di manipolazione mentale. Una testimonianza terribile e coinvolgente che invita a riflettere sulla fragilità della coscienza e sulla necessità di proteggere sopra ogni cosa la libertà e la dignità del soggetto.

Recensioni

Si può stare al di fuori di noi, guardandoci agire in un altrove completamente estraneo al nostro io?Ci si può negare ogni giudizio sulla distinzione fra ciò che è bene e male per l'identità che ci distingue? Quali ingranaggi disintegrano le scelte di un individuo, imprigionandolo dentro un potere coercitivo?

Apre un dibattito a partire da queste e altre domande scivolose il libro Undicesimo: non pensare – Anatomia di un plagio nel mondo cattolico,pubblicato da Queriniana, casa editrice che si occupa di temi teologici. L'autore si chiama Fabio Barbero e ha vissuto per 24 anni un'esperienza monastica in Francia, Paese in cui oggi continua a vivere lavorando come insegnante di Lettere. ln queste pagine si mette a nudo con asciuttezza, mantenendo chiaro il confine tra una ricerca spirituale autentica e gli smarrimenti nei tranelli della manipolazione.

Il racconto di Barbero non è un manifesto politico né un attacco al valore intrinseco di una fede religiosa. Piuttosto è uno smontaggio in presa diretta dei meccanismi che costruiscono un plagio. È una lucida indagine sul senso di quel termine, che scansa i rischi di un'autobiografia sensazionalistica. Tra l'altro ci informa del fatto che il fenomeno delle derive settarie di certe comunità religiose è divenuto materia di discussione sia in campo accademico cristiano, sia nella Chiesa ufficiale. C'è un plagio spirituale che può stritolare, e Barbero sa che una fetta delle istituzioni ecclesiastiche si occupa da tempo, in modo costruttivo, degli inganni di quel tipo di credo cieco e abusante.

Quarant'anni fa, Barbero è uno studente ligure che ha la fortissima esigenza di immergersi in una spiritualità genuina. Dopo aver attraversato l'impegno politico e sofferto per l'eccessiva ideologizzazione espressa da alcuni suoi compagni, patisce il berlusconismo rampante, l'avidità di denaro che attanaglia molti suoi amici e certi snobismi intellettualistici dell'università. Nel clima di consumismo estremo degli anni Ottanta, questo ragazzo è un puro integralista che vuol trovare contesti umanitari in grado d'imprimere un significato alla sua esistenza. Perciò segue percorsi che lo conducono più o meno casualmente a entrare in una comunità francese, la "Famille Monastique de Bethléem", fondata nel 1951 da Odile Dupont, divenuta Suor Marie. Tale consesso ha già incrociato la strada di Marie Dominique Philippe, i cui abusi sono giunti a contaminare una galassia di comunità intransigenti e chiusissime formatesi nel secondo Novecento.

A volte si tratta di gruppi emersi dall'intento di recuperare la radicalità evangelica, ma in certi casi, divenuti anche oggetti di denunce, sono sistemi che generano fanatismi dove l'impegno al sacrificio coincide con un processo di spersonalizzazione imposto ai membri. In quest'ambito deviato, Dio prende l'aspetto esclusivo di un carismatico priore.

Ècosi che Fabio diventa un contenitore da svuotare. Deve respingere attaccamenti e idee personali e consegnare al "capo" un quaderno in cui annota le sue macchie. Lo "staretz", cioè il priore, è venerabile, insindacabile, non disculibile. A lui si offre la propria trasparenza. Dubbi o quesiti sono terreni diabolici. Qualsiasi notizia esterna va evitata. Niente tivù né radio né giornali. Proibiti i contatti con parenti e amici. La demonizzazione degli affetti è regola. Le norme dietetiche sono spaventose. L'omertà è obbligatoria. Non bisogna mai rispondere a interrogativi sulla nuova vita che provengano dal mondo, entità ignota e pericolosa. Ogni istante è controllato. L'autoritarismo è legge.

Via via Fabio si ammala: come accade pure ad altri, è il suo corpo a ribellarsi per primo alla spoliazione. Intanto si accavallano episodi minacciosi, in un tessuto sempre più fitto di occultamenti e dettami arbitrari. Fra le storie che narra Barbero, c'è il suicidio di una suora, la quale si dà fuoco in un monastero analogo al suo. I monaci al comando nascondono l'episodio e Barbero inizia ad assumere una consapevolezza che lo orienta verso la libertà.

L'intero arco del plagio è descritto con rigore e coscienza della rivendicazione del vero, in questo diario nitido e onesto che si fa leggere come un thriller psicologico.


L. Bentivoglio, in Robinson – la Repubblica 14 settembre 2025, 20

All’inizio di luglio di quest’anno, Fabio Barbero, che ha trascorso 24 anni nella Comunità Monastica di Betlemme e che ne è uscito nell’ottobre 2009, ha pubblicato il racconto della sua disavventura. Nervoso, sobrio, meditato, il suo libro si legge tutto d’un fiato con vivo interesse. È tanto più incisivo in quanto non vi si percepisce né odio né spirito di rivalsa. A questo titolo, i primi a cui sarà utile saranno i monaci e le monache della Comunità: vi potranno scoprire i loro errori e trarne profitto per la loro vita personale. Dovranno infatti ringraziare Fabio per essere stato malato del loro sistema senza morirne e per aver fabbricato gli anticorpi. Il vaccino del professor Barbero per loro è vitale.

Questo libro, edito dalla celebre casa italiana Queriniana, merita la traduzione, a cominciare da quella francese. Il titolo è folgorante: «Undicesimo: non pensare». Il riferimento a un’aggiunta ai Dieci Comandamenti di Dio è evidente. Lì c’è tutto. Con la scusa della buona volontà (cfr. la tentazione sub specie boni, cioè sotto apparenza di bene), ci si arroga il diritto di aggiungere qualcosa alla legge divina, che invece sta tutta sulle nostre dieci dita. L’aggiunta di un undicesimo dito scompagina l’insieme, lo falsifica, lo corrompe e lo perverte.

Da qui l’importanza del sottotitolo: anatomia di un plagio nel mondo cattolico. Il termine italiano plagio è difficile da rendere in francese. È nel senso proprio plagio, copia, e per estensione soggiogamento, asservimento.

Che cos’è la manipolazione spirituale?

Molti, compresi i giuristi, faticano a capire il senso della “manipolazione spirituale”, condannata dalla legge in Francia ma purtroppo non in Italia, e a malapena nel diritto della Chiesa che conosce l’abuso di potere (can. 1378) ma non usa il termine proprio di “plagio”.

Eppure è molto semplice se lo si paragona a un computer: se non controllate più il vostro mouse, significa che c’è qualcun altro che lo manovra. Siete stati piratati. L’abuso spirituale è un pirataggio fatto in nome di Dio. Non potete più decidere, qualcun altro lo fa al posto vostro. Qualcuno sa meglio di voi ciò che dovete fare e ve lo impone.

È ciò che spiega la bellissima citazione (p. 147) dell’arcivescovo di Malta, mons. Charles Scicluna, attualmente segretario aggiunto del Dicastero per la Dottrina della Fede, che Fabio incontrò dopo la sua uscita da Betlemme nel novembre 2009: «Ho letto il riassunto che il mio assistente mi ha fatto del suo rapporto. Ne sono infinitamente triste. Certo, non ci sono scandali sessuali manifesti. Ma per noi questi sono l’emergenza di disordini ben più gravi, di ordine spirituale. Al limite, proprio per questo, il vostro caso è ancora più grave, perché è tutto spirituale. Quando c’è del sesso, dei soldi, è più facile. Si lasciano vedere più facilmente. Nella sua comunità tutto è coperto». Con quella frase finale mortale, mentre accompagna Fabio: «Per lei non sarà facile adesso, ma neanche per noi. La sua comunità ha molti amici all’interno del Vaticano e anche in questa stessa Congregazione».

Il sistema di suor Marie

Ce n’è voluto infatti di intrallazzo a suor Marie Dupont (1922-1999), la fondatrice che si faceva chiamare - e non è un gioco di parole - Dupont-Caillard (il doppio cognome “Dupont-Caillard” suona quasi caricaturale in francese: “Dupont” è un cognome comunissimo (equivalente a “Rossi” in Italia), mentre “Caillard” evoca termini come “caillou” (sassolino) o “caillé” (cagliato), ndt). Trasformava tutto ciò che toccava – non solo il suo nome – aggiungendo sempre qualcosa con il pretesto dell’eccellenza, della sublimazione, dell’estetismo, del perfezionismo e, in ultima analisi, di un orgoglio spirituale ben camuffato. Al punto da riuscire a imporre al Vaticano il riconoscimento della sua regola, un minestrone mistico-monastico-orientaleggiante, 900 pagine indigeste che obbligava i suoi discepoli a ingoiare.

Riparandosi dietro la notorietà dei Padri Certosini, suor Dupont, nelle sue furie viscerali, riuscì a rubare loro l’ideale. Nove secoli di santità sottratti sotto il naso e sotto la barba dei buoni padri da questa suora arrampicatrice. Al posto della saggezza secolare nel discernimento e nell’accompagnamento della difficile vita contemplativa solitaria, la Dupont abbindola i giovani con il marketing vocazionale e riempie i suoi monasteri di giovani idealisti che inganna in nome del suo undicesimo comandamento.

Spiega loro che è il dito di Dio mentre è il suo undicesimo dito. È la truffa dell’ideale, la più sublime. Una volta che è riuscita a farvi mettere un piede in uno dei suoi eremi, non potete più uscirne: se vi viene in mente un’idea del genere, significa che il diavolo vi sta tentando. Un sottile sistema di controllo, basato sulla manipolazione del nome della Vergine, ve lo impedirà.

La rimozione del suicidio di suor Magda

Di solito tutto si risolve all’interno del monastero dove le velleità di ribellione vengono soffocate nelle celle e nei parlatori con un disarmante sorriso di pietà caramellata e di melliflua compunzione.

Quando si presentano faccende più gravi, si tira fuori l’asso nella manica: si passa per le suore polacche al servizio del papa Giovanni Paolo II (1920-2005) o per i prefetti delle Congregazioni vaticane a cui si regala una statua di decine di migliaia di euro che farà bella figura nei loro vasti appartamenti romani. Alla corruzione attiva e passiva, aggiunge la corruzione pia.

È quanto è accaduto a una giovane novizia polacca, Magda, a cui il libro è dedicato. Ebbe la cattiva idea, la povera ragazza, di immolarsi col fuoco nel monastero di Umbertide (Umbria) dove suor Marie era di passaggio. Era giugno del 1998, una data inopportuna, perché non bisognava ostacolare il riconoscimento della Comunità come Istituto di Diritto Pontificio. La questione fu magistralmente risolta riuscendo a chiudere nel silenzio non solo i membri della Comunità ma anche le autorità civili, giudiziarie, di polizia ed ecclesiastiche del luogo. Nulla trapelò e l’anno poté concludersi con la concessione da parte della Santa Sede del Decreto di erezione a Istituto di Diritto Pontificio. C’è motivo di pensare, 27 anni dopo, che questo Decreto potrebbe essere considerato invalido a causa dei mezzi fraudolenti con cui fu ottenuto.

Si mentì a tutti, a cominciare dalla madre della povera giovane che non ebbe neppure la consolazione di vederla un’ultima volta. La tragedia vissuta da questa giovane donna era invece semplice: Magda aveva avuto il torto di credere ai deliri di suor Marie e, spinta all’estremo, era stata portata al punto di rottura. Ma è risaputo: in una setta non si mente mai… tutto è sempre “santificato” dalla Causa.

La gnosi della sostituzione mariana

L’inganno di suor Maria consiste tutto nella sua teoria forzata e ridondante della sostituzione. Si tratta di un patto con la Santa Vergine (non la vera Vergine Maria, ma la proiezione cerebrale malata che ne faceva la suor Dupont) che si faceva segretamente stipulare al giovane membro al suo ingresso e per il quale egli si sarebbe sentito irrimediabilmente legato per tutta la vita, tanto che sarebbe stato il punto più difficile da superare per le vittime riuscite a uscirne.

Fabio lo spiega chiaramente nella nota 8 a p. 135: «La dottrina della sostituzione» è «la soppressione dell’identità propria e della propria vita, sostituite con la vita stessa della Madonna». Questa dottrina segreta è stata accuratamente nascosta alle autorità della Santa Sede.

È il 22 agosto 1985 quando il giovane Fabio, in un contesto di esaltazione mistica ed estetica, sarà iniziato a quest’arcano supremo. Rinuncia alla sua vita, al suo cuore, alla sua intelligenza, ai suoi gesti affinché sia d’ora in poi questa presunta Vergine ad agire in lui.

Almeno così credeva. Ma è una gnosi, cioè un’eresia che propone la salvezza non più attraverso l’Amore che si dona a tutti e a ciascuno, ma attraverso un’iniziazione cerebrale e intellettuale riservata a un’élite. È la colla con cui suor Dupont legava a sé i discepoli. Al posto di uno sviluppo personale nella libertà e nell’amore, faceva loro vivere una morte a fuoco lento nel controllo permanente dell’estinzione di tutti i loro desideri, una sorta di buddhismo mariano che conduceva al proprio annientamento in una specie di nirvana cristiano. Ognuno, ognuna, era progressivamente condotto all’implosione, al suicidio mentale. Non si fa mai abbastanza sulla via della sublimazione.

Una chiave per gli altri movimenti e comunità

Dobbiamo ringraziare Fabio Barbero per aver impiegato diversi anni a lasciar decantare nella profondità del suo essere – poiché la sincerità e l’onestà della sua confessione non ingannano – questo testo sferzante e benefico.

Tutti coloro che sono stati vittime di queste innumerevoli catastrofi umane dovute alle cosiddette nuove comunità, così come tutti coloro che se ne occupano, trarranno beneficio dalla lettura del suo libro.

Si spera che papa Leone XIV proseguirà nella nostra Chiesa il compito che, da cardinale Prevost, aveva spinto papa Francesco a compiere sette giorni prima della sua morte. È infatti il 14 aprile 2025 che è diventato effettivo lo scioglimento del movimento spirituale corrotto di origine peruviana Sodalitium. Grazie alla diagnosi fatta da Fabio Barbero sulla Comunità Monastica di Betlemme, si può estendere a numerosi fondatori e fondatrici di questo tempo la nozione di pirateria spirituale con cui costoro portano a compimento l’annientamento mentale mistico dei figli e delle figlie di Dio che hanno la sfortuna di cadere nelle loro grinfie. La Chiesa ha il dovere di proteggerli.

L’undicesimo comandamento non è di Dio: bastano i dieci.


P. Vignon, in Adista 11 settembre 2025

Negli ultimi anni numerose sono le cosiddette "nuove comunità", salutate come "primavera della Chiesa" soprattutto durante il pontificato di papa Wojtyla, cadute sotto i colpi di abusi di potere, spirituali e spesso anche sessuali. Qualcuna è stata dissolta, come Sodalitium Christianae Vitae, la comunità Loyola, Verbe de Vie. Altre sono state sottoposte a un tentativo di riforma, per lo più fallimentare.

Ne è un esempio la Fraternité monastique de Bethlèem, fondata nel 1951 da soeur Marie (al secolo Odile Dupont) come fraternità monastica, poi staccatasi e confluita, con una svolta pseudo-certosina, nella galassia delle comunità fondate dal religioso, abusatore seriale, Marie-Dominique Philippe.È la comunità denunciata nel libro, appena uscito presso l'editrice Queriniana, dell’ex membro per ventiquattro anni ed ex vicepriore Fabio Barbero(Undicesimo: non pensare. Anatomia di un plagio nel mondo cattolico). Oggi, a dieci anni dall'avvio di riforme, l'associazione che riunisce le vittime degli abusi avvenuti all'interno denunciano, con un comunicato pubblicato il 25 luglio, che nulla è cambiato.

Dieci anni di operazioni cosmetiche

Nel 2015, a seguito di denunce di abusi, viene fondata l'ACSEMB (Accueil et Soutien aux Ex Membres de Bethléem) che offre sostegno a coloro che decidono di uscire dalla comunità. Una visita canonica imposta dalla Santa Sede nel maggio 2015 ne svela la realtà settaria e, nel novembre 2021, la comunità riconosce la presenza al suo interno di disfunzioni nell'esercizio dell'autorità che hanno originato abusi spirituali e annuncia la volontà di avviare un processo di riforma. L'unità di ascolto creata per le persone abusate psicologicamente, spiritualmente o moralmente, però, «cooptata dai responsabili di Betlemme per svolgere quest'opera di verità in cui era in definitiva giudice e parte in causa, e privata di qualsiasi supervisione da parte di un'autorità ecclesiastica, non ha portato i frutti sperati», si legge nel comunicato. Perplessità ha anche suscitato l'ultimo Capitolo generale dell'ottobre 2024, in cui «la comunità ha affermato di continuare il suo cammino di conversione, in particolare attraverso una rilettura oggettiva di alcune tappe della sua storia e del ruolo svolto dalla sua fondatrice, suor Marie, una revisione delle sue Costituzioni, l'istituzione di corsi di formazione permanente per i suoi membri». Sull'«effettiva realizzazione di questi passi è lecito interrogarsi», si legge nel comunicato, dal momento che l'ACSEMB continua a ricevere «preoccupanti testimonianze, dirette e indirette, di monache sofferenti e prive della loro libertà all'interno della Famiglia di Betlemme».

Di fronte a questa situazione, l'associazione si pone domande che possono essere applicate anche ad altre comunità in analoga situazione. «Le fondamenta sono dawero rimesse in discussione? C'è stata davvero un'analisi critica dei testi fondatori, attraverso i quali la fondatrice ha espresso le sue idee teologiche e spirituali, in particolare il "Libro di Vita", ancora in uso nei monasteri di Betlemme? Sono stati messi adeguatamente in luce gli errori dottrinali e spirituali e le loro conseguenze deleterie sulle persone, in particolare la sua teologia mariana, che spalanca le porte a gravi abusi psicologici, spirituali e morali? Quali frutti possono recare le formazioni esterne proposte dalla Famiglia di Betlemme vista la profonda confusione che ancora regna nelle menti e nei cuori, alimentata da errori fin dalle origini della comunità? Quale riconoscimento e quale riparazione sono stati realmente messi in atto per coloro che la comunità riconosce essere stati feriti?». Nessun dialogo concreto è stato infatti ancora avviato o proposto dalla comunità con le persone interessate. «Di quale monitoraggio usufruiranno le comunità dopo questi anni di accompagnamento e di tutorato ecclesiale, visto che il lavoro di riforma non è stato né completato né stabilizzato? Quali garanzie sono state messe in atto per assicurare che il processo di riforma prosegua fino alla sua conclusione e che venga mantenuto uno sguardo esterno indipendente?». Operazioni cosmetiche, insomma, che non intaccano nemmeno la superficie.

Undicesimo: non pensare: il libro-denuncia di Fabio Barbero

Fabio Barbero, che in questa comunità, come detto, ha passato ventiquattro anni, racconta l'esperienza del plagio vissuto in un libro che, tuttavia, è molto più di una autobiografia. La narrazione diretta e personale mostra come si sviluppa il "plagio", ossia l'annullamento progressivo della capacità critica di una persona all'interno di un contesto chiuso e carismatico come quello della Fraternité de Bethlèem.

Barbero parte dal caso giudiziario di Roberta Repetto,donna ligure morta in circostanze drammatiche in un centro olistico, che ha reso evidente la difficoltà della giustizia in Italia (dove un reato di plagio non esiste più dal 1981) nel riconoscere giuridicamente la manipolazione mentale. L'autore si riconosce, in qualche misura, nei meccanismi subdoli e sottili che hanno portato Roberta a perdere il controllo della propria vita, e sulla scia di questa vicenda illustra dall'interno le dinamiche del plagio, mettendo in scena la lenta e progressiva perdita dell'autonomia psichica, con l'obiettivo di dare voce alla sua esperienza e di allertare altri su come riconoscere i segnali della manipolazione mentale.

L'"arco" del plagio

È così che Barbero ne descrive plasticamente lo sviluppo come un "arco" che conosce una prima fase ascendente: la naturale vulnerabilità personale (dolore, delusioni, ma anche semplicemente la ricerca di senso tipica dell'età adolescenziale e la disponibilità a fare esperienze) è una porta che può aprire all'incontro con un "carismatico" o una comunità che offre risposte radicali; il progressivo assorbimento delle idee della comunità è accompagnato dalla sospensione dello spirito critico e dall'assunzione dell'obbedienza come valore assoluto; si arriva così all'identificazione progressiva con il gruppo e i suoi dogmi, che offrono una reinterpretazione della realtà, una realtà parallela ma apparentemente normale. È a questo punto che inizia, quando inizia, la fase discendente dell'arco, con la crisi portata da piccoli eventi che aprono crepe nella struttura mentale costruita, rendendo visibili le contraddizioni celate. È il primo passo verso la liberazione, ma si tratta di un processo lungo e doloroso, che passa attraverso la perdita di ogni punto di riferimento, interno ed esterno. Solo dopo aver guadato questo passaggio arriva la rinascita personale, con il recupero del senso critico, ma con sentimenti ambivalenti: c'è sollievo per la libertà riconquistata ma anche un senso di profonda vergogna per la cecità che si è vissuta. La persona recupera una forma di integrità, ma non è più quella di prima: è cambiata, e si porta dietro quella cicatrice per tutta la vita.

Questo fenomeno, come è ormai noto, non riguarda solo le sette esoteriche, ma anche comunità ufficialmente riconosciute dalla Chiesa cattolica. In Francia, dove Barbero vive, la manipolazione mentale è reato. In Italia, dopo l'abolizione dell'art. 603 del Codice Penale nel 1981, esiste un vuoto giuridico che certamente favorisce i manipolatori. Nella Chiesa, però, il plagio è abuso spirituale, frutto di un abuso di potere e di autorità. Il messaggio di Barbero è molto chiaro: non è necessario essere deboli o non essere sufficientemente formati per essere plagiati: basta essere fragili e in quel momento incontrare chi sa sfruttare quella condizione, protetto dall'istituzione.


L. Eugenio, in Adista 29/2025

Per qualche giorno mi sono immerso nella lettura del bel libro curato da Francesco Deliziosi che riporta le parole – i discorsi, le meditazioni, i pensieri – di quel sacerdote, don Pino Puglisi, il quale intimorì la mafia tramite la sua testimonianza evangelica (Don Pino Puglisi. Se ognuno fa qualcosa si può fare molto. Le parole del prete che fece paura alla mafia, Bur-Rizzoli 2019). Si tratta di un volume che mostra in modo chiaro e integrale la vicenda di un prete che in Cristo Gesù ha avviato percorsi di liberazione dalle varie forme di schiavitù che colpivano – e in parte continuano a colpire – una delle periferie più degradate di Palermo. […]

Poco prima di terminare la lettura di questo testo resto incuriosito dal titolo dell’ultimo volume di Fabio Barbero Undicesimo: non pensare. Anatomia di un plagio del mondo cattolico appena edito dalla Queriniana. Dopo aver dato un’occhiata alla scheda del libro, lo acquisto. Una volta sfogliate le prime pagine resto subito, e parecchio, turbato. Simile turbamento si configura in me attraverso una domanda: come è stato possibile che la medesima Chiesa – frutto del messaggio del Vangelo – generi pressoché nello stesso frangente storico esiti radicalmente diversi. Infatti la storia che narra Fabio Barbero è quella della sua permanenza per più di venti anni (da metà anni Ottanta ai primi del Duemila) in un ordine religioso di origine francese nel quale ha sperimentato la manipolazione, l’isolamento dal mondo esterno, la demonizzazione degli affetti, la distorsione della realtà, il controllo totale del tempo e delle azioni, la pesantezza di relazioni umane tossiche. Una vicenda posta agli antipodi dalla prospettiva martiriale del prete siciliano che ha generato agli inizi degli anni Novanta occasioni di riscatto, di liberazione e di tutela della dignità umana.

Il punto di partenza di Barbero sembra essere il quesito che si pone ad un certo momento della sua vita monastica: «Svuotarsi di sé, rinunciare al proprio io, alla propria vita […] fin dove può portare una persona umana?» (p. 55). Con uno stile diretto e senza astio ma con un radicato desiderio di giustizia l’autore racconta la sua permanenza nell’ordine nel quale era entrato poco più che maggiorenne poiché mosso dall’aspirazione a vivere una vita piena, giusta e priva di smanie congiunte all’apparire o al primeggiare. Sfornito di qualcuno che potesse aiutarlo a «districare il bandolo della matassa» (p. 42) degli ideali giovanili, il giovane Fabio sarà assorbito da un contesto nel quale era impossibile distinguere il bene dal male e dove non vi era traccia di autonomia decisionale poiché l’unico pensiero accolto era quello anestetizzato. Come registra bene Ludovica Eugenio nella prefazione al volume, il racconto dell’autore è prezioso poiché di valore universale in quanto offre «una testimonianza personale intensa ma sempre lucida e chirurgica, che illumina le zone d’ombra della vita comunitaria religiosa in sé» (p. 7).

Sono essenzialmente tre le fasi che Barbero delinea per narrare il suo vissuto. I momenti corrispondono alla manipolazione, all’indottrinamento-consolidamento e allo sconquassamento-liberazione. Tutto ha inizio con uno stato di fragilità, ad esempio attraversato da un giovane alla ricerca della propria strada, che secondo Barbero facilita l’inizio e il rafforzamento delle pratiche manipolatorie. Nel suo caso queste sono state condotte da formatori che gli proponevano una sorta di divinità tappabuchi, un credere senza capire e una totale fiducia nella Vergine Maria considerata la reale fondatrice dell’istituto religioso e in perenne contatto con il medesimo. Gli stessi leader dell’ordine dinanzi a crisi vocazionali o ad accenni critici sull’organizzazione della vita monastica, insinuavano la presenza del demonio in soggetti persuasi poi a ricevere pratiche “liberatorie”. Così nella comunità, a parere di Barbero, nulla è «imposto, non c’è alcuna costrizione, nessuna brutalità. Si gioca sul terreno della persuasione. Le costrizioni sono tutte interne, psicologiche, morali, e soprattutto spirituali. Dio lo vuole, Maria lo vuole, è tutto. È una specie di dolce pressurizzazione interiore» (p. 74). Ciò per l’autore ha avuto l’effetto da un lato di generare uomini e donne irresponsabili dall’altro invulnerabili poiché tutto era fondato sulla volontà di Dio e se Lui era con loro allora diveniva possibile avviare finanche «traffici illegali di denaro, pagamenti in nero, costruzioni abusive, norme legali o persino canoniche non rispettate, tasse mai pagate, diritti umani non riconosciuti… Ci sentivamo superiori a tutte le leggi umane» (p. 117).

Il passaggio successivo alla manipolazione corrisponde all’indottrinamento-consolidamento radicato sulla messa a letargo di ogni pensiero critico o destabilizzante, sulla rinuncia ad esprimere in qualsiasi modo la propria volontà e sull’impossibilità di parlare di sé agli altri poiché riservata in modo esclusivo al padre spirituale posto in stretto contatto con il superiore. L’idea onnicomprensiva del sacrificio congiunta ad una considerazione di Maria come punto di riferimento assoluto, faceva della comunità un contesto dove era impossibile veder riconosciuta la propria dignità e la possibilità di maturare sul piano umano e spirituale. Ne consegue che quello di cui scrive Barbero nel volume si configura al pari di un vero e proprio sistema nel quale ad un certo punto era divenuto difficile distinguere fra vittime e aguzzini. I segnali che gli hanno concesso di maturare un itinerario di liberazione sono stati anzitutto alcuni malanni fisici che funsero da campanello d’allarme. Poi lo sguardo responsabile verso i giovani religiosi a lui affidati, ai quali evitare il trattamento subito, e la lettura degli scritti di Matta el Meskin che gli permisero di scoprire «un altro universo monastico, fatto di libertà spirituale, di un amore grande ma anche semplice, povero, per Dio e per i fratelli. Qui tutto è diretto, non c’è alcuna moina, alcun estetismo ricercato, qui tutto sembra “sanamente” adulto» (p. 125). Simile presa di consapevolezza ha condotto Barbero alla fuoriuscita dall’ordine e ad un’azione di ricerca della giustizia nei confronti della famiglia religiosa alla quale apparteneva. Opera condotta insieme ad alcuni ex religiosi del medesimo istituto.

Il volume di Fabio Barbero espone con chiarezza quanto sia importante per la Chiesa cattolica del XXI secolo riflettere, o tornare a farlo, sulla fondamentale rilevanza della direzione spirituale e di problematiche in qualche modo a questa congiunte come gli abusi spirituali o psicologici, la costituzione e il rafforzamento di derive settarie, il mancato riconoscimento dei diritti e dunque della dignità degli uomini e delle donne. Dato che il cristianesimo radicato sul Vangelo non può che promuovere l’uomo integralmente inteso – come ha esposto con sapienza la testimonianza di don Puglisi – è bene che la comunità ecclesiale senza scandali o remore faccia emergere e svuotare tutte quelle zone d’ombra che impediscono all’umano di fiorire e di vivere fedelmente la sequela al Maestro di Nazareth.


R. Gumina, in VinoNuovo.it 31 luglio 2025