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Un’etica nell’economia
Günter Wilhelms, Helge Wulsdorf

Un’etica nell’economia

Responsabilità e bene comune

Prezzo di copertina: Euro 17,00 Prezzo scontato: Euro 16,15
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Collana: Sintesi
ISBN: 978-88-399-2965-5
Formato: 11,5 x 19 cm
Pagine: 144
Titolo originale: Verantwortung und Gemeinwohl. Wirtschaftsethik – eine neue Perspektive
© 2021

In breve

Detto banalmente: se è vero che tutte le azioni o le scelte umane hanno a che fare con criteri etici, anche l’economia non può – a qualsiasi livello – sottrarsi a questa logica. La sfida che si profila, allora, è questa: spetta all’etica mostrare quale contributo può dare all’economia e quali competenze porta con sé a tale scopo.

Descrizione

Ne mondo globalizzato acquistano una rilevanza sempre maggiore le problematiche etico-economiche. Per questo motivo Wilhelms e Wulsdorf si propongono di delineare il profilo di un’etica dell’economia, rivolgendosi a tutti coloro che si confrontano, sul piano sia teorico che pratico, con questioni morali in campo economico.
Questo libro intende offrire un orientamento nella gestione dei processi di cambiamento e ottimizzazione, valorizzando le categorie centrali di valutazione in campo economico.
L’accento viene posto su comunicazione, partecipazione, cooperazione e trasparenza, intesi come criteri etici orientativi che mirano alla diffusione della responsabilità e del bene comune a tutti i livelli dell’agire economico: al microlivello (il soggetto economico individuale), al mesolivello (l’attore economico aziendale) e al macrolivello (il sistema economico nazionale e globale).
Una panoramica sul mondo degli affari, perché anche questo settore sostenga la nostra realizzazione come esseri umani.

Recensioni

Il piccolo testo proposto da due teologi tedeschi – esperto di etica sociale il primo, operante nel campo degli investimenti sostenibili il secondo – si propone di presentare le coordinate fondamentali per una riflessione etica in campo economico. La tesi di fondo è chiaramente enunciata nel capitolo 8, conclusivo: «nessuna economia senza etica».

Con "etica" – sottolineano gli A. nel capitolo 3 – essi si riferiscono alla considerazione riflessiva delle prassi, delle convinzioni e dei giudizi (un insieme di realtà che essi definiscono invece come "morale"); un approccio interessante per distinguere due termini etimologicamente affini e per i quali sono state proposte anche linee di differenziazione abbastanza diverse.

Fin dall'introduzione gli A. evidenziano poi come si tratti di una prospettiva di etica applicata, rivolta a «tutti gli ordinamenti e le istituzioni, le strutture, le funzioni e i processi, le attività, le convinzioni e i giudizi di valore più rilevanti in campo economico» (p. 7). Molta attenzione è dedicata all'individuazione del corretto livello a cui collocare la riflessione – intermedio tra la riflessione immediatamente fondativa e le specifiche aree di applicazione – così come a distinguere tra etica descrittiva ed etica normativa. Altrettanto articolata la considerazione dei tre livelli sui quali si realizza l'azione economica: il microlivello (quello dei comportamenti personali), il mesolivello (quello delle imprese e degli altri soggetti della vita economica) e il macrolivello (quello che diremmo sistemico, che ha a che fare con le politiche economiche).

C'è, dunque, un importante sforzo analitico a monte della riflessione che viene effettivamente proposta: nei capp. 4-7, muovendo dalle fondamentali categorie di responsabilità e bene comune evocate nel sottotitolo ed esaminate più ampiamente nel cap. 4, per affrontare i rapporti tra etica ed economia (cap. 5), proponendo alcuni indicatori etici per la qualità dell'agire economico (comunicazione, partecipazione, cooperazione, trasparenza; cap. 6) fino a soffermarsi sulla rilevanza dell'etica per la gestione dei processi di ottimizzazione in economia (cap. 7).

Diversi gli esempi proposti nei diversi ambiti, a evidenziare una significativa familiarità con parecchi degli ambiti in cui viene a declinarsi la pratica economica (dalle scelte del consumatore ai trattati internazionali sul commercio). Meno convincenti – almeno per il lettore italiano – le affermazioni degli A. circa l'assenza di discussione critica sul modello dell'homo oeconomicus (pp. 77-78): certamente nel nostro paese non sono mancati negli ultimi decenni gli interventi di autori come Zamàgni o Becchetti, ai quali anzi avrebbero forse potuto attingere fruttuosamente gli stessi A. del testo che presentiamo.

C'è, però, soprattutto un'importante lacuna che impedisce di considerare pienamente adeguata la proposta dei due A. ed è la considerazione decisamente marginale riservata alle interazioni tra etica ed ecologia. Ci sono sì alcuni riferimenti alla sostenibilità del consumo o alla rilevanza del bene ambientale in ordine al bene comune globale (p. 67), ma essi non sembrano adeguatamente integrati nel corpo della riflessione. Non compaiono, in effetti, riferimenti né alla prospettiva relativamente limitata dell'economia ambientale che studia le esternalità ambientali, né a quella più ampia dell'economia ecologica, che guarda ai flussi di materiali ed energia come fattori determinanti nel processo economico. Forse occorrerebbe chiedersi – in un momento in cui percepiamo la profonda rilevanza anche economica di dinamiche ambientali come il mutamento climatico – come sia possibile pensare eticamente l'economia in assenza di simili riferimenti.


S. Morandini, in Studia Patavina 1/2023, 203-204

Penso che sia persino superfluo dire che viviamo in un momento di crisi, sotto molti punti di vista, a partire dal piano dell’economia. Credo altresì che vada affermato che non si tratta di una crisi tecnica e passeggera del mercato, legata a contingenze storiche, ma nasce da motivazioni profonde anche di carattere etico e ideologico. È una crisi di sistema e come tale andrebbe affrontata. Molti sono i fattori scatenanti, trai quali si può porre la globalizzazione che da un paio di generazioni è al centro dell’attenzione e che comporta un riequilibrio dei mercati – ma è altrettanto vero che accanto a questo abbiamo la rivoluzione informatica che ha portato con sé la centralità della finanza che muove immensi capitali nello spazio di pochi secondi. La ricchezza non poggia più dunque sul lavoro, ma piuttosto sul denaro. Denaro e lavoro, ricchezza e merci non sono più legati l’uno all’altro, e questo provoca un pericoloso disassamento che costringe a nuovi equilibri sia in economia sia a livello sociale. La società che è uscita dalla Seconda guerra mondiale ha fatto dello spreco il suo modello di sviluppo (si veda l’emergenza per i rifiuti che hanno riempito le città e le pagine dei giornali). Oggi si vede in modo lacerante e lampante che questo modello di sviluppo non è più sostenibile e ne consegue la necessità di ripensare i consumi, i modi di produzione e le politiche energetiche, come chiedono i Fridays for Future, e di insistere sulla sobrietà – cose che invece vediamo pericolosamente assenti dal dibattito. Mi sia concessa una nota a margine: è impressionante e significativo vedere come una ragazzina svedese sia riuscita a portare in piazza milioni di persone, mentre i responsabili dell’economia, ossequiosi all’apparenza, di fatto si girano dall’altra parte per non vedere.

In questo contesto giunge a proposito il nostro libro, il cui titolo originale è Responsabilità e bene comune. Etica aziendale – Una nuova prospettiva (2017). Gli autori sono ambedue dottori in teologia e il primo è professore di sociologia del cristianesimo, mentre il secondo è responsabile degli investimenti sostenibili presso la banca che fa riferimento alla Caritas tedesca. Lo scopo che i due autori si sono dati è quello di fornire alcuni punti di riferimento irrinunciabili per ogni discorso etico in economia. Troppo spesso, infatti, si ritiene nei circoli economici che l’economia possa essere legge a se stessa e che gli operatori del settore siano gli unici autorizzati a considerarsi interpreti di un’etica della responsabilità.

I nostri autori concentrano la loro attenzione sul mondo delle aziende e correttamente segnalano il fatto che non si può fare solo un discorso generale, ma occorre distinguere tra un microlivello (il soggetto economico individuale), un mesolivello (l’attore economico aziendale) e un macrolivello (il sistema economico nazionale e globale). «Sono tre livelli che vanno considerati separatamente, ma vanno letti strettamente connessi fra di loro», dicono gli autori. «Se il centro dell’etica è il bene comune, è evidente come il bene dell’impresa al mesolivello sia strettamente collegato al bene della singola persona, al microlivello, e, all’opposto, a quello della società al macrolivello […]. Il condizionamento reciproco tra bene d’impresa e bene comune al mesolivello e al macrolivello impedisce di contrapporre un bene all’altro, sapendo perfettamente che entrambi sono sempre tenuti a ricercare il bene della persona come punto di riferimento etico» (pp. 64 s.).

Il bene comune: gli autori spiegano che lo scopo dell’economia dovrebbe consistere nel permettere il dispiegamento della libertà delle persone nel contesto del bene comune, che «esprime il lato sociale del concetto di bene» (p. 65). L’etica dovrebbe permeare ogni livello del discorso economico, nella tensione tra singolo e sistema, tenendo presenti quattro indicatori fondamentali: la comunicazione, la partecipazione, la cooperazione e la trasparenza. Questi, presi nel loro insieme, devono costituire i criteri etici orientativi per diffondere il senso di responsabilità e del bene comune a tutti i livelli dell’agire in economia.

Morale e denaro non sempre vanno d’accordo, lo sappiamo sin dai tempi evangelici, e ritengo che l’etica cristiana abbia qualcosa da dire in proposito per un riorientamento che permetta di evitare il disastro, ecologico e sociale, verso il quale ci stiamo dirigendo, mi pare, con una certa noncuranza. È vero che ambedue le realtà sono fondamentali nella vita economica e devono essere necessariamente intrecciate; ma spesso priorità e finalità vengono invertite – cosicché il denaro occupa il primo posto e mette la morale all’angolo.

Una buona sintesi della proposta dei due nostri autori è contenuta in quanto scrivono a p. 63: «Il compito delle imprese è anzitutto quello di perseguire i loro scopi in modo efficiente e redditizio, limitando gli sprechi. Le imprese sono quindi tenute al loro successo economico. Da un punto di vista etico, tuttavia, la realizzazione del bene dell’impresa mostra il suo limite proprio nel momento in cui compromette il bene della persona, restringe lo sviluppo della personalità di ciascun individuo, accetta in modo remissivo condizioni disumane e trasforma il singolo in oggetto di un comportamento economico basato sullo sfruttamento». E mi pare un concetto assolutamente condivisibile.


P. Ribet, in Protestantesimo vol. 78 (1/2023), 66-68

Morale e denaro non sempre vanno d’accordo; non è che siano due realtà naturalmente contrapposte ma spesso vengono invertite priorità e finalità. Due libri della Queriniana aiutano a chiarirsi le idee.

I teologi tedeschi Günter Wilhelms e Helge Wulsdorf in Un’etica nell’economia (pp 144, euro 17) spiegano che lo scopo di quest’ultima dovrebbe consistere nel permettere il dispiegamento della libertà delle persone nel contesto del bene comune, che «esprime il lato sociale del concetto di bene» (p. 65). L’etica dovrebbe permeare ogni livello del discorso economico, nella tensione tra singolo e sistema, tenendo come indicatori la comunicazione, la partecipazione, la cooperazione e la trasparenza.

Il gesuita Alain Thomasset in Un’etica teologica delle virtù sociali (pp 288, euro 37) rilancia il concetto di virtù come «capacità acquisita del soggetto, la quale lo predispone, in circostanze varie, ad agire bene, secondo l’obiettivo di un bene da acquisire, e più ampiamente di una vita buona da sviluppare» (p. 9). Nell’ambito sociale questa riscoperta costituisce la base per costruire una solida società democratica fondata su giustizia, solidarietà, compassione, ospitalità, speranza.

Queste sono le risorse di senso per nutrire la convivenza comune al di là di un aspetto meramente procedurale. Per il cristiano attuare queste virtù contribuisce a seminare il vangelo nella società facendo sì che alla trasformazione delle strutture, pur importante, si affianchi quella della mentalità, che conduce al perseguimento del bene comune nell’attenzione all’altro concretamente inteso.

Naturalmente occorre un discernimento particolare che declini i principi della dottrina sociale della Chiesa nella varietà di tempo e di luogo delle situazioni. In effetti, come conclude il volume, la «parola di Dio e l’esempio dei nostri predecessori non ci dicono ciò che dobbiamo fare, ma suscitano in noi alcuni atteggiamenti e si affidano alla nostra immaginazione per rendere vivo oggi ciò che l’insegnamento sociale della Chiesa ci insegna su una società giusta e fraterna» (p. 271).


F. Casazza, in La Voce Alessandrina 16/2022, 14

In quest’epoca di turbocapitalismo finanziario si torna inevitabilmente a riflettere su cosa significa delineare un profilo di un’etica dell’economia. Gli aa., assumendosi il compito di offrire un primo orientamento riguardo alla gestione dei processi di cambiamento in atto nel mondo della finanza, pongono l’accento su cosa debba significare comunicazione, partecipazione, cooperazione, trasparenza. Esse, prese nel loro insieme, costituiscono i criteri etici orientativi per diffondere il senso di responsabilità e del bene comune a tutti i livelli della ratio operandi economica.


D. Segna, in Il Regno Attualità 22/2021, 711