Tra i 10 e i 15 minuti: questo è il tempo che mediamente serve per tenere un’omelia. Meno di 10 si rischia di non spiegare a dovere le letture fatte; più di 15 la probabilità che l’attenzione dei fedeli cali in maniera verticale sale a livello esponenziale.
Come lo stesso libro degli Atti degli apostoli riporta in un celebre passo (cf. At 20,9), Paolo di Tarso ebbe un problema mentre stava predicando: un giovane si assopì e cadde dalla finestra in cui era seduto. Muovendo da questa constatazione, gli autori riflettono su cosa effettivamente significhi all’interno del culto, feriale o domenicale, «prendere la parola».
Sicuramente le occasioni per prenderla nell’attività della parrocchia sono molteplici: la catechesi settimanale, gli incontri di preghiera e/o di ascolto della Parola che possono svolgersi anche in private abitazioni, le riunioni del consiglio pastorale o di quello per gli affari economici, e via dicendo.
Centrale, tuttavia, è il momento dell’omelia (dal greco omilia, «riunione, conversazione»), vale a dire il momento del discorso religioso. Acutamente gli autori vedono in essa, come intitolato nel capitolo iniziale del saggio, un atto di fede, nella concretezza della vita, il che comporta che se il genere «omelia» si è, nel corso del tempo, affermato come una specie di eco alla parola di Dio, una risonanza che giunge in maniera accessibile alla maggior parte delle persone che l’ascoltano, è anche vero che esso «indica la profondità del mistero celebrato e aiuta a cogliere l’unità dei diversi tempi della celebrazione» (9).
L’omelia, pertanto, deve qualificarsi come risultato di un’arte complessa e articolata, un’arte che vede due poli: coloro che «prendono la parola» e coloro che ascoltano emettendo un giudizio su quanto ascoltato. Biscontin e Laurita delineano, quindi, i fondamenti che presiedono alla stessa omelia e, al contempo, tratteggiano le «regole» a cui quest’ultima deve necessariamente sottostare in quanto parte integrante dell’azione liturgica.
Una sfida da accogliere.
D. Segna, in
Il Regno Attualità 6/2025, 167