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Prendere la parola
Chino Biscontin, Roberto Laurita

Prendere la parola

Omelie e molto altro: una sfida per tutti

Prezzo di copertina: Euro 15,00 Prezzo scontato: Euro 14,25
Collana: Guide per la prassi ecclesiale 37
ISBN: 978-88-399-2807-8
Formato: 14,4 x 20,4 cm
Pagine: 176
© 2024

In breve

Prendere la parola nell’assemblea per comunicare la Parola, ma anche per illuminare, per confortare, per accompagnare la vita di fede: una sfida per i presbiteri, certo, ma anche per religiosi e laici, uomini e donne.

Descrizione

Cosa significa “prendere la parola”? Non solo nell’omelia, durante la messa, ma anche nelle celebrazioni “in attesa di un prete” (ADAP), animate da diaconi, religiosi e religiose, da laici e laiche. E poi nelle altre azioni liturgiche, nella catechesi, nei gruppi di ascolto della Parola, nei diversi frangenti della vita di una comunità parrocchiale…
In modo chiaro ed estremamente concreto, i due autori, grazie alla loro competenza e alla loro esperienza, offrono una risposta. Perché prendere la parola in ambito ecclesiale non è solo esporre una teologia o saper applicare una tecnica oratoria. È tentare di raggiungere il cuore di un’esperienza e di un servizio preziosi: è comunicare la fede, destarla, accompagnarla, intenderne gli interrogativi profondi, sanare l’astrattezza o le debolezze, all’insegna di una spiritualità nutrita di sapienza e di audacia.

Uno strumento che aiuta anche laici e laiche a gestire un intervento omiletico, durante una liturgia della Parola: per comunicare il vangelo, ma anche per illuminare, per confortare, per accompagnare la vita di fede.

Recensioni

Tra i 10 e i 15 minuti: questo è il tempo che mediamente serve per tenere un’omelia. Meno di 10 si rischia di non spiegare a dovere le letture fatte; più di 15 la probabilità che l’attenzione dei fedeli cali in maniera verticale sale a livello esponenziale.

Come lo stesso libro degli Atti degli apostoli riporta in un celebre passo (cf. At 20,9), Paolo di Tarso ebbe un problema mentre stava predicando: un giovane si assopì e cadde dalla finestra in cui era seduto. Muovendo da questa constatazione, gli autori riflettono su cosa effettivamente significhi all’interno del culto, feriale o domenicale, «prendere la parola».

Sicuramente le occasioni per prenderla nell’attività della parrocchia sono molteplici: la catechesi settimanale, gli incontri di preghiera e/o di ascolto della Parola che possono svolgersi anche in private abitazioni, le riunioni del consiglio pastorale o di quello per gli affari economici, e via dicendo.

Centrale, tuttavia, è il momento dell’omelia (dal greco omilia, «riunione, conversazione»), vale a dire il momento del discorso religioso. Acutamente gli autori vedono in essa, come intitolato nel capitolo iniziale del saggio, un atto di fede, nella concretezza della vita, il che comporta che se il genere «omelia» si è, nel corso del tempo, affermato come una specie di eco alla parola di Dio, una risonanza che giunge in maniera accessibile alla maggior parte delle persone che l’ascoltano, è anche vero che esso «indica la profondità del mistero celebrato e aiuta a cogliere l’unità dei diversi tempi della celebrazione» (9).

L’omelia, pertanto, deve qualificarsi come risultato di un’arte complessa e articolata, un’arte che vede due poli: coloro che «prendono la parola» e coloro che ascoltano emettendo un giudizio su quanto ascoltato. Biscontin e Laurita delineano, quindi, i fondamenti che presiedono alla stessa omelia e, al contempo, tratteggiano le «regole» a cui quest’ultima deve necessariamente sottostare in quanto parte integrante dell’azione liturgica.

Una sfida da accogliere.
D. Segna, in Il Regno Attualità 6/2025, 167

Nella Chiesa la Parola di Dio ha un posto di rilievo. Ascoltata, meditata, pregata nella liturgia, essa viene spezzata e condivisa attraverso la predicazione e l'omelia. Ad alcuni fra noi è chiesto questo servizio di carità abitualmente o anche occasionalmente.

Siamo abituati a pensare il ministero dell'annuncio legato al presbitero e al diacono, in particolare durante l'omelia e la predicazione ordinaria. Ma sempre più consacrate e consacrati, laiche e laici sono chiamati a "prendere la parola" e a spezzare questo pane alla comunità riunita: nelle assemblee domenicali in assenza di presbitero (ADAP), nei momenti di preghiera, nelle catechesi, nella lectio divina... si moltiplicano le occasioni in cui può essere necessario essere pronti ad annunciare la Parola.

Come imparare a gestire questo tipo di interventi? Come prepararsi? La formazione teologica non basta, come non basta conoscere le tecniche della comunicazione.

Chino Biscontin e Roberto Laurita hanno pubblicato, con i tipi della Queriniana, un manuale prezioso per chi desidera vivere appieno il ministero della Parola.

"Prendere la parola" è un'arte, e come ogni arte necessita di apprendimento e di preparazione; è comunicare la fede sapendo di non essere padroni ma servi, non maestri ma discepoli di un unico Maestro che fa ardere il cuore agli altri quando il cuore di chi annuncia è nutrito di sapienza e preghiera. In un mondo in cui tanti si improvvisano comunicatori e pensano che basti la buona volontà per evangelizzare, questo manuale offre una prospettiva nuova e strumenti validi.

Gli Autori, l'uno esperto di omiletica e l'altro liturgista e catecheta, offrono ai lettori uno strumento prezioso per imparare a comunicare il Vangelo, illuminando e confortando gli ascoltatori con la Parola di vita e di verità.


A. Passiatore, in La Vita in Cristo e nella Chiesa 1/2025, 65