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Pluralismo anziché cattolicità?
Bertram Stubenrauch

Pluralismo anziché cattolicità?

Dio, il cristianesimo e le religioni

Prezzo di copertina: Euro 28,00 Prezzo scontato: Euro 26,60
Collana: Biblioteca di teologia contemporanea 198
ISBN: 978-88-399-0498-0
Formato: 15,7 x 23 cm
Pagine: 224
Titolo originale: Pluralismus statt Katholizität? Gott, das Christentum und die Religionen
© 2019

Descrizione

Fin dai tempi del Vaticano II, anche nella chiesa cattolica si è aperta una intensa discussione sul rapporto fra cristianesimo e altre religioni. Al riguardo, la coscienza pubblica si è ritirata in massima parte su una posizione di indifferenza. La discussione teologica, invece, mostra spesso di prediligere un certo pragmatismo oppure, per altri versi, si dilunga in interminabili dibattiti teorici.
Nel panorama generale delle discussioni, il taglio di questo libro esibisce un profilo particolare. Pone al centro dell’interesse non tanto il dialogo interreligioso in senso pratico, quanto piuttosto la comprensione di sé che il cristianesimo sta maturando di fronte alla pluralità delle religioni. In quale modo la percezione di molti sistemi di fede diversi porta a un ripensamento dell’immagine biblica di Dio? Il fenomeno di un pantheon globale costringe forse i credenti cristiani a un costruttivo giudizio autocritico? Stante la sua decisa pretesa di possedere una validità universale, il cristianesimo è effettivamente in grado di intavolare un dialogo con l’altro, con il diverso?
Da teologo dogmatico e adottando una prospettiva di storia dei dogmi, Stubenrauch parte dalla convinzione dell’unica e insuperabile incarnazione della Parola divina. La teologia cristiana delle religioni, allora, non deve portare alla relativizzazione del proprio patrimonio di fede, né al disprezzo di quello altrui. Essa, piuttosto, è la possibilità di parlare del Dio di tutti gli uomini senza pregiudizi per le loro convinzioni religiose.
In questo senso, la riflessione lancia un segnale a favore della preziosa cattolicità della fede cristiana.

Recensioni

Il concetto di cattolicità trova tutta la sua fecondità in ambito ecumenico. Ebbe modo di riflettervi a lungo presago della sua centralità e della sua importanza uno dei fondatori e promotori della nostra rivista: Luigi Sartori (1924-2007), tanto da farne la categoria della sua ecclesiologia ecumenico-missionaria. Pienezza, integralità, universalità (cattolico) estroverse poste nell'orizzonte vasto dell'ecumene e proiettate nel futuro prossimo e ultimo. E questo libro lancia un segnale a favore della preziosa cattolicità della fede cristiana provandone, lungo tutta la scansione dei sette capitoli, la fecondità per la discussione circa il rapporto fra cristianesimo e altre religioni. Nessuna novità, dunque, ma la proposta di una sintesi ben organizzata che riesce a proporsi come strumento per una corretta proposizione teologica di un dialogo interreligioso dal punto di vista dogmatico (cf. la parte prima pp. 9-80 Conoscenza teologica) e di storia dei dogmi (cf. la parte seconda pp. 83-118 Evoluzione storica).

Come chiaramente afferma l'autore (navigato teologo, docente di dogmatica e teologia ecumenica a Monaco) non intende offrire materiali per dialoghi interreligiosi né una teologia delle religioni. Semplicemente intende far chiarezza in casa propria circa i fondamenti e le condizioni di possibilità, dal punto di vista «cattolico», di un dialogo che se ai più risulta oggi indifferente non lo è sul versante prettamente teologico.

Il volume contiene due sezioni della tesi di abilitazione dell'autore edita nel 1995 col titolo Dialogisches Dogma. The Christian Order for Interreligious Encounters (Dogma dialogico. Il compito cristiano per l'incontro interreligioso) e sette saggi sul medesimo tema editi tra il 1998 e il 2015. Messi insieme offrono un quadro coerente del suo pensiero che trova nella «presentazione di Dio kenoticamente orientata» (p. 6) il paradigma centrale (pp. 121-162, lo Sviluppo sistematico della parte terza) e la promozione della (costitutiva originaria) cattolicità quale orizzonte dinamico di una teologia della missione. Cosa ne consegue da questa impostazione?

L’autore risponde nella parte quarta (pp. 165-200) dove illustra il suo apporto alla discussione teologico-religiosa circa il dialogo tra le religioni. È un testo utilissimo soprattutto perché forte della pregressa e migliore esperienza della pratica dei dialoghi interreligiosi ha la possibilità di interrogarne il senso e i guadagni per il cristianesimo e per la coscienza di sé maturata. La prospettiva è interessante. Non è poi così comune nella bibliografia sul tema. In estrema sintesi si potrebbe dire che se gran parte degli studi presentano l'apporto del cristianesimo al dialogo interreligioso, qui abbiamo discussi i guadagni che il cristianesimo beneficia da quel dialogo.

La riproposizione dell'evento cristologico dell'incarnazione (approccio kenotico) diventa criterio di verifica centrale «di fronte alle religioni» (p. 5) e la cattolicità del cristianesimo ne diventa la condizione di possibilità del dialogo. Non è qui il caso di discutere le implicanze di questa impostazione con il paradigma teologico del pluralismo. Bisognerà certamente chiedersi se non sia necessario un cambio di prospettiva nei dialoghi interreligiosi nel cercare di mettere al loro centro meno le religioni e molto di più Dio. A integrazione e per sviluppare ulteriormente la riflessione dell'autore, che data gli anni dal 1998 al 2015, va ricordata qui l'attestazione controfirmata nel 2019 da papa Francesco e dal grande iman di Al-Azhar nel Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e convivenza comune: «Il pluralismo e le diversità di religione […] sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani». È un'affermazione che nasce dalla comprensione «cattolica» si direbbe della rivelazione di Dio per cui quando, come dice Stubenrauch (a p. 188ss.), egli «si dà al mondo [sic...] dà se stesso e dà tutto» (processo kenotico). Dando tutto se stesso mette ogni uomo in condizione non solo di rispondere ma anche di unirsi a lui (qui andrebbe ricordato K. Rahner) e di vivere così un'esperienza religiosa che nel trasmettersi agli altri si struttura nelle varie religioni.

Quanto papa Francesco ha sottoscritto va approfondito nelle sue conseguenze per i dialoghi. Noi lo suggeriamo qui come password, come codice di lettura per intendere a fondo il pensiero dell'autore.


D. Passarin, in CredereOggi 246 (6/2021) 177-179

Sulla scia della sua dissertazione Dialogisches Dogma. Der christliche Auftrag zur interreligiösen Begegnung (Herder, 1995), l'A. si cimenta con «la comprensione di sé del cristianesimo di fronte alle religioni» (p. 5) ed è «persuaso che si debba far conoscere in modo più compatto possibile il mio [suo] approccio – l'idea di una presentazione di Dio kenoticamente orientata» (pp. 6.155). Le quattro parti del libro ripresentano testi già pubblicati in altre collocazioni – ciascuno corredato da un'ampia e utile bibliografia conclusiva –, costruendo un itinerario «classico» che ben si presterebbe a un corso introduttivo di teologia delle religioni. Molto sintetici e lineari sono i capitoletti: «Dialogo e teologia» (pp. 9-37), «La teologia e le religioni» (pp. 83-108) e «Al di fuori della Chiesa non c'è salvezza? Il Concilio Vaticano II e la libertà religiosa» (pp. 109-120).

Le peculiarità della proposta di Stubenrauch sono, in particolare, due. lnnanzitutto, l'approccio dogmatico-sistematico alla questione «Dio, il cristianesimo e le religioni», in un'ottica cristologico-trinitaria globale, piuttosto che una esplorazione regionale come quella «tipica» delle teologie delle religioni. L'idea guida dichiarata è «il concetto della kènosis divina. lo cerco di far vedere che la rivelazione cristiana, in base allo svuotamento di Dio che si manifesta in essa rimanda al suo insuperabile dono di sé e anche all'assenza legata a questo dono: l'incarnazione di Dio implica la sua relazione dialogica con tutte le espressioni religiose dello spirito umano e, quindi, la sua volontà di integrare queste espressioni nella sua epifania legata al mondo» (p. 24). Tale «idea guida ermeneutica» (p. 24), cioè la kenosi, costituisce un ritornello presente in ogni capitolo (pp. 25-28.46.104.124-136.128.150.155-158.180.188-192) e possiamo ritrovarla, nella teologia italiana, in P. Coda, Il logos e il nulla. Trinità, religioni, mistica, Città Nuova, Roma 2003.

Come seconda peculiarità, l'A. – creando un'inclusione che abbraccia tutto il saggio (kenosis e pleroma, pp. 24-28; kenosis e pleroma, pp. 190-195) – presenta una declinazione ecclesiologica della comprensione kenotica-pleromatica del mistero cristiano e la domanda che costituisce il titolo riceve così una risposta affermativa argomentata (pp. 145-148). «La cattolicità di Dio si manifesta nella sua capacità di ammettere in se stesso una tensione ineluttabile. Infatti, secondo la convinzione cristiana il Figlio incarnato rimarrà per sempre essere umano. [...] Viene alla luce quindi la legge fondamentale di una cattolicità plurale o determinata in modo plurale [...]. Una cattolicità plurale, pensata più profondamente, deve rendere capace la chiesa di rendere la molteplicità di comportamenti spirituali e di religioni umane una componente della propria dimensione, senza privarle del loro carattere alternativo» (p. 146). Ancora, «una cattolicità consapevole della pluralità nasce quando cristiane e cristiani, in forza della fidatezza dell'universale volontà salvifica di Dio garantita dal Logos incarnato, recuperano questa molteplicità in Dio in modo che essa si estenda alla totalità della noosfera umana dotata in senso trascendentale e non rinunciin nessun caso a essere solidale con essa. L'espressione di questa solidarietà si chiama dialogo»(p. 147).

La declinazione kenotica della verità del Dio di Gesù Cristo diviene il criterio fondamentale che regola la comprensione dell'universalità della salvezza e della missione della Chiesa e partendo da questo l'A. perora appassionatamente con espressioni molto vivide – «lgnorantia religionum ignorantia Christi»(p. 198) – la causa del dialogo interreligioso «locus theologicus per il processo dogmatico della conoscenza» (p. 114), poiché «i cristiani hanno bisogno della saggezza degli altri per comprendere più profondamente ciò che in Cristo è stato detto effettivamente al mondo» (p. 129). Infatti «come espressioni di co-uomini del Lògos incarnato, le religioni illuminano ciò che di desiderio di Dio e di sapere su Dio è celato nel simbolo religioso “uomo”» (p. 194). Di conseguenza, «La missione è anzitutto pro-esistenza» (p. 160) e «l'annuncio dialogico avviene in modo diaconale: in forma altruistica» (p. 179), poiché «la pretesa cristiana di annunciare un'ultima verità è una pretesa diaconale, che ha la sua misura nella croce di Gesù» (p. 181).

Nel dibattito, un po' stanco, della teologia delle religioni, la proposta di Stubenrauch rilancia vigorosamente una visione complessiva totalmente condivisibile e pertinente oltre le «classiche etichette» ormai logore di modelli e paradigmi (inclusivismo, pluralismo...). Una proposta brevemente accennata, ma a nostro avviso del tutto inverosimile e un po' in contraddizione con la stessa idea centrale dell'A. è quella del «dialogo interreligionale anziché interreligioso» (pp. 186-187) dove l'A. afferma che «l'incontro delle religioni avviene da sistema a sistema» (p. 181), mentre l'unica realtà è che l'incontro avvenga sempre e solo tra persone, mai tra sistemi e «religioni».


G. Osto, in Rivista di Teologia dell’Evangelizzazione 2021/1, 247-249

>«Una Chiesa che si affida al primato della grazia può tranquillamente rinunciare alla parola ‘successo’». Quando ho letto questo passaggio, mi sono detto: l’Autore di questa frase vede lontano e vede profondo. Sto parlando di Bertram Stubenrauch (classe 1961) teologo tedesco che insegna all’università di Monaco. Con l’ed. Queriniana, nella nota collana «Biblioteca di Teologia Contemporanea» (BTC), ha pubblicato un testo che suggerisco non solo ai docenti di dogmatica e/o teologia ecumenica, ma a quei sacerdoti e laici che vogliono approfondire ed esplorare l’ambito ecumenico con il criterio del dialogo interreligionale o interteologico.

«Le religioni non traggono i loro contenuti – scrive Stubenrauch – dal dialogo aperto di molte società diverse, ma da dati materiali e verbali di una società molto determinata. Parlare quindi di dialogo interreligioso è fuorviante. Sono più adeguati perciò i concetti di dialogo con modalità interreligionale o interteologico. Essi chiariscono infatti che l’incontro delle religioni avviene da sistema a sistema». Stubenrauch chiude il testo con una certezza evidente nel tempo attuale e quello futuro, per la missione della Chiesa: «Nell’era del dialogo la missione non può più essere concepita come zelo religioso per ciò che è proprio».


G. Ruggeri, in Recensionedilibri.it 16 dicembre 2020

L’a. non ha la pretesa di fornire un contributo per l’attuale dialogo interreligioso, piuttosto intende offrire una trattazione concernente la «teologia delle religioni», vale a dire porre al centro della propria ricerca la comprensione di sé del cristianesimo dinanzi alle religioni. I singoli saggi rispondono a una domanda di fondo: il cristianesimo è in grado di dialogare con le altre fedi e come si pone di fronte al cosiddetto pantheon globale, nel momento esatto in cui avanza la pretesa di possedere la validità universale? La prospettiva che l’a. propone è quella che vede, tra l’altro, il dialogo tra le religioni come «la forma determinante della rivelazione divina» a fronte della kènosis di Dio stesso.
D. Segna, in Il Regno Attualità 14/2020, 415

Il rapporto tra cristianesimo e altre religioni è stato oggetto di un rinnovato dibattito a partire dai tempi del concilio Vaticano II. Stubenrauch, presbitero e teologo tedesco, ribalta il punto di vista: «AI centro dell'interesse c'è la comprensione di sé del cristianesimo di fronte alle religioni: in quale modo la percezione di molti sistemi di fede diversi porta a una rivalutazione della descrizione biblica di Dio?». La teologia cristiana delle religioni diviene così la possibilità di parlare del Dio di tutti gli uomini senza pregiudizi per il credo di nessuno.


In Jesus 5/2020, 92