Sulla scia della sua dissertazione Dialogisches Dogma. Der christliche Auftrag zur interreligiösen Begegnung (Herder, 1995), l'A. si cimenta con «la comprensione di sé del cristianesimo di fronte alle religioni» (p. 5) ed è «persuaso che si debba far conoscere in modo più compatto possibile il mio [suo] approccio – l'idea di una presentazione di Dio kenoticamente orientata» (pp. 6.155). Le quattro parti del libro ripresentano testi già pubblicati in altre collocazioni – ciascuno corredato da un'ampia e utile bibliografia conclusiva –, costruendo un itinerario «classico» che ben si presterebbe a un corso introduttivo di teologia delle religioni. Molto sintetici e lineari sono i capitoletti: «Dialogo e teologia» (pp. 9-37), «La teologia e le religioni» (pp. 83-108) e «Al di fuori della Chiesa non c'è salvezza? Il Concilio Vaticano II e la libertà religiosa» (pp. 109-120).
Le peculiarità della proposta di Stubenrauch sono, in particolare, due. lnnanzitutto, l'approccio dogmatico-sistematico alla questione «Dio, il cristianesimo e le religioni», in un'ottica cristologico-trinitaria globale, piuttosto che una esplorazione regionale come quella «tipica» delle teologie delle religioni. L'idea guida dichiarata è «il concetto della kènosis divina. lo cerco di far vedere che la rivelazione cristiana, in base allo svuotamento di Dio che si manifesta in essa rimanda al suo insuperabile dono di sé e anche all'assenza legata a questo dono: l'incarnazione di Dio implica la sua relazione dialogica con tutte le espressioni religiose dello spirito umano e, quindi, la sua volontà di integrare queste espressioni nella sua epifania legata al mondo» (p. 24). Tale «idea guida ermeneutica» (p. 24), cioè la kenosi, costituisce un ritornello presente in ogni capitolo (pp. 25-28.46.104.124-136.128.150.155-158.180.188-192) e possiamo ritrovarla, nella teologia italiana, in P. Coda, Il logos e il nulla. Trinità, religioni, mistica, Città Nuova, Roma 2003.
Come seconda peculiarità, l'A. – creando un'inclusione che abbraccia tutto il saggio (kenosis e pleroma, pp. 24-28; kenosis e pleroma, pp. 190-195) – presenta una declinazione ecclesiologica della comprensione kenotica-pleromatica del mistero cristiano e la domanda che costituisce il titolo riceve così una risposta affermativa argomentata (pp. 145-148). «La cattolicità di Dio si manifesta nella sua capacità di ammettere in se stesso una tensione ineluttabile. Infatti, secondo la convinzione cristiana il Figlio incarnato rimarrà per sempre essere umano. [...] Viene alla luce quindi la legge fondamentale di una cattolicità plurale o determinata in modo plurale [...]. Una cattolicità plurale, pensata più profondamente, deve rendere capace la chiesa di rendere la molteplicità di comportamenti spirituali e di religioni umane una componente della propria dimensione, senza privarle del loro carattere alternativo» (p. 146). Ancora, «una cattolicità consapevole della pluralità nasce quando cristiane e cristiani, in forza della fidatezza dell'universale volontà salvifica di Dio garantita dal Logos incarnato, recuperano questa molteplicità in Dio in modo che essa si estenda alla totalità della noosfera umana dotata in senso trascendentale e non rinunciin nessun caso a essere solidale con essa. L'espressione di questa solidarietà si chiama dialogo»(p. 147).
La declinazione kenotica della verità del Dio di Gesù Cristo diviene il criterio fondamentale che regola la comprensione dell'universalità della salvezza e della missione della Chiesa e partendo da questo l'A. perora appassionatamente con espressioni molto vivide – «lgnorantia religionum ignorantia Christi»(p. 198) – la causa del dialogo interreligioso «locus theologicus per il processo dogmatico della conoscenza» (p. 114), poiché «i cristiani hanno bisogno della saggezza degli altri per comprendere più profondamente ciò che in Cristo è stato detto effettivamente al mondo» (p. 129). Infatti «come espressioni di co-uomini del Lògos incarnato, le religioni illuminano ciò che di desiderio di Dio e di sapere su Dio è celato nel simbolo religioso “uomo”» (p. 194). Di conseguenza, «La missione è anzitutto pro-esistenza» (p. 160) e «l'annuncio dialogico avviene in modo diaconale: in forma altruistica» (p. 179), poiché «la pretesa cristiana di annunciare un'ultima verità è una pretesa diaconale, che ha la sua misura nella croce di Gesù» (p. 181).
Nel dibattito, un po' stanco, della teologia delle religioni, la proposta di Stubenrauch rilancia vigorosamente una visione complessiva totalmente condivisibile e pertinente oltre le «classiche etichette» ormai logore di modelli e paradigmi (inclusivismo, pluralismo...). Una proposta brevemente accennata, ma a nostro avviso del tutto inverosimile e un po' in contraddizione con la stessa idea centrale dell'A. è quella del «dialogo interreligionale anziché interreligioso» (pp. 186-187) dove l'A. afferma che «l'incontro delle religioni avviene da sistema a sistema» (p. 181), mentre l'unica realtà è che l'incontro avvenga sempre e solo tra persone, mai tra sistemi e «religioni».
G. Osto, in
Rivista di Teologia dell’Evangelizzazione 2021/1, 247-249