Disponibile
Piccola teologia cristiana dell’ebraismo
Emanuele Giordana

Piccola teologia cristiana dell’ebraismo

Prezzo di copertina: Euro 25,00 Prezzo scontato: Euro 23,75
Collana: Giornale di teologia 472
ISBN: 978-88-399-3472-7
Formato: 12,3 x 19,3 cm
Pagine: 312
© 2025

In breve

Andare oltre la “teologia della sostituzione”: prospettive per un nuovo dialogo tra ebrei e cristiani, tracciando nuove vie per una cristologia storica.

Un’impresa mai tentata prima: fare, da cristiani, una teologia dell’ebraismo nel confronto con i teologi ebrei

Descrizione

È possibile pensare ad una rivelazione cristiana escatologica, ossia ultima e definitiva, nel confronto con una rivelazione precedente come quella ebraica?
Per rispondere a questo arduo problema teologico, il libro si apre nella prima parte con un confronto, accurato e intellettualmente onesto, con dodici pensatori ebrei moderni e contemporanei: storici, filosofi e teologi, includendo pure una voce altra come quella di Primo Levi. La scelta è metodologicamente istruttiva: il dialogo interreligioso si costruisce sulla conoscenza dell’identità dell’altro, senza preclusioni ma anche senza facili irenismi.
Nella seconda parte del saggio Emanuele Giordana propone alcune linee interpretative per la costruzione di una teologia cristiana dell’ebraismo. Il grande sforzo di sintesi e meticolosa ponderazione alza lo sguardo sull’orizzonte complessivo, per riformulare il problema a partire dall’evento radicalmente storico di Gesù di Nazaret.
E così, quelli che sembravano problemi in-solubili, ad un’analisi più approfondita si rivelano come problemi mal-posti, che questo libro affronta con quel pizzico di temerarietà senza il quale non si tenterebbero imprese inedite.

Recensioni

Pubblichiamo un articolo in cui lo studioso dell’ebraismo Massimo Giuliani espone in sintesi i contenuti della sua prefazione al libro di Emanuele Giordana Piccola teologia cristiana dell’ebraismo, che appare nella storica collana “Giornale di teologia” dell’editrice Queriniana (pagine 312, euro 25,00). L’opera si impernia su un arduo problema teologico: è possibile pensare a una rivelazione cristiana escatologica, ossia ultima e definitiva, nel confronto con una rivelazione precedente come lo è quella ebraica? Al termine di un’analisi approfondita, quelli che sembravano problemi insolubili si rivelano come mal posti. L’autore insegna Storia della teologia e di Ebraismo e cristianesimo presso l’Istituto di Scienze religiose di Cuneo.

**

Non v’è oggi riflessione cristiana, teologica o pastorale, su ebrei ed ebraismo che non parta dalla dichiarazione conciliare Nostra Aetate, promulgata esattamente sessant’anni or sono. Il fine principale di tali nuove ricerche ed elaborazioni è quello di mostrare come la fede cristiana non solo non rigetti, cioè non possa rigettare, le proprie radici storiche, che affondano nei testi biblici di Israele e in parte nella stessa tradizione farisaica, ma di fatto comprenda meglio se stessa alla luce della tradizione ebraica, riuscendo a riconoscere senza gelosia o arroganza che la vitalità odierna del popolo ebraico attesta una fedeltà autentica all’alleanza che da Abramo in poi si dipana, in ogni generazione, fino ad oggi.

Il recente studio di Emanuele Giordana intitolato Piccola teologia cristiana dell’ebraismo (Queriniana) è una sintesi accurata e onesta del difficile status quaestionis in cui si trova il pensiero cristiano, e segnatamente la riflessione cattolica, a questo riguardo. La scelta degli autori con cui confrontarsi rivela la piena consapevolezza che, dopo smontaggi e rimozioni, la ricostruzione di una teologia cristiana dell’ebraismo (sui detriti della “teoria della sostituzione”) è appena cominciata, e si presenta a occhi esterni ancora come un laboratorio, meglio, come una sala da concerto nella quale tutti i musicisti stanno simultaneamente accordando e provando i loro strumenti. Ma non è una cacofonia.

Fuor di metafora, i capitoli di questo libro sono un tentativo di armonizzare visioni diversificate del rapporto tra cristianesimo ed ebraismo, tra le variegate confessioni del primo e la quasi anarchica pluralità del secondo, a cui sta stretta persino la definizione di “religione”. Da qui l’opzione di Giordana di dedicare la prima parte del volume all’ascolto di dodici pensatori ebrei, rabbini e no, teologi o filosofi, includendo pure una voce altra come quella di Primo Levi. Infatti il confronto e il dialogo interrereligiosi si costruiscono sulla conoscenza dell’identità e del percorso altrui, specie di quanti hanno già eretto ponti tra la sponda ebraica e quella cristiana, in modo tale che queste riflessioni teologiche siano svolte “in risonanza”, se non proprio “in ascolto” di Israele (secondo un’espressione cara a padre Pierre Lenhardt).

Nella seconda parte del volume si intrecciano poi tre linee o piani di ricerca. Da una prima linea ermeneutica, centrata sui nodi della relazione tra Bibbia ebraica e Nuovo Testamento, emergono temi chiave come il compimento (o meno) delle Scritture e il superamento di un’esegesi tipologica, questioni preliminari per accedere a ogni altro livello. Su un piano più teologico si cerca poi di formulare un nuovo riconoscimento del permanente valore religioso dell’alleanza divina con Israele, nel solco di una fedeltà storica che ha sfidato secoli di sofferenze e persecuzioni. Nel tema dell’alleanza è incluso quello dell’elezione e della testimonianza ad gentes, cioè ai non ebrei.

Infine, una terza di indagine è di tipo cristologico, dove ci si re-interroga sul rapporto tra Gesù ebreo e Torà esul concetto di messia in rapporto alle diverse, o assenti, declinazioni di messianismo in ambito ebraico. Si intuisce come nel libro di Giordana molte domande paiono eccedere le risposte e aprano scenari ancora da indagare. Del resto, una teologia cristiana dell’ebraismo, piccola o grande che sia, quando storicamente onesta è fatta più di questioni aperte che di certezze e affermazioni apodittiche.

Encomiabile lo sforzo di sintesi e di meticolosa ponderazione della storia delle idee religiose qui espresse, incluso quel neo-marcionismo che sembra tornato in auge in certi ambienti religiosi, a volte velatissimo compatimento verso chi non può essere recuperato alla vera fede. Ovviamente, a parte il monitorare gli effetti negativi che il disprezzo antiebraico procura loro, gli ebrei non vogliono interferire su queste elaborazioni, che afferiscono essenzialmente all’autocoscienza delle Chiese cristiane. Ma essendo “oggetto di riflessione”, non di rado reagiscono quando le rappresentazioni che il mondo cristiano si fa dell’ebraismo confliggono con l’autocoscienza che gli ebrei hanno di se stessi. Nondimeno, sarebbe anche ingiusto non ricordare le memorie positive, seppur scarse, che hanno visto implementata una logica di interazione, di riconoscimento e di mutua stima, specie sul piano dello studio esegetico delle comuni Scritture. Sarebbe troppo facile appuntare che, negli autori cristiani qui discussi, la riflessione sull’ebraismo continua a ignorare quel perenne elemento dell’identità ebraica che è il legame con la terra di Israele, da declinarsi anche in chiave politica e non solo religiosa, quasi che la componente sionista-statuale dell’odierna vita ebraica fosse del tutto priva di valore religioso.

Ma ad un’opera prima, com’è questo libro di Giordana, va l’incoraggiamento a “cercare ancora”.


M. Giuliani, in Avvenire 14 ottobre 2025, 20