«La condizione disabile evoca in tutti noi un interrogativo morale, un’esigenza di giustizia, una domanda di senso. Un universo da incontrare con umiltà, anzitutto: l’esperienza di disagio e sofferenza, ma anche il tesoro di piccole-grandi conquiste di cui può essere costellata l’esistenza di chi vive personalmente l’handicap non sono mai del tutto condivisibili né immaginabili da chi non ne è colpito. Da questa prospettiva muove il libro recente di Maria Zanichelli, ricercatrice di filosofia del diritto all’Università di Parma: “Persone prima che disabili. Una riflessione sull’handicap tra giustizia ed etica”. Il libro è un tentativo di illuminare il significato profondo di una realtà umana ardua e misteriosa, ma pur sempre molto concreta, refrattaria alla retorica e ai proclami ideologici. Perché una riflessione teorica sulla disabilità? L’essenziale non è semmai la piena integrazione delle persone disabili e la tutela dei loro diritti? In realtà, ciò che dà significato alle soluzioni istituzionali sono i principi di fondo che le ispirano, e la visione della persona cui essi rinviano. La capacità di rivolgere all’handicap uno sguardo accogliente, non umiliante, non escludente dipende dall’idea di umanità che si sceglie di promuovere. Ogni possibile traguardo in favore dei disabili, in termini di riconoscimento giuridico-culturale e di equità sociale, presuppone dunque un orizzonte etico-antropologico più ampio, in cui accanto all’autonomia e all’indipendenza trovi posto l’accettazione del limite, della debolezza e della fragilità. L’itinerario di riflessione dal diritto alla giustizia all’etica proposto in queste pagine supporta l’analisi teorica con l’ascolto di testimonianze significative, accostandosi ai disabili anzitutto in quanto persone, più che come minoranza affetta da particolari deficit. Il fine è richiamare l’attenzione su ciò che l’handicap ci dice a proposito della condizione umana universale, segnata da una dignità inestimabile e da una ineluttabile vulnerabilità».
Luce e Amore 1/2013, 32