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Perché le mucche risuscitano (probabilmente)
Franck Dubois

Perché le mucche risuscitano (probabilmente)

Ovvero, perché mio padre non resterà tutta la vita bloccato in ascensore

Prezzo di copertina: Euro 14,00 Prezzo scontato: Euro 13,30
Collana: Nuovi saggi 104
ISBN: 978-88-399-1064-6
Formato: 12 x 20 cm
Pagine: 128
Titolo originale: Pourquoi les vaches ressuscitent (probablement)
© 2022

In breve

Postfazione all’edizione italiana di Martin M. Lintner

In paradiso ci imbatteremo in leoni diventati vegani? Lassù il calvo recupererà i capelli che aveva in gioventù? Il mio pesciolino rosso potrà finalmente parlare? Una cosa è certa: ci sarà una bella ressa al momento di salire sull’”ascensore” che porta in cielo!

Descrizione

È prevista l’esistenza di un giardino zoologico lassù in cielo? Gli animali, gli alberi o anche i sassi vanno in paradiso? A Dio preme almeno un po’ la salvezza eterna di quelle sue creature che non sono esseri umani?
Per Franck Dubois bestie e piante attendono di essere salvate. Ma non dipende dalla mucca accedere al cielo: in senso stretto non è lei che “risuscita”; viene casomai associata al mistero della risurrezione degli uomini. Sono loro che hanno la responsabilità della sua salvezza.
Perché l’intera creazione è destinata a transitare in Dio: non è un banale scenario di cartapesta “usa e getta”, destinato a scomparire alla fine della storia, ma una realtà con la quale fare i conti (anche) nell’aldilà. E questa comunità di destino fra tutti gli elementi del mondo suona necessariamente come un richiamo alla vigilanza.

Ecco il messaggio alla base di questo libro d’inaudita originalità, ma dai sapidi tratti umoristici: Dio è presente al cuore di ogni realtà materiale, agisce tanto sulle anime quanto sui corpi. Il Dio cristiano non si disinteressa del mondo fisico: anzi, l’ha creato perché rimanga per sempre e si è incarnato per portarlo alla massima perfezione.

Recensioni

Accadeva anche prima che qualche bambino ti domandasse dove fosse mai andato il suo gattino appena morto, e se prima o poi, da qualche parte, lo avrebbe ritrovato. Al giorno d'oggi, tra una più corretta sensibilità di tipo ecologico che non relega gli animali al rango di banali comprimari, se non proprio di "carne da cucina", e la solitudine di tanti, mitigata ormai solo da alcuni affettuosi animali da compagnia, domande simili si fanno persino più insistenti. E probabilmente persino più corrette. Al di là di esagerazioni da una parte e dall'altra, chiedersi se anche gli animali (tutta la creazione) siano in qualche modo destinati a una risurrezione finale, se cioè, come si domanda il domenicano francese autore di questo libro, ci sia o meno una sorta di giardino zoologico in paradiso, non è davvero un interrogativo così inutile. E del resto, come si dice, solo le domande meritano il nostro “inchino”, intellettuale: aprono percorsi, sollecitano pensieri, provocano anche sane inquietudini spirituali, o teologiche… A prescindere dalle risposte, più o meno definitive, ma che non possono che essere anch'esse un work in progress.

In fin dei conti, è proprio così che Perché le mucche risuscitano ci accompagna, pagina dopo pagina, nei meandri teologici dell'escatologia, che già di per sé non è quella che si può dire una tematica granché di moda, ma con necessarie incursioni nell'antropologia, nell'esegesi, nella dogmatica. Perché, ed è forse la scoperta più gradita scorrendo queste pagine, porsi il dubbio se anche le mucche risuscitino, beh, ha molto a che fare con la nostra di risurrezione: che cosa intendiamo davvero per essa? La nostra fede in ciò, è fede in che cosa? Dando per scontato che, come direbbe san Paolo, se Cristo non è risorto, allora anche la nostra fede è vana.

Insomma, non ha senso essere e dirci cristiani, non lo saremmo neanche ontologicamente (cf. 1 Cor 15,12-20). E se l'autore il dubbio lo esprime da subito, «prendere in considerazione la possibilità di una vita per i Ciceroni (il coniglio della mamma [ndr]),le mucche e le piante in un mondo a venire, è un'opinione alquanto marginale, ma che vale la pena esplorare» (p. 10), la conclusione è positiva, pur con tutte le cautele che il tema esige, visto che né Bibbia né chiesa sembrerebbero aver preso decisamente posizione per l'una o per l'altra soluzione.

Forse chi è in cerca di certezze incontrovertibili o principi non negoziabili potrà essere deluso dal non trovarne di espliciti nel testo, ma l'autore è coerente con il suo stile che potremmo definire maieutico e dialogico: che affronta tutte le ipotesi, nessuna scartandone a priori, si pone tutte le domande, scandaglia tutte le risposte date, ascolta tutte le tesi confezionate nei secoli. Ancora più delusi si potrebbe essere dal tono sbarazzino, qua e là quasi social, annunciato già dal titolo, con un linguaggio distante dal teologhese, ma che non è semplice concessione a quello dei giovani (a parte che, sia detto anche solo tra parentesi, potrebbe essere pure una salutare provocazione ai teologi di professione e al loro stile di scrittura, diciamoci la verità, a volte alquanto criptico e autoreferenziale…).

E così, tra racconto della creazione (Gen 1), salmi (Sal 36,7: «Uomini e bestie tu salvi»), Lettera ai Romani (Rm 8, 19-21), Apocalisse (Ap 21,5: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose»), ma non solo, citando anche l'orsa vegana di Is 11,7 («La mucca e l'orsa pascoleranno insieme»), la legge dell'incarnazione, le funi intrecciate di Gregorio di Nissa (IV secolo), il predicatore anglicano John Wesley che già nel XVIII secolo non aveva dubbi in proposito («l'intera creazione animale sarà quindi, senza dubbio, restaurata»), e soprattutto papa Francesco, che con l'enciclica Laudato si' (2015) ci ha esortati a un nuovo paradigma anche spirituale di rapporto tra uomo e creazione, il nostro giovane domenicano una sua conclusione ha da proporci: «In senso stretto, se si vuole essere precisi, le mucche non risuscitano: solo gli umani risuscitano. Ma ciò non toglie che la salvezza di uomini e donne possa portare con sé la salvezza del resto delle creature, allo stesso modo in cui la caduta dei progenitori aveva comportato quella delle altre creature» (p. 27).

E noi, ridendo e scherzando, letta anche l'ultima pagina di un testo per altro godibilissimo, forse ci saremo fatti qualche idea più chiara anche su che cosa sia quella risurrezione «in corpo e anima» che invochiamo per i nostri defunti, già ora, e per noi, nel futuro. Che anch'essa non riguarderà solo noi presi (persi?) nella nostra individualità…


F. Scarsato, in CredereOggi 253 (1/2023), 153-155

Se c'è una cosa che non manca in questo agile libretto è il senso dell'umorismo. Le domande da cui parte sono intriganti: gli animali risusciteranno? E gli alberi e i vegetali (financo i batteri)? In paradiso saremo vegani? La risurrezione dei corpi è solo un modo di dire (in realtà saremo puro spirito)?...

Ciò che è tuttavia più apprezzabile, a nostro avviso, è il modo con cui l'autore conduce il ragionamento, molto più scolastico e classico di quanto possa sembrare. Oltre a poggiare su autorità teologicamente primarie, come la Scrittura, l'argomentazione trova la sua chiave di volta nelle conclusioni possibili, dispiegate al lettore perché possa discernere a partire dalle conseguenze sulla complessità della vita credente di un'opzione piuttosto che un'altra.

Il dato rivelato secondo il quale anche la creazione risente del peccato originale, ad esempio, può inizialmente sembrare un'ingiustizia (che colpa ne hanno i cani?), ma mostra molto più seriamente che «esiste una tale solidarietà tra gli esseri viventi che le azioni degli uni hanno conseguenze su tutti gli altri». Se quindi possiamo trascinare la natura nel disastro, possiamo altrettanto renderla partecipe del disegno salvifico di Dio. Detto in altri termini, la mucca e il coniglio non sembrano «risorgibili» sia per motivi legati alla storia di Cristo (il capitolo sull'Ascensione, parente povera dei trattati teologici, è molto gustoso), sia perché non hanno quell'«anima» che giustificherebbe all'uomo e alla donna la possibilità (il destino) dell'eternità.

Se però entriamo nella logica che la vita è soprattutto relazione, è difficile accettare che dalla vita eterna sia escluso proprio l'affetto che ci siamo scambiati (anche) con i nostri amici pelosi. Per questo non è certo che i conigli risuscitino, ma ci sono buone probabilità. Dipende (anche) da noi, per cui dovremmo abituarci a considerarli diversamente già qui e ora. Lutero, ad esempio, avrebbe rifiutato un paradiso che non contemplasse anche il suo gatto. Altrettanto interessanti sono i passaggi logici sulla «realtà di questo mondo» (che non è semplicemente uno scenario di cartapesta), sui motivi profondamente teologici di un'ecologia integrale, sul «tempo intermedio» tra la morte di ognuno e la risurrezione di tutti (l'ascensore del sottotitolo) e infine sulla possibilità che Dio possa intervenire nel mondo materiale.

E se qualcuno si chiedesse se anche le zanzare risorgeranno, la risposta potrebbe essere quella di C.S. Lewis per cui «il paradiso delle zanzare e l'inferno degli uomini potrebbero coincidere», oppure si può immaginare che le zanzare dell'eternità non faranno più male. Lo scopriremo solo vivendo, direbbe un poeta, per sempre.


M. Ronconi, in Jesus 9/2022, 90-91

Spesso anche gli ecclesiastici e persino i teologi si sono insediati lungo i viali informatici dei social network col loro sito Twitter, o su YouTube, Instagram e su Facebook. Rimane, però, sempre la vecchia cara carta stampata ove, oltre ai paludati saggi sistematici, essi cercano di sfondare con titoli e dettati sbarazzini, in modo da attrarre lettori sempre più abituati alle spezie forti del linguaggio social. È il caso di un giovane domenicano francese, Franck Dubois, che dopo aver calcato una cattedra universitaria a Lille, si è trasferito a Strasburgo ove è impegnato nella cura pastorale dei cattolici ispanofoIi di quella città. Il titolo del suo mini-saggio è decisamente spiazzante: Perché le mucche risuscitano (probabilmente), ed è sostenuto da un sottotitolo ancor più sconcertante e criptico: Ovvero, perché mio padre non resterà tutta la vita bloccato in ascensore.

Qualche nostro lettore concluderà: «Cosa si fa per cercare di rinfoltire le deserte panche delle chiese o per catturare un minuto di attenzione da parte delle orecchie di un pubblico giovanile, abituato a slogan o alla musica techno!». Effettivamente la trama del volumetto è scandita da capitoli che suonano così: «ll mistero dell'orsa vegana; Come mai Cicerone (che nella fattispecie è il nome del coniglietto caro alla mamma dell'autore) per andare in cielo conta su di te...» e così via. L'apice è raggiunto proprio dalla madre in questione che, dopo aver assistito alla discussione della tesi rigorosamente accademica del figlio domenicano (Il corpo come sindrome. Una teoria della materia in Gregorio di Nissa), dichiarava di aver compreso «perché le mucche risuscitano». E alla domanda sulla modalità, senza esitazione, aveva risposto: «Come filetto!».

Già nella Genesi Dio assicura all'umanità del post-diluvio l'autorizzazione a cibarsi di animali (9,2-3), dopo un regime iniziale ideale quasi vegano (1,29-30). Anche il banchetto messianico-escatologico comprende secondo il profeta lsaia un menu generalista di «grasse vivande, di vini eccellenti e di cibi succulenti» (25,6). L'agnello pasquale era mangiato «arrostito al fuoco, con la testa, le zampe e le viscere», rispettando anche un dress code minuziosamente definito (Esodo 12,9-11). Animali e vegetali, quindi, sono intrecciati fisiologicamente con la persona umana attraverso il segno del cibo e, se si proclama la fede nella risurrezione, essi devono avere, se non altro per via indiretta, una qualche partecipazione.

Ma c'è di più, nella linea proprio del coniglio di mamma Dubois: per molte persone iscritte a quella folla di solitudini che popola le nostre città, un cane o un gatto sono veri e propri compagni di dialogo, persino di amicizia e tenerezza, soprattutto quando gli umani ti hanno tradito o abbandonato. Ecco, allora, un sentiero più alto lungo il quale riproporre Ia stessa domanda, formulata in modo ancora pittoresco: è prevista nell'oltrevita l'esistenza di una sorta di giardino zoologico, come nel paradiso terrestre? In forma più pacata e «teologica» si ripresenta il tema non meramente letteralista della risurrezione e della salvezza finale come ri-creazione dell'intero essere. Sorprendente è la certezza del Salmista biblico: «Uomini e bestie tu salvi, o Signore» (36,7).

Significativo è anche l'apostolo Paolo che, scrivendo ai cristiani di Roma, delinea «l'ardente aspettativa della creazione, protesa verso la rivelazione dei figli di Dio... nella speranza che anche la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio» (8,19-21).  Interessante è questo riferimento esplicito all'intera «creazione», in greco ktísis. Siamo, dunque, davanti a un quesito che in questi ultimi tempi è stato messo sul tappeto con insistenza, considerando l'attuale sensibilità animalista e persino vegetariana. Detto in forma semplificata: le creature non umane sono convocate anch'esse all'eternità? O, invece, la redenzione operata da Cristo è solo antropologica?

Tempo fa abbiamo presentato un saggio teologico nel senso classico del genere, l'Etica animale di Martin M. Lintner (Queriniana 2020), che ora firma anche la postfazione all'edizione italiana del libro di Dubois. La ricerca teologica su questo orizzonte è ancora lacunosa e affidata spesso a incursioni vivaci, come quelle condotte in passato da una figura originale e geniale, Paolo De Benedetti, pioniere di una Teologia degli animali (a cura di Gabriella Caramore, Morcelliana 2007), a partire dalla sua personale passione di gattoffilo (passione in cui eccelleva persino Montaigne).

Certo è che, al di là degli eccessi fantateologici, è da riconsiderare in modo più puntuale (e Dubois a suo modo lo fa, sia pure sotto il velo delle sue pagine piuttosto colorite) il programma suggerito da papa Francesco nell'enciclica Laudato si' (2015), destinato a superare «un antropocentrismo dispotico che non si interessa delle altre creature»: «Oggi la Chiesa non dice in maniera semplicistica che le altre creature sono completamente subordinate al bene dell'essere umano, come se non avessero un valore in se stesse e noi potessimo disporne a piacimento» (nn.68-69). Ed è stato lo stesso papa Francesco, durante un'udienza generale del 2014, a dire a un bambino in lacrime per la morte del suo cane: «Un giorno rivedremo i nostri animali nell'eternità di Cristo».


G. Ravasi, in Il Sole 24 Ore 29 maggio 2022

Nell'ultimo mese sono stati pubblicati tre testi (dall'Editrice Queriniana di Brescia) che possono essere una buona lettura sul tema della risurrezione, che recentemente abbiamo celebrato come destino finale del crocifisso Gesù di Nazareth. Il primo è originale e curioso fin dal titolo, Perché le mucche risuscitano (probabilmente). Ovvero, perché mio padre non resterà tutta la vita bloccato in ascensore. Lo ha scritto il giovane domenicano francese Franck Dubois, studioso esperto del padre della chiesa Gregorio di Nizza. Ha insegnato teologia all'università cattolica di Lille e da tre anni è maestro dei novizi al convento di Strasburgo.

Al primo approccio questo saggio è di inaudita originalità, ma alla fine risulta essere un gustoso trattato di ecologia spirituale. Le domande poste in apertura sono strane e stimolanti: «In paradiso ci imbatteremo in leoni diventati vegani? Lassù il calvo recupererà i capelli che aveva in gioventù? Il mio pesciolino rosso potrà finalmente parlare? Gli animali, gli alberi o anche i sassi ci vanno, in paradiso? A Dio preme almeno un po' la salvezza eterna di quelle sue creature che non sono esseri umani?».

La risposta è altrettanto spiritosa: «Una cosa è certa: ci sarà una bella ressa al momento di salire sull'ascensore che porta in cielo!». E cioè, gli animali e gli alberi non hanno la funzione di servire come mero ambiente, mentre l'uomo, come afferma la teologia cristiana, è chiamato a salvarsi. Per Dubois anche bestie e piante attendono di essere salvate. Ma non dipende dalla mucca avere accesso al cielo. La mucca non risuscita in senso proprio, ma viene associata al mistero della risurrezione degli uomini, che hanno la responsabilità della sua salvezza. In altre parole: «L'intera creazione è chiamata a transitare In Dio. Il creato non è un insignificante fondale “usa e getta” di cartapesta, destinato a scomparire alla fine della storia».

Dio è presente al cuore di ogni realtà materiale, agisce tanto sulle anime quanto sui corpi, non si disinteressa del mondo fisico. Anzi, l’ha creato perché rimanga per sempre e si perfezioni. Quindi, è la conclusione del testo, la comunità di destino fra tutti gli elementi del mondo chiama l’uomo a prendersi cura della natura.

Il secondo testo è più impegnativo. Affronta il tema cristiano della risurrezione in modo classico, partendo dai testi biblici. Il titolo è Risurrezione? Il cammino di Gesù, la croce e la fede pasquale (240 pagine). Lo ha scritto Hans Kessler, 83 anni, professore emerito di teologia fondamentale e dogmatica presso l'Università Johann Wolfgang Goethe di Francoforte sul Meno. Da giovane ha fatto l'assistente universitario di Walter Kasper, oggi cardinale, esponente della corrente progressista e innovativa della Curia Romana.

Per tanti la risurrezione è qualcosa di esotico: i racconti pasquali, con i loro tratti favolistici, sembrano poco credibili se li si prende alla lettera. Ma i vangeli – si chiede Kessler – che tipo di testi sono e di che cosa trattano? Che cosa affermano davvero di quel Gesù che, dopo aver annunciato un messaggio imperituro di giustizia e libertà, finì appeso a una croce? Perché dovette morire? Che cosa si esprime dietro le esperienze pasquali delle sue discepole e dei suoi discepoli? Che cosa può voler dire risorgere dalla morte? In cosa consiste oggi la forza di provocazione di questo messaggio?

Il libro esamina le fonti della fede nella risurrezione e le riporta alla questione fondamentale della comprensione cristiana di Dio: chi è questo Dio che, confessato come il Padre di Gesù, aspira a essere vita piena e illimitata per tutti gli esseri umani? «Per rispondere» – afferma Kessler – «io cerco di interrogare le testimonianze bibliche, attenendomi con cautela ai soli fatti riconoscibili».

Il libro è destinato ai contemporanei che dubitano e che non vogliono essere ingannati con idee preconfezionate, ma vogliono approdare a un giudizio oggi possibile efondato. Da un lato è scritto per chi è lontano dalla chiesa, in secondo luogo vorrebbe anche aiutare gli insegnanti di religione perché non abbandonino gli studenti ad idee discutibili.

Il terzo testo edito da Queriniana è scritto dal maggiore teologo evangelico vivente, Jürgen Moltmann, iniziatore della teologia della speranza, e si intilola Risorto nella vita eterna. Sul morire e risvegliarsi di un'anima vivente (144 pagine). «Il mio obiettivo qui – scrive l'Autore – non è presentare una “ars moriendi”, una preparazione alla morte, ma una preparazione alla risurrezione nella pienezza della vita che chiamiamo vita eterna. Quindi, direi, una "ars resurgendi”».

La morte della moglie nel 2016 ha costretto Moltmann a cambiare in modo radicale la propria vita. Non solo, ma ha indotto un teologo come lui – che tanto ha pensato e scritto sulla speranza umana nel tempo storico e nell’eternità – a verificare se tutto quel discorso è vero e regge alla prova dei fatti: la fede è in grado di sostenere un atteggiamento positivo di fronte all'esistenza?

«Ho provato a imparare – afferma – che cos’è la felicità che non passa. Ho cercato di immaginarmi com’è, dopo l'atto finale della morte, la risurrezione di tutta la vita che si è vissuta. Ho riflettuto sul morire e sul risvegliarsi di un'anima vivente».

Quello di Moltmann è un saggio incoraggiante. Per rispondere alle domande: Cosa chiediamo quando ci interroghiamo su una vita dopo la morte? Che cosa esprimono i Cristiani quando parlano di vita eterna? Invita a concentrare il pensiero sull'inizio che sta in ogni fine della vita, anche nella fine di ogni vita umana. Ma che sta anche in ogni cominciamento della nostra esistenza, perché ogni nuovo inizio è una risurrezione.


G. Poletti, in L’Adige 14 maggio 2022, 38