A seguito di un percorso personale di studi, di fronte a questo testo ad recensionem ho avvertito subito due elementi che mi hanno incuriosito. Il primo è costituito dalla presenza, o per meglio dire, dalla consistenza della trattazione riguardante il teologo gesuita Louis Billot (1846-1931). […] Il secondo elemento di curiosità è collegato alle riflessioni raccolte sotto l’intitolazione «Annesso. Evangelizzazione, sacramenti e loro degna celebrazione» (375-393, con due schede), al fine di «favorire e stimolare una riflessione anche a livello pastorale» (375). Infatti, sacramenti, vita cristiana, annuncio del Vangelo e azione pastorale della Chiesa non sono ambiti distaccati e indipendenti e non necessitanti l’uno dell’altro, ma sono talmente interconnessi e interdipendenti da condizionare l’effettiva fruttuosità sacramentale che, insieme, si prefiggono di raggiungere. Anche se non viene dichiarato esplicitamente, ho avuto la sensazione che dietro le quinte di queste riflessioni si celasse, per così dire, una sorta di ulteriore invito ad essere fedeli alla “genuinità” della riforma liturgico-sacramentale-pastorale del Concilio Vaticano II, con il successivo magistero ecclesiale. […]
La struttura e il contenuto
La teologia sacramentaria, che è da inscrivere in quella dogmatica (Ratio Fundamentalis Institutiones Sacerdotalis del 2016, intitolata Il dono della Vocazione, 168), ha sempre condizionato lo studio teologico nelle sue varie branche, compresa quella della pastorale o teologia pratica. Infatti, la riflessione teologica sui sacramenti chiama in causa diversi “attori”: la Santissima Trinità particolarmente ad extra, la Chiesa, il soggetto celebrante, il soggetto ricevente, il contesto liturgico-celebrativo e quello culturale. Ognuno di questi viene considerato e reso manifesto proprio a seconda di come si sviluppa, di per sé, la riflessione sacramentaria (23-25). A partire da questo quadro d’insieme, il testo si struttura secondo l’odierna sensibilità riflessivo-teologica, per cui il punto di partenza e di confronto prende in considerazione l’attuale situazione dell’uomo, del mondo, della società.
Dopo la necessaria Presentazione dei due Autori (5-8), che espongono la natura e la finalità del loro contributo complessivo, l’argomento, trattato a mani separate, si articola in tre parti. La prima, intitolata «Alcune questioni preliminari e metodologiche» (Nardin; 9-117), limitandosi alla sfera europea occidentale, offre da una parte la lettura del contesto attuale, culturale e sociale ad ampio raggio; dall’altra comprende «Linee di sacramentaria biblica», facendo particolarmente emergere con argomentazioni le due categorie di mystḗrion e týpos, di cui la seconda non viene ripresa nei «Rilievi conclusivi sul fondamento biblico» (114-116). In riferimento al contesto attuale, non ci si limita però a una semplice, pur puntuale, sua descrizione. La riflessione si muove, soprattutto, su due livelli. Il primo è quello di investigare riguardo all’assenza o alla presenza di elementi simbolici, insiti nella contemporaneità extra Ecclesiam, che possano offrire degli agganci alla sacramentaria, in modo da instaurare un rapporto dialogico e possibilmente istruttivo4. Questo primo livello, però, non è una semplice investigazione. L’atteggiamento che si vuole assumere nei confronti della contemporaneità è proprio quello di considerarla come un locus theologicus (11). E, in seconda battuta, proprio da questa investigazione la sacramentaria deve sentirsi spinta a individuare le modalità con le quali potersi rapportare, efficacemente, con la contemporaneità. Da ciò si riconosce una influenza reciproca (12), a tal punto che la stessa sacramentaria ne trova salutare giovamento (24-25) fino alla individuazione di ciò che costituisce la tesi complessiva di questo studio: «Per la teologia sacramentaria […] è necessario non solo un intellectus che ponga in dinamico rapporto la fede celebrata e quella vissuta, ma occorre un pensare credente che rifletta a partire dalla fede e nella fede celebrata in circolarità dinamica con la fede professata, oltre che con quella vissuta. È questo dinamismo circolare e interdisciplinare che permetterà alla sacramentaria […] di evitare quel riduzionismo, indotto dal postmoderno, in cui una dimensione […] viene eretta a valore assoluto (25)». In questa parte prima, per sostenere tale tesi, cioè la circolarità tra la fede celebrata-professata-confessata, si prende come «oggetto della riflessione» (29) la Traditio apostolica per riconoscere proprio nella dinamica della iniziazione cristiana ciò che realizza l’orizzonte sapienziale della teologia e ciò che permette alla fede di essere vissuta come un itinerario nella prospettiva del pellegrinaggio (48)5. Il recupero non solo parziale della categoria “iniziazione cristiana” è una pista promettente, non solo al fine di recuperare la frammentazione del sapere teologico, specie quello sacramentale, il riposizionamento del soggetto e la presentazione della fede come “itinerario-cammino” (48; anche 74; 106 nota 136)6. Infatti, tale recupero può benissimo oggi suscitare delle interessanti e adeguate provocazioni, affinché l’annuncio del Vangelo diventi scelta di vita, operando la conversione della pastorale.
Nella parte seconda, «La comprensione del sacramento. Percorso storico» (Lameri; 119-267), viene presentata, con attenzione, la vicenda riflessiva come si è dipanata attraverso i vari tentativi di intus-legere la realtà sacramentale. Passando cronologicamente di epoca in epoca con gli autori considerati decisivi, si cerca di mettere in evidenza l’evoluzione o, forse, a volte l’involuzione della comprensione del dinamismo sacramentale. L’arco temporale è ampio, dal momento che, pur iniziando dal «premettere qualche sintetica considerazione a proposito del termine sacramentum» (121), si arriva fino al periodo del postConcilio Vaticano II, con gli autori L. Schefczyk, J. Ratzinger, C. Vagaggini, S. Marsili, L.-M. Chauvet, la Scuola di Santa Giustina, G. Colombo e, in premessa, con la sintetica delineazione di alcune tendenze rilevate da A.M. Triacca, dalla rivista Theological Studies, da A. Grillo, da A. Bozzolo e da S. Ubbiali (252-253).
La parte terza, «Momento sistematico» (Lameri; 269-374), ha come obiettivo quello «di rendere ragione di un “evento” di natura rituale che dà forma alla vita cristiana e mette in atto la fede dell’uomo, che si mette in gioco lasciandosi trasfigurare dall’azione che egli compie, in realtà come destinatario della stessa» (271). Senza la preoccupazione di fornire delle nuove definizioni di sacramento, in logica consequenziale con la tesi di questo studio, il sacramento stesso non può non essere investigato come “evento” più che come “segno”. Traspare la necessità, ma anche l’urgenza, di cogliere ciò che aveva già segnato la pastorale dei sacramenti programmata dalla Cei agli inizi degli anni Settanta con il piano pastorale “Evangelizzazione e sacramenti ” (12.7.1973), cioè il passaggio dal modello concentrato sulla validità oggettiva a quello orientato sull’efficacia pastorale. È facilmente constatabile oggi, forse provvidenzialmente, che la riduzione della prassi sacramentale ha fatto registrare la incapacità dei sacramenti, tout court, di “costruire” il singolo cristiano, cioè di “edificare” la Chiesa. In ogni caso, il cammino elaborato e proposto dall’Autore prende sempre le mosse da alcuni documenti del Vaticano II e ciò suscita apprezzamento da una parte, ma dall’altra anche una certa qual meraviglia dal momento che quell’assise conciliare oggi vive una stagione non del tutto promettente, anche se continua ad essere di per sé fondamentale. Un punto senza ritorno. Nelle tre tappe che scandiscono le riflessioni di questo «Momento» vengono raccolte le trattazioni consuete, tipiche del manuale, affrontate però in modo non solito. Nella prima, «I sacramenti alla luce della sacramentalità della rivelazione» (273-314): l’istituzione, la grazia, la causalità, l’ex opere operato, il carattere, la reviviscenza. Nella seconda, «La Chiesa e i sacramenti della Chiesa» (315-347): il settenario sacramentale, il ministro e il soggetto. Nella terza, «I sacramenti “in genere ritus”» (348-374): il sacramento come simbolo e rito.
Osservazioni
Ad una prima lettura questo libro sembrerebbe un contributo «destinato principalmente agli studenti del ciclo istituzionale di teologia» (7) e come tale non avrebbe particolari pretese al di là del genere del “manuale”. A ben riflettere, si può arrivare a considerarlo uno studio “aperto”, un progetto appena iniziato, ancora da portare avanti. In effetti, colpisce che non abbia una “Conclusione” o una raccolta sintetica dei vari elementi emersi nella complessiva riflessione. In più, lo stesso titolo, «Sacramentaria fondamentale» rappresenta la proposta di invertire il plurisecolare procedimento, caratterizzato dalla precedenza del de sacramentis in genere, a cui si fa succedere il de sacramentis in specie, con il «rischio di incasellare forzatamente i sette sacramenti in un modello unico precostituito a monte» e «così si viene a considerare i sacramenti come sette modalità di una medesima essenza che si ritroverebbe identica in ciascuno di essi» (6). Si vorrebbe far iniziare la riflessione sacramentaria con il de sacramentis in specie, cioè con la investigazione appropriata sui singoli sacramenti, e poi la sintesi generale da collocare nel de sacramentis in genere. È sulla base di questo proposito che non si può non parlare di progetto appena iniziato. È indicazione di un auspicio che suscita attesa e interesse.
L’articolazione della materia, dispiegata nelle tre parti, si presenterebbe come un tentativo di critica nei confronti della pertinenza del de sacramentis in genere, in quanto ci si prefigge «Il rimando al sacramento in quanto celebrato» e ciò «orienta a un approccio che sappia cogliere il rapporto tra il momento teorico-speculativo e l’immediatezza simbolica del rito, nel quale si dà la grazia di Dio» (273).
Nella Introduzione della parte terza si delinea l’impegno riflessivo che si vuole assumere, cioè quello «di rendere ragione di un “evento” di natura rituale che dà forma alla vita cristiana e mette in atto la fede dell’uomo, che si mette in gioco lasciandosi trasfigurare dall’azione che egli compie, in realtà come destinatario della stessa» (271). Interessante la disposizione teoretica offerta dall’Autore che si sviluppa, come indicato alle pagine 271-272, dalla realtà cristologico-trinitaria per finire a quella antropologica, ecclesiologica. Vorremmo esplorare se non sia più spontaneo porre all’inizio della ricerca sacramentale la condizione antropologica, passando da quella ecclesiale per raggiungere il livello alto della realtà cristologico-trinitaria.
L’assenza di una conclusione-sintesi, che possa raccogliere tutti gli elementi riflessivi esplicitati nel corso della presentazione della materia, non offre la possibilità di verificare ultimativamente se è stato realizzato il progetto che la domanda a pagina cinque indicava. Tale assenza può essere anche un auspicio perché il cammino intrapreso e proposto fino ad ora dai nostri due Autori possa proficuamente proseguire. Ce lo auguriamo.
G. Vergano, in
Alpha e Omega 1/2021, 184-189