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La sessualità nell’Antico Testamento
Irmtraud Fischer

La sessualità nell’Antico Testamento

Amore, vizio, piacere sessuale e sofferenza

Prezzo di copertina: Euro 25,00 Prezzo scontato: Euro 23,75
Collana: Biblioteca Biblica 38
ISBN: 978-88-399-2038-6
Formato: 16 x 23 cm
Pagine: 192
Titolo originale: Liebe, Laster, Lust und Leiden. Sexualität im Alten Testament
© 2023

In breve

Un campo così centrale della vita come la sessualità, che infonde gioia di vivere e felicità, ma in cui si può soffrire come forse in nessun’altra area dell’esperienza umana, richiede non una serie di tabù, ma una accurata esplorazione teologica.

Uno studio che getta nuova luce sulla connessione tra sessualità, in tutti i suoi aspetti, e religione.

Descrizione

La Bibbia, e in particolare l’Antico Testamento, è stata spesso usata per giustificare la disparità uomo-donna, una morale sessuale restrittiva o il divieto di rapporti tra persone dello stesso sesso.
Questo libro di Irmtraud Fischer illustra, in forma facilmente leggibile ma aderente al testo, le molteplici affermazioni della Bibbia ebraica sulla sessualità: dai racconti della creazione alle disposizioni giuridiche che normano l’esercizio della sessualità, dai canti d’amore (che riempiono un libro intero) alle descrizioni delle gioie e delle fatiche nelle relazioni fra i sessi, fino a pagine intollerabili sulla violenza sessuale (che presentano Dio addirittura come complice).
Nelle dieci sezioni del saggio i lettori sono messi in contatto con l’intero spettro dell’argomento: sia gli orribili casi di abuso narrati nella Bibbia, sia la dimensione di senso che continuano ad avere i testi scritturistici, letti oggi in una società come la nostra che aspira a costruire una parità di genere.

Recensioni

Da quando ho ascoltato un docente di morale dire che la maggior parte delle confessioni ha come tema il de sextu, il sesto dei comandamenti, da un lato mi sono dispiaciuta che la misericordia di Dio venisse conteggiata sulle infrazioni sessuali e dall’altra mi sono incuriosita di come la sessualità, così poco trattata nel secondo testamento, fosse invece diventata la dirimente del rapporto con Dio fino ai nostri giorni.

Quando ho letto del libro della Fisher, austriaca, una delle più incisive teologhe europee, ho pensato che avrei potuto schiarirmi un po’ più le idee. La Bibbia, in particolare l'Antico Testamento, è stata spesso chiamata in causa per giustificare la disparità di genere, una morale sessuale restrittiva, il divieto di rapporti tra persone dello stesso sesso.

Fischer illustra le affermazioni della Bibbia ebraica sulla sessualità. E passa in rassegna i racconti della creazione, le disposizioni giuridiche, i canti d’amore, le gioie e le fatiche nelle relazioni uomo-donna, senza sottrarsi alla sfida di esaminare pagine intollerabili sulla violenza sessuale che presentano Dio addirittura come complice.


R. Lupoli, in Donne Chiesa Mondo 1/2024, 39

L’arcivescovo Víctor Fernández, da poco nominato da Papa Francesco prefetto del Dicastero per la dottrina della fede e che fra breve sarà creato cardinale, ha risposto a una domanda sui severi giudizi presenti nella morale cattolica a proposito dell’omosessualità dicendo che questi si possono cambiare. Egli ha affermato che anche la Bibbia – che pure è considerata “parola di Dio” – può essere sottoposta a una nuova ermeneutica, ha sostenuto che non va interpretata in modo letterale, ma secondo lo spirito dei tempi. Forse Fernández non ha ben presente che da quasi duemila anni la Bibbia non viene interpretata in modo letterale dal cristianesimo, e in particolare dal cattolicesimo. Questo è accaduto soprattutto per la morale sessuale, e senza troppe difficoltà, dal momento che nei vangeli non c’è quasi una parola sull’argomento. I cristiani, quindi, per costruire una loro morale hanno ampiamente attinto alle culture del tempo, e in particolare sono stati influenzati dalla severa cultura stoica, che deprecava i piaceri dei sensi, e più in generale tutto ciò che aveva a che fare con il corpo. Questa scelta avvenne non solo per una tendenza all’ascetismo, ma anche per motivi politici: la severità dei costumi infatti permetteva loro di differenziarsi dalle abitudini sessuali della società romana, e quindi di distinguersene. Si tratta di un’operazione culturale che contraddice una diffusa credenza: che cioè i tempi nuovi siano sempre più aperti e permissivi di quelli del passato, come sembra sottintendere lo stesso Fernández.

Le norme ebraiche relative ai comportamenti sessuali esistevano ed erano molto dettagliate, come racconta la biblista austriaca Irmtraud Fischer (La sessualità nell’Antico Testamento, Queriniana). Ovviamente declinate dagli uomini e funzionali al loro potere, in genere queste norme non erano assolute, ma legate al contesto concreto a cui si riferivano. Giustamente dunque la ricercatrice affianca al racconto della precettistica le vicende dei personaggi principali per coglierne la pratica nel corso degli eventi. In linea generale nella Bibbia non viene mai espressa una concezione negativa della sessualità in sé – come è avvenuto per secoli nella tradizione cristiana – ma solo la necessità di regolamentarla tenendo presente la sua funzione principale, cioè la procreazione. La continuità nel tempo del piccolo gruppo, sempre in guerra con i popoli confinanti, costituiva infatti la ragione principale di ognuna di queste norme, che si spiegano nella connessione fra sessualità e fertilità. «Il matrimonio crea una posizione e uno status sociale, nonché una sessualità legittimamente praticata», scrive Fischer. Quindi la riuscita sessuale non fa parte delle aspettative, le quali piuttosto, per quanto riguardava i maschi, venivano rivolte alle schiave con le quali i rapporti sessuali non erano considerati adulterio. La condanna dell’omosessualità e della bisessualità, e in particolare l’occultamento dell’identità di genere assegnato alla nascita, erano considerati attentati alla continuità nel tempo del gruppo. I confini di genere sono infatti protetti per assicurare la sopravvivenza della specie. Proprio per questo la gamma dal maschile al femminile è ancorata nel simbolico, perché nel disegno della creazione solo i poli estremi sono fecondi. Lo stupro all’interno del matrimonio, poi, non viene neppure concepito, così come non si condanna l’abitudine allo stupro di ambo i sessi come arma di guerra. E in questo caso non si tratta di sessualità, ma di violenza.

All’interno di questo schema così chiaro – e all’apparenza rigido – di necessaria polarità eterosessuale, Fischer mette in risalto una contraddizione: «Mentre non esiste quasi nessun matrimonio regolare che non abbia anche degli inconvenienti, ci sono invece due storie di relazioni omosessuali in cui si promette perseveranza per tutta la vita e questa perseveranza dura anche oltre la morte». In altre parole, le uniche due storie d’amore vero e duraturo sono di natura omosessuale. Rut è legata da forte amore alla suocera Noemi, che diventa una sua ragione di vita e ne influenza ogni scelta: l’espressione “Rut era attaccata a lei” ripete infatti lo stesso termine usato per designare il rapporto fra marito e moglie. Un amore talmente intenso che il giuramento di Rut, per il quale una persona si lega a un’altra per tutta la vita, viene spesso letto durante la celebrazione dei matrimoni: «Dove andrai tu, andrò anche io, e dove ti fermerai, mi fermerò; il tuo popolo sarà il mio popolo e il tuo Dio sarà il mio Dio». A parte il Cantico dei cantici e il giuramento di Rut – osserva Fischer – i rapporti fra l’amico Gionata e Davide sono gli unici in tutto l’Antico Testamento a essere caratterizzati da un dichiarato amore reciproco: «Gionata volle ancora far giurare Davide sul suo amore per lui, perché lo amava come amore della sua vita». Nelle altre storie c’è sempre e solo una parte che ama, mentre qui ci si riferisce chiaramente a un sentimento reciproco. La ricercatrice ne deduce che l’orientamento sessuale nella Bibbia non era un problema, una volta espletate le relazioni eterosessuali necessarie alla continuazione della stirpe.

Possiamo quindi suggerire al futuro cardinale Fernández, desideroso di cambiamenti in campo di morale sessuale, di rileggersi la Bibbia con la fiducia di trovare quello che desidera. Ma forse il problema da affrontare per la Chiesa non sono tanto aperture parziali su qualche questione, come quella dell’omosessualità, quanto piuttosto una ridiscussione complessiva della morale sessuale così come si è venuta stratificando, con il coraggio di riconoscere i vari apporti della storia, senza scambiarli per norme inviate da Dio.


L. Scaraffia, in Il Foglio 25 luglio 2023

La sessualità è senz’ombra di dubbio una dimensione pervasiva dell’esistenza umana. Tocca tutti gli ambiti di vita dell’uomo e della donna, di ogni età e condizione sociale. Segna il pensiero, gli affetti, il corpo, le azioni più diverse compiute nell’arco della vita umana.

La docente di Antico Testamento alla Facoltà di teologia cattolica dell’Università di Graz – già attiva a Vienna, Bamberg e Bonn – esamina con accuratezza e con piglio appassionato e avvincente le varie manifestazioni che la sessualità trova all’interno dell’Antico Testamento, sia nei testi giuridici che in quelli narrativi.

Come donna impegnata nell’insegnamento ma anche nel campo ecclesiale, si rammarica più volte di come il tema della sessualità sia stato trattato (o ignorato) nell’insegnamento dato ai discepoli di Gesù, favorendo spesso la sottomissione della donna e una visione maschilista delle relazioni sessuali e affettive.

Spesso ci si è lasciati guidare dalle affermazioni bibliche segnate dallo stato postlapsario (= dopo il peccato delle origini), riaffermate in alcuni testi del Nuovo Testamento, che non hanno favorito una visione serena e positiva della sessualità del rapporto partitario uomo-donna e del piacere che l’esercizio della sessualità nelle sue varie espressioni può dare per una vita felice ed equilibrata.

La studiosa affronta in dieci capitoli i vari aspetti dell’espressione della sessualità umana come è presente nell’AT, approdando a valutazioni che, in un caso o l’altro, talvolta possono anche essere non del tutto condivise, ma che intendono aprire una finestra di dialogo anche per quanto riguarda i rapporti fra persone dello stesso sesso.

Un testo davvero interessante, molto documentato, ragionato con la mente e con il cuore, senza lasciarsi restringere da precomprensioni consolidate nei secoli.

Condizioni socio-culturali, norme giuridiche e concetti antropologici

Il primo capitolo (pp. 9-20) affronta le aree lessicali e problematiche che descrivono la sessualità umana, le rappresentazioni iconografiche di atti sessuali nell’Antico Vicino Oriente (= AVO) – inesistenti nell’AT – e sulla possibilità e necessità di recuperare il messaggio biblico nel mondo odierno, attualizzando i testi canonici.

Il secondo capitolo si sofferma sulle condizioni socio-culturali e sulle norme giuridiche riguardanti la sessualità (pp. 21-44). Si studiano la celebrazione del matrimonio e le sue forme, i rapporti sessuali legittimi, i divieti di matrimonio, l’incesto, i rapporti e atti sessuali tabù e il fenomeno della violenza sessuale e sessualizzata nel contesto giuridico. Sulla coercizione sessuale non ci sono testi giuridici, ma le narrazioni la ricordano (Betsabea, Susanna ecc.).

Si ricorda la denuncia sessuale (l’accusa di una giovane donna appena sposata di aver avuto rapporti sessuali prima del matrimonio), lo stupro, con le varie fattispecie riguardanti vergini promesse o no al matrimonio, violenze commesse in città o in campagna ecc., lo stupro di guerra (cf. Dt 20,5-8; 20,14; Gdc 5,28-30 con le riflessioni fatte dalle principesse sulla legittima violenza fatta alle donne in guerra; cf. anche Gdt 4,12; 7,27; 9,2).

Il terzo capitolo si concentra sui concetti antropologici, studiando la sessualità come conditio humana nei racconti della creazione (pp. 45-58). In Gen 1–2 la sessualità è vissuta in modo egualitario come ordine divino della creazione. In Gen 3 si tratteggia invece la sessualità gerarchica come ordine di natura umana della creazione decaduta. Molta legislazione successiva nell’ambito ecclesiale si è rifatta a questa ultima condizione, dimenticando la bellezza e l’ordine egualitario del rapporto uomo-donna voluto da Dio non solo in ordine alla procreazione ma anche alla vita affettiva di comunione paritaria nella coppia umana.

Istruzioni dei genitori e relazioni sessuali riuscite

Alcuni testi riportano l’istruzione dei genitori come educazione sessuale e dottrina del matrimonio (capitolo quarto, pp. 59-66). Si rinviene l’eterno cliché delle donne libidinose che seducono uomini innocenti (cf. Pr 7 e la donna straniera), ma anche l’educazione al piacere erotico (cf. Pr 5,15-20) e l’educazione per la moglie ideale (cf. Pr 19,14; 27,17; Sir 42,12; Pr 31,10-31 con la presentazione della donna non solo come tenera moglie ma anche come donna completamente indipendente e con proprietà e autorità legale).

Vari testi rispecchiano, come sempre, una società patrilineare e androcentrica, raccomandando l’aspettativa della rigorosa fedeltà di una donna, la vigilanza sull’integrità e la verginità delle figlie, sulla loro educazione alla fedeltà e alla maternità. Alcuni testi mostrano donne che non sono passive o attendiste nel campo della sessualità (cf. Rachele in Gen 30,1 e Lia in Gen 30,16).

La bellezza identifica la moglie ideale (cf. Gen 12,11.14; 24,16; 29,17), ma può rappresentare un pericolo se non è quella della propria moglie. Il Cantico dei Cantici mostra che la bellezza non si basa solo su criteri esterni, ma sorge attraverso la relazione con la persona amata.

Il capitolo quinto analizza le relazioni sessuali riuscite (pp. 67-78), anche se spesso l’AT racconta dei matrimoni solo cose tragiche o cattive (infecondità, abbandoni, divorzi, incesti ecc.). A volte si narra di un amore solo unilaterale. L’AT racconta anche la vita felice dello schiavo che preferisce vivere col padrone anche dopo essere stato liberato.

Talvolta solo una parte è felice nel matrimonio. Ad es. Giacobbe ama, ma Rachele non corrisponde; Mikal ama unilateralmente Davide e non è detto che Sipporà ami Mosè (cf. Es 18,2 “rimandata” può alludere al divorzio o a una lunga separazione).

Circa relazioni d’amore omosessuali soddisfacenti, la studiosa rammenta i casi di Rut con Noemi e di Gionata con Davide. Di Rut si dice che si “incollò” a Noemi (il verbo usato per l’unione sessuale in Gen 2,24) e di Davide si afferma che l’amore per Gionata fu per lui più prezioso che quello per le donne. La studiosa dà per scontato nei due casi un rapporto omosessuale. Di Davide e Gionata si è discusso spesso, ma di Rut e Noemi la cosa mi risulta nuova e discutibile (e appesa a un verbo…).

Aspettative deluse, fatiche, irregolarità e casi particolari

Il capitolo sesto parla dell’aspettativa delusa, del desiderio che svanisce e della vita coniugale faticosa (pp. 79-100). Alla grande aspettativa può succede una grande disillusione. L’autrice analizza Gen 24 (Rebecca e Isacco) e Gdc 14 (la donna di Timna nei confronti di Sansone). Studia, inoltre, le parole pregnanti e la frustrazione matrimoniale come è ricordata nel libro dei Proverbi. Si parla di situazioni e relazioni frustranti, segnate dal litigio e dall’incomprensione, con una valutazione spesso negativa della donna.

Alla visione positiva di Pr 31,10-31 possono far da contraltare alcune affermazioni misogine di Qoèlet, che però potrebbero essere ambigue, quali citazioni riprese da altri e con le quali egli si confronta in citazioni non identificate (cf. Qo 7,26-29).

Dettagli narrativi di una vita coniugale problematica sono presenti in testi che però hanno come interesse principale la realizzazione e la trasmissione delle promesse divine (cf. i patriarchi) e le problematiche dinastico-politiche (storie sugli inizi del regno che insistono su questo più che sulla vita sessuale appagante dei primi sovrani).

Scene di un matrimonio difficile sotto la promessa sono quelle offerte da Abram e Sarài in Gen 11,29ss e Gen 20 (Abram che nega che Sarài sia sua moglie). Gen 16,1ss ricorda il grave problema della sterilità di Sarài e la conduzione di Agar ad Abram perché abbia un figlio da lei. Se Abramo aveva risolto il suo problema, ora Sarài risolve il suo…

Esempio di amore non corrisposto è quello di Giacobbe verso Rachele (cf. Gen 29,9-30) e quello di Mikal per Davide (cf. 1Sam 18,20). L’autrice afferma che Davide in fondo amava solo Gionata. Nei testi su Davide, la sessualità legittima il potere e non la funzione riproduttiva come invece viene sottolineato nei racconti dei patriarchi. Davide ha innumerevoli mogli e concubine, ma alla fine del rapporto con Mikal i due non hanno più niente da dirsi. Mikal non avrà figli: non perché sterile, ma perché Davide non si unisce a lei (cf. 2Sam 6,23).

Un’attenzione spenta tra coppie sposate è rappresentata da Abigail e il suo marito “stupido” Nabal (cf. 1Sam 25). Raffreddata, anche se meno conflittuale, è anche la relazione coniugale tra la donna d iSunem (cf. 2Re 4,8-37) e suo marito, di cui si dice ben poco, a confronto di tutto ciò che viene narrato del rapporto della donna col profeta Eliseo. L’uomo appare apatico e partecipa solo marginalmente alla vita. La relazione – secondo l’autrice – è probabilmente più un adattamento che un vero matrimonio.

Il capitolo settimo analizza disagi, irregolarità e casi particolari (pp. 102-126). In queste pagine si parla della sterilità e dell’impotenza (Sarài e Abramo; Manoach e sua moglie in Gdc 13; Anna in 1Sam 1,2). L’unico accenno alla sterilità maschile è fatto per Abimelech in Gen 20,17s. Sterili sono anche Maclon e Chilion, mariti di Rut e di Orpa. Davide lo diventa da vecchio (cf. 1Re 1,1-4).

Considerata la costruzione potenzialmente poliginica del matrimonio, nell’AT si può parlare di infedeltà sessuale solo quando una donna sposata dorme con un uomo diverso dal marito. L’infedeltà è sempre qualificata come adulterio. Unica narrazione dettagliata di un adulterio è quella di Davide con Betsabea (cf. 2Sam 11,1-27). Tamar è accusata di ciò, pur non avendo goduto della legge del levirato da parte di Giuda (cf. Gen 38,6-11).

L’autrice studia la formazione dell’harem, dovuto a unioni regali interessate a tessere rapporti politici (cf. Davide e Salomone). Le donne dell’harem possono svolgere importanti ruoli politici (cf. Betsabea). Salomone viola i dettami della Torah riguardanti il re, esibendo eccessiva potenza e sfarzo. Est 1 e 2 mostra il rigido cerimoniale che regola la vita dell’harem e il processo per il reclutamento delle ragazze: unico criterio è la bellezza.

Irmtraud studia i testi sull’amore a pagamento o prostituzione. Si ricorda la proibizione per i sacerdoti di sposare una prostituta. I testi giuridici si occupano di situazioni speciali che regolano la prostituzione e i suoi proventi, mentre i testi narrativi parlano di frequentazioni di prostitute da parte di uomini (famosi). Nei testi profetici il tema è spesso incluso sia nelle metafore sia nella minaccia di punizione (cf. Am 7,17). 1Re 3,16-28 narra del giudizio salomonico fra due prostitute che si contendono un figlio.

La paternità spesso non può essere determinata con precisione. Iefte è figlio di una prostituta e abbandonato dai suoi familiari (Gdc 11,1). Gs 2 narra di Raab e sulla sua integrazione sociale, diventando poi la madre di Booz ed entrando nella genealogia di Gesù (cf. Mt 1,5).

Esisteva una prostituzione cultuale, con anche prostituti sacri (cf. 1Re 15,12ss, in cui si narra che il re Asa li elimina; 2Re 23,7 menziona una casa nel tempio dedicata ai qedešim – si legga così per cinque volte alle pp. 120-121 –, prostituti sacri di entrambi i sessi). Di uomini libidinosi parlano Ger 5; Os 4,11-14; Am 2,7.

Sansone trova a Timna una donna “giusta” – Gdc 14,3: così traduce l’autrice e non con “che mi piace” – per provocare un conflitto militare e questo intervento viene anche da YHWH (v. 4). Sansone va anche da una prostituta a Gaza (Gdc 16,1) e poi da Dalila (cf. Gdc 16,4). Sansone rappresenta per Irmtraud l’uomo che vive la sua sessualità in modo da non volersi legare: «un classico playboy, sessualmente ma anche politicamente, ma la cui predilezione per le donne venali alla fine diventa fatale» (p. 124).

L’autrice ricorda infine l’abuso di alcol e il suo rapporto con la sessualità. L’alcol può favorire un ambiente piacevole per vivere il sesso, ma può far diventare aggressivi, licenziosi, indurre la promiscuità (Os 4,11-14), produrre la perdita di autocontrollo e l’incapacità di effettuare l’atto sessuale. Il suo abuso rovina le famiglie e porta a comportamenti antisociali (1Sam 25,36: Nabal).

Sessualità e festa

Il capitolo ottavo parla del rapporto fra la sessualità e la festa, affermando che la sessualità è festa (pp. 127-136). Il piacere inebriante di un’unione sessuale è ben illustrato dal Cantico dei Cantici. Si elogia l’amore fresco e inebriante di due giovani, dei quali non viene menzionato alcun legame matrimoniale.

L’unione sessuale non è solo genitalità, ma abbraccia l’intero mondo delle persone, implicando una festa per tutti i sensi. Nel libretto si parla del tatto, dell’udito, dell’olfatto (con tutta una serie di riferimenti a profumi e balsami), alla vista. Non si desidera solo «provare ripetutamente il piacere sessuale, ma piuttosto il desiderio di rimanere costantemente nel clima di felicità con la persona amata e di sperimentarne l’unicità (2,3,6,9)» (p. 131).

L’autrice si sofferma a descrivere la figura degli amanti del Cantico dei Cantici, descritti fra desiderio ardente e appagamento. Si tratta di testi ad alto tasso erotico, elogianti l’amore sessuale e l’intimità personale. È fonte di stupore – nato soprattutto solo a partire dal secolo scorso – che un libro della Bibbia sia dedicato interamente alla sessualità compiuta senza un contesto coniugale. Oggi si apprezza senza falsi pudori questa lode della sessualità umana, dopo secoli di interpretazione segnata dall’allegorizzazione (amore tra Dio e l’anima, la Chiesa ecc.). I canti sono posti in bocca sia all’uomo che alla donna che si descrivono con reciproca ammirazione e senza provare alcuna vergona per la nudità presupposta.

Violenza sessuale e sessualizzata

Il capitolo nono è dedicato all’analisi della violenza sessuale e sessualizzata nei testi narrativi (pp. 137-162). Irmtraud distingue innanzitutto la molestia sessuale dalla denuncia sessuale.

Con la prima «si intendono azioni importune il cui scopo primario non è quello di estorcere con la violenza atti sessuali, bensì possono servire sia all’avvio – anche se in modo inadeguato – degli stessi sia al degrado di genere di una persona. La denuncia sessuale, invece, si riferisce alla diffamazione di una persona accusandola di atti sessuali che non ha commesso» (pp. 137-138).

Vittima maschile di violenza sessuale è Giuseppe da parte della moglie di Potifàr (Gen37). L’autrice afferma che Giuseppe non è gettato in prigione, ma posto in una casa di custodia di “prigionieri politici”, cioè personalità importanti cadute in disgrazia. Giuseppe subisce una continua vessazione sul posto di lavoro, che alla fine degenera in denuncia sessuale per rifiuto di obbedire. Se si fosse trattato di una schiava, sarebbe stata violentata e nessuno sarebbe occorso in suo aiuto.

Un adulterio rifiutato seguito da una denuncia sessuale è quello narrato in Dn 13, la storia deuteronomica di Susanna. La versione più antica dei Settanta è più breve. È «una narrazione gerarchica che raffigura la comunità rappresentata da Susanna (chiamata l’“ebrea” in Dn 13,22) nelle mani di capi immorali della comunità» (p. 141). I due guardoni sono giudici, ma non necessariamente anziani. Nella versione di Teodozione manca la preghiera di Susanna, e Susanna non è rappresentata come «persona rispettosa della legge, sicura di sé e incorruttibile, che è disposta ad affrontare innocente la sua morte ad occhi aperti, ma una donna intimidita e abbattuta che invoca il suo Dio solo nel panico prima dell’esecuzione della sentenza. Tuttavia – continua l’autrice – la narrazione di entrambe le narrazioni porta ad absurdum la pratica giudiziaria della mancanza di separazione delle singole funzioni in tribunale ed esprime una critica sociale che le donne sono gravemente svantaggiate in tribunale, specialmente quando gli anziani che devono pronunciare il giudizio sono dei rei» (p. 144).

Nm 5,11-31 riporta una denuncia sessuale di tipo diverso. È l’ordalia della gelosia. «Qui è trattato un doppio caso legale in cui un marito accusa di adulterio sua moglie, che è colpevole o innocente […] Il provvedimento si conclude espressamente con l’osservazione che, qualunque sia l’esito, il marito è irreprensibile […] Questa ordalia della gelosia è certamente una delle leggi più misogine di tutto l’Antico Testamento» (p.145) – afferma sdegnata l’autrice. Basta la gelosia dell’uomo per far fare brutta figura pubblica alla donna, nel tempio. Il matrimonio probabilmente è già fallito e l’uomo vuole sbarazzarsi della donna senza divorzio e accordo corrispondenti.

La coercizione sessuale implica sempre la costrizione fisica, psicologica o giuridica e si differenza dallo stupro per l’assenza di forza fisica bruta. Quale esempio di coercizione sessuale l’autrice studia 2Sam 11 (l’episodio di Davide e Betsabea).

Lo stupro trova delle disposizioni legali in Dt 22,23-29. Non c’è stupro se avviene in città, ma il dato narrativo dice il contrario. Gen 34,1ss parla della violenza sessuale verso Dina. L’autrice ricorda come Sichem la rapisca, dorma con lei e non tanto la «stupri» quanto la «privi dei diritti civili» (*‘nh) – così traduce l’autrice.

Eloquente è il racconto della violenza fatta da Amnon alla sorellastra Tamar, figlia di Davide (2Sam 13,1-22). La conclusione è la perdita dei diritti civili (Tamar si strapperà la veste mentre cammina in città). Tamar ritorna in casa del fratellastro Assalonne, che la vendicherà. Amnon attua anche una strategia di blaming the victim. Il fatto genererà la lite tra fratelli e la storia diventerà un ricordo pericoloso che non permette all’autore del reato e ai suoi complici di farla franca e svela una strategia di insabbiamento.

Vari testi giuridici vietano l’incesto e i rapporti sessuali con parenti stretti per via matrimoniale (cf. Lv 18; 20; Dt 27,20-23). In Gen 35,22 c’è la brevissima nota sull’incesto di Ruben che si unisce con Bila, la concubina di suo padre. Un accenno può esserci nel fatto che Abramo presenti Sarài come sua sorella, in realtà sua sorellastra, cosa che secondo Abramo rimuoveva l’incestuoso impedimento al matrimonio (cf. Gen 20,12). La problematica dell’incesto è tematizzata in Gen 38 a proposito di Giuda e Tamar, alla quale è stato negato un marito secondo la legge del levirato.

Gen 19,30-38 racconta dettagliatamente l’incesto di Lot con le sue due figlie. L’autrice nota l’assenza della madre e ricorda il sospetto che l’iniziativa sia inequivocabilmente da attribuire alle due donne. Il testo non critica in alcun modo il comportamento delle figlie, che lottano per avere la loro prole in modi non convenzionali.

Altra fattispecie è quella del terrore sessualizzato, descritto in Gen 19 (Sodoma) e in Gdc19 (la concubina del levita). L’autrice afferma che non si tratta di episodi di omosessualità maschile, ma di atti con i quali si intende chiarire chi comanda in città.

Sesso e genere come scene di combattimento sono presenti in vari testi. La violenza sessuale contro le donne diventa un mezzo per umiliare i loro mariti, perfida tecnica di guerra, tuttora molto usata. Gdc 20,48 ricorda come, per vendicare la concubina del levita, si sia ammazzato praticamente tutto ciò che si muoveva. Occorre rapire delle donne a Silo per fornire mogli ai beniaminiti. Am 7,10-17 ricorda come il profeta annuncia che la moglie di Amasia sarà violentata e sopravviverà esercitando la prostituzione. Gdc 5,28-30 riporta un esempio ripugnante di violenza contro le donne in guerra, quando la più saggia delle principesse consola la madre di Sisara ricordando che senz’altro gli uomini che ritardano si stanno intrattenendo dopo la vittoria violentando le donne, ridotte solo alla loro parte genitale (“grembo su grembo”).

Alcuni canti di vittoria sono cantati da donne risparmiate dalla violenza perché i loro guerrieri hanno vinto (cf. Gdc 5; 1Sam 18,6s; Gdt 15,12–16,17; Es 15,20s). La città vinta talvolta è rappresentata come una donna violentata (cf. Is 47,1-3), e la vendetta con la stessa moneta è invocata con forza nei detti profetici sui popoli (cf. Is13,16; Lam 4,21).

Eros e sesso nell’immaginario di Dio

L’ultimo capitolo ricorda che l’eros e il sesso fanno parte dell’immaginario di Dio presente nell’AT (pp. 163-174).

Nell’AT è presente la metafora del matrimonio che copre una vasta area dell’immaginario teologico erotico-sessuale per la relazione tra il Dio, immaginato come maschio, e il popolo, rappresentato come donna. La Scrittura presenta anche l’immagine divina del marito geloso, che punisce l’infedeltà della moglie con mezzi a volte marziali ma poi accusa coloro che hanno compiuto questo di escalation della violenza e vendica i crimini con attacchi di ritorsione altrettanto drastici.

Fanno problema un Dio come sessualmente violento e i discorsi profetici di minaccia e di giudizio. In alcuni testi la divinità reagisce come un marito geloso col divorzio (cf. Ger 3,8) o con l’abbandono della moglie (cf. Is 50,1). La divinità però ha fin dall’inizio l’intenzione di riprendersela.

Un altro gruppo di testi, molto più problematico e ampio, fa reagire violentemente il marito tradito all’infedeltà della moglie. YHWH punisce col bastone la donna o la fa punire da altri (cf. Ez 16; 23). Nel contesto delle metafore del matrimonio in Os 2, il popolo e il paese, personificati come donna, sono ripudiati con l’accusa di colpevolezza utilizzando la formula ufficiale del divorzio (cf. v. 4). Athalia Brenner ha parlato di «pornografia profetica».

Al giorno d’oggi questi testi diventano insopportabili, afferma Irmtraud, in quanto presentano un Dio che agisce attraverso la violenza sessualizzata, un Dio la cui storia inizia con sua moglie infedele che ha abusato dei suoi figli. Secondo l’autrice questi testi «non possono più essere mascherati come prova di una giusta punizione da parte di un Dio sovrano, ma devono essere designati coi concetti odierni, poiché non si tratta solo di testi storici, ma anche di testi canonici che rivendicano validità ancora oggi» (pp. 165-166).

L’autrice analizza Ez 16 e 23, con gli atti violenti compiuti da YHWH verso il suo popolo infedele e la coppa d’ira menzionata in Is 51,17-23.

Vari detti dei popoli, presenti nei testi profetici, mostrano YHWH che minaccia i popoli che hanno ecceduto nella violenza contro Israele di ripagarli con la stessa moneta (cf. Bar 4,5–5,9; in Is 13,16 si annuncia a Babilonia che saranno violentate le mogli). Alcuni testimenzionano lo scoprimento dei genitali (cf. Is 47,2s; Ger 13,22.26 e Na 3,5).

Un’immagine ripugnante, secondo l’autrice, è rappresentata da Is 23,15-18, un oracolo contro Tiro dove si preannuncia che la città fiera e ribelle sarà costretta per settant’anni a guadagnarsi da vivere come prostituta.

«A tutti questi testi – afferma l’autrice – è comune la problematica esplosiva che non solo essi riflettono le condizioni di matrimoni patriarcali nell’antico Israele e si può quindi presumere che in situazioni di separazione le donne – come spesso accade anche oggi –siano state esposte alla brutale violenza maschile, ma anche che, nel corso dei secoli, la violenza maschile nel matrimonio ha potuto essere legittimata dalla testimonianza biblica di un Dio violento contro le donne» (p. 168).

L’autrice consiglia di non eliminare questi testi dall’uso pastorale, ma di leggerli «come memoria passionis, come testi di terrore che non nascondono l’urlo delle vittime, ma costringono piuttosto le comunità religiose a riflettere fino a che punto esse legittimano la violenza in generale e a mettere in moto un permanente esame di coscienza per scoprire come anch’esse partecipano al reato di violenza contro le donne che si riscontra in tutto il mondo e in che misura sono quindi complici» (pp. 168-169).

La studiosa conclude la sua opera con un paragrafo sereno sul Dio di Israele presentato come sposo ardente di desiderio e il matrimonio quale repertorio di immagini per la teologia dell’alleanza. Questi testi sono il rovescio della medaglia rappresentata in precedenza e sono temporalmente successivi e in contrappunto ad essi.

La ripresa delle immagini della moglie si ritrova nel primo Deutero-Isaia del tempo dell’esilio, quella della sposa e dello sposo soprattutto nel Trito-Isaia post-esilico. Is 49,14-21 e 54,1-8 marcano visibilmente il passaggio dall’immagine della moglie (provvisoriamente) abbandonata e sacrificata, a quella della sposa e della donna riaccolta nel matrimonio.

La donna sterile Sion si ritroverà ricca di figli. Anche la gioia di Sion in 61,10s – e non 62,10s, a p. 170 – va letta sullo sfondo della vergogna e dell’insulto. Is 62,1-5 presenta Gerusalemme coronata di diadema regale, destinataria dell’affetto e del favore del suo Dio, non più abbandonata e devastata ma divenuta “padrona” (così Irmtraud traduce be‘ûlâ). YHWH si compiace di Gerusalemme e sposa (b‘l) sé stesso con la terra. Dio esulta per Sion come uno sposo per la sposa.

Ger 31,2-6 annuncia la ricostruzione e il ripristino della vita buona tramite una dichiarazione d’amore. Sof 3,14-17 annuncia la revoca della condanna contro la figlia di Sion, invitata a rallegrarsi. Os 2,21ss dichiara nuovamente l’amore in una promessa matrimoniale, che però fa parimenti dopo la separazione dall’amata moglie.

Il Sal 45 è un canto descrittivo di una cerimonia nuziale, che menziona il re unto da Dio ma anche teologicamente in modo diretto il re divino nella sua intronizzazione, in un tripudio di gioielli, vesti preziose, profumi esaltanti, ospiti numerosi e doni preziosi.

L’autrice sottolinea come l’interpretazione allegorica del Cantico dei Cantici riferita all’amore tra Dio e il suo popolo trovi degli ottimi agganci nel testo, dal momento che vari termini presenti possono rimandare facilmente ad altri testi che parlano del rapporto amoroso tra Dio e il suo popolo. Il Cantico può quindi essere letto in un doppio senso, e da quando è canonico è stato letto anche così. «La chiave di queste immagini si trova nei testi che descrivono YHWH e il popolo in un rapporto di amore che è stato caratterizzato da attenzioni e desiderio di unicità» (p. 173).

La studiosa ricorda come un altro aspetto del rapporto d’amore tra Dio e il suo popolo, «che decostruisce la concezione del matrimonio patriarcale, entra in gioco metaforicamente attraverso la personificazione femminile della Sapienza. È vista in relazione a Dio come co-creatrice preesistente (Pr 8,22-31), co-reggente (Sap 9,4), amata da Dio (8,3), e come presenza reale della divinità tra gli esseri umani (Sir 24,1-22; cf. Gv 1,14). Mediante la personificazione femminile della presenza divina, in seguito è addirittura possibile in Sap 8,2-16 invertire i rapporti di potere delle metafore patriarcali del matrimonio: Salomone può desiderare come sposa donna-Sapienza e ammirarne la bellezza (v. 2), sceglierla come partner (v. 9) e consigliera di governo (v. 10) che gli darà prestigio tra il popolo, nel giudicare e sulla scena internazionale (vv. 10-15). Nell’intimità della sua casa il re può rilassarsi tra le braccia della donna-Sapienza dopo faticose incombenze di governo e provare con lei allegria e gioia (v.16), che gli conferiscono nuovo vigore per i suoi compiti – tutti doni che il piacere dell’amore è in grado di dare. Non sorprende quindi – conclude Irmtraud – quando in Sir 24,12-19 donna-Sapienza viene descritta con le metafore del Cantico dei Cantici e viene presentata con ogni tipo di splendide piante e alberi, che con i loro frutti e le loro spezie invitano al piacere con tutti i sensi. Come in un rapporto sessuale riuscito, il piacere procura una profonda soddisfazione, ma l’esperienza, che incanta tutti i sensi e si scolpisce profondamente nella memoria, esige ancora di più e accresce il desiderio (vv. 20s.; cf. Ct 8,7)» (pp. 173-174).

Nella conclusione (pp. 175-176) l’autrice riafferma che la sessualità determina tutta la vita, può essere vissuta in maniera diversa a seconda dell’età e della possibilità o meno della fertilità, e questo anche in età avanzata. L’esercizio della sessualità negli anziani non va repressa. Ricordano infatti i rabbini: «Tre cose hanno qualcosa del mondo a venire: il sabato, il sole e il rapporto sessuale» (Ber 57,b, cit. a p. 176).

Le note a piè di pagina sono parche e non viene indicata una bibliografia. Il volume si chiude con il prezioso Indice dei passi biblici (pp. 176-183).

Opera davvero affascinante, ricca di dati e di valutazioni esegetico-giuridico-sapienziali, scritta con entusiasmo e volontà di esaltare un elemento fondamentale della vita umana, con un’attenzione particolare alla promozione della figura femminile contro lo strapotere patriarcale, di cui – secondo l’autrice – non sono immuni anche alcune Chiese del nostro tempo.


R. Mela, in SettimanaNews.it 17 giugno 2023