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La Bibbia – Parola una e plurale
Yves-Marie Blanchard

La Bibbia – Parola una e plurale

Entrare nell’intelligenza delle Scritture

Prezzo di copertina: Euro 21,00 Prezzo scontato: Euro 19,95
Collana: Sintesi
ISBN: 978-88-399-2967-9
Formato: 11,5 x 19 cm
Pagine: 176
Titolo originale: La Bible. Parole une et plurielle
© 2022

In breve

«Mi è sembrato utile ridefinire alcuni tratti caratteristici della Bibbia come un insieme, riprendere alcune delle problematiche riguardanti il rapporto Scrittura-rivelazione e affrontare gli elementi costitutivi del corpus biblico, considerato dal punto di vista della sua unità-e-pluralità».

Una presentazione della Bibbia che sintetizza il suo legame con il mistero cristiano.

Descrizione

È meraviglioso il posto d’onore che oggi occupa la Bibbia nella vita concreta dei cattolici. Ormai da decenni, non sono più appannaggio del solo mondo riformato la lettura della Bibbia e la sua frequentazione, anche quotidiana: catechesi, liturgia, spiritualità, preghiera (personale o comunitaria) sono sostanziate di riferimenti alla Scrittura. Più che mai, quindi, è necessario chiarire l’accesso ai testi sacri, per inquadrare la logica in cui si inserisce la lettura credente.
Non si sente troppo spesso dire – il che è falso – che il cristianesimo è una «religione del Libro»? Non si rischia forse di limitarsi a una semplicistica «verniciatura biblica» delle nostre prassi consolidate? Yves-Marie Blanchard disegna qui i tratti caratteristici dell’insieme biblico, stabilendone il legame con il cuore del mistero cristiano: la connessione diretta con la rivelazione, il canone dei testi, il rapporto tra i due Testamenti, la pluralità di lingue, lo stile di scrittura…
Un bel modo di accedere all’intelligenza della Bibbia.

Recensioni

Un appassionato e informato plaidoyer, quello di Yves-Marie Blanchard, nel descrivere lo stato dell’arte nella chiesa cattolica di quello che è (o dovrebbe essere) il soggetto e l’oggetto principale del suo esistere: la Bibbia. L’autore si compiace del fatto che «la Bibbia abbia ritrovato oggi nella pratica cattolica il posto eminente che non avrebbe mai dovuto lasciare, il che evidentemente costituisce già in sé una bella conquista ecumenica, in particolare nei confronti delle chiese nate dalla Riforma» (p. 7).

Pagine che si lasciano leggere volentieri, vuoi per la scientificità combinata a un brillante stile divulgativo, vuoi per il palinsesto sul quale il nostro testo è ben costruito.

Aggiungo che il titolo di Blanchard appare in una collana della Queriniana denominata: «Sintesi», in cui compaiono testi anche di teologi protestanti come Étienne Trocmé o ortodossi come Olivier Clément.

In breve: il viaggio teologico di Blanchard si muove tra due punti cardinali: il primo è la relazione tra Scrittura e Rivelazione, il secondo tra Scrittura e Parola. Tra i due poli l’autore attraversa il vasto terreno delle principali specificità bibliche, sia storiche che teologiche. Dalla formazione dei canoni al compimento della Scrittura per, successivamente, affrontare la questione delle lingue del corpus biblico (un «meticciato») e dei suoi numerosi racconti.

Questi ultimi esprimono, nel loro insieme, una spiccata propensione della Bibbia «a raccontare piuttosto che a spiegare, strutturare» (p. 98). Il mistero rivelato è raccontato e reso accessibile a tutti, dai più piccoli ai più grandi. Trattasi di racconti, destinati a costruire, come è avvenuto nel corso dei secoli, forti identità, personali e collettive. Infine, l’autore approda al tema del compimento stesso delle Scritture. L’Antico e il Nuovo Testamento si fronteggiano, s’intrecciano continuamente: dal punto di vista cristiano non esiste l’uno senza l’altro, il loro rapporto è indissolubile. Sintomatico, a tal proposito, è il Vangelo di Luca nel descrivere la vicenda storica di Gesù Cristo. Dalla sua iniziale lettura pubblica d’Isaia nella sinagoga di Nazareth (Lc. 4,16 ss.) al cammino verso Emmaus nel primo giorno della settimana (che diventerà la domenica, «il giorno del Signore») (Lc. 24). Si compie così un disegno ermeneutico, perimetrato «secondo le Scritture», di cui Gesù Cristo è il protagonista. Storia (Gesù) e fede (Cristo) germogliano dallo stesso terreno scritturale. La diversità oggettiva degli scritti biblici si erge contro ogni pretesa d’unità intesa come necessario appiattimento delle diversità, quasi che le mille differenze tra gli scritti biblici fossero l’ostacolo maggiore nel condividere un cammino di fede. Si apre qui una questione complessa e, nello stesso tempo, affascinante: come far convivere, da un lato, la tensione verso un’unità visibile e concreta e, dall’altro, il rispetto per le specifiche caratteristiche confessionali.

Tenere insieme questi opposti sembrerebbe impossibile (per la serie: ognuno segua la propria strada e non perdiamo altro tempo!), eppure la convivenza, o meglio la comunione tra chiese, è il compito irrinunciabile del dialogo ecumenico. La cui motivazione profonda matura nello stabile radicamento (non episodico ma costante e approfondito) delle diverse comunità cristiane nell’unica Scrittura. Difficile tenere insieme le diversità scritturali e quelle confessionali, facile è invece accendere conflitti o innalzare separazioni. La Bibbia, attraverso la complessa operazione della costituzione dei canoni, sia sul piano redazionale che ermeneutico, tiene insieme non un’accozzaglia di testi ma la fonte principale della Rivelazione divina, che è plurale. Il cristianesimo che si rifà alla Bibbia non può che essere, nel suo divenire storico, plurale. Ovvero un insieme di esperienze differenti, nel tempo e nello spazio, ma simili nel loro tentativo di fedeltà alla Parola di Dio.

La Scrittura è attraversata da lingue e tradizioni diverse: esse sono specularistesse vicende dell’identità cristiana con le quali, storicamente, ha dovuto e deve continuare a fare i conti, utilizzando strumenti scientifici per scavare nei testi e nei contesti storici. Non basta insomma giustapporre l’Antico al Nuovo Testamento con una semplice operazione diacronica: occorre scoprire la chiave interpretativa che, per i cristiani, risiede nella figura stessa del Cristo. Ultima acuta osservazione del Blanchard è che la «tensione tra la totalità del Libro e la singolarità di ogni testo o frammento, anche di aspetto minore, richiama un’ecclesiologia di comunione» (p. 168).

Insomma, si tratta di affrontare le infinite pluralità dei percorsi biblici che, a loro volta, s’intersecano con altrettanto numerose direzioni culturali ed esistenziali. Un viaggio, di fronte all’enormità del compito, che ha dell’impossibile. Non a caso, di fronte all’infinita gamma di possibilità che il Libro racchiude, si può essere tentati di rinunciare a quest’esplorazione delegandola esclusivamente agli specialisti. Inoltrarsi tra queste pagine significa scoprire come questa pluralità di percorsi e di storie bibliche apra, in modo singolare, la nostra mente. È vero che per intraprendere bene questo cammino dentro la Bibbia occorre dotarsi di strumenti adatti (gli specialisti servono appunto a questo) proprio per non arrendersi alle prime difficoltà.

Ma è un cammino possibile, tenendo conto che «il discorso ragionato non dovrà mai cessare di rinfrescarsi al flusso vivo delle Scritture» (p. 168). Ed è proprio questa tensione, tra il testo biblico e la vita, che può suscitare esperienze, personali e comunitarie, trasformatrici e innovative. Si tratta di una ricerca di fede, di senso, di scopo, che pesca il proprio nutrimento dentro la complessità e l’intelligenza della Scrittura. Una ricerca, quest’ultima, che in una vita, per lunga che sia, non si esaurisce, ma può solo interrompersi e rimbalzare di generazione in generazione. Fornendo, di secolo in secolo, nuove informazioni, interpretazioni, emozioni e commenti che affiorano nell’accurato confronto tra il testo biblico e i vari contesti storici, compreso il nostro.


G. Platone, Protestantesimo 2-3/2024, 302-304

Il piccolo libro di Y.-M. Blanchard trae facilmente in inganno per le sue dimensioni modeste. In realtà si tratta di un testo denso, ricco, che richiede una buona dose di curiosità intellettuale nel ricercare e scoprire, sotto la guida di un ottimo maestro, qualità significative (ma non sempre evidenti) della Bibbia che tutti conosciamo.

L’autore ci conduce in un itinerario che riprende alcune tematiche tipiche di un corso di introduzione generale alla sacra Scrittura (per esempio, il rapporto tra Scrittura e rivelazione, il canone, l’unità strutturale tra i due Testamenti ecc.), ma lo fa offrendo spunti non scontati e aggiungendo un particolare interesse per questioni di carattere ecumenico. Esse emergono fin dall’inizio del lavoro (si comincia ricordando la ricca celebrazione dei cinquecento anni dalla Riforma), ma si svelano più compiutamente nell’ultimo capitolo, il settimo, là dove si tratta il tema dell’unità, mostrando non solo che la Bibbia è un terreno di lavoro estremamente fecondo per il percorso ecumenico, ma anche che essa stessa è un modello di “ecumenismo” già attuato, in quanto insieme di testi tra loro profondamente diversi, tutti convocati per formare un’unità plurale.

Particolarmente stimolante il capitolo in cui l’autore guarda alla Bibbia dal punto di vista delle lingue in cui è stata scritta, parlando di “meticciato” linguistico e di mescolanza culturale. La pluralità delle lingue bibliche e la necessità del ricorso alla traduzione (gia ben attestata all’interno della stessa Bibbia) costituiscono un richiamo alla comprensione di ciò che si legge, senza alcuna nostalgia per una qualsiasi “lingua originale”: lo scopo sarà sempre raggiungere l’uditore perché possa ascoltare il messaggio della salvezza. Il cap. 5 si sofferma sulla dimensione narrativa della Scrittura, mettendo in risalto il primato assoluto del racconto e la generale tendenza a rifuggire argomentazioni o spiegazioni.

Certo, sono presenti anche altre modalità espressive (per esempio, la preghiera dei salmi), ma la narrazione ha un rilievo tutto particolare e, spesso, costituisce la cornice per altre tipologie testuali (pensiamo alla legislazione nella Torà). Entrando poi nel rapporto tra scrittura (libro) e parola (oralità), l’autore mette ben in luce la complessità della relazione e decreta un forte primato dell’oralità. Non solo la Scrittura si fonda su una precedente dimensione orale, ma punta a una lettura ad alta voce e ad un annuncio senza limiti nello spazio e nel tempo, a una specie di “lettura infinita”.

Il libro, necessario, è il mezzo attraverso cui ci raggiunge una Parola viva, che è quella di Dio stesso. Ultimo elemento di grande interesse è il modo in cui Blanchard sceglie di congedarsi dal suo lettore, elaborando cinque proposte che, a partire da quanto esposto, offrono prospettive di cammino ecclesiale per una lettura della Bibbia che punti all’evangelizzazione. Questo piccolo testo può essere di sicuro un contributo prezioso per sostenere un simile lavoro.


O. Pettigiani, in Parole di Vita 1/2023, 58