La teologia di Jacques Dupuis (1923-2004), gesuita, continua a far discutere. Il suo Verso una teologia del pluralismo religioso (1997; cfr. Sdt NS 21 [1999/1] pp. 116-118) fece discutere non solo le accademie teologiche, ma i vertici della chiesa di Roma. La sua teologia delle religioni fece inarcare più di un sopracciglio nelle alte stanze vaticane (allora presiedute dall'occhiuto prefetto Card. Ratzinger) tanto che la Congregazione per la dottrina della fede gli inviò una "Notificazione", un cartellino giallo per essere entrato in territorio minato, per "gravi errori dottrinali" poi ricompresi come "notevoli ambiguità" nel suo pensiero.
Mettendo in discussione i modelli esistenti per pensare al ruolo delle religioni (esclusivismo, inclusivismo, pluralismo), Dupuis esplorò le "frontiere" alla luce di quella che credeva essere l'eccedenza del mistero di Cristo rispetto alle forme linguistiche e istituzionali del cristianesimo. La sua teologia del pluralismo religioso era una risposta a quella che lui considerava un'eccessiva semplificazione della codificazione tradizionale e un invito a rielaborare la cristologia riconoscendo lo "spazio" delle religioni come costitutivo della stessa. Nell'ottica di Dupuis, le religioni sarebbero mediazioni di salvezza convergenti e complementari e quindi il compito della teologia è di elaborare una cristologia delle religioni.
Questo studio di Caccaro, teologo e missionario del PIME che opera in Cambogia, riprende i temi della riflessione di Dupuis proprio a partire dalla questione cristologica e avendo come riferimento i tre libri di Dupuis sull'argomento: Gesù incontro alle religioni (1989), Verso una teologia cristiana del pluralismo religioso (1997) e Cristianesimo e religioni (2000).
Centrale è la distinzione tra Logos énsarkos (verbo incarnato) e Logos dsarkos (verbo non incarnato). Mentre il primo è sovrapponibile in modo stringente alla persona di Gesù Cristo e alla codificazione teologica su di lui profilata, il secondo è per sua natura aperto, spazioso e irriducibile ad ogni teologizzazione. Sul versante della pneumatologia, mentre lo Spirito di Cristo sarebbe associato all'unione ipostatica, lo Spirito di Dio "soffia dove vuole".
Anche ad una prima lettura, risulta evidente la "forzatura" trinitaria di Dupuis. Se si de-assolutizza la figura di Gesù Cristo per assolutizzare quella del Padre, non si scade in una forma di monarchianesimo subordinazionista o di modalismo se non addirittura di arianesimo? Se si avvantaggia il verbo non incarnato rispetto alla rivelazione incarnata, non si svaluta lo scandalo necessario dell'incarnazione? Se si privilegiano le due nature del Figlio, non si banalizza la sua unica Persona? Ancora sul versante trinitario, se lo Spirito e il Padre operano fuori e senza Gesù Cristo, non viene meno il principio che nelle operazioni ad extra la Trinità agisce sempre di concerto e non con assoli dei singoli?
Dupuis intravede i problemi e nella sua teologia si scorge la fatica di mantenere la cristologia ancorata al suo referente. La domanda di fondo è: Dio è al di là di Gesù? Se sì, allora si aprono spazi per "una rivelazione differenziata e complementare". Ecco che la teologia cattolica, maestra nel tenere insieme tensioni (et-et), deve aprire al massimo le sue maglie in un esercizio dinamico di cattolicità: Dupuis parla di "polarità in gioco" nella cristologia da lui proposta. Nella polarità irrisolta, ci sarebbe spazio per il ruolo salvifico delle religioni.
Rispetto ai modelli tradizionali, il pensiero di Dupuis può essere compreso come un "pluralismo inclusivo" o "inclusivismo pluralistico" (91). Caccaro è abile nell'esplorare le "acrobazie" della teologia delle religioni di J. Hick, P. Knitter e Dupuis (142-146). Quest'ultimo sovente ricorre a concetti di "eccedenza" e di "sovrabbondanza" del mistero per legittimare le ricerche della sua teologia delle religioni che non può essere contenuta in schemi definiti.
Da tenere presente è l'intreccio di questi dibattiti con lo sviluppo del magistero cattolico. Già la Lumen Gentium e la Gaudium et Spes avevano iniziato a riflettere la movimentazione; la Redemptoris Missio (n. 5) parla di "mediazioni partecipate". Sotto i ponti della teologia cattolica è passata molta acqua: dal "cristianesimo anonimo" di K. Rahner ai "fratelli tutti" di Papa Francesco. È evidente che la teologia delle religioni è un terreno fertile nel cattolicesimo post-conciliare. Papa Francesco, non a caso gesuita anche lui, nella "Dichiarazione di Abu Dhabi sulla fratellanza umana'' (2019) ha definito il pluralismo delle religioni una espressione della "sapiente volontà divina'', riprendendo lo spirito se non la lettera della ricerca di Dupuis.
Si scorge un disegno: non è che Dupuis, con le sue acrobazie, abbia esplorato un territorio di frontiera e, dopo la cessazione del fuoco di sbarramento dell'anima "romana'' del cattolicesimo, ora l'anima cattolica dello stesso ne stia percorrendo il sentiero?
L. De Chirico, in
Studi di Teologia. Supplemento 23/2025, 53-55