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L’uomo fa una differenza in Dio
Alberto Caccaro

L’uomo fa una differenza in Dio

La questione cristologica in Jacques Dupuis

Prezzo di copertina: Euro 27,00 Prezzo scontato: Euro 25,65
Collana: Giornale di teologia 464
ISBN: 978-88-399-3464-2
Formato: 12,3 x 19,3 cm
Pagine: 304
© 2024

In breve

Editoriale di Alberto Cozzi

Alla questione cristologica Jacques Dupuis ha dedicato le sue migliori energie, spingendosi ai limiti dell’ortodossia pur di “esplorare le frontiere”. Le soluzioni escogitate allora rivelavano una certa criticità. Qui Alberto Caccaro indica delle piste ancor più promettenti.

Un tema scottante: se le religioni sono un dato positivo, Cristo ha ancora un ruolo? C’è spazio per la missione della Chiesa?

Descrizione

Gesuita e teologo di fama mondiale, Jacques Dupuis fu prima missionario in India, poi docente alla Gregoriana di Roma. Reso famoso da Verso una teologia cristiana del pluralismo religioso, ha cercato di riconoscere alle religioni del mondo un ruolo positivo in quanto espressioni della sovrabbondante grazia di Dio. Non sempre è stato facile capire, però, come questa generosa apertura si concili con la fede in Gesù Cristo, unico salvatore universale. Ed ecco allora il senso di queste pagine, che ambiscono non solo a riprendere, ma anche a proseguire oltre il pensiero di Dupuis.
Caccaro, egli stesso teologo e missionario, riconosce anzitutto che il pluralismo e la diversità di religione sono di fatto e di diritto «una sapiente volontà divina», come ci ricorda il Documento sulla fratellanza umana di Abu Dhabi. Inoltre egli afferma che è possibile far valere l’assolutezza, l’unicità, la necessità di Gesù nella misura in cui in lui si riconosce la rivelazione di quel Dio che da sempre custodisce in sé l’assolutezza, l’unicità e la necessità di ogni essere umano. In Gesù, infatti, ogni uomo fa una differenza in Dio.

Recensioni

La teologia di Jacques Dupuis (1923-2004), gesuita, continua a far discutere. Il suo Verso una teologia del pluralismo religioso (1997; cfr. Sdt NS 21 [1999/1] pp. 116-118) fece discutere non solo le accademie teologiche, ma i vertici della chiesa di Roma. La sua teologia delle religioni fece inarcare più di un sopracciglio nelle alte stanze vaticane (allora presiedute dall'occhiuto prefetto Card. Ratzinger) tanto che la Congregazione per la dottrina della fede gli inviò una "Notificazione", un cartellino giallo per essere entrato in territorio minato, per "gravi errori dottrinali" poi ricompresi come "notevoli ambiguità" nel suo pensiero.

Mettendo in discussione i modelli esistenti per pensare al ruolo delle religioni (esclusivismo, inclusivismo, pluralismo), Dupuis esplorò le "frontiere" alla luce di quella che credeva essere l'eccedenza del mistero di Cristo rispetto alle forme linguistiche e istituzionali del cristianesimo. La sua teologia del pluralismo religioso era una risposta a quella che lui considerava un'eccessiva semplificazione della codificazione tradizionale e un invito a rielaborare la cristologia riconoscendo lo "spazio" delle religioni come costitutivo della stessa. Nell'ottica di Dupuis, le religioni sarebbero mediazioni di salvezza convergenti e complementari e quindi il compito della teologia è di elaborare una cristologia delle religioni.

Questo studio di Caccaro, teologo e missionario del PIME che opera in Cambogia, riprende i temi della riflessione di Dupuis proprio a partire dalla questione cristologica e avendo come riferimento i tre libri di Dupuis sull'argomento: Gesù incontro alle religioni (1989), Verso una teologia cristiana del pluralismo religioso (1997) e Cristianesimo e religioni (2000).

Centrale è la distinzione tra Logos énsarkos (verbo incarnato) e Logos dsarkos (verbo non incarnato). Mentre il primo è sovrapponibile in modo stringente alla persona di Gesù Cristo e alla codificazione teologica su di lui profilata, il secondo è per sua natura aperto, spazioso e irriducibile ad ogni teologizzazione. Sul versante della pneumatologia, mentre lo Spirito di Cristo sarebbe associato all'unione ipostatica, lo Spirito di Dio "soffia dove vuole".

Anche ad una prima lettura, risulta evidente la "forzatura" trinitaria di Dupuis. Se si de-assolutizza la figura di Gesù Cristo per assolutizzare quella del Padre, non si scade in una forma di monarchianesimo subordinazionista o di modalismo se non addirittura di arianesimo? Se si avvantaggia il verbo non incarnato rispetto alla rivelazione incarnata, non si svaluta lo scandalo necessario dell'incarnazione? Se si privilegiano le due nature del Figlio, non si banalizza la sua unica Persona? Ancora sul versante trinitario, se lo Spirito e il Padre operano fuori e senza Gesù Cristo, non viene meno il principio che nelle operazioni ad extra la Trinità agisce sempre di concerto e non con assoli dei singoli?

Dupuis intravede i problemi e nella sua teologia si scorge la fatica di mantenere la cristologia ancorata al suo referente. La domanda di fondo è: Dio è al di là di Gesù? Se sì, allora si aprono spazi per "una rivelazione differenziata e complementare". Ecco che la teologia cattolica, maestra nel tenere insieme tensioni (et-et), deve aprire al massimo le sue maglie in un esercizio dinamico di cattolicità: Dupuis parla di "polarità in gioco" nella cristologia da lui proposta. Nella polarità irrisolta, ci sarebbe spazio per il ruolo salvifico delle religioni.

Rispetto ai modelli tradizionali, il pensiero di Dupuis può essere compreso come un "pluralismo inclusivo" o "inclusivismo pluralistico" (91). Caccaro è abile nell'esplorare le "acrobazie" della teologia delle religioni di J. Hick, P. Knitter e Dupuis (142-146). Quest'ultimo sovente ricorre a concetti di "eccedenza" e di "sovrabbondanza" del mistero per legittimare le ricerche della sua teologia delle religioni che non può essere contenuta in schemi definiti.

Da tenere presente è l'intreccio di questi dibattiti con lo sviluppo del magistero cattolico. Già la Lumen Gentium e la Gaudium et Spes avevano iniziato a riflettere la movimentazione; la Redemptoris Missio (n. 5) parla di "mediazioni partecipate". Sotto i ponti della teologia cattolica è passata molta acqua: dal "cristianesimo anonimo" di K. Rahner ai "fratelli tutti" di Papa Francesco. È evidente che la teologia delle religioni è un terreno fertile nel cattolicesimo post-conciliare. Papa Francesco, non a caso gesuita anche lui, nella "Dichiarazione di Abu Dhabi sulla fratellanza umana'' (2019) ha definito il pluralismo delle religioni una espressione della "sapiente volontà divina'', riprendendo lo spirito se non la lettera della ricerca di Dupuis.

Si scorge un disegno: non è che Dupuis, con le sue acrobazie, abbia esplorato un territorio di frontiera e, dopo la cessazione del fuoco di sbarramento dell'anima "romana'' del cattolicesimo, ora l'anima cattolica dello stesso ne stia percorrendo il sentiero?


L. De Chirico, in Studi di Teologia. Supplemento 23/2025, 53-55

All’interno delle tematiche che in tempi recenti hanno interessato il panorama teologico, quella del pluralismo religioso ha esercitato un’attrattiva che difficilmente potrebbe essere sopravvalutata. Tra i protagonisti di un simile dibattito un posto di primo piano spetta al teologo gesuita Jacques Dupuis (1923-2004): missionario in India e quindi docente presso l’Università Gregoriana, egli ha dedicato le sue energie a ripensare il ruolo della mediazione di Cristo in ordine alla rivelazione e alla salvezza difendendo contemporaneamente un pluralismo religioso non solo de facto ma anzi de iure.

Alla sua riflessione, snodo obbligato per chi voglia cimentarsi con simili problematiche, è dedicata l’eccellente monografia di Alberto Caccaro, pubblicata dall’editrice Queriniana al n. 464 del Giornale di teologia (editoriale di A. Cozzi). Teologo e missionario del PIME in Cambogia, l’autore è in grado di rendere efficacemente la complessità e le tensioni che attraversano il pensiero di Dupuis, offrendo un lavoro sistematico e globale che organizza senza semplificare né immobilizzare il vivo movimento della meditazione del pensatore gesuita.

La prima parte (Dupuis attraverso Dupuis) accompagna il lettore lungo l’itinerario teologico di Dupuis, scandito in tre tappe rappresentate dai suoi lavori maggiori, vale a dire Gesù Cristo incontro alle religioni del 1989, Verso una teologia cristiana del pluralismo religioso del 1997, e infine Il cristianesimo e le religioni. Dallo scontro all’incontro del 2001. Se tale cammino è dominato dalla questione cristologica nel suo rapporto con la molteplicità delle tradizioni religiose (che si può ulteriormente approfondire con l’appendice documentale relativa alla ricezione critica del pensiero cristologico dell’A. scaricabile gratuitamente tramite il QR Code di p. 107), la seconda parte del volume (Dupuis attraverso lo sguardo della ricerca accademica) dà spazio alle tensioni irrisolvibili tra le quali Dupuis ha saputo soggiornare senza cedere a facili semplificazioni, oltre che alla problematicità degli esiti cui lo stesso è giunto. Così, se Dio Padre si è rivelato e ha operato sempre con le sue «due mani», come è possibile salvaguardare allo stesso tempo la mediazione unica e insuperabile del Figlio e l’azione universale dello Spirito nell’ambito di un’unica economia di salvezza universale? Come mantenere la tensione tra Verbo eterno e Verbo incarnato senza compromettere la singolarità di Gesù il Cristo, e come distinguere l’opera dello Spirito di Dio dall’effusione dello Spirito di Cristo attraverso la sua umanità glorificata senza introdurre un’economia distinta da quella del Verbo?

Se in Dupuis simile complessità ha spesso preso la forma del riconoscimento del carattere costitutivo e relazionale della mediazione di Cristo, a questa è tuttavia negato l’attributo dell’assolutezza, spettante solo a un Dio Padre che, in talune circostanze, rischierebbe di assumere l’aspetto della realtà ultima cara al teocentrismo di Hick; possiamo concordare sul fatto che il teologo gesuita abbia inteso mantenersi fedele a un approccio cristocentrico, ma Caccaro nota puntualmente come a ciò si sia sovente accompagnata una certa svalutazione dell’umanità e della storicità di Gesù, le quali, probabilmente in omaggio al pensiero indiano, comporterebbero inevitabilmente una limitazione della rivelazione divina. Sia chiaro: tali tensioni e ambiguità non compromettono affatto quello che rimane un grandioso tentativo teologico, ma permettono al lettore di immergersi in un campo di ricerca quanto mai aperto e vivo.

L’apporto più originale dello studio di Caccaro è contenuto nella terza parte dell’opera (Dupuis «verso una teologia cristiana degli impossibilia Dei») e nella conclusione; qui infatti le questioni cristologiche affrontate da Dupuis, alla luce del Documento sulla fratellanza umana di Abu Dhabi, trapassano in una riflessione su un’autentica teologia della rivelazione in prospettiva trinitaria, capace di presentare Gesù il Cristo come quella «“storicità singolare o assoluta” nella quale accade la vicenda di colui che è il Figlio e che rivela – e in questo “fa una differenza in Dio” – ciò che infine Dio è da sempre» (p. 210). L’offerta di Dio che si fa evento in Gesù richiama il singolo uomo a condividere la vita divina, uomo la cui unicità è del pari mantenuta e salvaguardata, tanto che non solo Cristo ma l’uomo stesso «fa una differenza in Dio».


M. Bergamaschi, in Archivio Teologico Torinese 1/2025, 220-222