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L'algoritmo dell'anima
Lorenzo Voltolin

L'algoritmo dell'anima

Corpo, coscienza e trascendenza nella rivoluzione digitale

Prezzo di copertina: Euro 24,00 Prezzo scontato: Euro 22,80
Collana: In-Oltre 5
ISBN: 978-88-399-0205-4
Formato: 12,3 x 19,3 cm
Pagine: 310
© 2025

In breve

Prefazione di Federico Faggin

Il nostro corpo è ancora “tempio dello Spirito”, oppure un mero dispositivo connesso a una rete globale? Cioè: fede e tecnica si oppongono davvero in un insanabile conflitto? E se scoprissimo che rappresentano due facce della stessa medaglia? È immaginabile una nuova sinergia fra reale e virtuale, in cui l’uno arricchisce l’altro?
Un racconto affascinante, che conduce ad abitare mondi differenti mettendoli in dialogo, senza perdere di vista la nostra umanità.
Una serie di spunti sbalorditivi per guardare oltre i confini del reale, anche in direzione dell’intelligenza artificiale.

Descrizione

Linguaggi digitali e mondi virtuali stanno trasformando non solo il nostro modo di vivere, ma anche la nostra anima. Consapevole della posta in gioco, Lorenzo Voltolin esplora l’intersezione tra neuroscienze, filosofia della mente, intelligenza artificiale e teologia per rispondere a domande cruciali: i media digitali influenzano la percezione di sé e del sacro? È possibile discernere significati autentici in un mondo sovraccarico di messaggi mediatici? E una macchina potrà mai avere coscienza?
Questo saggio innovativo svela come gli strumenti della rivoluzione digitale modellino la nostra coscienza, amplificando esperienze sensoriali e aprendo nuove possibilità di interazione con il trascendente. L’autore, con sguardo aperto e non moralistico, mostra come le tecnologie immersive possano arricchire la spiritualità e la liturgia, offrendo nuove modalità di preghiera e contemplazione.
Adottando un approccio realmente interdisciplinare, l’unico che davvero consenta di affrontare le domande esistenziali del digitale, Voltolin supera la dicotomia tra scienza e fede, proponendo una visione integrata della coscienza come flusso continuo tra percezione, emozione e pensiero. Prefato da Federico Faggin, il libro è una guida per chiunque voglia comprendere come navigare consapevolmente le sfide anche spirituali dell’era digitale. Un’opera che invita a riscoprire l’umano nell’epoca degli algoritmi.

Recensioni

In un’epoca in cui l’intelligenza artificiale sembra promettere risposte a ogni interrogativo, persino quelli più intimi dell’umano, il libro di Lorenzo Voltolin, sacerdote e docente della Facoltà Teologica del Triveneto, si addentra nelle questioni più profonde che la rivoluzione digitale pone. Il titolo, provocatorio e poetico al tempo stesso, invita a riflettere: esiste davvero un “algoritmo” capace di catturare l’anima? O, al contrario, è proprio l’anima a sfuggire a ogni calcolo?

Lo scritto mette in dialogo neuroscienze e filosofia, teologia e spiritualità, e si sviluppa in 11 capitoli (dal numero 0 al numero 10: E se non fosse proprio come ce la raccontiamo?; Il corpo pensa; Una coscienza artificiale; La forma del significato: un viaggio nella teologia; Le radici neurofisiologiche: tra corpo e spirito; Per comprendere il reale: immersione nella complessità; Il corpo agente: materia vivente, tra coscienza e conoscenza; Linguaggi e coscienza: il potere narrativo; Il mistero della coscienza: la libertà nell’era digitale; Viaggio nella coscienza del bene e del male; La “mente sacra”: incontro tra neuroscienze e fede).

La prefazione è firmata da Federico Faggin, imprenditore e scienziato attivo tra la California e l’Italia, da decenni studioso di fisica quantistica e “coscienza”. Ogni capitolo inizia con un breve glossario che chiarisce i termini più nuovi e difficili dei nuovi linguaggi.

Voltolin muove da una constatazione condivisa: la tecnologia digitale ha trasformato radicalmente il nostro modo di percepire il mondo, di relazionarci, persino di pregare. Realtà virtuali, intelligenze artificiali, linguaggi digitali non sono più solo strumenti esterni, ma ambienti in cui abitiamo, pensiamo, desideriamo e sogniamo. Eppure, in mezzo a questa rivoluzione, qualcosa resiste: la coscienza come apertura al senso, al desiderio, al mistero. “Irriducibile” insieme al libero arbitrio.

Il corpo è il primo protagonista di questo cammino. Lo studioso padovano lo libera dall’immagine di semplice “contenitore” dell’anima o di “macchina biologica” e lo ripropone come realtà viva, agente, capace di pensare e mediare il sacro. Il corpo non è un ostacolo alla trascendenza, ma luogo privilegiato per farne esperienza. È attraverso i sensi, i gesti, la corporeità che la coscienza si forma e si apre al mondo e al Trascendente. «Se in passato la rivelazione di Dio è stata recepita principalmente in termini di comunicazione logica e verbale, oggi la dimensione multimediale e multisensoriale suggerisce un approccio più sinestesico e integrato. Infatti, abbiamo a che fare con una forma di conoscenza basata sull’agire e sull’esperienza diretta, che non è certo esclusiva dei media digitali, ma che grazie ad essi ha acquistato nuova rilevanza» (p. 179).

In questo senso, la liturgia va oltre il rischio di essere vissuta come rito formale e diventa un’esperienza “quasi-virtuale” in cui soggettivo e oggettivo si fondono, e l’invisibile può essere incontrato. I simboli, i gesti, le parole liturgiche non descrivono semplicemente il sacro: lo rendono presente, trasformando chi vi partecipa. Scrive Voltolin: «L’agire liturgico, dunque, non è solo la fonte e il culmine della fede cristiana, ma anche una via privilegiata per esplorare il rapporto tra forma e contenuto, tra visibile e invisibile, tra umano e divino» (p. 106).

La questione dell’intelligenza artificiale è affrontata con lucidità, senza demonizzazioni né entusiasmi. Il nostro autore riconosce il potenziale delle nuove tecnologie – in particolare della realtà virtuale immersiva – nel ricreare forme di apprendimento esperienziale che vanno oltre le parole stampate. Ma pone un limite invalicabile: per quanto sofisticata, una macchina non potrà mai accedere a quel “residuo irriducibile” che è la coscienza soggettiva, luogo del discernimento morale, della libertà, dell’incontro con il divino. Come scrive Federico Faggin nella prefazione è lo scientismo che, riducendo la coscienza a proprietà emergente del cervello, finisce per negare l’interiorità stessa e con essa ogni spazio per la libertà umana da una parte ed il sacro dall’altra parte.

Voltolin non si accontenta di difendere l’irriducibilità della coscienza, ma la riafferma come spazio in cui l’umano incontra il trascendente. La coscienza non è solo autoconsapevolezza, ma capacità di ascolto, di apertura, di risposta. Ponendosi il problema del bene e del male che ognuno di noi conosce, sperimenta e agisce, scrive ancora il nostro autore: «La coscienza morale […] si radica nell’eredità emotiva che portiamo con noi, sia essa la ricerca o l’esperienza di emozioni forti come la rabbia. Questa eredità si intreccia con la memoria del passato o l’esperienza del bene e del male nel presente, che costituiscono un patrimonio di conoscenze e sensazioni. A questo si aggiunge la cognizione, il nostro processo di interpretare le esperienze morali. Infine, la coscienza morale si manifesta attraverso la nostra scelta, in cui esercitiamo la libertà di decidere tra il bene e il male, orientando la nostra azione in base a tale discernimento» (p. 261).

In un tempo segnato dall’accelerazione e dalla frammentazione, questa prospettiva è un invito a ritrovare profondità: a non lasciare che l’algoritmo sostituisca l’anima, ma a far sì che ogni tecnologia sia al servizio della persona nella sua interezza – corpo, mente e spirito.

L’algoritmo dell’anima, per volontà dello stesso autore, non offre risposte definitive, ma apre un cammino. Un cammino interdisciplinare e umano: perché comprendere la coscienza significa anche chiedersi chi siamo, in quale mondo viviamo, e come possiamo lasciarci trasformare dal mistero che ci abita.


F. Poles, in Appunti di Teologia 4/2025, 21-22

Uno dei temi che Leone XIV ha posto al centro della sua agenda pastorale è il confronto con le sfide che lo sviluppo dell’intelligenza artificiale e dei new media stanno ponendo all’umanità e alla comunità ecclesiale. Tutte le innovazioni profonde come questa inquietano e spaventano e inducono non pochi ad assumere l’atteggiamento denunciato in quel famoso proverbio che invita a sedersi sul greto del fiume tanto prima o poi passerà il cadavere, nel nostro caso culturale, del proprio nemico. È così per le innovazioni che stiamo vivendo, il cambio di epoca, la postmodernità ecc. Le innovazioni non sono un ostacolo, ma uno stimolo potente per comprendere più a fondo il grande tesoro contenuto nella Rivelazione.

Si muove in questa linea il documentato testo del sacerdote padovano Lorenzo Voltolin, docente presso la Facoltà teologica del Triveneto: L’algoritmo dell’anima. Corpo, coscienza e trascendenza nella rivoluzione digitale (Queriniana 2025, Prefazione di Federico Faggin).

Una delle principali conseguenze della rivoluzione digitale che stiamo vivendo, che ha come suo terreno di espansione la pervasività dei nuovi media e come punta emergente tutti i temi che ruotano attorno all’intelligenza artificiale, è – a giudizio di Voltolin – il cambio di paradigma antropologico che essa implica. In relazione soprattutto alla trasmissione e comprensione dei temi legati alla fede, i nuovi media hanno imposto un modello comunicativo non più «monomediale», per cui «la tradizione teologica occidentale, soprattutto a partire dall’epoca scolastica, ha privilegiato un approccio che tende a concettualizzare la rivelazione come trasmissione di contenuti proposizionali e la fede come assenso intellettuale a tali contenuti. Questo modello, pur avendo il merito di garantire una formulazione chiara e coerente della dottrina, rischia di ridurre l’atto di fede a un’adesione meramente razionale, trascurando le sue dimensioni esistenziali, esperienziali e relazionali». Così come in altre stagioni il fedele poteva fare un’esperienza immersiva totale ad esempio entrando nello spazio di una cattedrale, in cui nello slancio delle colonne verso l’alto, nelle vetrate in cui venivano illustrate la storia della salvezza e soprattutto nel contatto reale con il corpo di Gesù presente nell’eucarestia, così oggi la realtà virtuale consente di riprodurre le stesse sensazioni, attraverso la tecnologia ormai a disposizione di tutti, almeno nel mondo occidentale.

I media funzionano attraverso l’elettricità che consente un’espansione tendenzialmente illimitata di tutti i sensi corporei «concedendo al soggetto esperiente azioni che simulano la trascendenza e l’onnipresenza, seppur confinate nel solo ambito della percezione». Certamente non si tratta di sostituire le esperienze reali con le potenzialità offerte dai nuovi media, ma di cominciare a considerare i nuovi media come un’opportunità per tracciare innovativi percorsi pastorali e di annuncio.

L’analisi di Voltolin si è poi concentrata sul tema della coscienza, punto di incrocio della storia della morale fondamentale, della relazione con Dio, ma anche terreno di studio delle neuroscienze e da ultimo dell’approccio delle ricerche sull’intelligenza artificiale. In particolare, sono state esaminate nel testo le teorie che sostengono la possibilità di poter arrivare a creare una «coscienza artificiale» in grado di emulare in tutto la coscienza umana. Ciò sarebbe reso possibile dall’interazione tra i fenomeni descritti dalla fisica quantistica e le teorie sull’informazione che organizzano e gestiscono sistemi sempre più complessi.

A giudizio di Voltolin queste teorie però non tengono in debito contro il rapporto che ha la coscienza con il corpo, in particolare con le interazioni che si vengono a creare tra cervello, mente e corpo nella sua interezza. La coscienza umana ha dunque una base biologica molto antica che trattiene le esperienze accumulate lungo tutto l’arco evolutivo e che ne costituiscono la base preconscia. A questa si aggiunge poi il momento riflessivo dell’autocoscienza, che non può prescindere dal contesto culturale in cui gli individui si trovano a vivere. Questa articolata struttura non ha come sua conseguenza il relativismo morale, perché anche il bene e il male si radicano in una serie di percezioni profonde e comuni alla coscienza umana.

In definitiva, lo stesso si può dire per la percezione di Dio che alcuni vorrebbero essere un prodotto della coscienza, mentre Voltolin ricorda che «le neuroscienze mostrano come l’esperienza religiosa si manifesti, ma non possono rispondere al perché o al significato profondo di tale esperienza. Dio può rivelarsi all’uomo attraverso la struttura neuronale e del cervello, senza che ciò implichi una riduzione materialistica dell’esperienza divina».

A conclusione del prezioso lavoro, per stimolare la riflessione che resta da compiere, il nostro propone una serie di stimolanti domande del tipo: «Cosa succede quando un algoritmo fa una scelta moralmente discutibile? Chi paga il conto? Noi, l’ingegnere che l’ha programmato o… l’algoritmo stesso? (...) E se un giorno potessimo partecipare a una messa in realtà virtuale, con sensazioni tattili, visive e uditive perfettamente simulate, sarebbe davvero meno autentico?».


M. Tibaldi, in L’Osservatore Romano 23 luglio 2025, 6