Una delle prime cose che ci insegnano da bambini è dire «grazie». Per la verità, non so bene se e quanto tale insegnamento venga ancora tramandato e ignoro anche in quale misura esso venga effettivamente recepito. Comunque, non c’è dubbio che la riconoscenza sia uno dei sentimenti più alti che si possano provare.
Lo conferma appieno il benedettino austriaco David Steindl-Rast, autore di un volumetto il cui titolo, Invito alla gratitudine (Queriniana, pp. 96, euro 10,00), chiarisce subito lo scopo per il quale è stato scritto. In cinque capitoli, tanto brevi quanto limpidi, il lettore troverà numerose riflessioni assai illuminanti riguardanti l’identità dell’autentica gratitudine, la capacità di diventare persone riconoscenti, il forte legame che unisce il ringraziamento e la felicità, la possibilità di provare gratitudine anche nella sofferenza e nel dolore e, infine, la grande importanza dell’essere grati.
Non vi è giorno – afferma Steindl-Rast – privo di motivi per essere riconoscenti e questa certezza ci immerge nel mistero della Trinità, fonte originaria di tutti i doni. Non è sicuramente un caso che una delle più belle locuzioni della spiritualità e della liturgia suoni proprio «Deo gratias», che costituisce pure la risposta all’acclamazione pasquale «Lumen Christi».
M. Schoepflin, in
ToscanaOggi 22 dicembre 2019, 22