Dell'autore – filosofo e sociologo che insegna a Jena e a Ertfurt – in traduzione italiana non c'è molto (Accelerazione e alienazione, Einaudi 2015 e poi Pedagogia della risonanza e Risonanza e vita buona, Scholé 2020 e 2023). Per intendere al meglio il contenuto di questo saggio, quindi, risulta opportuno prima farsi un'Idea dei contenuti che caratterizzano il pensiero di Rosa. In tal senso il lettore può leggersi subito, dopo la brevissima Introduzionedell'autore (pp. 27-31), l'ottimo Editoriale di Paolo Costa (ricercatore a Trento) che traccia la parabola di un pensiero che certamente il lettore troverà interessante non solo per i suoi contenuti e per la pertinenza, ma anche per l’eclettismo e la versatilità del metodo.
È noto in Europa come il guru della decrescita e della lentezza, ma dopo aver letto anche solo questo saggio si muta subito opinione. Come riuscire a vivere oggi una vita buona (cf. Risonanza e vita buona. Educazione e capitalismo accelerato)e a quali condizioni si può realizzare? Quando si entra in questi discorsi di solito incontriamo qualcosa di pensato, concetti, categorie, paradigmi "alti"; Rosa, invece, nella sua analisi della contemporaneità usa fonti e riferimenti "conoscitivi" plurimi uscendo anche dai canoni e dai paradigmi noti e consolidati per guardare e attingere dal reale, dall'esperienza, dalla cultura come dagli altri saperi. Orbene, interrogandosi sul significato della forma vitae della modernità non si sofferma a descrivere lo stato delle cose, ma ne cerca le radici, che l'autore crede trovarsi in quella che chiama «accelerazione» costante della vita delle persone (cf. Accelerazione e alienazione. Per una teoria critica del tempo nella tarda modernità), un'esperienza in grado di modellare le vite e di alienarle (crisi di identità vissute e trasmesse, instabilità dei legami, relazioni saltate, ecc.).
La sua analisi non lascia scampo. Ma allora: cosa fare? Bisogna rallentare o accelerare? Niente di tutto questo: occorre una nuova forma di relazione col mondo, con le cose, con gli altri che egli chiama «risonanza». Di che si tratta? Noi e "il mondo" (Merleau-Ponty?) non siamo l'uno di fronte all'altro perché sgorghiamo l'uno dall'altro, siamo in contatto stretto reciprocamente trasformante: cambiamo con e attraverso queste relazioni. Il tema andrebbe esplicitato al meglio, ma non ce lo possiamo permettere qui. Basti solo ricordare che le relazioni di risonanza di cui parla Rosa hanno degli esiti che sfuggono continuamente e inevitabilmente al controllo e alla pianificazione di entrambi. Quindi non sono mai in nostro possesso, sono indisponibili.
Qui s'innesta il morivo e il contesto della riflessione proposta in questo saggio da Rosa: Indisponibilità. All'origine della risonanza. Nove brevi capitoli di cui i primi quattro (Il mondo come punto di aggressione; Quattro dimensioni della disponibilità; Il risvolto paradossale: il misterioso ritrarsi del mondo e Il mondo come punto di risonanza)riagganciano e puntualizzano l'impegnativo (e non ancora disponibile in italiano) saggio: Resonanz: eine Soziologie der Weltbeziehung (2019), mentre gli altri cinque tematizzano la dialettica propria del disponibile e dell'indisponibile (Cinque tesi sulla disponibilità delle cose e sull'indisponibilità dell'esperienza; Rendere disponibile o lasciar accadere? Il conflitto fondamentale; Il rendere disponibile come necessità istituzionale; Indisponibilità del desiderio e desiderio dell'indisponibile e Il «mostro» del ritorno dell'indisponibile).
Non solo sociologia, qui c’è molta filosofia, che tuttavia meriterebbe (e necessiterebbe) di ulteriore approfondimento. Se disponibilità significa vedere e conoscere le cose, renderle accessibili, padroneggiarle e dominarle per poi poterle utilizzare, l'indisponibilità significa per Rosa entrare con esse in risonanza (relazione) in una maniera i cui risultati (e non solo) sfuggono sempre (indisponibilità dell'esperienza). Voler dominare (disporre) oggetti e persone è il più grande ostacolo alla risonanza. Per entrare in risonanza non abbiamo bisogno di avere il mondo nelle nostre disponibilità, ma che possa essere raggiungibile. Un po' come, si potrebbe azzardare, accade in teologia a proposito dell'ineffabilità di Dio. Il mondo non è (diventa) indisponibile (quando o) perché lo vogliamo noi, ma in sé strutturalmente perché non si ferma mai, si sviluppa, accelera, innova continuamente. E questo spaventa spingendoci a dominarlo, a renderlo disponibile, magari come di questi tempi a controllarlo.
L’autore sottolinea, poi, che finora ciò che è rimasto sempre indisponibile è il desiderio. Ma non è detto che resti il solo perché, ce ne stiamo rendendo conto ogni giorno di più, anche la terra e il clima stanno sfuggendo al controllo. Il discorso di Rosa resta sempre in bilico tra l'attenzione sociologica e la riflessione filosofica, dando anche l'impressione, soprattutto nell'ultimo capitolo, (sarà in un prossimo libro?) di aprirsi all'etica. Un esito certamente interessante, ma che abbisogna di una prospettiva generale più sviluppata se vuole farsi consistente, innovativa e feconda.
Da ultimo. Perspicace l’inserimento del testo nella collana «Giornale di teologia». Un suggerimento a precisare sempre meglio l’apporto che la teologla può offrire alla nostra società e a una cultura che cerca freneticamenre (non così la polltica!) forme alternative di “relazione” col mondo.Entrare in risonanza («verticale», direbbe Rosa) anche con l'indisponibile Signore della storia, Salvatore del mondo non potrebbe risultare una grande risorsa anche per lenostre smemorate comunità?
D. Passarin, in
CredereOggi 268 (4/2025), 164-167