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Il tradimento dei padri
Céline Hoyeau

Il tradimento dei padri

Manipolazione e abuso nei fondatori di nuove comunità

Prezzo di copertina: Euro 32,00 Prezzo scontato: Euro 30,40
Collana: Books
ISBN: 978-88-399-3236-5
Formato: 13,5 x 21 cm
Pagine: 296
Titolo originale: La trahison des pères
© 2023

In breve

Prefazione all’edizione italiana di Ludovica Eugenio, direttrice di Adista

«È proprio questo il merito di Hoyeau: cercare il filo rosso, senza aggressività o inutili polemiche, ma con coraggio e perfino con ostinazione; capire cosa lega fra loro questi promettenti e brillanti movimenti spirituali, i cui frutti si sono rivelati di varia natura, amari o addirittura marci» (Moïsa Leleu, Vies consacrées).

Descrizione

La lista dei fondatori e dei padri delle nuove comunità religiose che si scopre aver commesso abusi spirituali e talvolta sessuali sembra non avere fine. Perché? Com’è possibile che questi uomini (e donne) luminosi abbiano ceduto a un lato così oscuro? Come si spiega che questi movimenti, che hanno dato tanti frutti sulla scia della “nuova primavera” cristiana, rivelino ora fondamenta così fragili?
Con questa incomprensibilità si confronta Céline Hoyeau: senza reticenze, senza moralismi, senza aggressività o inutili polemiche. Conduce un’indagine precisa e illuminante. Per capire come mai carismi così grandi abbiano potuto suscitare tante vocazioni e, contemporaneamente, tante sofferenze, è andata in cerca del filo rosso e ha scelto di ricostruire un quadro complessivo del “sistema”. Distinguendo volta per volta i diversi livelli coinvolti (personali o istituzionali), ha raccolto le testimonianze delle vittime e ha fatto tesoro delle analisi degli specialisti (storici, teologi, psicologi).
Ne è uscita un’inchiesta preziosa, senza dubbio necessaria, che giunge a individuare le complesse ragioni di un clamoroso fallimento. E che, in prospettiva, suggerisce sentieri praticabili per evitare simili disastri in futuro.

Recensioni

Dopo i testi di denuncia sul fenomeno degli abusi, accanto a quelli che cercano di offrire un aiuto a chi ha subito abusi, ci sono testi come questo che cercano di far luce in quel «buco nero» dello spirito umano che è un abuso spirituale e sessuale.

L'A. si riferisce a casi ben noti, che hanno superato i confini della Francia sia quando li si riconosceva padri/madri dello Spirito, sia quando se ne sono scoperti gli abominevoli segreti. E in riferimento ai loro casi, approfondendone la conoscenza, si pone domande che sono importanti per ricostruire quegli elementi che hanno reso possibile l'accaduto, che hanno reso possibile soprattutto il grande abbaglio.

In secondo luogo queste domande aprono al futuro. Proprio perché è ingenuo pensare a una Chiesa di giusti, dobbiamo pensare che elementi abusanti ci saranno sempre, ma i loro abusi dovranno essere smascherati ben prima di mietere tante vittime come è successo sin qui.

L'A. va dentro questo buco nero e superando l'immagine impiegata, cerca di distinguere, cogliere legami, parallelismi e differenze. Come quando distingue, seguendo psicologi e psichiatri, tra personalità narcisiste piuttosto che manipolatorie. E la distinzione serve perché l'approccio è differente e anche le possibilità che i soggetti così diventino abusanti è diversa.

Così come è importante distinguere l'abuso spirituale da quello sessuale, non per separare ma per cogliere come quello spirituale possa essere portone d'ingresso per il secondo. Già Dom Dysmas de Lassus, padre generale dei Certosini, in Risques et dérives de la vie religieuse, ha pubblicato nel 2020 un testo prezioso (in italiano Schiacciare l'anima, EDB, 2021), citato spesso, perché esso offre gli strumenti per riconoscere i segnali di soggetti o comunità abusanti.

Questo testo fa un passo avanti e per farlo, giustamente, ritaglia un ambito preciso: quello delle nuove comunità, religiose o simili. In particolare quelle che fanno riferimento a Thomas Philippe, domenicano cui hanno fatto riferimento molti fondatori di queste nuove comunità, che erano e sono presenti anche in Italia. La particolarità sta nel fatto che lui aveva elaborato una vera e propria teologia che giustificava il passaggio all'atto sessuale, che escludeva la penetrazione; per lui solo quest'ultima univa a un'altra persona e dunque era atto sessuale in senso proprio.

La particolarità dell'ambiente studiato non toglie nulla all'interesse perché le domande che il testo propone sono domande che dovrebbero accompagnarci. La prima domanda è: come mai questi fondatori hanno avuto tanto successo? La risposta delinea con precisione la questione che si è posta nell'immediato dopo concilio tra impegno sociale e spiritualità, una nuova sintesi cui forse a molti non sono stati dati gli strumenti. Questa sintesi è difficile e per questo appariva più facile tornare agli elementi del passato, anche se non sempre espressi in modalità di conservatorismo liturgico.

E poi come mai tanto successo presso le gerarchie? Lo spavento per i seminari e i conventi che si svuotavano ha reso vulnerabili i vescovi cui spettava il discernimento. La cultura nel periodo post-conciliare va dalla comunità hippy al soggettivismo e l'A. nota come queste persone che fondavano comunità cercassero anch'esse unità e armonia. Questi elementi dovevano essere il tutto ed erano loro a stabilirla, per cui tutto dipendeva dalla parola del padre o della madre. Di fatto, però, erano anch'essi estremamente soggettivi, spesso abili a svicolare dalle norme canoniche.

Ma come facevano gli adepti ad essere affascinati da stili comunitari cosiffatti? Qui si apre una stratificazione dalle capacità personali di intuizione psicologica, da una malsana commistione tra psicologia e spiritualità, per giungere infine alla debolezza teologica, potremmo dire con parola importante, ma forse semplicemente di formazione. I giovani entravano senza una formazione cristiana alle spalle e, di fatto, spesso erano mantenuti in tale situazione perché le uniche parole più da meditare che da studiare erano, e in alcuni casi ahimè sono ancora, le parole del fondatore.

E poi la triste affermazione di un soggetto abusato: siamo stati silenti, abbiamo fatto finta di non vedere piuttosto che perdere il favore del superiore, o capo. Perché, si sa, infatti, che in queste comunità dove il centro assoluto è uno, in realtà c'è una gran gerarchia tra i vicini e i più vicini, e il potere di dare o togliere consenso da parte del superiore è assoluto.

Un aspetto che risulta piuttosto raro nella letteratura, è cogliere come si sia potuta creare una sorta di rete tra gli abusatori non solo in verticale – il padre trasmette al figlio – ma anche in orizzontale. Forse, anche inconsciamente – non sempre era tutto esplicitato – si riconoscevano. Soprattutto l'A. con varie testimonianze mette in luce come padre Thomas Philippe di fonte a confessioni o a domande che cercavano di capire l'atteggiamento del proprio confratello, non dava risposte nette, anzi in nome dell'amore di amicizia, sminuiva, confondendo il già confuso soggetto abusato. Ma anche per Philippe e suo fratello Marie Dominique, anche lui domenicano, ma non sempre soggetto abusante, in realtà si trattava di replicare un abuso spirituale subito dallo zio domenicano che aveva vissuto in casa loro. Cieco, non aveva più studiato, ma predicava conoscendo benissimo san Tommaso e traendo da questi le ragioni di comportamenti sospetti, sino a diventare abusanti.

Non è la curiosità della giornalista quale è, ma è la via che lei sceglie per invitare alla vigilanza nella formazione, nell'educazione della spiritualità e anche rispetto alla sorte dei soggetti abusanti, una volta smascherati. Alcuni personaggi sono stati esaltati per i loro frutti, la storia ha insegnato che non erano frutti del tutto buoni.

La Chiesa non ha ancora compreso la devastazione che queste persone hanno creato in molti e che creano anche in chi come l'autrice o come chi scrive solo si era entusiasmata per le letture di Jean Vanier o sporadiche frequentazioni.

D'altra parte se ora è chiara l'esigenza di controllo è anche vero che si auspicava un atteggiamento da parte del Vaticano che lasciasse un po' più liberi nel definire carismi. L'A. si rammarica dei pochi controlli, ma sulla libertà dello Spirito che dona carismi, istituire verifiche non è così semplice. La riflessione va approfondita.

Come sempre questo genere di libri è lettura dolorosa, ma non abbatte. Al lettore il gusto di leggere per scoprire come le domande per chiarire ciò che è successo aiutino a valutare quello che succede, e a guardare al futuro con indicazioni di percorso precise.


E. Antoniazzi, in Rivista di Teologia dell’Evangelizzazione 2/2024, 542-544

Un'inchiesta, senza reticenze o moralismi, della giornalista Céline Hoyeau sugli abusi spirituali e, talora, sessuali, da parte di fondatori e padri – uomini e donne – di nuove comunità religiose, nate nell'era del post Concilio, che hanno a lungo rappresentato una "nuova primavera" cristiana.

Hoyeau ricerca il filo rosso per comprendere cosa lega fra loro questi movimenti spirituali (promettenti in apparenza) e quali le loro dinamiche interne, raccogliendo testimonianze di vittime e analisi di teologi e psicologi.


In Jesus 10/2023, 94

>«Come hanno potuto questi uomini (e queste donne) così luminosi, così spirituali, lasciare spazio a un lato così oscuro?». Questo interrogativo guida l'inchiesta di Céline Hoyeau, che racconta gli abusi fisici, psicologici e spirituali perpretati da fondatori carismatici delle nuove comunità religiose. Violazioni avvenute non prima di aver operato sulla vittima, in un contesto di asimmetria di potere e fascinazione, azioni di assoggettamento psicologico, manipolazione, mistificazione teologica, dipendenza, isolamento dal mondo esterno e familiare, violenza e sfruttamento, talvolta anche economico.

L’autrice fa luce su un fenomeno che ha origini storiche remote, ragioni contestuali e psicologiche definite, ma che si traduce in un quadro sconfortante da cui quasi nessuna comunità o movimento esce illeso.

Distinguendo volta per volta i diversi livelli coinvolti (personali o istituzionali), la Hoyeau ha raccolto le testimonianze delle vittime e le analisi degli specialisti (storici, teologi, psicologi), realizzando un'inchiesta imprescindibile non solo per comprendere le cause del fenomeno, ma per riconoscere e denunciare gli elementi disfunzionali nel presente e costruire un contesto ecclesiale più vicino al Vangelo.


C. Paravati, in Confronti 9/2023, 35

La quota di maschi adulti che, all’interno di relazioni di prossimità e fiducia, abusano di bambini/e, in cerca di una relazione di pura dominazione che l’emancipazione delle donne sta tentando di precludere, è enorme. La commissione Sauvé ha fatto un calcolo sulla Francia postbellica per conto della Conferenza episcopale francese: ha contato 5,5 milioni di perpetratori che hanno trovato il modo di creare una intimità stuprante e poi di procurarsi una nicchia di omertà nel familismo maschilista o nel perbenismo borghese o nella loro contestazione libertaria.

Una quota di questi delitti è stata commessa dal clero cattolico (in Francia il 3,9%). In parte coperta da vescovi che hanno allargato il numero delle vittime confondendo peccato e reato. Vicende, casi che pongono un problema che va molto al di là della pur solenne «vergogna» che la Chiesa cattolica ha espresso dai tempi di Benedetto XVI o della adozione di legislazioni ispirate alla zero tolerance con cui Rudolph Giuliani tentò, senza riuscirci, di bonificare la metropolitana di New York, meritando un posto nella storia di quello che i giuristi chiamano il «populismo penale» (Denis Salas) o «il diritto penale come religione di massa» (Massimo Donini).

Il problema che pertiene alla sfera della penitenza e non della paura della gogna (vergogna significa vereor gognam) è un altro: perché il Vangelo non abbia saputo condannare l’idolatria dell’onnipotenza maschile, come ad esempio ha condannato, ben prima della modernità illuminista, la schiavitù, e anzi l’abbia incorporata alla sua dottrina. Nel 2002, lavorando a un numero della rivista «Concilium» dedicato al «tradimento strutturale della fiducia», ci illudevamo che la teologia e la gerarchia potessero iniziare a discutere su quando e perché la predicazione del Vangelo non avesse individuato tre incubatori di abuso, cioè: 1) una teologia della famiglia, definita dall’Ottocento «prima cellula della società» perché luogo di una asimmetria archetipica fra il pater familias e gli oggetti del suo potere; 2) una teologia del sacerdozio, che, nutrita di spiritualità febbricitanti, faceva del prete un uomo doppio: identico al Cristo sull’altare e impune fuori dal presbiterio; 3) una teologia del potere ecclesiastico, che, anziché l’obbedienza, insegnava la sudditanza pedagogica nei seminari e nei noviziati. E — ci dice un importante libro di Céline Hoyeau su Il tradimento dei padri (Queriniana editrice) — insegnava subalternità che sfociava nell’abuso carnale nelle nuove comunità monastiche e nei movimenti laicali nati dal dopoguerra in qua.

Più fattuale del rapporto Sauvé — letteralmente un autodafè generale su base statistica — Hoyeau racconta senza eufemismi come in tutte o quasi le esperienze religiose francesi nate a cavallo del Vaticano II ci siano stati fondatori, guide, leader che erano venerati dagli adepti e onorati dalla gerarchia come portatori di una stagione spirituale che, secondo i conservatori, doveva rimediare le delusioni del postconcilio: e che proprio grazie a questo hanno sottomesso soprattutto adulti — per lo più donne, spesso religiose — e le hanno rese vittime di violenze di coscienza, prima; e poi sessuali.

Una galleria di orrori in cui spicca il filosofo domenicano Marie-Dominique Philippe, che irretiva le sue vittime con dottrine mariologiche raccapriccianti (Maria «sposa del Cristo») o con elucubrazioni morali sui rapporti carnali senza penetrazione, analoghe a quelle di Bill Clinton («I did not have sexual relations with that woman») sui suoi rapporti con Monica Lewinsky. E accanto al père Marie-Do una catena di fondatori dalla quale non è esentato nemmeno Jean Vanier — laico, non sposato, vissuto all’Arca in mezzo a disabilità mentali gravissime, e accusato da morto di una serie di relazioni con donne adulte ricondotte alla figura dell’abuso di coscienza e sessuale.

«Cadono gli idoli» ha commentato un vescovo sciocco, felice nel vedere il conservatorismo dei Grigi, l’estetismo liturgico della comunità delle Beatitudini, il successo del Focolare, accusati di reati, peccati diversi fra loro, ma alla fine sufficienti a costruire, come fa Céline Hoyeau, una logica del sospetto che sembra desiderare il ritorno al Cinquecento di Paolo IV.

Una logica che applica al giornalismo d’inchiesta il teorema «psicologico» — in Italia espresso dal padre Amedeo Cencini, l’inquisitore di Bose — secondo cui solo la morte o l’uccisione del fondatore rende adulta una comunità: teorema che da un lato dovrebbe portare alla reiterazione del divieto del Lateranense IV di scrivere regole o comunità per evitare una turpitudine «fisiologica». Dall’altro manda assolto un solo attore, cioè il papato: quando nel 1988 Papa Wojtyla decise di «appaltare» ai movimenti la festa di Pentecoste (una delle tre che nella tradizione liturgica hanno la messa di mezzanotte che nessun vescovo celebra), quando decise di far diventare il «carisma» dei fondatori di nuove comunità i profeti di quelle «minoranze creative» teorizzate da Ratzinger, diede copertura a tutto: ciò che riteneva imperfette sublimazioni o vocazioni immature, che oggi appare incubatore di brutture e delitti.

Il papato di Francesco s’è liberato di quel passato: senza porre il problema delle cause, senza domandare ai vescovi uno sforzo di pensiero evangelico su quei nodi teologici di fondo, ma creando un sistema penale sommario di corti «marziali», che rendono oggi ogni vescovo (anche quello che fra molti anni sarà eletto vescovo di Roma al suo posto) consapevole che sia una verità scomoda sia una calunnia infame potranno inibirne la funzione affidatagli da Dio. Sempre meglio dell’omertà, certo. Ma la sordità alla parola evangelica che ha permesso gli abusi dei piccoli e delle religiose resta intonsa: in attesa di una teologia, di un magistero, di un concilio o di tutti e tre.


A. Melloni, in Corriere 29 agosto 2023

È finalmente arrivato in Italia, dopo due anni, grazie all’editrice Queriniana, un testo fondamentale per capire derive settarie e abusi all’interno delle cosiddette “nuove comunità”, sorte per lo più nel post-Concilio, salutate come nuova “primavera della Chiesa”, caratterizzate in maggioranza da una matrice carismatica o tradizionalista (o entrambe), e cadute una a una, in tempi più o meno recenti, sotto i colpi delle rivelazioni di vittime di abusi dei fondatori.

Una lista che ogni giorno si allunga: perché? Céline Hoyeau, giornalista del quotidiano francese cattolico La Croix, cerca di sbrogliare questa intricata matassa, grazie a numerose testimonianze di vittime ed esperti, cercando di cogliere i contesti e le dinamiche che hanno caratterizzato queste parabole andando al cuore del sistema, e di capire come mai il carisma di personalità tanto eccezionali, che tante vocazioni hanno suscitato, possa aver originato deformazioni e abusi: un fallimento, in sostanza.

Un’inchiesta preziosa, utile a tracciare una strada per il futuro. Traduzione e prefazione di Ludovica Eugenio, direttrice di Adista.


In Adista n. 24 (8 luglio 2023), 13