Appassionato comunicatore, teologo e filosofo cattolico tedesco, è l'autore di questo saggio che contesta quei discorsi su Dio che tendono a «renderlo innocuo», puntando su «i nostri desideri profondi, le nostre esigenze spirituali e le nostre aspettative». La modernità ha visto imporsi una ragione di tipo strumentale, capace di dare tante spiegazioni, ma incapace di fornire un senso. Così, i grandi interrogativi dell'esistenza spesso vengono evitati: il dolore, la morte, l'eternità e il giudizio finale.
L'unico precetto della morale pare essere quello della tolleranza, in quanto ogni limitazione di libertà è un male. In definitiva, tutto tende a concentrarsi sull'ego. Al contrario, le Scritture invitano al «timore del Signore», che è riconoscere la nostra creaturalità, la nostra limitatezza di fronte alla grandezza di Dio. Questo è necessario nella relazione con lui: una spiritualità a buon mercato rischia di banalizzare Dio, perdendo non solo in verità, ma soprattutto in bellezza, perché l'ego da solo non desta meraviglia.
Come comunicare Dio? Spesso, si fatica a trovare il modo di parlare di Dio e ci si serve di un sapere che è soprattutto cerebrale, dimenticando forse che la conoscenza (come insegna la Bibbia) coinvolge la totalità della persona. L'autore riscopre alcuni aggettivi che qualificano Dio, legati alla rivelazione biblica, a come Dio si è manifestato nella storia: egli è unico, santo, eterno, onnipotente, giudice; termini che vanno ben compresi, nel loro senso autentico.
Nell'esperienza di fede la sfida principale rimane quella di sgombrare il cuore dagli idoli: chiedono sacrifici promettendo una sazietà che non daranno mai. La preghiera, a tale scopo, ha un ruolo essenziale, come adorazione che mette al centro Dio e non i nostri bisogni.
M. Patassini, in
Messaggero di Sant’Antonio 9/2024, 69