Perché proprio a me? Dove sei, Dio? Alle domande dei credenti che soffrono di depressione, la teologa cattolica americana Jessica Coblentz ha dedicato il volume in uscita in Italia per la Giornata mondiale della salute mentale del 10 ottobre (Il deserto nell'anima. Sentire Dio nel buio della depressione, traduzione di Ludovica Eugenio, postfazione di Maria Sofia Cotelli).
È un libro «da e per chi soffre di depressione», di un'autrice il cui pensiero è intriso di quella esperienza: «Il corpo che ha conosciuto la depressione – spiega – è il solo da cui io possa fare teologia».
Senza parole per dire il proprio stato, chi ne soffre ricorre alla metafora. Jessica Coblentz trae dal poeta Robert Lovell l'immagine della «polvere nel sangue», in cui riconosce «Ia verità di ciò che è stata per me la depressione». Anche se le crisi più gravi sono passate, infatti, il suo cuore «pulsa ancora con la polvere nel sangue». Viene da qui il titolo originale dell'opera (Dust in the Blood. A Theology of Llfe with Depression), che era uscita per Liturgical Press Academic nel 2022.
Alle prese con un Dio ineffabile, anche la teologia usa la metafora. La più adatta a collegare depressione e teologia, per l'autrice, è quella della terra selvaggia, aliena, inospitale, nella quale si trova chi come persona non si sente più a casa e come credente non ha più nessuno con cui condividere un senso. E in quello spaesamento, nel «deserto» della Bibbia, che il libro cerca una risposta, come sottolinea il titolo dell'edizione italiana.
Coblentz critica la tradizionale giustificazione della depressione in quanto causata dal peccato o strumentale alla salvezza. Ritiene immorale aggiungere un simile peso colpevolizzante e stigmatizzante a quello già portato dai pazienti. Come insegna la Scrittura, Dio è invece presente anche dove la sofferenza non ha senso. Questo deve offrire la teologia: risorse, accompagnamento, senza imporsi a chi solo, in prima persona, può cercare un significato, una salvezza per piccole conquiste.
Una donna caduta in depressione cui lo scrittore Parker Palmer non aveva saputo dare spiegazioni, gli scrisse per ringraziarlo. Si era sentita sollevata quando aveva chiesto perché c'è chi sopravvive e chi no e lui aveva risposto: «Non ho idea, non ho proprio idea».
M. Ventura, in
Corriere della Sera – La Lettura 28 settembre 2025, 47