In breve
Jessica Coblentz offre un punto di vista innovativo per arricchire il dibattito sulla depressione, creando ponti tra il mondo della cultura, quello della fede, quello della salute mentale
Un libro necessario, che parla di salute mentale alla comunità cristiana e a quanti abitano il paesaggio inospitale, desertico, della sofferenza psichica
Descrizione
Con intuito e sensibilità, Jessica Coblentz propone una riflessione teologica radicalmente nuova sulla depressione. Non un manuale clinico, non un libro di auto-aiuto, ma un saggio teologico che affronta la depressione come esperienza umana e spirituale profonda, non di rado stigmatizzata.
L’autrice statunitense parte dalla sua esperienza personale di depressione cronica per interrogare il modo in cui la teologi cristiana parla della sofferenza, del senso della malattia, delle lacerazioni che comporta, della presenza (o dell’assenza!) di Dio nelle vite segnate da un dolore psichico che spesso non trova parole adeguate per esprimersi e comprendersi.
Il libro rilegge le narrazioni bibliche che hanno come sfondo il deserto e, in particolare, approfondisce la spiazzante vicenda di Agar, figura femminile emarginata e abbandonata (Genesi 16 e 21), quale metafora della condizione depressiva: condizione senza senso e senza colpa, eppure abitata da Dio. Coblentz denuncia una retorica religiosa che cerca di “spiegare” o giustificare paternalisticamente la sofferenza, e vi oppone una teologia della presenza divina: anche se non viene necessariamente riscattata da un lieto fine, la depressione può essere compresa come luogo in cui Dio si rende presente nel silenzio, nell’accompagnamento, nella fedeltà.
Un saggio straordinario che coniuga vita, esperienza personale, prospettiva psicologica e teologica accademica, mettendo in campo un linguaggio nuovo e potente, non moralizzante. Un contributo originale alla riflessione di fede, alla teologia fondamentale, alla pastorale.