Il gesuita lionese Michel Fédou offre in questo agile testo un gustoso frutto della sua lunga attività di studioso e docente di teologia dogmatica e di patristica alla Facultés Loyola di Parigi. Giunto alla soglia dell'emeritato, l'A. ha voluto concentrare la sua attenzione e proporre al vasto pubblico una riflessione sui dogmi: una parola che nel sentire comune suscita sovente diffidenza, se non addirittura aperta ostilità, quale coagulo di coercizione indebita esercitata dall'autorità della chiesa.
«Questo libro vorrebbe mostrare come tali difficoltà si fondano su malintesi e come, al contrario, se ben compresi, i dogmi si rivelano essenziali per la vita della chiesa» (p. 6).
Nel primo capitolo, Fédou ricostruisce brevemente la storia del dogma, dall'epoca post-neotestamentaria (la centralità del "Simbolo", che raccoglie gli articoli fondamentali della fede), passando per l'epoca moderna e la crisi modernista (le insidie dell'estrinsecismo e dello storicismo e il recupero della mediazione tra storia e dogma), fino al Vaticano II, che non enuncia nuovi dogmi né anatematismi; piuttosto, alla luce dell'unica fonte della rivelazione che si dispiega nella Scrittura e nella tradizione, evidenzia come il dogma sia in realtà a servizio della parola di Dio e della sua fedele trasmissione lungo la storia.
Il secondo e il terzo capitolo presentano sinteticamente i principali dogmi della chiesa antica e del secondo millennio. Sul primo versante, l'attenzione si concentra sul dogma trinitario (evidenziando in particolare il ruolo cruciale del «cioè» niceno), il dogma cristologico, la dottrina sulla creazione e il dogma del peccato originale. Sul secondo versante, troviamo l'esposizione della dottrina dei sacramenti, come fu precisata nel medioevo e nel XVI secolo, e quella sulla giustificazione, fino ad arrivare ai dogmi dell'immacolata concezione, dell'assunzione e dell'infallibilità.
Il quarto capitolo si sofferma sulla delicata e vitale questione dell'interpretazione dei dogmi, così come è stata sviluppata dalla teologia recente, da Kasper a Dulles, da Lonergan a Geffré. Di particolare interesse il paragrafo Pensare i dogmi nella post-modernità, con brevi ma incisivi richiami a Sesboüé (mentre l'eresia è interpretazione razionalista del dato scritturistico, scegliendo una parte della verità a discapito del tutto, il dogma è la «trasgressione del significato comune e universale», la «trasgressione epifanica del singolo – e di quale Singolo!», p. 92) e a Théobald(la «normatività aperta» del dogma, per cui «c'è posto per una creatività della tradizione, in modo che la chiesa risulti plurale e tuttavia una», p. 94).
L'ultimo capitolo cerca di riprendere in poche battute la riflessione sui dogmi alla luce degli stimoli provenienti da alcune esperienze ecclesiali del nostro tempo: il dialogo ecumenico, le correnti della teologia della liberazione, le esigenze dell'inculturazione. Mentre le ultime due istanze sono poco più che accennate, il primo paragrafo espone alcuni interessanti esiti del recente dialogo ecumenico, in riferimento ai dogmi cristologici antichi e ai dogmi moderni. Fédou sostiene che questi ultimi, in particolare, «devono essere considerati nella stessa chiesa cattolica come dogmi secondari in rapporto alle verità centrali della fede così come sono formulate nel credo» (p. 114).
Nella conclusione, l'A. ricorda che il dogma «è esso stesso la parola di Dio che si esprime come "verità difede" nel tempo della chiesa... Non pretende di esaurire il mistero, ma può, sotto la guida dello Spirito, trovare leparole che ne esprimono e ne attualizzano la portata» (pp. 113-114). Per questo, è importante riconoscerne la funzione liberante (i dogmi non privano il credente della sua libertà, ma anzi lo liberano da una fede puramente soggettiva), l'aspetto comunionale (stimolano la comunione ecclesiale, insegnando a focalizzare ciò che unisce e a dialogare sulle divergenze), la funzione di testimonianza della buona novella del vangelo (custodiscono la coerenza con l'atteggiamento di Gesù e degli apostoli, all'interno della cultura pluralista contemporanea).
G. Depeder, in
Studia Patavina 2/2025, 386-387