Teologo centrale per la cultura cattolica della seconda meta del Novecento, Hans Küng e stato oggetto di un’accesa diatriba da parte di alte gerarchie della Chiesa. Un conflitto con la Congregazione per la dottrina della fede che si inasprì sino al punto da provocare, nel 1979, la revoca dell’autorizzazione all’insegnamento della teologia: una condanna emblematica di una fra le personalità più autorevoli del concilio Vaticano II.
Paradossalmente per Küng vale quanto egli stesso disse in occasione della cerimonia funebre del teologo evangelico Karl Barth: «Per Karl Barth era importante la Chiesa intera, e ciò significa, in secondo luogo, in una dimensione spaziale: la Chiesa del mondo intero».
Sul pensiero di Küng Stephan Schlensog, teologo e per decenni il suo più stretto collaboratore, ha coordinato i contributi di altri 4 studiosi tesi a dare testimonianza dell’importanza che ha avuto in passato e che, soprattutto, sarà destinata ad avere la sua opera nei prossimi anni.
Ad aprire il volume e Johanna Rahner, docente di Dogmatica, storia dei dogmi e teologia ecumenica alla Facolta cattolica di Teologia dell’Università di Tubinga, che, nel saggio intitolato «Tra Neckar e Tevere. Chiesa ed ecumene in evoluzione» offre un excursus della parabola teologica del teologo svizzero prendendo le mosse, provocatoriamente, da Martin Lutero, dunque dalla Riforma protestante, per la quale vale il principio dell’Ecclesia semper reformanda. Ovvero l’opposto di una Chiesa che si percepisce come una società perfetta, che determina la propria autorità a partire dall’eterno e non dal mutevole: «Solo le mura della catholica offrivano protezione contro il diluvio della modernità, in cui il mutevole e il variabile, cioè il divenire, lo svanire e il riemergere, vennero compresi come il segno di un tempo nuovo» (7).
Rahner inquadra il pensiero di Küng relazionandolo con altre fondamentali figure a lui coeve (Pesch, Metz, Kehl) al fine di evidenziare la sua volontà di proporre una Chiesa che può oltrepassare gli stretti confini istituzionali per giungere a una communio costituita dal Risorto e riattualizzata nell’eucaristia. Una Chiesa necessariamente in missione che si proietta all’esterno per incontrare gli altri, in grado, al contempo, di dialogare con la coscienza moderna dell’essere umano senza per questo perdere la propria identità.
Il secondo saggio, «Secondo le Scritture e, insieme, conforme ai tempi. La spina della cristologia e della dottrina su Dio di Hans Küng», è opera di Hermann Häring, docente emerito di Teologia e teoria della scienza alla Radboud Universiteit di Nimega (Olanda). In esso l’autore riflette sull’opera Dio esiste? giungendo alla conclusione che per Küng credere nell’eterno non significa postularlo come possibile o necessario, piuttosto manifesta l’intenzione che sia «accettato quale reale» (80). Infatti, prosegue Häring, «Küng si riferisce a una comprensione della realtà e dell’essere umano realmente esistente, assolutamente razionale. Questo capire consenziente è liberato, oltre che profondamente riconosciuto come umano e prossimo alla realtà. Non è qui preteso, ma riconosciuto» (80).
Le conseguenze di questo approccio furono evidenti nell’appassionato interesse che Küng ebbe per le religioni diverse dal cristianesimo (ebraismo e islam innanzitutto): un cammino da fare con milioni e milioni di esseri umani con i quali s’instaura un processo di comunicazione in cui «non si dovrebbe combattere per il mio e il tuo, per la mia verità – per la tua verità» (Küng, Teologia in cammino. Un’autobiografia spirituale, Mondadori, Milano 1987, 286).
I due successivi saggi, «Gli impulsi di Hans Küng per una teologia delle religioni. Per una teologia cristiana credibile» di Perry Schmidt-Leukel, docente di Scienze religiose e teologia interculturale a Münster, e «Come convincere gli atei e gli agnostici dell’etica globale?» di Claus Dierksmeier, docente di Etica economica e della globalizzazione a Tubinga, illuminano ulteriori aspetti di Hans Küng.
Il primo, analizzando l’impegno profuso da quest’ultimo nello scavo teologico interreligioso, fa emergere quelle che attualmente sono denominate le «strutture frattali»: «la varietà dei tipi di religione profetico, mistico e sapienziale si replica all’interno di una grande tradizione religiosa sotto forma di una diversità interna, in cui gli elementi del profetico, del mistico e del sapienziale ritornano» (112).
Il secondo mette a fuoco i valori di base che, per l’autore di Essere cristiani, possono permettere a credenti, atei e agnostici di entrare in dialogo pacifico fra loro in maniera tale che possano trovare «la via di un’autodeterminazione responsabile cosmopolita e, allo stesso tempo, continuare a procedere con passo sicuro» (141). Chiesa del mondo intero, appunto.
D. Segna, in
Il Regno Attualità 22/2022, 717