Nel paragrafo 99 dell’enciclica Fides et ratio, pubblicata da Giovanni Paolo II nel 1998, si legge: «La riflessione filosofica molto può contribuire nel chiarificare il rapporto tra verità e vita, tra evento e verità dottrinale e, soprattutto, la relazione tra verità trascendente e linguaggio umanamente intelligibile. La reciprocità che si crea tra le discipline teologiche e i risultati raggiunti dalle differenti correnti filosofiche può esprimere, dunque, una reale fecondità in vista della comunicazione della fede e di una sua più profonda comprensione». Fedele a una lunga tradizione, il santo Pontefice polacco sottolinea con forza il significato e il valore del legame che da molti secoli intercorre tra pensiero filosofico e dimensione religiosa.
Dell’esistenza di tale relazione è convinto anche Tim Bayne, autore del libro Filosofia della religione. Una breve introduzione (Queriniana, pagine 147, euro 16), nel quale vengono sinteticamente prese in considerazione le principali questioni che comportano l’incontro (e a volte lo scontro) tra la speculazione filosofica e l’universo teologico–religioso. Inizialmente, l’autore si sofferma sul concetto di Dio e sulla dimostrabilità della sua esistenza attraverso prove fondate sulla ragione. Poi Bayne affronta il tema del nascondimento di Dio e della fede. Un ulteriore capitolo è dedicato al drammatico problema del male, la cui presenza costituisce per molti un ostacolo insormontabile sulla via che conduce al credere in Dio. L’autore discute anche delle origini della religione, della figura dell’homo religiosus e della possibilità di parlare di Dio. Il libro si conclude con un capitoletto centrato sul tema dell’aldilà. Scrive Bayne: «Nonostante la lunga storia della riflessione filosofica sulle questioni religiose, molte persone rimangono sorprese quando scoprono l’esistenza di un’impresa come la filosofia della religione. La religione e la filosofia – affermano – sono come l’olio e l’acqua: semplicemente non si mescolano».
Si tratta di convinzioni antichissime: a questo proposito, basta ricordare la posizione assunta da Tertulliano, il noto autore cristiano vissuto a cavallo tra II e III secolo, che affermò con particolare nettezza che non c’era alcun punto in comune tra Atene, simbolo del sapere e della filosofia, e Gerusalemme, simbolo della salvezza e della fede. Bayne si colloca sulla posizione opposta e propone all’attenzione del lettore varie argomentazioni finalizzate a contestare le tesi di chi separa radicalmente il filosofare e il credere. A tale scopo risulta opportuna la sua scelta di citare alcuni nomi di pensatori che hanno saputo recare straordinari contributi alla filosofia della religione: sant’Agostino e san Tommaso, Scoto e Ockham, Cartesio e Leibniz, Maimonide e Spinoza, Avicenna e Averroè.
M. Schoepflin, in
Avvenire 14 luglio 2020, 26