Fedeltà, maneggiare con cura. Giusto parlarne, ma con prudenza e delicatezza, tenendo conto del dolore che spesso segna le nostre storie impastate anche di omissioni, se non di piccoli o grandi tradimenti. E poi occorre ricordare che il concetto di fedeltà non vale tanto in sé, ma deve sempre coniugarsi a ciò che è giusto e buono, perché ci sono anche fedeltà a prassi negative, cattive abitudini, addirittura ideologie menzognere che portano alla morte.
La fedeltà è inscritta in un rapporto di fiducia e consiste nella dedizione sincera e costante a quell'amore che resiste al tempo perché è accompagnato dalla volontà ferma e motivata di sopportarne vuoti o sussulti. La buona "ripetizione" di kierkegardiana memoria è quella sempre aperta alla novità, attenta al mistero di sé e dell'altro.
La fedeltà rimanda all'affidabilità entro i limiti umani della nostra fallibilità e non deve trasformarsi in una prigione fine a se stessa, ma lasciar respirare l'altro coinvolto nella relazione in un comune processo di crescita che fa vivere.
Veronique Margron in Fedeltà infedeltà, questione viva (Queriniana 2018) trae spunto da alcuni racconti letterari e biblici per tratteggiare luci e ombre di questi temi. Così nel romanzo La principessa di Cleves la fedeltà coniugale della protagonista verso il marito che lei non ama assume toni tragici. La sua perfetta fedeltà è puramente formale e non scaturisce da una scelta libera ma dall'imposizione della madre che, temendo la volubilità della figlia, pone come ideale assoluto il dovere della buona moglie. Ma si tratta di una scelta che, slegata dal cuore, si trasforma nel suo opposto. Per la principessa che si innamora di un altro uomo non si tratta di essere fedele al marito ma ai precetti della madre e al suo ideale di perfetta virtù senza came e cuore. Rimanendo fedele al marito gli comunica allo stesso tempo tutta la sua indifferenza. È un adulterio casto, una fedeltà senza amore.
Il personaggio di Don Giovanni invece sceglie la più radicale infedeltà come fuga dalle sue manchevolezze e per coprire un abissale vuoto interiore. Questa coerenza alla fedeltà dell'infedeltà, specchio della propria incostanza, lo obbliga a ricominciare la sua opera ogni giorno senza mai portarla a termine. Le donne per lui non hanno alcun valore ma sono solo oggetti di conquista e possesso. Una logica che finirà per divorarlo e lo destinerà a non potersi fidare più di nessuno.
Nella Bibbia la scelta di Dio è innanzitutto la fedeltà. Con infinita tenerezza e bontà decide di entrare nella storia dell'uomo e di essergli fedele in eterno. Un amore solido a cui appoggiarsi in totale libertà. Nel libro di Osea si racconta del matrimonio, per ordine divino, del profeta con una prostituta. È la storia del desiderio ardente di costituire una relazione libera e autentica, che faccia vivere, il proposito di realizzare l'alleanza di due libertà. Per far questo il profeta non deve ricorrere alla forza ma ricondurre teneramente l'amata a sé, mostrandole amore e affidabilità. Nel Decalogo il primo comandamento ci ricorda qual è la sorgente di ogni libertà e vita: Dio. Egli ci chiama e ci libera incondizionatamente malgrado le nostre infedeltà.
Nella Settima parola si mette in luce come l'adulterio sia un rifiuto di coinvolgimento nel tempo e di responsabilità verso gli altri. "Non commettere adulterio" è un invito pressante, per il corpo come per il cuore. Nel decimo comandamento Dio ci ricorda che possiamo accettare ciò che abbiamo senza desiderare ciò che possiedono gli altri e Lui è il fondamento di questa promessa. Illuminante, a questo riguardo, la storia di Davide che, per avere Betsabea, non esita a far uccidere il marito Uria con l'inganno. Davide pagherà a caro prezzo la cupidigia del suo sguardo. Non c'è possesso che sia, prima di tutto, un dono che viene dall'alto. Altrettanto forte è la storia del peccato di Acab che per avere una semplice vigna, anche se è padrone di tutto il paese, uccide un uomo. Per vivere dobbiamo riconoscere che ciò che ci manca è una possibilità per l'incontro e la condivisione. Volere tutto ci porta alla morte. Il peccato del cuore ricorre alla menzogna e può distruggere noi stessi come l'intera comunità.
Infine l'autrice traccia alcune riflessioni per vivere al meglio la fedeltà senza dimenticare la nostra finitudine. Perché si apra uno spazio di amore e amicizia, ci deve essere prima l'accoglienza dei nostri difetti. Questo passaggio permette la costruzione di un terreno di incontro e intimità. Inoltre la fedeltà non è data una volta per tutte, ma deve resistere al tempo, mantenere il rispetto di quella promessa che custodisce rapporti vivi e vivificanti. La fedeltà inoltre deve rispettare lei/lui come infinitamente altro, come mistero che non si può possedere ma a cui possiamo offrire la nostra fragile presenza. Ecco perché la fedeltà ha stretti legami con la pazienza e la misericordia.
L. Giustina, in
NOI. Famiglia & Vita gennaio 2019, 38