Nel recente Elogio della semplicità. Un cammino spirituale (Brescia, Queriniana, 2024, pagine 144, euro 17, traduzione di Claudia Colombo) Mariel Mazzocco va a fondo, effettua uno scavo mirato nell'universo della traduzione delle scritture, ambito variegato quanto possibile, concentrandosi su di un termine a lei evidentemente caro. La caratteristica della parola semplicità sta nel fatto che definisce un aspetto con certezza positivo della persona e del suo modo di agire, che però non raggiunge nella consapevolezza condivisa lo statuto di virtù riconosciuta tra le maggiori. Non appartiene all'ambito di quelle teologali, fede, speranza ecarità, e neppure delle cardinali, comunemente indicate in fortezza, giustizia, temperanza e prudenza.
Questo ha concorso a far sì che il termine originario indicante la semplicità sia stato esposto a interpretazioni diverse e risulti variamente tradotto nelle lingue moderne, sia quando l'operazione avviene tramite la mediazione del latino che quando il testo base è invece quello originale ebraico o greco. InMatteo (6,22) e in Luca (11,34) Gesù avverte che «La lucerna del corpo è l'occhio, se dunque il tuo occhio è semplice, tutto il tuo corpo sarà nella luce». Mazzocco rileva che la parola greca haplus, semplice, viene correttamente trasferita nella Vulgata con il latino simplex,resiste ancora nella traduzione di Lutero e nelle prime Bibbie in francese, ma poi comincia a cedere terreno rispetto a formulazioni divergenti, che in italiano corrispondono a sano o buono e trovano equivalenti in inglese, spagnolo e portoghese. Destino simile ha la parola nel contesto di altre espressioni celebri, come l'invito a essere «prudenti come i serpenti e semplici come le colombe» (Matteo 10,16).
Eppure, nota Mazzocco, la semplicità è una dote riconosciuta e per molti aspetti caratteristica del cristianesimo, religione non gerarchica, aperta a tutti, che nella sua storia si è opposta ai tentativi della gnosi di elaborare interpretazioni teologiche di difficile o esclusiva comprensione.
Il senso proprio della semplicità viene poi ricercato dall'autrice con modalità diverse. Prima fra tutte l'analisi della preghiera, nelle sue diversificate prassi, delle quali l'elemento unificante è individuato in modo brillante con la formula «permettere che qualcosa accada dentro di noi». Nel capitolo dedicato alla meditazione viene presentata tra l'altro la figura di Madame Guyon, che alla fine del XVII secolo propose un manuale intitolato Un modo semplice di pregare;in esso si sostiene che il terzo e più alto grado di meditazione consiste nell'abbandono, ossia in un «mettersi totalmente nelle mani di Dio, dimenticando se stessi». Pratica di semplicità essenziale, ma non di facile conquista.
Di grande interesse risulta anche la ricerca di testi che mettano in evidenza natura e valore della semplicità, tra i quali risulta esemplare una riflessione di Dietrich Bonhoeffer, il quale scrive: «Semplice è colui che nel capovolgimento della confusione e nella distorsione di tutte le idee tiene presente la verità schietta di Dio». Monito di ribellione espresso nei confronti del nazismo, questa frase contiene una valenza universale e rende pienamente il significato di una dote elementare, non canonica ma preziosa e necessaria per una comprensione non rassegnata del mondo.
S. Valzania, in
L’Osservatore Romano 13 aprile 2024, 6