Monaco dell’Abbazia di Zevenkerken, nelle Fiandre occidentali, conosciuto in Italia per il suo poderoso commentario al Vangelo di Marco (EDB, Bologna 2012, pp. 936), Standaert vive attualmente da solo – settantacinquenne – nell’Eremo di Sant’Antonio, Bévercé, Malmedy, in Belgio.
A partire dal 2007 egli ha posto mano a ben tre diari dell’anima, che corrono in parte paralleli e in parte intersecantesi: dal 2007 il Diario dell’umiltà; dal 2012, vivendo in ritiro in eremo, il Diario a Dio; infine, dal febbraio 2015, La saggezza giorno per giorno. «Questi tre diari si tengono per mano – ricorda l’autore –, quasi inseparabilmente, per ragioni non ponderate in precedenza, ma scoperte come dei rapporti inerenti: non si raggiunge Dio al di fuori di un cuore libero e umile; e non vi è umiltà, eccetto per chi è interessato a una saggezza nuda, vera, vicina a Dio e vicina alla mitezza» (p. 6).
«Anche la forma scelta di un diario, che riflette i dibattiti interiori – continua il monaco –, offre l’opportunità di chiarire alcune cose di questo genere. La struttura stessa di questi appunti sparsi, che si susseguono nel tempo, permette al lettore o alla lettrice di procedere con lo stesso passo di chi non ha smesso di scrutare il mistero, e di crescere verso il punto di rivelazione che arriva quasi alla fine della raccolta. Si va avanti, si arretra, si fa un po’ di surplace, ma qualcosa lentamente si decanta, come durante una salita verso una vetta: una volta superati alcuni nastri di nubi, improvvisamente la vista si estende lontano e il cielo e l’orizzonte si aprono a perdita d’occhio» (p. 9).
Riuniti in tre raccolte, di lunghezza diseguale, scorrono quasi 150 spezzoni dell’anima, fra riflessioni, preghiere, testimonianze, squarci di contemplazione pura… Le riflessioni, tutte puntualmente datate, possono partire da uno spunto biblico, dalla contemplazione della natura che circonda l’eremo, dal suggerimento di un padre della Chiesa, dalle riflessioni giù enunciate da grandi santi della Chiesa: s. Ignazio (p. 41), s. Bernardo (p. 45), sant’Antonio di Padova (p. 61), Isacco il Siro (p. 173), Giovanni della Croce (p. 232). Non mancano riferimenti agli scritti di san Benedetto nella sua Regola, a san Francesco, alle riflessioni sull’umiltà scritte da Lavelle.
[…] È evidente che l’umiltà è legata alla mitezza, alla povertà, alla purezza di cuore. L’umiltà si sperimenta vivendo le otto beatitudini matteane, vera “scala” di virtù. Essa non è frutto di sforzo prometeico. Scrive l’autore: «26 luglio 2011. San Francesco di Sales. Bel pensiero di san Francesco di Sales, annotato in questi giorni. Ciò che dice della meditazione vale per tutta l’arte della vita spirituale, per ogni pratica (salmodia, lectio divina ecc.) e in particolare anche per la vita umile come tale: “Abbiate per regola che la grazia della meditazione non può acquistarsi con alcuno sforzo dello spirito, ma con una dolce ed affettuosa perseveranza, piena d’umiltà”. È detto tutto!» (p. 48).
Annota Standaert il 4 maggio 2012: «D. D. D. [= Dio Dio Dio, ndr] Sei forse il più povero di tutti, tanto che solo la povertà è in grado di raggiungerti? Sei forse il più mite, tanto che solo la mitezza apre la via fino alla tua dimora? Sei forse il più basso, il più umile di tutti, tanto che solo l’umiltà è sicura di trovarti? […] Oh, tu, chiamato “il bassissimo” (C. Bobin), ancora e ancora tu attiri – di gloria in gloria. Sublime tu sei e umile al di sopra di tutto. A te la gloria e la lode!» (pp. 54-55).
Un libro da gustare a piccoli sorsi, chiedendo la grazia dell’umiltà a colui che è “il bassissimo”.
R. Mela, in
SettimanaNews.it 19 aprile 2020