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Da dove estrarre la sapienza?
Jean-Marie Carrière

Da dove estrarre la sapienza?

La Sapienza biblica, dall’Antico al Nuovo Testamento

Prezzo di copertina: Euro 36,00 Prezzo scontato: Euro 34,20
Collana: Introduzioni e trattati 54
ISBN: 978-88-399-2204-5
Formato: 15,8 x 23 cm
Pagine: 320
Titolo originale: La sagesse, où la trouver? La Sagesse biblique, de l’Ancien au Nouveau Testament
© 2024

In breve

Un’introduzione innovativa ai libri sapienziali, maturata in anni di meditazione esegetica e di confronto con la nostra vita oggi.

Una bussola contemporanea: l’autore non si limita all’esegesi, ma illustra la portata dei libri sapienziali per l’azione sociale oggi.

La sapienza abita là dove, nel cuore della vita, un’armonia divina si intreccia al tessuto della nostra esistenza.

Descrizione

Le nostre Bibbie definiscono “libri sapienziali” quelli che vengono dopo la Legge e i Profeti. Gli Scritti (così vengono chiamati nella tradizione ebraica) esplorano la maniera di vivere la propria fede negli aspetti più quotidiani e banali dell’esistenza umana, e nelle prove della vita...
Partendo dalla domanda «Da dove estrarre la sapienza?» (Giobbe 28,12), gli autori biblici arrivano a chiedersi «Chi è la Sapienza?». Perché più la si conosce, più si prende coscienza che essa è seduta accanto a Dio, pur essendo “dalla parte” degli uomini.
Accompagnando il più fedelmente possibile la comprensione di questi libri e ponendo attenzione alla lettera e alla struttura di questi testi finemente costruiti, si può entrare in un’esperienza di lettura simile a quella della vita e in un movimento che ci conduce alle soglie del Nuovo Testamento.
In questa sua lettura “panoramica” degli Scritti sapienziali, Jean-Marie Carrière alterna oculatamente i classici capitoli dedicati ai singoli libri, ricchi di tabelle e di rimandi al testo, con alcuni originali “Interludi” a carattere trasversale, focalizzati su temi come l’educazione, il comportamento sociale, la politica, la creazione, il male, la morte e così via.

Recensioni

Questo libro è e non è un’introduzione ai libri sapienziali. Non è un’introduzione perché non fornisce le spiegazioni necessarie di autore, di data di composizione (anche se comunque molto brevemente viene fatto). Lo è nel senso che si propone di introdurre alla lettura di questi libri. L’autore vuole aiutare a fare un’esperienza di lettura. In altre parole, invita a porre attenzione al testo, alla disposizione dei libri e al modo in cui il contenuto riceve forma. In questa maniera di leggere il testo l’autore dice di essere debitore a ciò che Paul Beauchamp (1924-2001) ci ha trasmesso.

Il libro dei Proverbi costituisce un eccellente inizio per entrare nella lettura sapienziale delle Bibbia. Il proverbio è «buono da mangiare e bello da vedere» (cf. Gen 3,6), ci introduce a una giusta conoscenza del bene e del male. È un frutto sia dell’albero della vita sia dell’albero della conoscenza del bene e del male. Come leggere il libro «santissimo» del Cantico dei Cantici? Il titolo fornisce un’indicazione: un canto che si intende una pluralità di canti. Lo stile complessivo, secondo Jean-Marie Carrière (biblista, allievo di Beauchamp, docente a Parigi), apre la strada a diversi tipi di lettura.

La prima e la principale è la lettura allegorica, di origine ebraica passata nella patristica cristiana dove essa trova sviluppo. Le ricerche moderne hanno sviluppato, in reazione all’allegoria, approcci cultuali, drammatici o naturalistici. Oggi si presta molta attenzione a una lettura del senso letterale, più precisamente a una lettura antropologica. Questi diversi tipi di lettura, secondo Carrière, dipendono dalla posizione che si assume nell’ascoltare questo libro. Mi sembra più aderente al testo questo modo di interpretarlo. Il lettore può scegliere tra diverse cornici testuali per interpretare l’epitalamio: la poesia erotica antica, gli scritti biblici della sapienza, gli scritti profetici, l’insieme dell’Antico Testamento, l’unità di tutta la Scrittura compreso il Nuovo Testamento, l’esperienza che del contenuto hanno fatto le comunità ebraiche e cristiane.

Come la maggior parte dei libri biblici, il libro dei Salmi esprime i segni della diffusione della sapienza nell’insieme delle Scritture d’Israele. È piuttosto la forza della teologia e dell’esperienza della sapienza – intorno alla Torah, alla creazione e alla salvezza –, che penetra nei salmi, ma non al punto, tuttavia, di creare un particolare genere letterario sapienziale. Il libro di Giobbe ricerca come parlare a chi soffre. Fino a che si fanno discorsi su Dio, Giobbe non trova pace. La trova quando impara a rivolgere la preghiera a Dio come un «tu». In una passeggiata attraverso la creazione impara a riconoscere i suoi limiti. È condotto dolcemente all’umiltà. Un’umiltà gioiosa ammirata. Un’umiltà che si impara stando in piedi, non piegandosi. In che cosa Qoelet è un libro sapienziale? Egli ricerca la vera sapienza e non può accettare una visione semplice della realtà. Se la sapienza è saper «trovare il bene», seguendo l’esempio di Dio nel processo della creazione, la realizzazione umana sta nella gioia offerta all’uomo quando lo trova.

Il libro del Siracide parla sempre della sapienza. Lo si nota nei dettagli dei commenti e dei consigli e soprattutto nel progetto che guida tutta la sua opera. La sapienza per il Siracide è sia un movimento che dà valore e promette frutti di grande valore all’interno dell’esistenza umana, sia un dono che viene da Dio, l’Altissimo, sotto forma di alleanza, fedeltà e misericordia. Con la sua riflessione egli approfondisce l’esperienza della sapienza nella tradizione d’Israele. Il risultato del suo lavoro è una migliore comprensione della propria cultura per «quelli di fuori» e per i figli d’Israele. La Sapienza di Salomone (o libro della Sapienza) contiene al suo centro l’elogio della Sapienza (c. 24), ma è anche un libro in qualche modo profetico, perché contiene la promessa della possibile vittoria sulla morte, che attende il suo compimento per coloro che hanno passato la morte. La Sapienza è la compagna perfetta e piacevole, che aiuta gli uomini a vincere il potere della morte.

Alla fine Carrière si sofferma su quattro testi che parlano della Sapienza in persona: Giobbe 28, Sapienza 9; Proverbi 8,22-31; Siracide 24. L’ultima domanda dell’autore: Gesù Cristo, la Sapienza in persona? Nella sua «lettura panoramica» degli scritti sapienziali Carrière inserisce interludi a carattere traversale focalizzati su alcuni temi. Il linguaggio usato dall’autore è comprensibile anche al non esperto, ma anche i docenti di esegesi dei libri sapienziali possono trovare certamente un vantaggio nella lettura di questo testo.


T. Lorenzin, in CredereOggi 4/2024, 141-143

Il titolo del libro prende spunto dal testo di Gb 28,12. Jean-Marie Carrière, biblista gesuita, allievo di Paul Beauchamp, ha studiato al PIB di Roma e all’Institut Catholique di Parigi. Attualmente è docente di Antico Testamento al Centre Sèvres ed è impegnato nell’azione sociale.

Egli non intende proporre un’introduzione classica ai testi sapienziali dell’AT (anche se fornisce gli elementi essenziali riguardanti l’origine, la datazione, l’autore, la struttura ecc.), ma fornire un’esperienza di lettura dei testi. Essa richiede una particolare attenzione al testo e alla disposizione dei libri: attenzione al modo in cui il contenuto riceve una forma quando viene scritto: affermazione, formulazione di una domanda, sviluppo di una realtà ecc.

Sapienza esplorativa

La sapienza di Israele si occupa delle vicende umane, di tutte le esperienze che l’uomo può vivere nella propria vita. Ogni libro sapienziale affronta un aspetto specifico della nostra esperienza umana, esplorandolo ma anche affrontandolo nel suo carattere problematico se non addirittura drammatico.

La sapienza ricerca l’arte del ben vivere, cerca di trovare atteggiamenti, comportamenti, un modo di agire corretto nelle nostre vicende umane. Essa ha un carattere “esplorativo”: osserva, riflette e cerca risposte. È particolarmente sensibile a ciò che è problematico, ciò che non è evidente, a ciò che è paradossale, a ciò che può apparire un vicolo cieco, un rischio di fallimento per la nostra umanità.

Pur appartenendo per lo più al periodo assiale (Mario Liverani) in cui la “grande” filosofia greca prende il volo a partire dall’amore della sapienza, essa non è una filosofia, ma offre spunti di riflessione. Si occupa di vicende umane, senza troppo coinvolgervi direttamente Dio. Parla di educazione, stabilità del mondo, morte, colpa…, senza alcun bisogno apparente dell’ipotesi “Dio”. Questo le dà il vantaggio grande di poter dialogare e di pensare con culture diverse da quella di Israele, perché è di umanità che parla.

La sua posizione non è strettamente “teologica”, anche se in tutti i libri non si fa ovviamente a meno di Dio.

La questione di Dio

La sapienza biblica non si basa sui grandi assunti della fede di Israele, tranne, a volte, quando valuta/critica il loro impatto su qualche aspetto delle nostre vicende umane.

La questione di Dio, per essa, è una questione fra le altre. Il suo carattere è soprattutto esplorativo: è in cerca e in ricerca. In quanto tale, si trova in consonanza profonda e radicale con la postura del credente di fronte a Dio: quella del cercare e del ricercare. «Venite, voi che avete sete!». Tale è l’invito della Sapienza, attraverso il quale essa si descrive.

Interludi

L’autore struttura il volume alternando l’accostamento diretto a un testo sapienziale a una serie di interludi imperniati su temi generali e trasversali ai vari testi.

Questi trattano della sapienza in politica (l’arte di decidere di Davide, l’arte di governare di Salomone), l’educazione (l’arte del sapiente e la correlazione fra comportamenti ed esperienza), il comportamento sociale (come deve comportarsi il “giusto” per i sapienti? Principi o pragmatismo?), la vita, il male, la morte. Si studia il rapporto tra sapienza e creazione: la lode (Salmi), le opere degli uomini (Qoèlet), ascoltare la creazione (Giobbe), la potenza salvifica (Sapienza di Salomone).

La sapienza biblica

Dopo un capitolo dedicato alla domanda su come si acquisti la sapienza e dove essa abbia inizio (Pr 4,7a), si risponde enigmaticamente che l’inizio è un inizio solo se si cerca il possesso del tutto o l’unità del tutto.

Le vie che conducono alla sapienza sono già in essa: le azioni attraverso le quali la sapienza si dispiega sono già in essa e attraverso di essa; tutto ciò che è buono, tutto ciò che conduce ad essa, è già in essa. Il paradosso è che l’uomo si trova di fronte al principio della sua azione, della sua ricerca del bene.

Il mistero dell’accesso alla sapienza è anche il mistero dell’accesso alla conoscenza, un’esperienza dello spirito umano. Acquisire la sapienza richiede un agire, ma anche un movimento dello spirito e degli affetti.

L’autore ricorda alcuni punti decisivi acquisiti:

  • la sapienza ha una chiara relazione con la scrittura, e non soltanto perché è principalmente un’attività degli scribi;
  • la sapienza ha a che fare con la chiusura del canone biblico, nel quale ha un posto specifico in relazione alla Torah e ai Profeti;
  • la sapienza è specifica di Israele, ma, allo stesso tempo, sa bene come entrare in dialogo e come confrontarsi con la sapienza delle nazioni;
  • la sapienza interessa gli scribi tanto per la sua capacità di orientare la vita pratica e l’azione quanto per la conoscenza alla quale introduce.

Proverbi

Il libro dei Proverbi contiene parole di esperienza. Esso è costituito da una raccolta di proverbi. Insegna a dire le cose, illustra i modi di comportarsi (il legame con la giustizia, abominio e timore), confronta Donna sapienza e Donna follia.

Cantico dei cantici

Il Cantico dei Cantici esprime lo slancio dell’amore. È un libro «santissimo», un canto delle voci, il testo che esalta la bellezza dei corpi, parla di presenza e di assenza («Soli al mondo»; una lettura per persone sposate?, si chiede l’autore).

Salmi

La sapienza è presente anche nella preghiera. Lo studioso si domanda se esista un genere letterario «salmo sapienziale». Egli afferma che la questione del genere letterario non è di facile risposta, e preferisce esaminare il Sal 37 vedendo gli spunti sapienziali presenti nella tematica dell’ira. Il Sal 119 esprime l’attaccamento alla Torah.

Giobbe

Il libro di Giobbe presenta l’esperienza di parlare a chi soffre. Esposta la struttura del libro, Carrière si sofferma sulla cornice narrativa, esplorando i temi del maledire e del benedire Dio.

Giobbe, solo, cerca di parlare a Dio, esaminando la propria vita. I dibattiti con gli amici offrono la descrizione del parlare con Giobbe che soffre, affrontando le tematiche del salvare, correggere, liberare.

Giobbe cambia e l’autore esamina gli atteggiamenti di fonte a Giobbe.

Un capitolo è dedicato, infine, ai dialoghi di YHWH con Giobbe, con la domanda su chi abbia mai dato all’ibis la sapienza (cf. 38,36) e con l’esame del mondo animale e delle forze del male.

Qoèlet

Nel libro di Qoèlet si afferma che tutto è vanità. Va ricordato che vari autori oggi preferiscono parlare di “soffio”, instabilità, precarietà, provvisorietà…, per non indurre un giudizio morale sulla realtà, che non sembra corretto.

Carrière ricorda come il libro sia un testo imbarazzante con una posizione teologica imbarazzante e un’aggiunta finale ancor più imbarazzante in quanto rimanda al timor di Dio e all’osservanza dei comandamenti, facendo parlare l’autore in terza persona. Il libro biblico è davvero un pensiero esplorativo.

Carrière esamina Qo 1,2, il ruolo della finzione (1,12–2,26), «un tempo per», un tempo opportuno (3,1-15), 7,1-14 basato sul ritornello «è meglio…», il tempo cattivo (le sventure e la stabilità dell’esistenza), la creazione e il Creatore (l’avvicinarsi della morte).

«Tutto è vanità», per Carrière non è tanto una tesi quanto l’indicazione di un metodo. Attraverso un’esplorazione che dà forma al lavoro del pensiero, «la caratterizzazione di ogni cosa, di ogni situazione, di ogni realtà come vanità produce un processo di spoliazione il cui effetto è quello di criticare tutto ciò su cui possiamo sperare di trovare un sostegno che regga o dia senso alla vita. Questa messa in discussione è l’oggetto stesso della riflessione, che inizia con la domanda sul resto, per poi passare alla domanda sulla finalità. Attraverso queste domande, essa incontra costantemente quella della morte, un termine che paradossalmente non indica affatto la fine. La corrispondenza tra il metodo (esplorazione e definizione) e l’oggetto della riflessione (qual è la fine, se non la morte?) è notevole» affermalo studioso (p. 163).

Siracide

Ogni sapienza viene dal Signore. Così lo studioso presenta il libro del Siracide. Ne illustra il prologo, la trasmissione e la composizione. Ne analizza le forme del discorso e la sapienza vista nel quotidiano: i poveri, l’amicizia. Segue da vicino le affermazioni fatte in nove poemi della sapienza.

Ogni sapienza viene da Dio, viene data a quelli che la amano, la legge viene identificata col timore del Signore, si rapporta la Sapienza in persona con l’istruzione, si loda l’artigiano e lo scriba.

Vien quindi proposto un corpus di esperienze, per proporre un’istruzione. Vengono, infine, elogiati gli uomini illustri della storia di Israele.

Sapienza

«Dio non ha creato la morte» (Sap 1,13) è il motto scelto da Carrière per delineare il contenuto del libro della Sapienza. Composto ad Alessandria, nella sua disposizione presenta un esordio, un elogio e sette antitesi. Decisa è l’affermazione che Dio non ha creato la morte e viene approfondito il rapporto tra giustizia e immortalità, con l’analisi del discorso degli empi, la notazione sulla brevità della vita dei giusti e il confronto tra empi e giusti.

La Sapienza è principio di vita. Lo si illustra con l’uso della gradazione, tre interrogativi, la notazione dei differenti doni e presentazione della sapienza come Grazia. «Tu hai disposto ogni cosa con misura», ricorda Sap 11,20. Il versetto offre lo spunto per riflettere sul castigo e la misericordia, le pratiche religiose opposte, alcune idolatrie, la giustizia divina e il nutrimento divino. L’autore di Sap ricorda anche lo scellerato patto con la morte fatto dagli empi.

Sempre e ovunque, unica e molteplice

Nel c. 9 Carrière compie uno studio trasversale ai vari libri sapienziali. Si sofferma sullo studio della Sapienza come realtà esistente per sempre e ovunque, unica e molteplice. Nell’ordine dei mezzi, si ricorda una tecnica, la sfera cultuale e la tentazione dell’idolatria.

Analizzando la sapienza in persona si ricorda l’unificazione della sapienza, il suo essere dono di presenza, il suo essere una e molteplice. Essa è connotata nei vari libri sapienziali da un movimento che dall’esterno (tutti) va all’interno (Israele) e da un movimento che va dall’interno all’esterno.

La sapienza articola il particolare (Sir 24) e l’universale (cf. Pr 8). Questo movimento è comunicato alle persone: «il sapiente di Israele è invitato a rivolgersi alle nazioni per scoprirvi la sapienza e le nazioni sono attratte verso il bene proprio di Israele. La Sapienza personificata significa questa singolarità in cui si articolano il particolare e l’universale» (p.278).

Chi è la Sapienza?

Il c. 10 si interroga su chi sia la Sapienza. Cinque testi molto tardivi della tradizione di Israele tendono a considerare la Sapienza come una persona. Tre di essi (Gb 28; Bar 3,9–4,4; Sap9) parlano della Sapienza come di una persona, mentre Pr 8 e Sir 24 danno la parola alla Sapienza stessa.

Leggendo i testi con attenzione – afferma Carriere che seguiamo quasi alla lettera nella sintesi delle pp. 279-280 –, si entra più profondamente nel mistero della Sapienza, così come è maturato nel corso della storia di Israele e come è diventato progressivamente il mistero centrale della relazione tra YHWH con il suo popolo.

In Gb 28 la Sapienza è introvabile e inafferrabile; in Bar 3–4 e Gb 28 si annota il carattere misterioso della sapienza, conosciuta solo da Dio, che era vicina a lui fin dall’opera della creazione, ma che viene anche tra gli uomini.

Sap 9 riprende la preghiera di Salomone all’inizio del suo regno. Sentendosi creatura debole, implora Dio di dirgli e di inviargli la Sapienza, perché lo aiuti faticando con lui e permettendogli di conoscere il disegno e la volontà di Dio.

In Pr 8 la Sapienza parla di sé stessa e concorre con la creazione la sua posizione tra Dio egli uomini. Generata da Dio molto prima della creazione, essa svolge il compito di mediazione tra Dio e gli uomini e introduce nell’ordine della creazione una dimensione di gioco.

Anche in Sir 24 la Sapienza fa il proprio elogio. Vicina allo Spirito di Dio, essa condivide anche l’avventura dello spirito umano, nel suo movimento e nella sua aspirazione al riposo. Circolando in ogni popolo e in ogni nazione, universale, essa si radica nella particolare della terra di Israele.

Gesù Cristo, la sapienza in persona?

Carrière conclude il suo studio con il c. 11, dedicato alla domanda se Gesù Cristo sia la Sapienza in persona. Lo studioso presenta alcune strutture di pensiero (Il prologo di Gv 1,1-18 e l’inno alla carità di Paolo in 1Cor 13), sostituendo i termini dominanti Verbo e carità con il termine Sapienza. Ne risulta che «le strutture teologiche elaborate nella corrente sapienziale veterotestamentaria, riguardanti la sapienza personificata, sembrano essere presenti in sottofondo, sullo sfondo della scrittura di questi due testi, almeno di questi» (p.306).

L’autore illustra poi la vita di Gesù Cristo. Si sofferma sul significato di Gv 19,28 «affinché si compisse la Scrittura», per concludere la propria fatica con la presentazione del paradosso della croce presente in 1Cor 1. Nella versione italiana del libro viene seguita la traduzione ufficiale CEI 2008.

Testo di teologia biblica impegnativo, il volume richiede una preparazione adeguata ma studia un capitolo fondamentale della fede cristiana – quello sapienziale –, non sempre adeguatamente approfondito.


R. Mela, in SettimanaNews.it 29 maggio 2024