L'idea di fondo del volume di Benoít Bourgine, teologo francese che dal 2003 è direttore di ricerca in Teologia fondamentale e dogmatica presso l'Università cattolica di Lovanio (Belgio), è che per comprendere la verità della Scrittura non è sufficiente uno studio storico e letterario dei testi, ma è necessario prendere atto della natura teologica della Bibbia. Per questo motivo – come si legge nella quarta di copertina – l'A. tenta una «impresa di riconciliazione epistemologica tra discipline assolutamente essenziali».
Le due parti del testo, intitolate rispettivamente Origini, problemi, modelli e Correlazione tra natura della Bibbia e regola della sua interpretazione, hanno come scopo quello di delineare un percorso di teologia biblica. Bourgine si propone di interrogare la dogmatica e l'esegesi sul loro rapporto, mettendole in dialogo nel rispetto del linguaggio proprio di ciascuna, per identificare le sfide della comprensione del testo biblico. La necessità di una cooperazione tra esegeti e dogmatici è ribadita fin dall'introduzione al volume dove si legge che «la convinzione che ispira questo saggio è che l'esegesi sbaglia a eludere le sfide teologiche del testo biblico e che la dogmatica diventa anemica se ignora gli studi biblici».
Per questo l'A. si propone di individuare un punto di incontro che permetta un lavoro sinergico tra gli studiosi sulla questione dell'interpretazione biblica. Ciò si rende necessario perché se da un lato la teologia biblica ha acquisito un certo credito, dall'altro è piuttosto lontana dal raccogliere un riconoscimento universale; prova ne è il fatto che nessun modello e nessuna metodologia è finora riuscita a raccogliere il consenso degli autori.
Il volume si apre con un primo paragrafo intitolato Le origini della teologia biblica, nel quale vengono presentate le prospettive di Zachariae, Gabler e Bauer che, grazie al loro desiderio di voler assicurare all'esegesi un'autonomia rispetto alla dogmatica, possono essere considerati gli iniziatori della teologia biblica.
In un secondo paragrafo, dal titolo I problemi della teologia biblica,l'A. parte dall'articolo di G. Ebeling, The Meaning of BiblicalTheology, in Journal of Theological Studies 6 (1955) 210-225, nel quale il teologo luterano sostiene che «questo titolo [teologia biblica]come denominazione di una disciplina teologica ha oggi cessato di esistere in pratica», per introdurre alla logica delle tensioni che attraversano la teologia biblica. Il primo problema riguarda l'unità teologica della Bibbia, argomento a cui soggiacciono due questioni: quale teologia cercare nella Scrittura? Quale rapporto teologico intercorre tra i due Testamenti? Bourgine, dopo aver ricordato che temi quali il Nome, l'alleanza,la signoria divina,la risurrezione, la riconciliazione,la vita,l'unicità di Dio e la sua fedeltà sono stati proposti come elementi di continuità fra le due parti della Bibbia e hanno dato luogo a ricerche degne di nota, sostiene però che nessuno di essi ha raggiunto il consenso. Infatti, «la ricerca di unità sfida la diversità dei libri biblici e la dualità dell'Antico e del Nuovo Testamento»; inoltre, la questione dell'unità della Bibbia interessa entrambe le parti della Scrittura e coinvolge il rapporto tra l'esegesi e la teologia sistematica.
L'A. prosegue il suo lavoro ponendo una serie di domande importanti: «che cosa hanno da dirsi esegesi e dogmatica? La dogmatica può fare a meno dell'esegesi? L'esegesi può venire a capo del suo compito senza la dogmatica? E nell'ipotesi in cui scienze bibliche e dogmatiche non possano senza incongruenza stare separate, come pensare la loro relazione?». Bourgine affida le risposte a due voci differenti e complementari: quella di Rahner, per la dogmatica cattolica, e quella di Barth, per la dogmatica riformata. Questi due autori presentano posizioni analoghe sul rapporto tra Scrittura e tradizione, ma sono in sostanziale disaccordo sul rapporto tra filosofia e teologia; tuttavia, si ritrovano concordi sulla necessità di dover «distinguere dogmatica ed esegesi senza separarle, e nel collegarle senza confonderle». Nel suo prosieguo il testo indaga dapprima il rapporto tra teologia e storia, presentando la posizione di Wrede, il quale considera le due discipline come alternativa l'una dell'altra, e di Schlatter che invece le collega saldamente tra loro; e poi il rapporto fra teologia ed ermeneutica, ricordando gli apporti di Gadamer e Ricœur.
Il terzo paragrafo, intitolato Modelli di teologia biblica,chiude la prima parte del volume. In queste pagine Bourgine dichiara di voler presentare, senza pretesa di completezza, una varietà di modelli di teologia biblica, alcuni istruttivi, altri promettenti, elaborati a partire da un lavoro esegetico. Lo scopo è «interrogarsi sulla modalità e la necessità secondo cui l'interrogativo teologico interseca la ricerca esegetica». Nell'ordine vengono descritte le proposte di Gese, che parte da un modello basato sulla storia della tradizione, Childs e Dunn, con la loro proposta di esegesi canonica, e infine Lohfìnk e Moberly che presentano una lettura cristiana di alcune tematiche dell'Antico Testamento.
La seconda parte del volume – Correlazione tra natura della Bibbia e regola della sua interpretazione – offre un itinerario diviso in due paragrafi: uno sulla Natura della Bibbia, l'altro sulla Regola dell'interpretazione biblica. Partendo dalla convinzione che la Bibbia è allo stesso tempo un libro come gli altri e un libro come nessun altro, Bourgine cerca di dimostrare la tesi che «la Bibbia oblige e una interpretazione conseguente della Bibbia è tenuta a conformarsi alla natura che le è riconosciuta».
Nel primo paragrafo di questa sezione, il quarto del volume, l'A. inizialmente si sofferma sull'idea che il canone è il criterio teologico che preserva la Bibbia da una certa arbitrarietà nella sua costituzione e composizione e le garantisce la propria normatività impedendole la riduzione a un semplice oggetto culturale. La seconda parte è invece dedicata al linguaggio biblico e la Scrittura viene considerata dal punto di vista del suo enunciato contestuale (pragmatica) e poi dal punto di vista del suo contenuto materiale (semantica).
L'ultimo paragrafo si sofferma sull'idea che la natura della Bibbia determina la regola della sua interpretazione e secondo l'A. questo è possibile solo dall'incontro di filosofia, esegesi e dogmatica. Bourgine raccoglie i risultati delle analisi proposte nelle pagine precedenti e ne ricava le coordinate di un'interpretazione della Bibbia che sia adeguata a ciò che essa racchiude. Rifacendosi a Gadamer, Ladrière e Ricœur cerca di offrire una risposta a un duplice interrogativo: cosa signifìca comprendere? Cosa significa interpretare?
Le pagine conclusive del testo si propongono di chiarire ulteriormente le condizioni di possibilità della teologia biblica, ribadendo che si tratta di uno «spazio comune, dove esegeti e dogmatici si dedicano al compito di interpretare le Scritture». Infine, nell'ultima sezione viene proposto «uno schema commentato dell'arco ermeneutico della teologia biblica, come condizione della possibilità della sua attuazione pratica [...] per favorire la collaborazione tra esegeti e dogmatici all'atto teologico». Le due pagine a cui l'A. consegna la conclusione del suo lavoro sono seguite da una ricca e aggiornata bibliografia teologico-esegetica, segno che Bourgine è entrato in dialogo con queste due discipline e si è inserito nel cammino ermeneutico che ne deriva.
Terminata la lettura di questo bel saggio si ha l'impressione di essere davanti a un testo che procede a due velocità: alla prima sezione sintetica e ben organizzata, che offre al lettore le coordinate per orientarsi nella questione, segue una sezione che a nostro avviso risulta per certi aspetti più giustapposta al volume che integrata in esso. Le idee presentate in questa seconda parte sono interessanti ed esposte con chiarezza, ma chi scrive ha faticato un po' a coglierne fino in fondo il collegamento con la prima parte. E questo per un duplice motivo: la formazione più teologica che biblica dell'A. del testo, e la preparazione più biblica che teologica del suo recensore.
S. Zeni, in
Studia Patavina 2/2024, 345-347