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Abitare
Emanuele Borsotti

Abitare

Vivere i luoghi per essere se stessi

Prezzo di copertina: Euro 14,00 Prezzo scontato: Euro 13,30
Collana: Spiritualità 228
ISBN: 978-88-399-3828-2
Formato: 13,2 x 19,3 cm
Pagine: 168
© 2024

In breve

Prefazione di Giovanni Cesare Pagazzi

«Ci vogliono parecchi luoghi dentro di sé per avere qualche speranza di essere sé stessi» (Jean-Bertrand Pontalis).

Pagine intense sulla nostra cartografia interiore: per imparare a leggerla e per incontrare progressivamente noi stessi e Dio.

Descrizione

I luoghi non sono né un semplice paesaggio esteriore, né un mero palcoscenico sul cui sfondo va in scena la nostra esistenza. Noi siamo inevitabilmente abitatori dello spazio e del tempo: in tal modo siamo chiamati ad abitare il senso e – impresa ancor più ardua – ad abitare noi stessi.
Come spiega Emanuele Borsotti, noi veniamo all’esistenza abitando: esistiamo abitando e abitiamo esistendo. Innestati in Cristo, scopriamo poi con stupore che l’Eterno – entrato nel tempo – si è fatto circoscrivibile in un punto della storia e della geografia umana, si è fatto corpo di carne, per venire ad abitare in mezzo a noi. Così il Dio immenso e infinito si fa “luogo” per l’umano e con l’umano. E noi abitiamo luoghi ed edifichiamo spazi, alla ricerca di una traccia della Presenza divina, di un suo segno tangibile.
Mentre abitiamo, avvertiamo poi che ogni dimora e ogni riparo sono sempre penultimi, provvisori. Se il verbo “abitare”, infatti, ci insegna a coniugare anche il verbo “amare” in tutti i modi e tutti i tempi, con Michel Serres possiamo confermare che «l’amore non ha casa».

«Con penna gentile e sicura, Borsotti dirige un coro di voci bibliche, filosofiche, letterarie, teologiche, psicoanalitiche e pittoriche, affinché risuoni la polifania del “dove”» (Giovanni Cesare Pagazzi).

Recensioni

>«La questione del "dove" è decisiva per intuire il "chi", ma è pure determinante per cogliere la qualità più o meno cristiana della fede: dimmi dove ti senti a casa e ti dico se e quanto credi in Cristo che, già da ora, a chi lo segue promette almeno cento case», scrive Pagazzi in Prefazione.

Con Cristo, l'Eterno si è fatto "circoscrivibile" ed è venuto ad abitare in mezzo a noi: Dio si fa quindi "luogo" per l'uomo, che abita alla ricerca delle sue tracce, avvicinandosi alla sua Presenza.


In Jesus 2/2025, 95

Si è soliti rivolgere uno sguardo critico ai testi all’interno dei quali vengono collocate molte ed estese citazioni. Questo non deve avvenire nel caso di Abitare. Vivere i luoghi per essere se stessi di Emanuele Borsotti (Brescia, Queriniana, 2024, pagine 168, euro 14). Fin dalla prefazione di Giovanni Cesare Pagazzi, incentrata sulla domanda rivolta a Gesù dai discepoli di Giovanni Battista «Maestro, dove dimori?», il libro si presenta denso di contenuti e capace di presentarli nel modo migliore. Testo autorale e citazioni si alternano in una serie serrata di rimandi, offrendo al lettore materiali e intuizioni che compongono una riflessione approfondita relativa alle molteplici sfaccettature contenute nel concetto e nella pratica di abitare.

L’indice, scandito in tre capitoli (Luogo e segno, Sotto la tenda di un Dio pellegrino e Abitare la vita), aiuta a immaginare il contenuto del libro. È dalla visita di Dio al fuggiasco Giacobbe, nel luogo che lui battezzerà con il nome di Bet-El, casa di Dio, che ha inizio l’analisi di Borsotti, dato che l’abitare richiede una collocazione dove realizzarsi. Dio è in ogni luogo e per questo ogni luogo è particolare, dispone di una capacità propria di divenire teatro per l’incontro con l’Altissimo. Illuminante una citazione da Heidegger, che dell’affiorare dei ricordi suscitato da un luogo non visitato da molto tempo scrive «pensiamo che tutto questo provenga dalla nostra mente, che provenga dal cervello, perché così ci è stato insegnato. Invece è il luogo che parla di sé».

L’abitare di Dio, realtà misteriosa, che si pone in parallelo all’abitare dell’uomo e della donna, ha una natura particolare, non ama la fissità. Se pregato il Signore si concede, accetta di venire adorato nel tempio, ma la sua natura infinita e onnipresente gli fa preferire dimorare in una tenda, che ordina a Mosè di fabbricare in una forma esatta e poi di alzare al limitare dell’accampamento degli ebrei ogni volta che essi si fermano nel loro viaggio attraverso il deserto.

Il capitolo dedicato al Dio pellegrino affronta anche l’esperienza monastica, il massimo del radicamento dell’uomo e della donna a un luogo fisso, confermato in questa modalità da massicce costruzioni in pietra espressamente dedicate, senza che sia mai dato dimenticare come il sancta sanctorum del tempio di Gerusalemme fosse assolutamente vuoto, così da stupire l’imperatore Adriano che pretese di visitarlo. Il Dio ubiquo è un dio che non si lascia imprigionare dalle mura, mentre invita all’umiltà; quando essa raggiunge il suo apice fa scoprire ai monaci in preghiera che «non solo non si è il centro del mondo, ma non si è neppure il centro di noi stessi», come suggerisce Timothy Radcliffe.

L’ultimo capitolo, se non il più profondo ché tutti lo sono, è il più intenso, anche per l’attenzione rivolta alle possibili modalità di «abitare poeticamente», centrata sulle personalità di Friederich Hölderlin, Emily Dickinson, Christian Bobin e Rainer Maria Rilke.

Il paragrafo finale, Abitare gli spazi interiori, riprende il tema agostiniano della ricerca di Dio all’interno di sé in una pratica che «è comunque, in primo luogo, il duro mestiere di abitare se stessi e con se stessi, habitare secum, in una forma di speleologia del sé e del proprio intimo». Una discesa infinita in profondità, che se portata al suo esito giunge alla scoperta, definitiva ma mai completa, che Agostino condensa nel rammarico del «Tu eri dentro di me e io fuori», «Tu eri con me e io non ero con te».


S. Valzania, in L’Osservatore Romano 10 gennaio 2025