In occasione delle Giornate teologiche indette dalla rivista missionaria dei Padri Saveriani Missione Oggi sul tema “Siamo tutti meticci? Le religioni nella diaspora postmoderna” (maggio 2015) dove è intervenuto con una lectio magistralis, il teologo nordamericano Virgil Elizondo ha fatto una visita alla Editrice Queriniana che lo ha come autore nel suo Catalogo.
Ho conosciuto Virgil Elizondo fin dal 1975 in occasione dell’Encuentro latino-americano de Teología, celebrato a Città del Messico nell’agosto 1975 sul tema Liberación y cautiverio, e fu subito amicizia. Amicizia, che è andata rinsaldandosi in diverse occasioni e nelle più svariate città del mondo, in concomitanza dei congressi ecumenici di EATWOT, ai quali ero invitato come osservatore ospite, e nelle assemblee generali annuali della rivista internazionale di teologia Concilium, dove Virgil Elizondo ha diretto per anni la sezione di “Teologia pratica” (con Norbert Greinacher), e successivamente la sezione di “Teologia della liberazione” (con Leonardo Boff). Nella sua qualità di teologo messico-americano ha sempre fatto da ponte tra la teologia del Nord e la teologia del Sud.
Paul Tillich, il teologo tedesco-americano, sintetizzava la sua esperienza di vita, che dall’Europa lo aveva condotto negli Stati Uniti d’America, in un breve libro, On the Boundary (1966), Sulla linea di confine, nel quale scriveva: «Il confine è il posto migliore per acquisire conoscenza». Da questa esperienza nasceva il metodo della correlazione tra Rivelazione cristiana e cultura, che ha trovato espressione e applicazione nella grande Teologia sistematica. Se la teologia di Tillich è una teologia on the boundary, la teologia ispanica-americana, che in Virgil Elizondo ha il suo iniziatore e il suo più noto rappresentante, è una teologia crossing borders, di “attraversamento dei confini”, che si fa interprete di una nuova realtà umana in fase di espansione. Devo qui segnalare che il libro offerto in suo onore nel 2000, reca il titolo Beyond Borders.
Ricordo anche d’aver ricevuto in dono negli Anni Settanta il testo dattiloscritto della tesi dottorale di Virgil Elizondo, sostenuta e difesa all’Istitut Catholique di Paris, che recava il titolo un po’ misterioso per un europeo, Mestizaje, testo che sarebbe poi confluito nel libro Galilean Journey (1983), riedito ampliato nel 2000. Questo libro, oltre a descrivere il viaggio di Gesù dalla Galilea, culturalmente meticcia, a Gerusalemme, la città della croce e della resurrezione, indicava con la categoria di Mestizaje la promessa, di cui erano portatori i messico-americani. Il concetto di meticciato diventava così una chiave ermeneutica per rileggere il vangelo, ma anche per reinterpretare la dinamica della cultura; come ha espresso Jacques Audinet nella prefazione dell’opera: «Elizondo punta a una nuova frontiera. I suoi pensieri lo portano naturalmente a trattare di un meticciato globale».
L'opera di Virgil Elizondo più letta in Europa è L’Avenir est au Métissage (1987), che riprende con scansione biografica 1’opera maggiore, e che è servito a far conoscere alla teologia europea questa nuova complessa categoria culturale e teologica. Léopold Sédar Senghor ha sottolineato la convergenza del discorso teologico di Virgil Elizondo con la visione di Teilhard de Chardin, che prospettava per 1’alba del terzo millenio la “civilisation de l’Universel”. L’edizione americana del libro reca il titolo: The Future is Mestizo: Life Where Cultures Meet (1988) [Il futuro è meticcio: la vita dove le culture si incontrano].
Con la sua attività di membro del Board of Directors della rivista internazionale di teologia Concilium, edita in sette lingue, Elizondo ha contribuito, com’è nella vocazione della american-hispanic theology, a costruire un ponte culturale tra teologia del Nord e teologia del Sud. Tra gli articoli scritti su Concilium merita una particolare menzione il testo: The New Humanity of the Americas, (1990) in cui si esprime al meglio lo spirito, meticcio e universale ad un tempo, di Virgil Elizondo, il suo sogno e la sua visione di una nuova umanità delle Americhe come paradigma di una nuova umanità del mondo.
Su questo sfondo del meticciato, dell’incrocio di vita e cultura, si colloca il suo bel libro su Maria, dal titolo: Guadalupe. Madre della nuova creazione (1997/2000), che era stato anticipato da La Morenita: Evangelizer of the Americas (1981) [La Morenita: Evangelizzatrice delle Americhe], che è una delle interpretazioni più profonde dell'apparizione di Nostra Signora di Guadalupe a Juan Diego sul Tepeyac nel 1531 agli inizi delle Americhe. Nostra Signora di Guadalupe non è solo un’altra apparizione mariana. L’icona che ci ha lasciato sulla tilma dell’indio Juan Diego è la sua viva presenza, che esprime riconoscimento, accoglienza, compassione e protezione, e segna l'inizio di un processo di meticciato, come crogiuolo di popoli e culture.
Come scrittore di spiritualità si può ricordare: La via della croce. La passione di Cristo nelle Americhe (trad. it., Queriniana 1992); e Il Dio delle sorprese.
Fondatore del MAAC, Mexican-American Cultural Center di San Antonio, Texas, città americana bilingue, Virgil Elizondo è un sacerdote attivo nella pastorale, già rettore dell’antica cattedrale di San Antonio, già direttore artistico della televisione San Antonio, Texas, che ha una vasta audience negli U.S.A. e nel centro America, è attualmente docente alla Notre Dame University (Indiana, U.S.A.), dove è stato aperto un centro studi per la cultura ispanica.
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Forum teologico, a cura di Rosino Gibellini
Editrice Queriniana, Brescia (UE)
Leonardo Boff - Virgil Elizondo (edd.)
1492-1992. LA VOCE DELLE VITTIME
Concilium 6/1990
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