06/05/2011
190. UNA SECOLARITÀ TEOLOGICAMENTE LEGITTIMA di Johannes Först1 (Università di Ratisbona, Germania)
Ingrandisci carattere Rimpicciolisci carattere

 

Il compito futuro della pastorale consisterà nel riconoscere una società secolare secondo il paradigma della teologia della creazione, nell’accettare la propria secolarità teologicamente legittima come situazione disposta da Dio per la chiesa, e nell’essere costantemente impegnata nell’inculturazione a servizio degli uomini nel senso dell’incarnazione (Gv 1).

 

La chiesa non ha ancora accettato realmente la società moderna e la sua impronta secolare come proprio ambito di vita. Certe rappresentazioni ideali, che risalgono tutte quante al XIX secolo, impediscono pur sempre che la chiesa si metta con questo mondo, cerchi di capirlo e ricostruisca il patrimonio della tradizione in questo mondo moderno. La retorica dell’indignazione, come quella utilizzata dal giornalista Peter Seewald nel suo recente libro intervista con papa Benedetto XVI 2; per parlare del mondo moderno e secolare, non è certamente rappresentativa del dibattito attuale sulla situazione della religione e della chiesa e, tuttavia, questo stile polemico rimanda assolutamente a un atteggiamento nuovo – e non solo retorico – di rifiuto di accettare da parte della chiesa questo mondo secolare come spazio di esistenza. È ampliata nelle prese di posizione ecclesiali l’impronta secolare della società concepita talmente come problema serio per la chiesa da dare l’impressione che il vangelo può manifestarsi nella sua forza esclusivamente in “ambienti” esplicitamente religiosi. Gli stili di vita secolare degli uomini contemporanei (post)moderni sono qui compresi come “situazioni” che si opporrebbero all’efficacia del vangelo e alla fine sarebbero da superare.

Che cosa viene comunicato con una simile retorica? Non meno che l’atteggiamento profondamente non cristiano, per cui la maggior parte dei settori della società moderna e degli ambiti culturali sarebbe incapace per principio e a motivo dell’impronta secolare di essere raggiunta dalla “potenza di Dio” – così Paolo chiama il vangelo in Rm 1,16 3  o, secondo cui, la modernità sulla base di questa supposta “lontananza da Dio” sarebbe segnata esclusivamente da decadenza e lassismo in materia religiosa, morale, etica e soprattutto legata ai valori. Se la chiesa accogliesse questa interpretazione significherebbe (!) promuovere un massiccio programma di de-culturazione di se stessa dalla società moderna, perché verrebbe affermato che entrambe – chiesa e modernità – sarebbero tra loro inconciliabili. Questa visione, se è portata avanti, corrisponderebbe, almeno per analogia strutturale, al vecchio paradigma della missione che già ai tempi dei grandi movimenti missionari dal XV al XVII e al XIX secolo fu contestato all’interno della chiesa 4, secondo cui bisognerebbe conquistare le società e le culture dei paesi di missione per rendere accessibile il vangelo agli individui lì presenti 5. Questo paradigma fondamentale ormai superato, e desiderato ora nella cultura occidentale della modernità, introduce però direttamente in un atteggiamento ateo ed è un chiaro segno del fatto che la missio della chiesa non è stata né compresa né assunta.


Secolarità legittima della società

Il concilio Vaticano II parla nel paragrafo 36 della costituzione pastorale Gaudium et spes (d’ora in poi: GS), 1965, di una legittima secolarità della società. Le realtà terrene, profane, dice il concilio, avrebbero una propria autonomia e ragion d’essere. La legittimità sostenibile delle realtà profane non si fonderebbe su di un riferimento primario alla religione, ma sulle proprie intime strutture di realtà, secondo GS 36: dal loro “essere quello che sono”. Il rapporto tra religione e secolarità è teologicamente (!) fondato in quanto Dio è il creatore anche del mondo profano, secolare: «Infatti è dalla stessa loro condizione di creature che le cose tutte ricevono la loro propria consistenza, verità, bontà, le loro leggi proprie e il loro ordine» (GS 36). E più avanti si afferma che un coinvolgimento più profondo nel mondo secolare può addirittura essere una via a Dio perché «le realtà profane e le realtà della fede hanno origine dal medesimo Dio. Anzi, chi si sforza con umiltà e con perseveranza di scandagliare i segreti della realtà, anche senza che egli se ne avverta viene come condotto dalla mano di Dio, il quale, mantenendo in esistenza tutte le cose, fa che siano quello che sono» (GS 36).

Con questa precisazione costitutiva del rapporto tra mondo secolare o società e “Dio” la costituzione pastorale presenta una serie di punti ermeneutici per la pastorale della chiesa, che saranno soprattutto da considerare in futuro 6:


a)
Le società secolari non sono quei prodotti di decadenza morale, etica o legata ai valori di un’epoca precedentemente meglio strutturata, ma le forme proprie dell’“essere nel mondo” dell’uomo moderno. Le persone di oggi non vivono automaticamente peggio o meglio dei loro genitori.

b)
Anche se i processi della secolarizzazione degli ultimi decenni hanno cambiato le forme di pensiero e i modelli di azione tradizionalmente religiosi ciò non significa che l’uomo moderno non sia religioso o addirittura incredulo. Piuttosto si sviluppano in ogni tempo e nelle diverse circostanze forme di fede e di religione specifiche – e ciò pure in senso cristiano tradizionale 7 – che si generano nella interazione di sviluppi macrosociologici, da una parte, e di provocazioni sociali a livello individuale, dall’altra. Queste forme di fede e di religione specificamente postmoderne dovrebbero essere sempre le prime ad essere apprezzate da parte della chiesa.

c)
Certamente il parlare di una società secolare non significa essere automaticamente “lontani” o “senza” Dio. Questa affermazione porta ad un atteggiamento di fondo ateo, perché nega la forza del vangelo di svilupparsi nel mondo. L’autonomia e l’avere leggi proprie dei mondi di vita secolari si fondano, teologicamente parlando, nel Dio creatore stesso, che costituisce la secolarità nel suo essere-reale.

Per Gaudium et spes la secolarità della società non vuole rappresentare il vero problema per la pastorale. Si potrebbe addirittura integrare dicendo che il vangelo, che venne nel mondo secondo Gv 1, giunge a se stesso nelle condizioni secolari. Il paradigma della teologia di Dio nel mondo si può esprimere solo in categorie secolari, mondane. Il compito della pastorale non è perciò conquistare la società secolare, ma far vedere il rapporto tra la creatura e il Creatore. «La creatura, infatti, senza il Creatore svanisce» (GS 36).


Capire realmente le provocazioni dal punto di vista esistentivo

Dove si mostra oggi la secolarità? Desidero chiarire questo con un paragone tra le forme di pensiero, di azione e di vita cristiane del XIX secolo fino alla metà del XX secolo e solo con un esempio della situazione attuale. Una differenza fondamentale sta qui nei mutati sistemi di riferimento del potenziale di senso religioso, che per la costituzione di significato li chiamiamo tópoi religiosi e che sono responsabili di ciò che è la fede. Diversamente che in passato le persone oggi riferiscono il potenziale di senso delle tradizioni alla loro vita e si interrogano guardando a ciò sul significato della religione. Il significato non è per esse già dato e “assicurato” ecclesiasticamente – quasi “per sé” – insieme ai concetti religiosi, ai riti e alle forme sociali, ma è sempre qualcosa da provare. E c’è di più, il senso di tutto ciò che pensiamo, diciamo e facciamo teologicamente deve essere approvato oggi per molti nella loro vita! La religione va vissuta insieme alla completezza della propria vita da realizzare concretamente. Molti studi sulla religione pertinenti, specialmente di carattere empirico-qualitativo, indicano come ciò che si fa in rapporto alla religione, deve essere sperimentabile e cioè, in breve, percepibile, udibile, realizzabile socialmente 8. Anche se nei primi tempi gli individui hanno rivolto la tradizione alla propria vita, sotto una simile “pressione di legittimazione” – nel senso di una concreta comprensibilità – probabilmente l’annuncio di fede non si era mai trovato 9. Tutto ciò ora lo si potrebbe precipitosamente interpretare come l’espressione di una posizione utilitaristico-strumentale e con ciò rimandare a una perdita di religione e di fede. Anche se nei casi singoli ci possono essere simili atteggiamenti, una conclusione generale in questa direzione sarebbe falsa. Infatti, sarebbe un ignorare le strutture di rilevanza esistentiva che generano questo rapporto con la tradizione. E il semplice aggiustamento delle strutture di pertinenza su un fenomeno di declino o di deficit porterebbe in ultima analisi ad un potente effetto di desolidarizzazione della chiesa con gli uomini. Vale piuttosto capire realmente ciò che “spinge” esistentivamente l’uomo moderno. Riguardando quanto abbiamo poc’anzi detto ciò significa: insieme alla modernizzazione europea si è venuta a creare una visione del mondo che, a partire dall’idea di un individuo munito di ragione, ha posto al centro la razionabilità dell’esperienza del reale. Almeno, seguendo l’immagine del mondo delle scienze naturali matematico-esatte, è sorta, pure guardando alla quotidiana condotta di vita, l’idea di poter “credere” realmente a ciò che può essere verificato con la ragione. Quello che viene chiesto all’uomo moderno nei molti altri ambiti di esistenza come necessaria capacità di orientamento – si pensi ad esempio agli esami dell’assistenza medica o agli investimenti di denaro destinati al fondo pensioni, diviene improvvisamente problema in ambito religioso. Come un nostro contemporaneo che si interessa anche solo mediamente alla religione, alla fede e alla chiesa può verificare secondo ragione il contenuto di realtà delle tradizioni religiose? Il semplice fatto che esista la chiesa, che porta e annuncia questi contenuti religiosi, può per molti non produrre più l’effetto di un’assicurazione nelle cose religiose. Ad essi di conseguenza non rimane altro che interrogarsi su quello che conta, ad esempio, una determinata offerta religiosa nella propria vita o nella vita dei propri figli. Cambia qualcosa se si partecipa alla messa la domenica? le preoccupazioni vengono meno o il rapporto con i colleghi si fa migliore sul posto di lavoro? si fa minimo il timore di una catastrofe climatica incombente, che potrebbe colpirli non loro personalmente ma i loro figli? Anche se simili domande ci possono sembrare “non teologiche” sono proprio questi interrogativi esistentivi a cui dovranno lavorare i futuri teologi/teologhe. Infatti gli uomini non pongono queste “strane” questioni perché sarebbero areligiosi o senza fede, ma perché sono uomini moderni!


Teologia pastorale scientifico-sociale, culturale e missionaria

Simili domande esistentive non andrebbero interpretate in prima battuta come delle semplici forme di degrado di una precedente religiosità, ma come l’articolazione del concreto interrogarsi teologico da parte dei contemporanei (post)moderni. Da ultimo si gioca qui addirittura il problema di Dio, perché questo compare nelle domande esistentive vere dell’uomo moderno 10. Noi, teologi/teologhe, dobbiamo comunque ricostruire la questione di Dio in questi complessi secolari. Questo è il nostro compito! In breve, dobbiamo imparare prima di tutto a comprendere le richieste esistentive della società (post)moderna, per interpretare queste, come dice la Gaudium et spes, alla luce del vangelo (GS 4). Senza questa nuova e continua comprensione della società secolare, legata alla società e alla cultura, non c’è nemmeno una teologia pastorale perché vale capire questo mondo nel suo carattere drammatico e interpretare questo mondo alla luce del vangelo (GS 4). Se è deficitaria la comprensione che abbiamo della società e della cultura sarà deficitaria anche la teologia.

Ciò è raggiungibile, da un lato, con un nuovo approccio alla ricerca scientifica sociale e culturale. E, dall’altro, attraverso uno sforzo nuovo, ermeneutico – rivolto a tutte le dimensioni dell’esserci umano – per ricostruire la domanda su Dio nelle condizioni complesse della vita postmoderna. Tutte e due – la comprensione attuale del presente e la sua interpretazione alla luce del vangelo nel senso di una ricostruzione critico-ermeneutica del patrimonio della tradizione – fanno la teologia pastorale. Con un simile programma di ricerca la teologia pastorale sarebbe la compagna adatta ad una pastorale ecclesiale, che accoglie il suo presente come una situazione disposta da Dio stesso 11 e non cerca di camuffare, per mezzo di una retorica dell’indignazione nei confronti del mondo secolare, il fatto di non conoscere il mondo e la drammaticità della vita umana e, alla peggio, di esso non si interessa. Tale teologia pastorale è al servizio della missio della chiesa di servire l’uomo in tutti i suoi ambiti esistentivi. E una simile teologia sensibile alla società e alla cultura è perciò, in conclusione, teologia della missione nel senso più vero della parola.



Note

1) Teologo, è consigliere accademico all’università di Regensburg, con l’abilitazione in teologia pastorale e kerygmatica all’università di Bamberga. Nel 2009 l’Accademia cattolica bavarese con sede a Monaco gli ha conferito il premio “Cardinal Wetter”.

2) Benedetto XVI, Luce del mondo. Il Papa, la Chiesa e i segni dei tempi, LEV, Città del Vaticano 2010, 63, 69s.

3) Andreas Püttmann, Gesellschaft ohne Gott. Risiken und Nebenwirkungen der Entchristlichung Deutschlands, Asslar 2010.

4) Johannes Meier, Conquista und Mission. Die Christianisierung Lateinamerikas, in Benedikt Kranemann et al. (edd.), Mission - Konzepte und Praxis der katholischen Kirche in Geschichte und Gegenwart, Würzburg 2009, 107-122.

5) Michael Sievernich, Die christliche Mission. Geschichte und Gegenwart, Darmstadt 2009, 71-104. 

6) Johannes Först, Empirische Religionsforschung und die Frage nach Gott. Eine theologische Methodologie der Rezeption religionsbezogener Daten, Berlin - Münster 2010, 100-101.

7) Johannes Först, Die unbekannte Mehrheit. Sinn- und Handlungsorientierungen kasualienfrommer Christ/inn/en, in Johannes Först – Joachim Kügler (edd.), Die unbekannte Mehrheit. Mit Taufe, Trauung und Bestattung durchs Leben? Eine empirische Untersuchung zur “Kasualienfrömmigkeit” von KatholikInnen - Bericht und interdisziplinäre Auswertung (Werkstatt Theologie - Praxisorientierte Studien und Diskurse 6), Münster 2010, 17-87.

8) Martin Engelbrecht, Die Spiritualität der Wanderer, in Christoph Bochinger – Martin Engelbrecht – Winfried Gebhardt (edd.), Die unsichtbare Religion in der sichtbaren Religion - Formen spiritueller Orientierung in der religiösen Gegenwartskultur, Stuttgart 2009, 35-81; Martin Engelbrecht, Was Männern Sinn gibt, in Martin Engelbrecht – Martin Rosowski (edd.), Was Männern Sinn gibt - Leben zwischen Welt und Gegenwelt, Stuttgart 2007, 43-181; Johannes Först, Gottesbild und Prophetie. Das spirituelle “Ich-Projekt” als Verlust an prophetischer Kraft im Raum der Kirche? Eine empirische Untersuchung, in Rainer Bucher – Rainer Krockauer (edd.), Prophetie in einer etablierten Kirche? Aktuelle Reflexionen über ein Prinzip kirchlicher Identität, Münster 2004, 51-65; Heinz-Günther Schöttler, “Vera theologia est practica” (Martin Luther). Theologie als topologische Wissensform in einer Welt als fragiler “topos” der Gottesbegegnung, in Johannes Först – Heinz-Günther Schöttler (edd.), Quo vadis, theologia? Neue Perspektiven auf “Religion” in der späten Moderne […], Berlin - Münster 2009, 107-150.

9) Heinz-Günther Schöttler, “Sola autem experientia facit theologum” (Martin Luther). Überlegungen zur theologischen Kompetenz des Predigers, in Pastoraltheologische Informationen 29/n. 2 (2009) 26-59

10) Johannes Först, Empirische Religionsforschung und die Frage nach Gott. Eine theologische Methodologie der Rezeption religionsbezogener Daten, Berlin - Münster 2010, 260-274.

11) Karl Rahner, Aus dem Vorwort zur 1. Auflage, in Handbuch der Pastoraltheologie. Praktische Theologie der Kirche in ihrer Gegenwart 1, a cura di Franz Xaver Arnold et al., Freiburg - Basel - Wien 19702, 5 [cf. trad. it., Introduzione, in La salvezza nella chiesa. Strutture fondamentali della mediazione salvifica, Herder - Morcelliana, Roma - Brescia 1968, 9s.].



© 2011 by © Lebendige Seelsorge (Echter Verlag, Würzburg) 1/2011
© 2011 by Teologi@Internet
Traduzione dal tedesco della Redazione Queriniana 
Forum teologico diretto da Rosino Gibellini

Editrice Queriniana, Brescia (UE)

"
Teologi@Internet: giornale telematico fondato da Rosino Gibellini