05/06/2008
115. Teologia militante. Le “Memorie” di Hans Küng di Rosino Gibellini
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Il primo volume delle Memorie di Hans Küng, edito in lingua originale nel 2002, è ora arrivato in traduzione italiana (Diabasis, Reggio Emilia 2008), ed è stato presentato alla presenza dell’Autore a Milano e a Genova. Esso copre i primi quarant’anni della vita del teologo svizzero, classe 1928, ma si fa del più vivo interesse culturale e storico per il primo decennio della sua attività pubblica di studioso, dal libro sulla Giustificazione (1957) fino alla sintesi di La Chiesa (1967): il decennio focalizzato sulla tematica ecclesiologica ed ecumenica.

Il racconto, vivacissimo, segue la scansione storica, di volta in volta attualizzata da considerazioni che arrivano fino al presente (e dunque fino al 2002, data di pubblicazione del primo volume). Ne sono un esempio le pagine dedicate al libro sulla Giustificazione, la tesi per il dottorato in teologia, iniziata alla Gregoriana di Roma e difesa all’Institut Catholique di Parigi, il 21 febbraio 1957 (interessante l’andamento della seduta e le puntigliose domande poste da uno dei relatori, il gesuita Henri Bouillard, autore di un’opera sulla teologia di Barth pubblicata in tre volumi nel 1957, l’anno stesso della pubblicazione della tesi di Küng presso la Casa editrice Johannes di Einsiedeln, diretta da von Balthasar, presente, quasi in incognito, alla discussione della tesi di Küng). Con questo libro il teologo svizzero sottoponeva a confronto la comprensione barthiana – intesa come la formulazione più espressiva del protestantesimo – della dottrina della giustificazione con la dottrina cattolica del concilio di Trento – e inaugurava un modo nuovo di fare teologia ecumenica.

E anticipava i tempi: il 31 ottobre del 1999 è stata sottoscritta ad Augusta una Dichiarazione congiunta cattolico-luterana sulla giustificazione. Commenta Hans Küng, che ha seguito l’evento ecumenico alla televisione: «Un tardo trionfo. Niente da dire. Ma posso tacere? Su desiderio romano – e come spesso capita senza protesta da parte dei protestanti preposti! – si è nuovamente escluso l’autore del libro del 1957 sulla Giustificazione, che pure in origine era il primo della lista degli invitati» (175-176). Ma il rimprovero va ben oltre, va alla cosa stessa, in quanto ci si ferma ad una dichiarazione e va perduta «l’opportunità di rendere comprensibile in maniera assai concreta e convincente agli uomini dell’età della società dell’efficienza quanto sia importante proprio il fatto che l’uomo in quanto persona non è giustificato davanti a Dio in base all’efficienza, al successo o alle opere, ma fortunatamente mediante Dio stesso, che dall’uomo si aspetta unicamente una fede confidente» (175).

L’indizione del Concilio, a sorpresa, da parte del neoeletto papa Giovanni XXIII, il 25 gennaio 1959, trova il giovane teologo vicario in una parrocchia della sua diocesi, a Lucerna, ma sarà presto nominato, a 32 anni, in data 20 luglio 1960, professore ordinario di teologia fondamentale alla facoltà cattolica di teologia di Tubinga, in Svevia. Cambia il programma dei suoi studi: «E così, mi decido, anziché per la conclusione degli studi sulla cristologia di Hegel, per l’elaborazione di una teologia del Concilio Ecumenico» (251). Il libro sul pensiero teologico di Hegel, Incarnazione di Dio seguirà nel 1970, e rappresenta, sotto il profilo accademico, la sua Habilitationsschrift, anche se la chiamata del 1960 è nomina a «professore ordinario in piena regola» (251). Il giovane teologo sa cogliere il tema teologico degli Anni Sessanta, il tema ecclesiologico, che svolgerà in lezioni, conferenze e pubblicazioni, che lo faranno conoscere in campo internazionale come il più avanzato ecumenista cattolico.

Küng si era prontamente misurato con il tema della riforma della Chiesa in Concilio e ritorno all’unità del 1960, pubblicato prima del suo arrivo a Tubinga. La sua applaudita lezione inaugurale all’università di Tubinga del 24 novembre 1960 ha come tema «La comprensione teologica del Concilio ecumenico». Nell’estate del 1962, prima dell’inizio del Concilio, esce nella collana “Quaestiones disputatae”, con un Imprimatur, che è stato difficile ottenere e di cui si narra la storia, il denso volume storico-teologico Strutture della Chiesa: «Sullo sfondo di tutte queste contrapposizioni si comprende in ogni caso meglio perché il card. Döpfner troverà poi il mio libro Strutture della Chiesa una lettura “stimolante” e in grado di “togliere il sonno”. Ma ciò dipende dall’autore o non piuttosto dai fatti storici e dai problemi affrontati con onestà e imparzialità?» (303).

Partecipa alle quattro sessioni del Concilio come perito conciliare: alla prima come perito del vescovo di Rottenburg (la diocesi cui fa capo Tubinga), e alle altre tre sessioni con nomina della Segreteria di Stato vaticana [«Per tutto il tempo in cui non potrò attendere ai miei compiti didattici mi sostituirà il mio assistente, il dott. Walter Kasper» (304)]. È tra i più giovani periti conciliari: «Michael Schmans, il “papa dei dogmatici” di Monaco, si era ben presto ritirato, perché evidentemente la sua teologia scolastica non era gradita; qui, afferma, trovano udienza solo i teologi teen-ager, e con tale espressione egli pensava a Ratzinger e a me» (424). E la sua partecipazione, attenta e attiva, alle quattro sessioni del Concilio (1962-1965) rappresenta la parte ghiotta, per circa 200 pagine (319-515), di questo primo volume delle Memorie. Non è propriamente una storia del Concilio, ma il Concilio raccontato anche «dietro le quinte» (409), svelando «i retroscena» (422), da parte di un attento e impegnato teologo, guidato dall’idea di una necessaria «riforma della Chiesa» (e non solo, secondo la formulazione di Congar, «riforma nella Chiesa»; e dall’idea della «libertà del cristiano», e non solo della «libertà della Chiesa»: «Le mie fonti personali sono, relativamente al Vaticano II, le mie esperienze e i miei ricordi, le mie agende e le mie corrispondenze, gli atti del Concilio e le pubblicazioni da me personalmente curate, infine la rassegna stampa riguardante la mia persona, raccolta in più volumi – il tutto supportato da una memoria per fortuna ancora ben funzionante» (251).

Ricorre più volte il confronto con la Storia del Concilio diretta dallo storico Giuseppe Alberigo, edita in cinque volumi (1995-2001), a cui si imputa di non «sollevare questioni scottanti»: «L’autore di queste memorie [...] si permetterà di fare un po’ breccia, con le sue opinioni personali, nelle ristrette prospettive delle storie “ufficiose” del Concilio» (251).

Si inserisce in questa narrazione anche la storia della nuova rivista internazionale di teologia Concilium, il cui progetto si concretizza con il trio Rahner-Schillebeeckx-Küng già durante la prima sessione, dopo la votazione controversa sullo schema curiale sulle due fonti della rivelazione, ritirato per intervento diretto di Giovanni XXIII (21 nov. 1962). Il primo numero della rivista uscirà nel gennaio 1965: «Così, propiziata dal Concilio, si costruisce una rete internazionale di teologia che racchiude una gran parte dei nomi di maggior spicco delle varie discipline» (453).

I continui compromessi tra «maggioranza» e «ala curiale» lo convincono ad affrontare il tema della Chiesa con una trattazione, il cui schema è steso a Roma nell’ottobre 1963: «Il giorno stesso [non è indicata la data precisa] mi metto al lavoro sulla scrivania della mia piccola stanza d’albergo. In forse due ore di totale dimenticanza di me stesso progetto una concezione del libro per me coerente, consequenziale e trasparente, che dovrà avere il titolo sobrio, e nel contempo pretenzioso, di Essenza della chiesa o anche solo La chiesa». Ed è indicata la bibliografia da utilizzare: «Per l’esegesi cattolica Cerfaux, Schnackenburg e Schlier, per quella evangelica Bultmann, Campenhausen, Käsemann e Schweitzer. Per la dogmatica cattolica Adam, Bathasar, Congar, de Lubac, Möhler, per quella evangelica Barth, Brunner, Diem, Ebeling, Elert, Prenter, Schlink e Weber. Tutti autori a me già ben noti (la maggior parte di loro anche personalmente) e soprattutto universalmente riconosciuti. [...] Soltanto così risulta pensabile ed esprimibile un’opera di getto, una sintesi credibile e utilizzabile» (433). Il libro è programmato per la fine del Concilio, ma sarà terminato solo un anno dopo e sarà editato nel 1967.

L’ultimo capitolo di questo primo volume delle Memorie si intitola: «Ritorno all’antica illibertà?», e continua la narrazione delle tensioni delle ultime due sessioni del Concilio, per presentare un bilancio dei 16 documenti conciliari: «Eppure, nonostante tutto, ora mi sembra importante che non ci si limiti a deplorare le incontestabili oscurità, i compromessi, le omissioni, le unilateralità, i passi indietro e gli errori [...]. Occorre piuttosto, con una speranza che guarda avanti, considerarli come compito per il futuro e cercare di superarli nello spirito del Concilio, che non ha voluto chiudere nessuna porta. [...] Insomma: a partire dal Vaticano II è andata a chiudersi per la chiesa cattolica l’età della Controriforma restauratrice del Medioevo, della difensiva, della polemica e della conquista – e questo nonostante tutte le resistenze annidate proprio nel centro romano. Una nuova epoca, piena di speranza, è cominciata per lei: un’età del rinnovamento costruttivo in tutti gli ambiti della vita ecclesiale, dell’incontro comprensivo e della collaborazione con la restante cristianità, con gli ebrei, le altre religioni e con il mondo moderno in genere» (513).

Il libro è ricco di molti altri spunti: il colloquio dell’autore con Paolo VI, alla ricerca di giovani intelligenze da mettere al servizio della chiesa; il rapporto, fin qui amichevole, con l’altro teen-ager dei teologi conciliari, Joseph Ratzinger, che il decano della facoltà Küng chiamò a Tubinga, dove arrivò nel semestre estivo 1966; e molte altre pagine ancora, che si dovrebbero citare.

Certo, il toglimento della missio canonica, dell’autorizzazione ecclesiastica a docente nella facoltà cattolica di teologia del dicembre 1979, ha lasciato ferite, difficili da rimarginare. Basterà solo ricordare che il vescovo che gli notificherà il severo e duro provvedimento romano è stato il vescovo di Rottenburg, che era stato promosso al dottorato in teologia proprio da Hans Küng: «Il 1° maggio [1962] un prete della pastorale universitaria viene a trovarmi per prendere accordi più precisi in ordine al suo esame di dottorato. Il 19 luglio, dalle 10 e 10 alle 10 e 30 viene da me esaminato in teologia fondamentale e promosso lo stesso giorno Doctor theologiae. Un uomo gioviale e un buon pastore d’anime questo Georg Moser. In seguito diventerà direttore dell’Accademia, vescovo ausiliare, e infine vescovo di Rottenburg, succedendo a Kasper. In questa veste, nella disputa sull’infallibilità, revocherà poi il 18 dicembre 1979 – su ordine di Roma e contro il suo intimo convincimento – al suo professore ed esaminatore di un tempo – l’autorizzazione ecclesiastica all’insegnamento. Ma questa è una storia a sé, che dovrà essere raccontata più in dettaglio in un secondo volume» (291-292).

Il secondo volume è nel frattempo apparso in edizione tedesca con il titolo Umstrittene Wahrheit (2007) [Verità contesa], che si potrebbe rendere, in analogia con il titolo del primo volume, La mia battaglia per la verità, per una verità che conduce alla libertà. Esso risulta ancora più interessante del primo volume. Scrive Hans Küng nel «Proemio»: «Non c’è dubbio che l’elezione del papa nell’anno 2005 ha notevolmente innalzato il significato di queste Memorie, ma anche la mia responsabilità come autore». La fitta ricostruzione e documentazione risulta di estremo interesse, non solo per la vicenda personale dell’autore, ma anche per la storia della chiesa e della teologia del XX secolo.




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Forum teologico, a cura di Rosino Gibellini
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