Si ì tenuto a Nairobi dal 16 al 19 gennaio u.s. il II Forum Mondiale di Teologia e Liberazione, seguito dal 19 al 25 gennaio u.s. dal Forum Sociale Mondiale. Il I Forum Mondiale di Teologia e Liberazione si era tenuto a Porto Alegre in Brasile nel 2005, e sono apparsi ora gli Atti in lingua portoghese-brasiliana, e in lingua spagnola; si attende l’edizione inglese-americana. Il tema di questo I Forum Mondiale di Teologia e Liberazione era: “Teologia per un altro mondo possibile”. Il tema di questo II Forum Mondiale di Teologia e Liberazione di Nairobi 2007 è stato: “Spiritualità per un altro mondo possibile”. Riproduciamo qui una prima breve cronaca di un giornalista tedesco, apparsa sulla rivista PubliK-Forum
Desmond Tutu, anziano arcivescovo anglicano di Città del Capo e Premio Nobel per la pace nel 1984, è una specie rara di cristiano: un profeta e un pungente accusatore; comunque, uno che sa ridere di se stesso, un uomo capace di umorismo.
«Perché ho ricevuto il Premio Nobel per la pace? Perché il mio nome è tanto facile da pronunciare!». Tutu rise sonoramente e galvanizzò così il suo pubblico. In questo modo egli iniziò un fulminante discorso di bilancio nella manifestazione conclusiva, davanti a 250 teologhe e teologi cristiani della liberazione provenienti da tutto il mondo, che si erano incontrati a Nairobi, capitale del Kenya, per il Secondo forum mondiale di Teologia e Liberazione. Più gravi furono le affermazioni di Tutu sulla situazione delle chiese. In tempi di separazione delle razze è stato semplice prendere chiaramente posizione pro o contro l’Apartheid. La «odierna crisi di identità delle chiese in tutto il mondo» dipende dal fatto che le posizioni non sono più così chiare. Tutu: «La chiesa è una delle opzioni disponibili sul mercato». Poi Tutu spostò l’attenzione sulla Bibbia: «Una ricetta sicura per opprimere qualcuno è togliergli la Bibbia». Partendo dal profeta Isaia egli spiegò il legame tra religione e politica: «Dio è incorreggibilmente e unilateralmente a favore dei deboli, degli affamati e dei peccatori». Così il vescovo anglicano affrontò il tema su cui si confrontò il forum teologico mondiale nell’ambito del politico forum sociale mondiale: «Spiritualità per un mondo diverso».
Come già nel 2005, nella città brasiliana di Porto Alegre, anche qui si trattò di unire la riflessione teologica con progetti del politico forum sociale mondiale. Denominatore comune fu il rifiuto del neoliberismo ampiamente dominante. Tuttavia, gli animi si divisero sulla questione se si devono cercare cambiamenti nel sistema oppure se il sistema, con organizzazioni quali la Banca mondiale, il Fondo monetario internazionale e l’Organizzazione del commercio mondiale, vada interamente rifiutato e combattuto.
Una giornata fu dedicata alle chiese e alla teologia in Africa. Le liturgie, animate da cori dai quartieri poveri di Nairobi, resero presente la vitalità della religiosità africana. Ma si parlò anche dell’ambivalenza e doppiezza della corrente di fondo tradizionale presente in tutte le religioni africane: nella miseria quotidiana dei poveri fioriscono, in molte parti, culti satanici e credenza nelle streghe.
Philomena Mwaura, professoressa di teologia alla Università del Kenya a Nairobi e membro del Circle of concerned african women doing theology [Circolo delle donne africane che fanno teologia], spiegò che la teologia della liberazione in Africa è soprattutto la questione di molte donne cristiane. Nella spiritualità è importante l’analisi sociale: «La spiritualità del Regno di Dio si orienta ai diritti umani, per ogni donna, per ogni povero». Dio è, dal punto di vista degli africani, «relazione». Di conseguenza un cristianesimo individualizzato è una strada sbagliata, più conforme al capitalismo, sostenne Mwaura.
Spiritualità per un mondo diverso? Della spiritualità si può abusare, dichiarò il teologo di Münster Michael Ramminger dell’ Institut für Theologie und Politik [Istituto per Teologia e Politica]. Ci sono in Europa, da lungo tempo, molte forme di una spiritualità individualizzante, privatistica, la quale è acquistabile e si adatta furbescamente al capitalismo neoliberale.
Rohan Silva, teologo dello Sri Lanka e membro di Eatwot, l’Associazione ecumenenica dei teologi/teologhe del terzo mondo, spiegò che la teologia della liberazione deve oggi porsi «contro la cultura del neoliberismo, una cultura omogeneizzante, che mette tutto sullo stesso piano». È necessario distinguere in modo univoco la religione dell’imperialismo degli USA dai cristianesimi dei poveri e degli sfruttati. In particolare occorre smascherare «la religione neoliberale del benessere», quel cristianesimo asociale che «pensa positivo», isola ogni donna ed ogni uomo e poi li dichiara responsabili per se stessi.
Katja Strobel, dell’Institut für Politik und Menschenrechte [Istituto per Politica e Diritti umani], riferisce che a Nairobi «si è avvertito un irrobustirsi della teologia della liberazione, che risulta dalla comune concentrazione sul neoliberismo». I partecipanti al forum hanno visitato a Nairobi orfanatrofi e slums. «Lì siamo venuti in contatto con coloro dei quali propriamente si tratta», riferisce il professore di teologia di Magonza (Germania), Martin Maier.
Nel collaterale forum sociale mondiale, centinaia di iniziative cristiane di base, accanto agli svariati movimenti provenienti da tutto il mondo, costituirono la forza più intensa tra i circa 50.000 partecipanti. In molti colloqui emerse chiaramente un dato: gruppi cristiani di iniziativa in tutto il mondo hanno un vantaggio rispetto a quelli ‘non-cristiani’ – in virtù della loro fede essi sono più resistenti alle delusioni e perciò non così dipendenti dal successo immediato.
© 2007 by Publik-Forum, Germania
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Traduzione dal tedesco di Gianni Francesconi
Forum teologico, a cura di Rosino Gibellini
Editrice Queriniana, Brescia (UE)