10/12/2008
124. Sessantotto e teologia di Rosino Gibellini
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Se si guarda agli eventi maggiori occorsi nella Chiesa cattolica nel famoso Sessantotto spicca fra tutti la conferenza dell’episcopato latino-americano nella città colombiana di Medellín (26 agosto – 7 settembre 1968). Doveva trattarsi di una applicazione dei 16 documenti del Concilio Vaticano II (1962-1965) alla realtà ecclesiale dell’America Latina, ma si trattò di un vero evento ecclesiale, di una recezione creativa, in quanto la solidarietà con «le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce» del mondo, sancita dal Concilio, diventava solidarietà con i poveri, qual era appunto la realtà sociale del grande continente latino-americano. Partiva da qui un processo che ha generato un pensiero e la pratica della «opzione preferenziale per i poveri», come si esprimerà dieci anni dopo la conferenza di Puebla (1979). Si è trattato di un dono, che la chiesa latino-americana ha fatto alla chiesa universale. L’evento pastorale e teologico di Medellín sarà poi definito da qualche commentatore, con una certa approssimazione, il «Sessantotto cattolico». L’evento di Medellín segnava la scoperta dell’altro, degli altri, «dei settori poveri sfruttati, delle razze disprezzate, delle culture emarginate», come si è espresso il teologo peruviano Gustavo Gutiérrez.

Se si restringe lo sguardo alla realtà italiana, sotto il profilo teologico, si deve registrare l’arrivo in edizione italiana del libro sfidante Resistenza e resa del teologo evangelico Dietrich Bonhoeffer, impiccato a 39 anni nel campo di sterminio di Flossenbürg pochi giorni prima della fine della seconda guerra mondiale, all’alba del 9 aprile 1945. Il libro, che raccoglie le lettere dal carcere del detenuto Bonhoeffer, era stato edito nell’edizione postuma tedesca nel 1951, ma arrivava in Italia nel ’68, con un ritardo di oltre 15 anni, e rappresenta, certo, il più importante libro teologico della bibliografia in lingua italiana di quell’anno. Il libro fu avidamente letto, anche se spesso con interpretazioni discutibili e distorte, in quanto incrociava il movimento nordamericano della cosiddetta «teologia della morte di Dio», ma rimane scrittura chiave che prospetta la «fedeltà al mondo» come compito dei cristiani: entravano nel discorso cristiano le categorie suggestive di Cristo «l’uomo per gli altri», e della Chiesa «per gli altri».

Ma i due libri teologici più rilevanti pubblicati in edizione originale nel Sessantotto restano Introduzione al cristianesimo di Joseph Ratzinger (che può essere considerato il bestseller teologico di quell’anno); e Sulla teologia del mondo di Johann Baptist Metz, con il quale iniziava in Europa il movimento della teologia politica, attenta a coniugare il tema: religione e società. I due libri segnano due linee, da ritenere complementari, della teologia cattolica: Ratzinger più attento alla difesa della identità cattolica; Metz più attento alla rilevanza secolare del cristianesimo. Ma, in definitiva, la rilevanza avviene per il tramite dell’identità. E questo vale anche in campo ecumenico.

Ma è da segnalare un terzo libro teologico del Sessantotto, e precisamente La Chiesa e il secondo sesso della teologa cattolica Mary Daly, che poi abbandonerà polemicamente la chiesa e il cristianesimo: esso rappresentava una prima risposta teologica articolata al libro della scrittrice francese Simone de Beauvoir, Il secondo sesso (1959), e con esso prendeva inizio il movimento della teologia femminista, ancora attivo e stimolante all’interno della teologia cattolica ed ecumenica internazionale.

Si devono anche ricordare alcuni interventi propriamente “sessantottini” in riviste teologiche cattoliche, dedicati al termine «contestazione», una categoria che allora aveva grande corso, e che derivava dalla teoria critica della Scuola di Francoforte, in particolare dal filosofo nordamericano Marcuse. Tra questi sono da ricordare i testi sferzanti di Daniélou, raccolti nel libro Tests (Paris 1968), apparso immediatamente dopo il Maggio francese. In questo libro Daniélou distingueva tra: attestazione, contestazione, protesta e odio, e sottolineava che «la contestazione è valida quando viene dopo la contemplazione, dopo l’approfondimento del reale, quando denuncia le infedeltà a questo reale».

In alcune analisi si cita anche come espressione della contestazione del Sessantotto la «Lettera di quaranta teologi al Papa sulla libertà per la ricerca teologica», promossa dalla rivista internazionale di teologia Concilium (nata nel gennaio 1965), e pubblicata sul Corriere della sera (17 dic. 1968), che sarà ripresa da altre riviste e organi di stampa. Il punto saliente recitava: «Siccome vediamo rispuntare attualmente la possibilità crescente di una minaccia sulla libertà del lavoro teologico, ci vediamo spinti a fare una serie di proposte costruttive», e seguivano in sei punti proposte concrete per la riforma della Congregazione della Dottrina della Fede.

Promotori dell’iniziativa erano i quattro teologi della Fondazione Concilium: Rahner, Congar, Schillebeeckx e Küng, che aggregarono un gruppo di qualificate firme internazionali della Direzione e delle 10 Redazioni della rivista Concilium. Non è mai stata fatta la storia di quella famosa Lettera del Sessantotto, e non credo che sia interpretabile come espressione di «contestazione» al Magistero, data l’autorità dei veri promotori dell’iniziativa. Nelle Memorie (1975) di Congar la Lettera viene interpretata come un sintomo dell’inizio della rottura della felice collaborazione in atto al Concilio tra teologi e Magistero; ed era Schillebeeckx, nelle indicazioni di Congar, il teologo che nell’immediato post-concilio incominciava ad avere difficoltà. Oggi, si deve dire che i teologi cattolici hanno guadagnato buoni spazi di libertà, certo ben vigilata. Ma soprattutto manca quella piena collaborazione tra teologia e Magistero, che si è verificata al Concilio. Si possono notare due linee teologiche: una teologia, che fa da supporto al Magistero (funzione che rimane importante); e una teologia esplorativa, che rappresenta quasi un radar che intende captare i segni del tempo, che non è svincolata dalla comunità, ma in cui è attiva soprattutto la categoria di «regno di Dio». Necessaria anche questa seconda funzione esplorativa per tener viva e operante «la memoria di Dio» nella cultura secolare.




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