01/12/2025
597. SE DICO NATALE DICO (ANCHE) BLACK FRIDAY? di Manuel Belli
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Per molti italiani il periodo natalizio, da almeno una decina di anni, inizia con la celebrazione “commerciale” del Black Friday. Sorprende come in poco tempo sia nata una liturgia commerciale natalizia. Il fenomeno si comprende dentro una pluralità di significati che il natale porta con sé. Il natale è complesso, come complessa è l’umanità che la semplicità del Verbo viene ad assumere. Uno sguardo più ampio permetterà di liberarci da una certa retorica e coglierne persino delle analogie.



 

Black Friday: nascita e successo

Prendi la rete e una grande azienda che vi opera, aggiungi una campagna pubblicitaria massiccia, lega ciò che vuoi fare agli aspetti più pulsionali e irriflessi del periodo natalizio, ed ecco come si ottiene una contaminazione festiva del natale. Illustriamo meglio.

Il Black Friday, noto come il venerdì successivo al giorno del ringraziamento negli Stati Uniti, è diventato un evento commerciale di portata globale. Sebbene inizialmente associato a sconti e promozioni, il Black Friday ha acquisito significati più complessi nel corso degli anni, coinvolgendo aspetti psicologici, sociali ed economici che meritano un’analisi approfondita.

Il termine Black Friday fu coniato negli anni Sessanta a Filadelfia dalla polizia locale per descrivere il caos e il traffico intenso che seguivano al giorno del ringraziamento. Inizialmente, l’espressione aveva una connotazione negativa, riferendosi agli ingorghi stradali e alle difficoltà logistiche. Tuttavia, negli anni Ottanta, i rivenditori reinterpretarono il termine, associandolo al passaggio dai “numeri rossi” (perdite) ai “numeri neri” (profitti) nei bilanci aziendali, segnando l’inizio di una nuova fase commerciale.

Con l’espansione del fenomeno a livello globale, il Black Friday è diventato uno strumento strategico per anticipare e stimolare la domanda natalizia. Le promozioni e gli sconti massicci incentivano i consumatori a iniziare gli acquisti dei regali di natale molto prima di dicembre, distribuendo la spesa e riducendo l’affollamento degli ultimi giorni dell’anno.

Amazon è stata tra le prime aziende a portare il Black Friday al di fuori degli Stati Uniti. A partire dal 2010, la piattaforma ha introdotto sconti significativi anche in Europa. Mentre l’evento originario era legato ai negozi fisici, Amazon lo ha trasformato in un evento prevalentemente digitale. Attraverso il suo sito e l’applicazione mobile, ha creato campagne di marketing online mirate, offerte lampo e promozioni personalizzate, aumentando l’accessibilità e la partecipazione dei consumatori in tutto il mondo.

Amazon ha perfezionato tecniche di marketing che sfruttano princìpi psicologici come la scarsità percepita (offerte limitate nel tempo o nella quantità) e la paura di perdere l’occasione (detta “FOMO”). Questo approccio ha creato una cultura del consumo intensivo, incentivando milioni di persone a pianificare e anticipare gli acquisti natalizi proprio in occasione del Black Friday. L’adozione del Black Friday da parte di Amazon ha spinto altri rivenditori, sia fisici sia online, ad allinearsi alla strategia. Ciò ha trasformato il Black Friday in un evento di mercato più ampio, con grande risonanza mediatica e impatto economico significativo.

Forse per le generazioni più anziane l’espressione Black Friday non dice moltissimo; non è così per le generazioni più giovani. Secondo una ricerca di Ipsos, l’86% degli italiani programma almeno un acquisto in occasione del Black Friday. Insomma, più degli italiani che partecipano alla messa di mezzanotte. Il successo è impressionante: in quindici anni più di otto italiani su dieci associano l’inizio del periodo natalizio a una “celebrazione commerciale”.

 

Le “metamorfosi natalizie”

Le strategie pubblicitarie del Black Friday sembrano studiate dal migliore cerimoniere: attenzione al ritmo comunicativo, risposta ai bisogni del consumatore, dinamica dell’attesa, gestione della frustrazione, sapiente disposizione delle azioni nel tempo, creazione di coinvolgimento e partecipazione. Ma a sorprendere in almeno ugual misura è la capacità di una “celebrazione commerciale” di legarsi in breve tempo al periodo natalizio tanto da essere un momento partecipato da una grande maggioranza di italiani. Forse per molti oggi “periodo natalizio” significa dire anche Black Friday. Come si spiega il fenomeno? L’ipotesi è che si tratti di una delle ultime “metamorfosi natalizie”. Perché non si è mai detto “natale” in un unico modo.

In realtà il natale è una celebrazione che nasce “impura” e “poliedrica”. In essa si fondono almeno tre dinamiche, che costituiscono il triangolo semantico del natale: un evento cosmico, uno cronologico e uno rivelato. L’evento cosmico è il fatto che proprio nei giorni natalizi le giornate smettono di accorciarsi e le ore di luce iniziano a prendere la loro rivincita sulle ore di buio. Aumenta il tempo a disposizione per agire, è tempo opportuno per nuovi propositi che le giornate più lunghe potrebbero ospitare. Ma nella notte si possono solo sperare giorni migliori: sono giorni in cui l’inizio delle giornate più lunghe ha i contorni dell’aspettativa.

Per anni si è detto con una certa tranquillità che i cristiani avrebbero ideato le celebrazioni natalizie in sostituzione alle celebrazioni pagane della vittoria della luce sulle tenebre. Oggi diversi autori sostengono che forse il natale avrebbe un’origine più autonoma. In ogni caso le eucologie e i riti natalizi attingono fortemente alla simbolica della luce che visita le tenebre. Gesù è la luce che illumina coloro che stanno nelle tenebre, è l’“astro del ciel” che dona luce alle menti e pace nei cuori, è il re del cielo la cui nascita è stata indicata da una stella che splende nella notte.

Mentre si celebra tutto questo finisce l’anno civile. Si tratta di una convenzione, ma proprio nei giorni natalizi ricominciamo a contare i mesi e i giorni. Ogni nuovo inizio intercetta speranze ed auguri, forse anche qualche ansia e paura. L’ignoto attrae e spaventa sempre contemporaneamente.

La nascita di Cristo, l’inizio dell’anno e la luce che vince sulle tenebre disegnano uno spazio semantico ricco, dai significati plurimi e molto versatile. Basti pensare che Leone III pensa sia il contesto migliore per incoronare Carlo Magno come imperatore, nel 1647 Cromwell abolisce le celebrazioni natalizie per simboleggiare fortemente l’inizio di una nuova era puritana in Gran Bretagna, nel 1914 sul fronte occidentale molti soldati pensano che natale sia il contesto migliore per una tregua spontanea e per celebrare il desiderio di pace, da decenni a santa Maria in Trastevere si pensa che natale sia il giorno migliore per offrire una giornata più leggera a chi vive per strada e senza un contesto famigliare.

Attenendosi al significato strettamente cristiano, ci sono alcuni punti di rottura nelle modalità di sentire e celebrare il natale. Certamente la spiritualità e la prassi francescane rappresentano un momento di svolta: se prima di san Francesco l’accento era posto sulla “divinità del Cristo” (senza particolari rilevanze riconosciute ai fatti della natività), con la nascita dei frati minori si sviluppa una devozione e una mistica “dell’umanità di Cristo”, con l’importanza della contemplazione del presepio. Il “significato” del Dio che si incarna non è eliminato, ma si sviluppa una devozione molto attenta alle “modalità” dell’incarnazione, con la sottolineatura di elementi di povertà, semplicità, accettazione del disagio, umiltà che divengono anche significati morali da imitare. Se dopo Calcedonia si sente l’importanza di celebrare le due nature di Cristo, con Francesco si sottolinea l’altissima umiltà di Dio. Non che le due cose siano contrastanti, ma certamente sono due accenti. 

In un periodo dove augurare e augurarsi nuovi e buoni inizi sembra importante, in cui si usa farlo con regali, in cui si presume di spendere molto e si desidera risparmiare, i “cerimonieri” del Black Friday hanno saputo inserirsi nel triangolo semantico del natale per proporre una “liturgia del consumo” ampiamente accettabile.

 

Il vero natale

Nei nostri repertori natalizi esiste un canto che si intitola Il vero natale. E in effetti un richiamo alla “verità natalizia” appartiene a una certa retorica omiletica. La verità in questione viene reclamata su diversi fronti: il “natale religioso” come vero rispetto a un “natale consumistico” come falso, un “natale dell’incarnazione di Cristo” come vero contro il “natale dei buoni sentimenti” come falso. Ma le osservazioni che abbiamo fin qui condotto mettono in luce come non sia semplice definire un’univocità di semantica natalizia: contesto cronologico, eventi astronomici, sensibilità teologiche ed enfasi su simboliche connesse a tali elementi hanno generato lungo i secoli diverse sottolineature che rendono difficile la definizione di una “ortodossia natalizia” rigida e univoca.

La polisemia natalizia non dovrebbe forse stupire: stiamo parlando del mistero dell’incarnazione. Dio non guarda da fuori e non considera da lontano la storia degli uomini, ma vi si immerge. Rivelando tutta la verità di Dio, Cristo rivela anche la verità dell’uomo. Si tratta di una rivelazione che non sopprime tuttavia la complessità, ma la assume e la rende luogo teologico. Per dire Cristo servono quattro stili evangelici molto diversi tra di loro, e per dire la sua santità non sono bastate le scelte sante dell’uomo fatte dall’inizio dell’era cristiana a oggi: l’unico Cristo, proprio nella sua unicità, o si dice in modo complesso, come complessa è l’umanità, o si sta dicendo male.

Il natale è mistero complesso, come lo è l’incarnazione, e i giorni di natale sono complessi. In essi si fondono significati detti, dicibili, sensazioni e vissuti simbolici e non verbali che formano una galassia semantica ed esperienziale meravigliosa nella sua complessità. L’unico mistero teologico dell’incarnazione può dunque essere detto con diverse sfaccettature: dalla divinizzazione della natura umana all’umiltà di Dio, dalla scelta di Dio per la povertà al suo nascondimento, dall’atteggiamento di adorazione dei pastori alla ricerca dei magi.

Non dovrebbe destare troppa meraviglia che alcuni valori umani trovino ospitalità nella narrativa natalizia: la famiglia, l’accoglienza, la benevolenza, l’infanzia, la speranza sono poli semantici che condiscono film, storie e immaginari natalizi. Non rappresentano lo specifico cristiano, ma sono parte di quell’umanità comune che il Verbo è venuto ad abitare.

Salvaguardata la solidarietà, una condanna senza appello al consumo natalizio è sensata? Scambiarsi doni o sedersi a una mensa più solenne dell’ordinario sono fonti di gioia, di cui non si vede (nella moderazione) il contrasto con il vangelo. La complessità dell’umanità richiede anche di considerare un sistema economico complesso: non sono poche le attività commerciali che si reggono sui doni e sulle mense natalizie. Del resto, l’economia di diversi luoghi di pellegrinaggio si regge sui pellegrini. Paiono sinceramente ingenui appelli a un’austerity natalizia, magari nelle stesse parrocchie dove si organizza il cenone di capodanno.

L’altissima umiltà di Dio, la sua profonda solidarietà, la meraviglia della sua venuta sono buone notizie che non entrano in concorrenza con le espressioni della nostra umanità; semmai la nobilitano e la inverano. Forse il natale non è una celebrazione che si possa facilmente ridurre ai minimi termini: si tratta di una realtà che chiede di salvaguardare la complessità. Questo non significa evidentemente assottigliare la dinamica rituale cristiana sui tempi e modi del consumo. La liturgia commerciale esaspera scientemente i desideri senza mai saziarli, crea comunità effimere, offre doni che si esauriscono in fretta.

La liturgia religiosa, invece, educa a tempi più lenti e lunghi, chiede di attendere pazientemente (avvento), per poi trattenere e dilatare per più giorni sullo stesso mistero (ottava e tempo di natale), celebra un dono che non è meritato né posseduto. È su questo terreno che emerge una differenza da custodire proprio sul piano rituale più che morale: entrambe le liturgie toccano corde umane simili, ma quella religiosa sposta il bisogno e il consumo in sorpresa e salvezza.

 

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