15/08/2025
589. SAPER VEDERE IL SOLE NELLA PIOGGIA di Juri Camisasca
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Juri Camisasca: musicista e artista italiano, la cui vita è profondamente segnata dalla ricerca spirituale e dalla fede.
Nel libro Un semplice esistere, Juri, in dialogo con l’amico Paolo Trianni, esplora il suo singolare percorso di vita: dall'effimero successo musicale giovanile alla radicale conversione e alla vita monastica, fino al successivo ritorno a una forma di spiritualità più libera e personale, sempre intrecciata con la sua musica.
Emerge così un ricco mosaico, fatto di saggezza interiore, distacco dal mondo materiale, ricerca dell'Assoluto, silenzio e meditazione. Una molteplicità di spunti per approfondire la natura dell'esistenza umana e la via che conduce alla realizzazione interiore.
L'amicizia con Franco Battiato rappresenta un elemento cruciale nel suo percorso umano e artistico. Battiato ha introdotto Camisasca nel mondo discografico all'inizio degli anni Settanta e lo ha convinto a tornarvi alla fine degli anni Ottanta, dopo la sua esperienza monastica. Il loro rapporto, definito "karmico" dallo stesso Juri, è andato oltre la collaborazione artistica, basandosi su una profonda affinità spirituale e umana. Sebbene i due artisti abbiano mantenuto stili e approcci differenti, la reciproca influenza è innegabile. Da entrambi le parti, l'arte musicale (ma anche iconografica, per Camisasca) è concepita come un mezzo per esprimere e comunicare una dimensione spirituale più profonda.
Riportiamo di seguito ampi stralci dell’intervista rilasciata da Camisasca al quotidiano Avvenire.
Buona lettura! 


 

 

Camisasca, sono passati quattro anni dalla scomparsa di Battiato. Cosa prova?

«Franco è come se fosse sempre qui, dove io del resto vivo ormai da trent’anni. Purtroppo ho però visto cose in questi quattro anni davvero imbarazzanti. Mi ha ferito vedere come sia stata strumentalizzata la sua morte, tanti concerti per sfruttarne il nome. Mi sono un po’ arrabbiato, ma mi rendo conto che questo fenomeno va accettato. Molti in effetti hanno semplicemente inteso omaggiarlo. A partire da Alice, l’unica che può davvero cantare Battiato».

 

Ma lei come riesce a viverecosì in solitudine?

«Leopardi diceva che la solitudine è come una lente d’ingrandimento, se stai bene stai benissimo ma se stai male stai malissimo. Io ho acquisito equilibrio: dipingo icone, leggo, medito. Non è importante quello che faccio, ma come lo faccio. È la presenza interiore che conta. Senza le distrazioni del mondo esterno, la ripetitività diventa una forma di disciplina».

 

Da milanese, di Melegnano, dopo tutti questi anni si sente siciliano?

«Non mi sento né siciliano, né milanese. Mi sento un uomo nel mondo, non ho radici. Amo semmai le radici profonde degli alberi. Purtroppo però li radiamo al suolo e ci togliamo l’aria vitale. Anche questo è un esempio di calpestamento della vita. L’uomo ha una prepotenza davvero distruttiva. È il cuore della questione, del resto. Questo Ego che ci separa dalla Luce».

 

Una sua frase quasi all’inizio del libro recita: «L’Ego fraintende tutto».

«Sì, è vero. È in sostanza il peccato basilare, quello rappresentato da Adamo ed Eva. Il senso sbagliato della nostra interpretazione della vita. Per questo ci sentiamo separati dalla vita. Ed è l’Ego che ci dà la sensazione di essere come delle entità autonome che vivono in virtù di una propria auto-capacità. Ma non è così, perché è la Vita che si manifesta e vive in noi. Certo, è giusto che ci sia l’individualità, perché è il punto di partenza. Ma da questo punto di partenza bisogna fare un percorso che è il ricongiungersi nella consapevolezza del corpo cristico. Il corpo dell’umanità, così come lo interpreta la Chiesa».

  

Vita universale ed eterna di cui noi siamo espressione…

«È questo il senso umano: non “io vivo”, ma “Cristo vive in me”. Dovrebbe essere questo il senso del cammino cristiano. Stante questa verità, ecco che siamo chiamati a collaborare. Non si raggiunge però il fine soltanto perché si riesce a capire questa verità intellettualmente. Bisogna semmai arrivarci con l’esperienza. Occorre fare questa esperienza di annullamento di sé. Simone Weil parlava di decreazione, laddove decrearsi è lo smantellarsi delle nostre sovrastrutture intellettuali ed egoiche. Liberarsi di tutte la zavorra che ci portiamo dentro per fare la scoperta della luce di Cristo in noi. Questo è il cammino richiesto a ogni cristiano, sia esso un monaco, un eremita o un padre di famiglia». 

  

«La dimensione insondabile la troverai fuori città», come diceva in Nomadi cantata anche da Battiato…

«“Alla fine della strada”, aggiungevo però. In questo momento storico nel mondo pare essere in atto una grande offensiva di Satana. Siamo manovrati da forze oscure. Con questi pazzi megalomani che credono di avere in mano la Terra e scatenano guerre. È una cosa indicibile. È proprio in momenti così che ha ancora più valore e urgenza esaltare l’attenzione alla interiorità. Per dare senso a ciò che senso non sembrerebbe invece avere».

  

Dobbiamo saper vedere “il sole nella pioggia”, per citare un’altra sua canzone…

«Sì, perché l’uomo quaggiù vive proprio in questa perenne condizione. Siamo chiamati a vedere la luce anche nell’ombra. Credo del resto che tutti abbiamo dei contatti con il trascendente, soltanto che c’è troppa distrazione. Quando sento dire: ma questo Dio dov’è? Io dico: dove sei tu? Avvicinati a una sensibilità maggiore verso te stesso e verso la vita e vedrai che scoprirai grandi cose».




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