«Caro omonimo …». Inizia così la lettera che l’arcivescovo di München-Freising in Baviera, Reinhard Marx, indirizza al suo concittadino più conosciuto Karl. Ma le coincidenze non finiscono qui: lo scritto non è altro che il primo capitolo dell’ultimo libro pubblicato da mons. Marx che ha per titolo “Das Kapital”, proprio come la celeberrima opera, sottotitolo “Eine sozialethische Streitschrift”.
Pubblicato nell’ottobre scorso, tradotto ora in Italia dalla Rizzoli, che ne aveva tempestivamente acquistato i diritti, il testo costituisce un’originale rilettura, diventando in pochi mesi un autentico best seller (100 mila copie vendute al mese di gennaio). Inedita la prefazione dell’autore aggiunta all’edizione italiana «forse guardare alla situazione in Germania e conoscere l’opinione di un vescovo tedesco che si è occupato a lungo e intensamente di questi temi può fornire, anche in Italia un contributo costruttivo al dibattito». Di fatto “il Capitale di un altro Marx” è il titolo subito rimbalzato dalle agenzie di mezzo mondo e segnalato dalle maggiori testate internazionali, specialmente finanziarie. Ovunque, manco a dirlo, rispetto e approvazione (l’ultima in ordine di tempo è l’edizione europea del Time nel numero d’inizio febbraio). Ma chi è questo vescovo che trova credito nell’ambito della finanza mondiale alla stregua – facile il parallelo – del domenicano Timothy Radcliffe o del card. O’ Connor già a Westminster o del primate anglicano Rowan Williams?
Una Chiesa incarnata nell’oggi
55 anni, studi teologici a Münster (teologia morale con particolare attenzione alla dottrina sociale), dal 2001 al 2006 arcivescovo di Treviri e dal 2007 alla diocesi di München e Freising (che fu di Joseph Ratzinger dal ‘77 all’81), attualmente segretario e portavoce della Conferenza episcopale tedesca, delegato presso la Commissione Europea (COMECE) di cui è vicepresidente e guida della Commissione Affari Sociali, membro del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, mons. Marx non è nuovo a prese di posizione coraggiose per ribadire i principi fondamentali della dottrina sociale della Chiesa in netta contrapposizione con l'attuale ordine economico mondiale. Oratore capace e apprezzato, sempre disponibile al confronto, lo si incontra sui media come in tavole rotonde, incontri, seminari della Mitteleuropa. Ovunque una grande capacità di ascolto coniugata al coraggio della denuncia nell’intento di tradurre il Vangelo (e la dottrina sociale della Chiesa) in un linguaggio adatto all’uomo di oggi.
Alla Camera di Commercio americana del Lussemburgo – in un intervento dal titolo “Ethics or profits?” – ha sostenuto con determinazione come il rispetto di principi etici non significhi affatto vanificare le leggi della moderna economia. Ma soprattutto l’inconsistenza di principi etici speciali in questo settore, ribadendo con vigore come l’uguaglianza e la dignità delle persone siano sempre le stesse in ogni campo dell’agire umano e auspicando che il riconoscimento di una responsabilità si traduca poi in azioni concrete «allo stesso tempo eticamente accettabili ed economicamente valide».
«Un capitalismo privo di un quadro etico è nemico del genere umano», dichiarava in un'intervista a Der Spiegel (44/2208) che, tradotta immediatamente, ha fatto riflettere non poco gli operatori della City o di Wall Street. Di fronte ad affermazioni del tipo «l’economia deve sottostare a principi etici e non essere totalmente in balia del mercato. Le regole del gioco devono avere una qualità etica. In questo senso la dottrina sociale della Chiesa costituisce una critica continua al capitalismo» e ancora «l’avidità e la speculazione selvaggia sono peccato» oppure «il profitto del capitale non è l’unico traguardo dell’economia» quanti non conoscono il Concilio o le encicliche sociali vanno letteralmente in tilt.
«L’analisi marxiana era giusta»
Ma nel libro si spinge oltre affermando che «un capitalismo privo di umanità, solidarietà e giustizia è da considerarsi immorale e senza futuro».
«Il testo costituisce una critica spietata alla completa liberalizzazione del mercato e alla flessibilità del lavoro – dice don Joseph Stricker, assistente del KVW della diocesi di Bolzano-Bressanone, l'organizzazione parallela alle ACLI – anzi, alla luce dell'attuale crisi finanziaria, è come dire che il modello di capitalismo attuale è giunto al capolinea. Una filosofia giunta al collasso. Proprio in questo momento è opportuna questa riscoperta della critica di Karl Marx che, almeno dagli anni Ottanta, sembrava ormai da gettare alle ortiche in nome della modernità. Oggi, grazie all'azione intelligente del vescovo Marx, si può dire che è in atto, in modo molto accorto e prudente, una sua autentica rivalutazione: non a caso cita il gesuita Oswald von Nell-Breuning scomparso nel 1991 “la dottrina sociale della Chiesa vide in Karl Marx un avversario, ma ne ha sempre avuto anche un grande rispetto”».
Nel suo ultimo libro in maniera inequivocabile il teologo morale sottolinea la vicinanza con la dottrina sociale della Chiesa chiamata ad ampliare i suoi orizzonti alla luce delle distorsioni attuali «il vecchio conflitto tra lavoro e capitale si è spostato sempre più a favore del capitale». Diverse invece le soluzioni prospettate: «a differenza con lo storico Marx, nessuna rivoluzione del proletariato, ma se oggi non possiamo prescindere da un sistema di mercato, occorre però dotarlo di una cornice sociale», commenta don Striker. Il modello anglosassone totalmente privo di ogni regolamentazione, ancora strenuamente difeso dall’ultimo Bush nel G20 di Washington, dilatato a dismisura dopo il crollo del muro di Berlino deve cambiare paradigma. È la “soziale Marktwirtschaft” (“l’economia di mercato sociale”) la proposta dell'attuale Marx: una sorta di mercato temperato.
Tanto per sfatare l'equazione – così diffusa anche nel nostro Paese – che realizzerebbe: critica al capitalismo uguale comunismo. Del resto è lo stesso autore a dichiararsi niente affatto marxista quando al «caro omonimo» scrive: «le conseguenze del tuo pensiero sono state alla fine disastrose». Ma ciò non significa affatto sminuire la fondamentale bontà della sua analisi sociale, anzi. In un articolo pubblicato nel 2008 sulla Sächsische Zeitung, scriveva di non essere mai stato indifferente alla persona di Karl Marx e alle straordinarie affinità tra le tesi della dottrina sociale della Chiesa e le sue al punto da invocare con forza una riforma dell'attuale mercato alla stessa stregua della critica marxiana del XIX secolo. «E questa non è da considerarsi un'utopia, bensì un'autentica necessità per il bene dell'umanità intera» convinto che «sono le persone e la terra intera il vero capitale e la Chiesa è chiamata a lottare con unghie e denti per difenderli».
«È ora di mettere in atto una governance globale per portare più giustizia, trasparenza e responsabilità nei mercati finanziari mondiali, come da tempo la Chiesa propone» dichiarava nell’ottobre scorso a Parigi in occasione dell’incontro della Commissione Affari sociali COMECE.
Convergenze diverse
E a quanti lo criticano Reinhard Marx ribatte determinato: «la mia posizione non è una sorta di filo-romanticismo utopico – non è compito dei vescovi realizzare il Paradiso in terra, aveva dichiarato in un'intervista alla Süddeutsche Zeitung – ma sono convinto che la strada sociale sia l'unica via giusta alla quale non c'è alternativa ragionevole».
«L'arcivescovo non è affatto solo – fa eco Peter Gumbel sul Time del 2 febbraio in “Rethinking Marx” – perché da Washington a Vladivostock le analisi sono identiche».
Voci sulla stessa lunghezza d’onda si incontrano ora sempre più frequenti anche nella Chiesa. «Affermare i diritti dei poveri, porsi “à coté dell’emargination” come scriveva Paolo VI ancora nel messaggio di Quaresima del 1976, non significa affatto essere comunisti, ma soltanto fedeli al Vangelo», scrive mons. Giovanni Nervo, primo presidente della Caritas italiana nel suo libro del dicembre scorso, ricordando la sfida per «una globalizzazione nella solidarietà e una globalizzazione senza marginalizzazione», contenuta nel Messaggio per la Giornata mondiale della Pace 1998.
«Oltre a porre enfasi sulla dignità e sul valore di ogni individuo dal concepimento alla tomba, la Chiesa considera la persona umana come un essere essenzialmente sociale che ha bisogno di un sicuro contesto sociale in cui prosperare. Da questo derivano l'importanza del matrimonio e della famiglia e quella della comunità e di un posto sicuro dell'individuo in essa. Privare le persone del diritto al lavoro vuole dire privarle della capacità di contribuire alla vita della comunità, emarginandole e riducendo la loro dignità umana», scriveva il card. Cormac Murphy-O'Connor sull’Osservatore Romano del 23 novembre, ripubblicato l’11 gennaio. «La crescita economica non è l’unico criterio di una società sana». E parlando da una Londra dove l’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams definisce “rapinatori” i banchieri che han prosperato per anni sui debiti delle persone: «quando il mercato si riprenderà, dovrà essere gestito in modo da contribuire a creare nuova occupazione con una retribuzione adeguata e condizioni lavorative decenti. I cristiani riconoscono che il mercato, come il denaro in sé, è un elemento essenziale nella conduzione degli affari umani. Tuttavia le leggi per mezzo delle quali opera non sono cieche come quella della forza di gravità. Derivano da azioni e decisioni umane, che quindi le possono moderare. Quanti gestiscono il mercato hanno l'obbligo di garantire che le loro azioni promuovano il bene comune e non solo la massimizzazione dei profitti di quanti sono più esperti nel suo sfruttamento».
Che, insieme al mercato senza regole, sia alla fine quella che il loro concittadino Radcliffe definisce «la schiavitù dei tre idoli – coltivazione di desideri illimitati, assolutizzazione della proprietà privata e deificazione del denaro – che deformano il villaggio globale»?
Bibliografia
1. Vittorio Cristelli, Il “Capitale” del vescovo Marx, in Vita Trentina n.1/2009, Trento 11 gennaio 2009;
2. Giovanni Paolo II, Dalla giustizia di ciascuno nasce la pace per tutti, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1998, Città del Vaticano 1997;
3. Gumbel Peter, Rithinking Marx, in Time - european edition, 2 febbraio 2009;
4. International Herald Tribune Europe (redazione), Another Marx, a new “Das Kapital”, 29 ottobre 2008;
5. Reinhard Marx, Das Kapital - Eine sozialethische Streitschrift, München 2008 (Il Capitale – Una critica cristiana alle ragioni del mercato, Rizzoli, Milano 2009);
6. Reinhard Marx, Ein Bischof mit viel Kapital, intervista in poadcast a www.sueddeutsche.de/muenchen 29 novembre 2007;
7. Reinhard Marx, Ethics or profits? - The stakeholder approach as a facet of value-orientated management, intervento alla American Chamber of Commerce in Luxembourg, 6 febbraio 2006;
8. Reinhard Marx, dichiarazione a SIR, Parigi 9 ottobre 2008;
9. Cormac Murphy-O'Connor, La crescita economica non è l’unico criterio di una società sana, in l’Osservatore Romano 23 novembre 2008 (ripubblicato come La recessione e la riscoperta della dimensione etica dell’economia in L’Osservatore Romano 11 gennaio 2009);
10. Giovanni Nervo, La solidarietà – Uno per tutti, tutti per uno, Padova 2008;
11. Timothy Radcliffe, What is the point of Being a Christian?, London 2005 (Il punto focale del cristianesimo, Cinisello Balsamo 2008);
12. Peter Wensierski-Stefan Berg, \Wilde Spekulation ist Sünde", intervista a Reinhard Marx in Der Spiegel n.44/2008 p. 170, München 27 novembre 2008.
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Forum teologico, a cura di Rosino Gibellini
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