01/06/2025
584. NICEA: 1700 ANNI E NON SENTIRLI! di Philip Jenkins
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325-2025, il concilio di Nicea compie 1700 anni. Tappa fondamentale nella storia della chiesa, della teologia e della nascita della cristianità, questo evento ancora non smette di suscitare domande, ricerche e talvolta perplessità. Siamo sicuri della “memoria” che ci è stata lasciata di Nicea? Quali erano davvero gli interessi in gioco e cosa “credevano” le parti teologiche tra loro contrapposte? Sono queste le domande da cui è partito Philip Jenkins, docente alla Baylor University (Texas), nel suo ultimo articolo uscito su Christian Century e che qui vi proponiamo nei suoi passaggi principali.



 

 

Nel maggio del 325, trecento vescovi risposero alla convocazione dell’imperatore romano Costantino, riunendosi a Nicea, nell’attuale Turchia, per discutere le pressanti controversie teologiche che allora dividevano la chiesa. In questo 1700° anniversario ciò che più ci colpisce di quel concilio è il modo molto diverso in cui raccontiamo le nostre storie – e come una versione scavalchi ed elimini le altre, arrivando a essere la pura verità, persino l’unica verità.

 

1. Una storia da rivedere

 

Come di solito avviene, la storia nicena racconta come la chiesa primitiva abbia formulato la sua dottrina della Trinità, in cui Padre, Figlio e Spirito Santo hanno sempre coesistito (cf. Gv 1). Intorno al 310, il presbitero alessandrino Ario insegnò la sediziosa dottrina rivale, secondo cui il Padre, che era realmente dall’eternità, aveva generato il Figlio. Questo potrebbe essere avvenuto pochi nanosecondi dopo il momento della creazione, ma anche così ci sarebbe stato un tempo in cui il Figlio non era, e questo fatto ha segnato una distinzione fondamentale tra le due persone. Il Figlio era stato generato ed era subordinato al Padre. La chiesa alessandrina condannò Ario e la decisione fu approvata con decisione a Nicea, dove solo due dei prelati riuniti dissentirono. Atanasio emerse come il principale nemico di Ario e la nemesi della sua causa. L’ortodossia cristiana fu salvata.

Negli ultimi decenni, studiosi come Rowan Williams hanno dedicato un'immensa attenzione ad Ario e all’arianesimo, sottolineando che le due cose non siano affatto uguali. La ricerca solleva domande sul conflitto niceno, domande che dovrebbero essere poste su molti dibattiti della chiesa.

La prima è: come lo sappiamo? Nei primi tempi, la parte vincente nelle lotte teologiche era solita ordinare la distruzione totale della maggior parte dei documenti in cui i rivali avevano osato presentare le loro opinioni, e Nicea non fece eccezione. Non solo tutti i documenti ariani dovevano essere distrutti, ma la pena di morte attendeva quelle anime audaci che avessero cercato di nascondere tali oggetti di contrabbando. Ovviamente, quindi, non potremo mai sapere con precisione cosa credevano gli ariani e non potremo mai riportare queste controversie in modo equo ed equilibrato.

L’altra domanda critica potrebbe essere: chi fu il primo? Si tratta di decidere quale delle due parti in un determinato conflitto possa legittimamente affermare di presentare una posizione antica e consolidata, rispetto a una novità emergente. Ciascuna parte credeva di presentare l’autentica verità arcaica, o quello che potremmo definire l’intento originale, mentre le opinioni rivali dovevano essere state elaborate molto di recente, presumibilmente in seguito ai capricci e alle ambizioni di un pensatore deviante. Questo spiega l’antica tendenza cristiana a presentare ogni opinione concorrente come un “-ismo” associato a qualche individuo, come avvenne con Ario.

 

2. Diversi, ma non troppo…

 

Naturalmente il partito pro-niceno sosteneva che i propri insegnamenti erano la voce autentica della chiesa più antica: come avrebbero potuto fare altrimenti? Ma in questo non dobbiamo per forza credergli. Nonostante la successiva mitologizzazione ortodossa, Ario era tutt’altro che un innovatore sconsiderato. La maggior parte degli argomenti che attirarono la disapprovazione dei suoi superiori derivavano dai suoi decisi tentativi di affermare l’ortodossia cristiana contro le sette valentiniane e manichee, che rimanevano potenti nell’Egitto del suo tempo. Contrariamente a quanto predicato da queste sette, Ario dichiarò che Cristo non doveva essere visto come una sorta di emanazione mistica di una forza divina, ma aveva piuttosto una propria identità distinta. Sotto molti aspetti, le posizioni teologiche di Ario si accordavano bene con quelle dei grandi pensatori dei due secoli precedenti, con Giustino Martire, Origene, Tertulliano, Clemente di Alessandria e altri – quelli che chiamiamo i padri ante-niceni. In misura maggiore o minore, tutti avevano predicato la Trinità, ma insegnavano anche che il Figlio era subordinato al Padre e implicavano la generazione nel tempo. Sia Ario che Atanasio rivendicavano Origene come loro grande ispiratore ed entrambi citavano questo brillante pensatore con uguale entusiasmo.

Le due parti in causa nei dibattiti ariani si confrontavano con preoccupazioni pressoché identiche. Ciascuna voleva preservare l’unità di Dio pur riconoscendo le distinzioni tra le persone. Allo stesso tempo, non volevano che queste distinzioni diventassero così nette da far cadere i credenti in una sorta di politeismo, che nell’atmosfera religiosa del tempo avrebbe costituito un’imperdonabile concessione al paganesimo. In ogni caso, la parte atanasiana trionfò e “riplasmò” retroattivamente i suoi nemici come sostenitori di un arianesimo che presentava una visione crudamente unitaria che negava la divinità di Cristo. È stato lo stesso Atanasio a costruire il pacchetto di presunte credenze che ha poi dipinto come arianesimo, e che è stato infinitamente citato come autentico dagli storici successivi. Un’immagine del genere sarebbe stata a malapena riconoscibile per lo stesso Ario, che in questo senso non è mai stato un ariano. Un secolo dopo,qualcosa di simile accadde a Nestorio, che era altrettanto lontano dalla caricatura del “nestoriano”.

La storia della chiesa ha reimmaginato Ario come il modello di eresiarca, ambizioso, arrogante e infine disposto a distruggere il credo della chiesa per placare la propria vanità. È stato letteralmente demonizzato nell’arte e comunemente accostato a Giuda Iscariota come traditore di Gesù Cristo. Nel Paradiso dantesco, Ario compare come uno degli sprovveduti che sporadicamente agitano le acque della vera fede.

 

3. E se fosse andata diversamente?

 

Con il senno di poi, quel primo concilio di Nicea divenne un momento di importanza cruciale per la chiesa e la fede cristiana. Alcuni si sono persino chiesti come la fede avrebbe potuto svilupparsi altrimenti. Hilaire Belloc ipotizzò che il trionfo dell’arianesimo «avrebbe inevitabilmente portato, a lungo andare, a un mero unitarianismo e a trattare nostro Signore come un profeta e, per quanto esaltato, non più di un profeta».

Tracciare percorsi storici alternativi è sempre un’impresa pericolosa. Per amor di discussione, però, supponiamo che la posizione di Ario avesse vinto a Nicea e che la chiesa avesse clamorosamente proclamato la posizione subordinata del Figlio. Avrebbe fatto qualche differenza significativa per il cristianesimo, così come ha plasmato la vita e la devozione attraverso i secoli?

Possiamo solo ipotizzare come sarebbe il cristianesimo se poggiasse su fondamenta ariane. Ma forse non dobbiamo guardare lontano per trovare una risposta. Ogni due anni, il Ligonier Ministries conduce un sondaggio sullo “stato della teologia”, i cui risultati dimostrano regolarmente l’abisso che separa le credenze reali dei moderni cristiani (statunitensi) dalle dottrine ufficiali delle loro chiese. Oltre il 65% concorda almeno in parte con l’affermazione puramente ariana secondo cui «Gesù è il primo e più grande essere creato da Dio». Dall’altra parte dell’equazione, la quota di credenti che rifiutano fortemente questa affermazione, affermando la loro solidarietà storica con Atanasio, è inferiore al 20%.

Dunque, che impatto avrebbe avuto il trionfo ariano sul comportamento vissuto di quei comuni credenti? Sicuramente la risposta è praticamente: nessuna. Sembra che per i cristiani moderni il concilio di Nicea sia qualcosa che è accaduto ad altre persone.




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