Don Rosino Gibellini, teologo, autore di numerose pubblicazioni, è anche un profondo conoscitore della realtà americana. Recentemente ha partecipato all’American Academy of Religion. A lui abbiamo posto qualche domanda su alcuni aspetti della vita cristiana che paiono contradditori con i valori proposti da quella società che, per molti versi, può in parte rispecchiare l’Occidente.
– Don Gibellini, subito dopo l’attentato alla Torri Gemelle sono venuti alla luce anche aspetti poco “edificanti” della vita politica e privata di Bush. È ormai evidente che la guerra in Iraq è stata un guerra aggressiva condotta per ragioni economiche. Bush, considerato un presidente “cristiano”, è stato rieletto proprio dagli americani che si professano “cristiani”. Non le pare una contraddizione questa rielezione?
Quando si parla dell'America, così come di ogni altro Paese, si deve distinguere tra governo e società. L'Amministrazione Bush non si identifica con gli USA. Sarebbe come identificare l'Italia con il premier del governo italiano.Inoltre le elezioni presidenziali USA hanno dato come risultato, a cifre tonde, il 51% a Bush e il 48% a Kerry: il Paese, dunque, è profondamente diviso, e la complessa società degli USA rimane politicamente, culturalmente ed eticamente divisa. Il maggioritario secco copre questa divisione. Certo Bush è stato rieletto anche con il voto consistente dei neo-conservatori religiosi (protestanti e cattolici: evito intenzionalmente la dizione teo-con). Su questo punto ci sono già tante analisi. Ne aggiungerei una, in particolare, distinguendo tra micro-etica (etica personale e familiare) e macro-etica (etica sociale).
Si dice, ad esempio, che l'insegnamento del Papa sulla macro-etica è generalmente bene accolto dalla società secolare, ma non così la micro-etica. Ora, per i neo-conservatori religiosi, avviene il contrario: essi sono sensibili ai valori espressi dalla micro-etica, che riguarda la loro vita personale e familiare, e meno o punto dalla macro-etica, sentendo il grande mondo molto lontano. E attraverso una strategia pre-elettorale astuta i loro voti sono stati sollecitati (e captati) persona per persona.
Ma anche da noi, tra i cattolici, prevale la sensibilità della micro-etica, e meno della macro-etica, come, a suo tempo, ha denunciato la teologia della liberazione, che ha incontrato, com'è noto, difficoltà ecclesiastiche ed ecclesiali. E, così, da noi, ma anche negli USA, società molto più complessa, il cosiddetto \cristiano medio" vive di più i valori della micro-etica, oltre al fatto che le chiese libere (free churches) sono più inclini al fondamentalismo, in quanto utilizzano una lettura immediata e letterale della bibbia, e esprimono una identità cristiana escludente e aggressiva, e non un'identità dialogica. E' qui che si è realizzato un mix di religione e politica.
– Esiste negli USA, e in che misura, una sensibilità “cristiana” in difesa dei diritti umani e della pace?
Anche negli Stati Uniti ci sono movimenti e manifestazioni per i diritti umani e per la pace. Ricordiamo il grande movimento per i diritti civili dei neri, guidato dal pastore battista di Atlanta, scrittore e teologo, Martin Luther King, che ha aggregato migliaia di partecipanti, protestanti e cattolici, ecclesiastici e laici, e che ha percorso le strade del "profondo Sud" – la Bible Belt (la "Cintura della Bibbia") - per approdare a Washington, D.C.,dove il leader nero ha tenuto il famoso discorso I have a dream ("Ho un sogno"), il sogno della reciprocità tra popoli, razze e culture. Come sviluppo di quel movimento è nata la "black theology", la "teologia nera" a opera di James Cone e di altri intellettuali neri, radicati in comunità cristiane nere, per il superamento del razzismo bianco. Così anche ora ci sono organizzazioni che lottano per la pace, anche se il Paese in questo caso si è sentito aggredito in casa.
Questa domanda mi fa ricordare ciò che è avvenuto anni fa in Italia, dove un valoroso missionario, allora direttore di "Nigrizia", denunciò la vendita delle armi da parte dell'Italia ai paesi dell'Africa e del Terzo Mondo. Sappiamo che anche in questo caso, con un mix di politica e di religione civile (che recentemente è stata riproposta dal presidente del Senato italiano, Marcello Pera, in dialogo con il card. Ratzinger, in Senza radici. Europa, relativismo, cristianesimo, islam, Milano 2004, ma che disinnesca la dimensione profetica del messaggio cristiano e della comunità dei discepoli di Gesù) la voce scomoda è stata emarginata. Così avviene ora in America, dove in nome di una religione civile, che coniuga nazionalismo e religione, si emarginano le voci critiche di intellettuali, scrittori, comunità e della stessa Conferenza episcopale della Chiesa cattolica (già umiliata e per questo indebolita a causa degli scandali, dalla vasta eco, per i casi di abuso di minori).
– La politica USA sta diventando sempre più materialista e individualista e anche la maggioranza degli americani che si professano cristiani segue questa logica: non c’è una vera opposizione a queste tendenze?
L'American way of life è diventato ormai lo European way of life, e si diffonde anche tra i ricchi dei paesi poveri attraverso un perverso processo che si potrebbe chiamare di "macdonaldizzazione etica". Ormai sappiamo un po' tutti che il 20% della popolazione mondiale ha in mano l' 80% della ricchezza del pianeta. Per questo le comunità cristiane occidentali devono prestare la necessaria attenzione alle Chiese del Terzo Mondo, che sono anche, statisticamente parlando, la realtà ecclesiale ormai maggioritaria, e sono chiamate a scoprire e a vivere una "nuova cattolicità", come si esprime il teologo americano Robert Schreiter.
Ha scritto sulla rivista internazionale di teologia Concilium 5/2004 la teologa africana Kanyoro, attiva a Ginevra al Consiglio ecumenico delle chiese. «Il costo dello sradicamento della povertà è stato stimato a un semplice 1% del prodotto mondiale, il che equivale a circa 80 miliardi di dollari (secondo il "Rapporto sullo sviluppo umano" 1997, a cura dello United Nations Development Programm). Nel giugno 2004 il Congresso degli Stati Uniti ha approvato un finanziamento aggiuntivo di 87 miliardi di dollari per la guerra in Iraq. E' tempo di smettere di preoccuparci della povertà, ma di preoccuparci della ricchezza e del danno che sta apportando al nostro mondo».
– Anche la politica USA nei confronti di chi vive ai margini degli stati americani è in contrasto col vangelo: esiste un movimento cristiano di opposizione che invece cerca di promuovere i valori dell’accoglienza e del rispetto delle culture “altre”?
Nella società multietnica degli Stati Uniti coesistono alcuni gruppi etnici, con una identità propria nel contesto della identità americana, che i fatti dell' 11/9 hanno contribuito a rinsaldare di fronte all'attacco terroristico.
Abbiamo già ricordato la comunità nera, da cui è nato il movimento per i diritti civili e la teologia nera. Ma un'altra comunità è andata crescendo attraverso il fenomeno delle migrazioni, e precisamente la "comunità ispanica", o "latina", che riunisce messicani, latino-americani e caraibici, e che ha espresso una "teologia ispanica", che accompagna l'identità culturale e le espressioni di religiosità popolare, connotata dai valori condivisi di famiglia, comunità, senso della festa, di questi nuclei della diaspora latino-americana e caraibica: i leaders sono, per i cattolici, Virgilio Elizondo, e, per i protestanti, Justo González. E' una comunità in espansione ed è destinata a incidere, linguisticamente e religiosamente, sulla comunità WASP (white-anglo-saxon-protestant; bianca-anglo-sassone-protestante), che ha rappresentato a lungo l'identità degli Stati Uniti d'America.
Anche gli "Indiani" hanno acquisito una loro identità, che si esprime nella "teologia dei nativi-americani": essa ricupera un Antico Testamento della America nativa, espressione della loro sapienza india, da presupporre per l'espressione dei valori cristiani: tra i loro leaders, Vine Deloria e George Tinker.
Si deve anche ricordare che l'America, con la dovizie delle sue strutture universitarie e con la sua sensibilità per la teologia (cui corrisponde l'incultura dell'Accademia italiana), dà ospitalità a teologi e teologhe del Terzo Mondo della diaspora, che arricchiscono il panorama culturale americano, e che, in definitiva, esprimono istanze della teologia della liberazione e della inculturazione. Ricorderò solo il teologo vietnamita Peter Phan, il teologo camerunese Jean-Marc Ela, la teologa cinese Kwok Puy-Lan. Lo stesso Gustavo Gutiérrez di Lima detiene una cattedra prestigiosa alla Notre Dame University (South Bend, Indiana, USA).
Ma si potrebbero fare molti altri nomi, per documentare la complessità e la ricchezza del panorama culturale americano, anche se rimane il divario tra cultura e teologia, da una parte, e prassi politica, dall'altra.
– Come mai molti americani che si professano cristiani accettano o caldeggiano la pena di morte?
Sulla pena di morte si deve ricordare che la sua applicazione ha una lunga storia. Essa è una istituzione giuridica abbastanza naturale nell'Antico Testamento; nel Nuovo Testamento essa non è né giustificata né proibita direttamente, anche se il vangelo introduce l'ethos del perdono. La tradizione cristiana è complessa, e solo con l'illuminismo, e in particolare con il libro pionieristico, Dei delitti e delle pene (Livorno 1764) del giurista italiano Cesare Beccaria, si arriva all'impegno concreto contro la pena di morte. Ma è noto che il libro del Beccaria è stato inserito all'"Indice" dei libri proibiti. In campo teologico è Schleiermacher il primo a svolgere una critica alla pena di morte, e in seguito, Barth con un argomento cristologico. E' stato solo negli ultimi decenni del XX secolo che le chiese cristiane si sono pronunciate contro la pena di morte come mezzo per difendere l'ordine pubblico e la sicurezza delle persone. Si deve ricordare che la possibilità di irrogare la pena di morte, in casi di estrema gravità, è ancora contemplata nel Catechismo della Chiesa cattolica (n. 2266) del 1992, anche se questa posizione ufficiale ha in seguito subito ulteriori restrizioni, senza togliere tuttavia ogni ambiguità. Si deve invece ricordare che il documento ecclesiastico più avanzato sul tema è la Dichiarazione della Conferenza episcopale degli Stati Uniti sulla pena di morte del 1974. I cattolici, quindi, negli USA, sono arrivati, ufficialmente, ad una chiara posizione abolizionista in materia di pena di morte, che non ha tuttavia raggiunto ancora il consenso nella comunità cattolica, ma anche in sede ecumenica, politica e sociale. Recentemente i vescovi del Texas sono intervenuti sulla pena di morte, ma in genere i cattolici texani hanno obiettato che non è compito dei vescovi intervenire su questi temi di valenza politica e sociale. Sembra che vasti settori della cristianità americana non conoscano il perdono, la misericordia e la possibilità di riabilitazione, e, in questo senso, si può parlare di una società crudele.
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Forum teologico, a cura di Rosino Gibellini
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