Presentazione del libro di Philippe Capelle-Dumont, Filosofia e teologia nel pensiero di Martin Heidegger, trad. dal francese di Lorenzo Gianfelici, a cura di Giovanni Ferretti, Queriniana, Brescia 2011.
Il pensiero di Martin Heidegger non solo ha profondamente segnato il pensiero filosofico del ‘900 ma ha anche in più modi provocato e stimolato la teologia e non cessa di stimolarla. In particolare esso l’ha invitata e l’invita a ripensare la concezione della trascendenza di Dio (soprattutto con la critica alla metafisica onto-teologica) e a prestare maggiore attenzione alla situazione di “finitezza” e “storicità” inerente alla costituzione esistenziale dell’essere umano; e quindi al suo stesso impegno nella teologia
La cosa è sufficientemente nota. Basti pensare ad un teologo protestante come Bultmann, che ispirandosi al pensiero esistenziale di Heidegger, suo collega a Marburgo, ha elaborato la proposta di interpretazione esistenziale della Bibbia; o ad un teologo cattolico come Karl Rahner, che ne seguì i corsi a Friburgo e non senza suo influsso ha teorizzato la necessità di una “svolta antropologica” in teologia. Non sempre, però, vi è stata sufficiente attenzione alla “provenienza” teologica di Heidegger, cioè all’influsso che la teologia cristiana ha avuto sul suo pensiero e al continuo confronto con la teologia che ne ha scandito le varie tappe. Come pure sono stati poco studiati i diversi livelli in cui è avvenuto il confronto di Heidegger con la teologia e le diverse forme di teologia cristiana che lo hanno stimolato. Forse anche perché raramente gli studiosi di Heidegger avevano la duplice competenza, filosofica e teologica, necessaria per dipanare la complessità di tale confronto.
Il libro di Philippe Capelle-Domunt si distingue, nella vasta produzione di studi su Heidegger, anzitutto proprio per tale duplice profonda competenza, filosofica e teologica, che gli permette di offrirci, con originalità e profondità, una completa ricostruzione del ricco e variegato rapporto di Heidegger con la teologia, unita a precise prese di posizione critica di alto valore teoretico. Il libro è quindi di notevole interesse sia per gli studiosi del pensiero di Heidegger, impegnati a valutarne la rilevanza filosofico-culturale, sia per i teologi cristiani, impegnati a tener conto, nel loro lavoro quotidiano, delle provocazioni che il pensiero filosofico contemporaneo rivolge al pensiero cristiano.
Due sono le tesi interpretative di fondo sostenute e dipanate con ampia documentazione e senso critico nel libro.
La prima tesi afferma che il confronto con la teologia non costituisce un semplice settore del pensiero filosofico di Heidegger, tanto da poterlo trattare come appendice nell’interpretazione che se ne tenta, ma lo motiva e accompagna nel suo sorgere e nel suo svolgimento, divenendo così elemento indispensabile per la sua comprensione. Il che non significa che la filosofia di Heidegger, come pure è stato sostenuto, sia una semplice trascrizione secolarizzata della teologia cristiana o una metafisica cripto-teologica; ma che essa non è comprensibile senza il riferimento alla teologia, nonostante la critica che egli ha rivolto alla teologia cristiana e il suo conclusivo congedo dallo stesso cristianesimo.
Come specificazione e ulteriore chiarimento di questa tesi, Capelle ci documenta come la teologia con cui Heidegger si è incontrato e confrontato, è stata di varia natura: quella cattolica, soprattutto all’inizio (Heidegger si era inizialmente incamminato sulla via dello studio della teologia tra i gesuiti), e da cui prese con più decisione le distanze; ma poi quella protestante luterana, da cui il successivo cammino è stato maggiormente influenzato; e quella mistica alla Meister Eckhart, con la quale si è sentito in particolare sintonia e da cui ha indubbiamente tratto importanti ispirazioni; senza dimenticare il diretto e decisivo studio di Paolo ed Agostino, che con Lutero e Kierkegaard sono stati gli autori privilegiati per l’elaborazione di quella fenomenologia dell’esistenza cristiana che gli suggerirà negli anni ’20 l’elaborazione della categoria esistenziale della “fatticità”.
La seconda tesi riguarda la “triplice topica”, cioè i tre principali “luoghi” in cui si è articolato il confronto di Heidegger con la teologia: 1. La teologia biblica, 2. La teologia naturale, 3. La teologia dell’”ultimo dio”.
Alla teologia biblica, concepita come scienza “ontica”, elaborata a partire dalla fede nel fatto storico del Dio crocifisso, la filosofia, in quanto scienza ontologica, dovrebbe offrire l’orizzonte critico di una adeguata pre-comprensione. Ed Heidegger, proponendosi di rinnovare la questione ontologica dell’essere, intendeva anche offrire alla teologia una precomprensione più adeguata che non quella offerta dalla ontologia scolastica.
Contro la teologia naturale, identificata con l’onto-teologia, Heidegger rivolgerà la sua generalizzata critica a tutta la metafisica occidentale. Questa, avendo obliato il pensiero dell’essere, tanto da confonderlo con i vari enti, avrebbe indotto la teologia a pensare Dio stesso come un ente, sia pur come l’ente sommo causa sui, istituendosi come “onto-teologia”.
La nuova teologia adeguata al nuovo “pensiero dell’essere”, fu ipotizzata da Heidegger a partire dagli anni 1934-1935. In essa egli sostiene che il possibile avvento di un “dio (veramente) divino”, al di là di ogni riferimento cristiano o anticristiano, dovrebbe essere pensato nell’apertura dell’Essere come “Ereignis”, evento di donazione e sottrazione dell’Essere.
Nel suo concreto svolgimento, l’opera di Capelle consta di tre parti.
La prima, dal titolo “Una triplice topica”, studio in modo sincronico, in tre capitoli, il confronto di Heidegger con le tre diverse forme di teologia sopra ricordate.
La seconda, dal titolo “Esperienza del pensiero e provenienza teologica”, studia invece, in modo diacronico, in altri tre capitoli, i diversi modi e forme con cui la teologia ha inciso nel pensiero stesso di Heidegger.
Nella terza parte, dedicata alle conclusioni, la tensione di filosofia e teologia, che attraversa tutto il pensiero di Heidegger, viene riassunta nei tre termini di “radicamento”, “debito” e “provenienza”. Radicamento, soprattutto per la sua iniziale formazione teologica cattolica. Debito, in particolare nei confronti della teologia protestante, ma anche della primitiva esperienza cristiana attestata da Paolo ed Agostino. Provenienza, perché si distacca dalla propria origine teologica ma rivendica un possibile futuro della teologia nell’orizzonte della nuova comprensione dell’essere inteso come inesausto “ritrarsi” dalla presenza in cui si dona, ovvero come Ereignis.
Ogni capitolo del libro è accompagnato da importanti e puntuali osservazioni critiche come pure dalla indicazioni della provocazioni che il pensiero heideggeriano continua a porre alla teologia.
Tra le critiche più rilevanti, basti qui segnalare quella annunciata nel Bilancio finale dal titolo “La radicalizzazione ontologico-temporale della trascendenza”. Heidegger avrebbe giustamente criticato la teologia cristiana per la sua subordinazione ad una metafisica onto-teologica dimentica del “mistero dell’essere”, mai oggettivabile in termini di ente che ci sta di fronte. Ma avrebbe finito per costringere il pensiero della trascendenza di Dio nell’orizzonte dell’essere finito e temporale, corrispettivo della finitezza e temporalità del Dasein umano. Una conclusione che la teologia cristiana non può certamente accettare, anche se dovrebbe maggiormente raccogliere la provocazione che le viene dal pensiero dell’inesausto “ritrarsi” del dono dell’essere, prendendo le distanze da ogni parvenza di dominazione o oggettivazione della trascendenza divina. La tematica del “ritrarsi” dell’essere divino da ogni possibile oggettivazione nel nostro pensiero, non dovrebbe peraltro essere subita dalla teologia come una costrizione che le proviene dall’esterno, ma rivendicata in proprio, come emergente dalla memoria dal suo più schietto e originario patrimonio.
La provocazione che il pensiero di Heidegger rivolge alla teologia cristiana rimane quanto mai attuale. Nell’odierno mondo secolarizzato, infatti, la grande questione che il cristianesimo è chiamato ad affrontare, dopo quella della “crisi della cristianità”, sembra essere diventata proprio quella della “crisi della trascendenza”, eteronomamente ed onticamente pensata. Questo libro di Capelle su Heidegger e la teologia offre certamente un importante contributo alla chiarificazione del problema, oltre che preziose indicazioni per avviarne la soluzione.
© 2011 by Editrice Queriniana. Da: Concilium 2/2011
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Philippe Capelle-Dumont
Filosofia e teologia nel pensiero di Martin Heidegger
Biblioteca di teologia contemporanea 153
Queriniana, Brescia 2011
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