15/02/2024
553. LA LEZIONE DEL GRANDE EUCALIPTO ROSSO di Denis Edwards
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È da poco uscito, per i tipi di Queriniana, il volume Incarnazione profonda del teologo australiano Denis Edwards. Il libro sistematizza la brillante e innovativa proposta dell’Autore di una “incarnazione radicale”, che stabilisce delle connessioni tra l’incarnazione e l’intera creazione.
La teologia ecologica di Edwards aveva già trovato accoglienza nel fascicolo 4/2011 della rivista Concilium. Riportiamo qui alcuni stralci di quell’intervento.

 

 

 

A differenza di altre generazioni di esseri umani noi siamo in grado di vedere il nostro pianeta come un intero. Abbiamo visto le fotografie della Terra che sorge dall’orizzonte della luna. Gli astronauti hanno descritto che sentimenti e pensieri suscita guardare la Terra da una grande distanza sapendo che essa sostiene tutte le diverse forme di vita che conosciamo, tutta la storia e l’amore umano. C’è un nuovo apprezzamento sia dell’ospitalità che la Terra offre alla vita sia dell’appartenenza ad un’unica comunità globale interconnessa.

Nello stesso tempo, siamo consapevoli di arrecare un danno irreversibile alle foreste, alla terra, ai fiumi, ai mari e all’atmosfera del pianeta. L’uso di carburanti fossili, insieme ad altre azioni umane, contribuisce al cambiamento climatico che accelera l’estinzione di molte specie e causerà una sofferenza estrema agli esseri umani. Stiamo distruggendo gli habitat e stiamo perdendo la biodiversità. Ciò tradisce non solo la nostra responsabilità verso altre forme di vita, ma anche i nostri obblighi umani intergenerazionali.

Questo è un tema profondo e insieme urgente per la teologia contemporanea. In alcuni ambiti ecologici si avverte un’impazienza comprensibile verso quel che è visto come l’antropocentrismo cristiano e la sua preoccupazione per la salvezza individuale. Questo antropocentrismo – sostengono alcuni – ha bisogno di essere sostituito da un biocentrismo, e l’attenzione unilaterale sulla redenzione in Cristo da una rinnovata teologia della creazione. Sono convinto, tuttavia, che la teologia ecologica, nel caso voglia veramente essere una teologia cristiana, non sarà né antropocentrica né biocentrica, ma radicalmente teocentrica: incentrata sul mistero di Dio rivelato in Cristo e implicante non un rifiuto o un’omissione della teologia della redenzione, ma una più profonda penetrazione del mistero congiunto di incarnazione e redenzione, così da rendere manifesto il loro sovrabbondante significato ecologico per il nostro tempo.

Alla luce di questa persuasione, delineerò tre elementi strutturali di una teologia ecologica che deriva dalla pienezza della tradizione: per prima cosa, sarà una teologia dello Spirito e della Parola, una teologia che è pienamente pneumatologica e radicalmente fedele all’incarnazione; in secondo luogo, sarà una teologia sia della creazione sia della redenzione in Cristo; terzo punto, questa redenzione in Cristo comporterà la trasformazione divinizzante sia degli esseri umani sia delle altre creature. Concluderò poi con una breve riflessione sull’esperienza dello Spirito creatore e della santa Sapienza nell’incontro con il mondo della natura.

 

[…]

 

1 / Fondamentale in questo progetto è innanzitutto una comprensione dell’evento-Cristo in tutto e per tutto come un genuino avvenimento dello Spirito e non solo della Parola, dove l’attività dello Spirito non è confinata all’inizio della vita di Gesù. […] Una prospettiva storica sull’opera dello Spirito nella vita di Gesù prepara la strada per una visione della chiesa in cui lo Spirito agisce non solo nella sua fase fondativa, ma in maniera concreta e storica nella sua vita, così che esiste sempre il bisogno di invocare di nuovo lo Spirito. Sia nell’evento-Cristo sia nella chiesa la Parola e lo Spirito compiono insieme l’opera di Dio. […] Tutte le cose, quindi, sono create attraverso la Sapienza di Dio e nello Spirito che dona la vita, e la nostra redenzione avviene attraverso l’incarnazione della Sapienza divina nella potenza dello Spirito. È questo genere di comprensione della relazione mutua tra Spirito e Sapienza/Parola che è richiesta, secondo me, per un’adeguata teologia ecologica contemporanea.

 

[…]

 

2 / In secondo luogo, una vera teologia ecologica cristiana verrà trovata non per contrasto con la teologia della redenzione, ma nel tenere insieme in un unico discernimento la creazione e l’evento-Cristo redentivo: il Dio della creazione è il Dio che dona a noi il vero sé di Dio in Gesù di Nazaret e nello Spirito pentecostale. La teologia cristiana della creazione e la teologia ecologica cristiana prenderebbero un orientamento non solo dall’esperienza del mondo naturale, e da tutto ciò che le scienze hanno da offrire come comprensione, e non solo dai testi della creazione dell’Antico Testamento, fondamentali come sono, ma da quel che è assunto come atto decisivo di Dio nella storia umana, ovvero l’evento-Cristo. In questo evento Dio è rivelato come amore che dà se stesso: come sé di Dio che si dà a noi nella Parola fatta carne e nello Spirito effuso. […] Il dono di sé divino può essere visto come la caratterizzazione di tutta l’azione di Dio, nella creazione, nella grazia, nell’incarnazione e nella trasformazione finale di tutte le cose. Creazione e incarnazione redentiva, creazione e nuova creazione in Cristo, sono unite nell’atto trinitario di donazione di sé. Dio sceglie di dare se stesso nell’amore a ciò che non è divino e così la creazione viene ad essere. […]

Attraverso lo Spirito la Parola si è incarnata e la carne è irrevocabilmente assunta in Dio. La risurrezione di Gesù crocifisso nella potenza dello Spirito significa che il Verbo di Dio è per sempre carne, per sempre materia, per sempre una creatura, per sempre parte di un universo materiale di creature. Nella creazione, nell’incarnazione e nel suo culmine nella risurrezione Dio consegna se stesso a questo mondo, a questo universo e alle sue creature, e lo fa eternamente.

Tutto questo vuol dire che una teologia ecologica deve comprendere tanto la creazione quanto la nuova creazione in Cristo. La nuova creazione non è una fuga dalla creazione originale, e non è certamente la distruzione di quest’ultima, ma il suo destino divinamente concessole e la sua realizzazione redentiva. In una teologia ecologica, creazione e nuova creazione vanno intese come reciprocamente interrelate e mutuamente interdipendenti.

 

3 / Una terza strategia fondamentale per una teologia ecologica cristiana è quella di articolare una teologia della redenzione, o della nuova creazione in Cristo, che sia capace di proclamare l’evento-Cristo in un tempo nuovo e di mostrare il suo significato non solo per gli esseri umani ma per l’intera creazione. […]

Trovo che il concetto di trasformazione deificante sia una via percorribile per esprimere oggi il senso della redenzione tanto degli esseri umani quanto delle altre creature. […]

La redenzione in Cristo, sto suggerendo, può essere intesa come trasformazione deificante a tre livelli:

1) A livello umano, essa comporta il perdono dei peccati, la giustificazione per grazia, l’inabitazione dello Spirito santo, il diventare figlia o figlio amato da Dio, la comunione nella vita della Trinità, la chiamata al discepolato e la vita di risurrezione;

2) Al livello della materia, l’incarnazione, che ha il suo culmine nella risurrezione, è l’inizio della trasfigurazione dell’universo, con tutti i suoi processi e le sue entità, «l’inizio embrionale, ed avente in sé la fine, della trasfigurazione e divinizzazione dell’universa realtà», come afferma Rahner;

3) A livello della vita biologica, sebbene possiamo non avere un’adeguata visione immaginativa della creazione trasformata in Dio, la promessa biblica sta per il compimento in Cristo della «creazione stessa» (Rm 8,19), di «tutte le cose» (Col 1,20), e questo include, in modo imprevedibile, altri esseri animali e tutto il mondo della vita interconnesso sulla Terra.

Dio abbraccia la “carne” in Gesù di Nazaret, perché la carne possa essere trasformata e deificata. Questa, sostengo, comprende ogni canguro, ogni cane e ogni delfino. Essi sono creati per mezzo dell’eterna Sapienza di Dio e partecipano in qualche modo reale alla redenzione e alla riconciliazione in Cristo attraverso lo Spirito di Dio che abita in loro. Nella Parola fatta carne Dio abbraccia l’intera vita della Terra, insieme a tutti i suoi processi evolutivi, in un evento che è sia un’identificazione radicale nell’amore sia una promessa irrevocabile.

 

4 / Recentemente, passeggiando sulle colline di Adelaide (Australia meridionale), sono stato fermato sul sentiero dalla presenza a perpendicolo di un grande eucalipto rosso (Eucalyptus camaldulensis). Era posto sull’orlo del letto di un torrente quasi asciutto d’estate. Ciò che mi ha fermato e stato dapprima il suo tronco massiccio, circa quattro metri di diametro, con la sua corteccia squamata in cui bei colori smorzati variano dal bianco al grigio al marrone rossiccio. Sarà stato alto 35 metri e, quasi perso tra le foglie blu-verdi della sua chioma, c’era un guizzare di lorichetti arcobaleno (Trichoglossus haematodus), pappagalli di un blu brillante, verde e arancione.

I più vecchi eucalipti rossi perdono i rami, dando forma a delle cavità che diventano case per molte creature. Essi assicurano degli habitat procreativi per i pesci in tempo di piena dei corsi d’acqua, per i crostacei e gli insetti, e i rami caduti costituiscono degli ambienti per molte specie di vita selvatica tanto nei torrenti quanto nei fiumi e sulle loro rive. Questi alberi possono vivere fino a settecento anni. L’albero che ho incontrato deve essere stato lì prima che Adelaide fosse fondata dagli inglesi nel 1836. Molto tempo prima dovette ospitare generazioni di indigeni Kaurna, che d’inverno salivano sulle colline dalla piana di Adelaide in cerca di rifugio, di legna per accendere il fuoco e di cibo.

Mi sono imbattuto in quel meraviglioso vecchio albero in un momento di riflessione [sulle relazioni uomo-natura] che mi porta a sostare in silenzio davanti alla sua alterità. Sono condotto nel numinoso, a ciò che e oltre l’umano e oltre le parole, allo Spirito di Dio che «soffia dove vuole» (Gv 3,8), incontrollabile e selvaggio. Nell’incontro con quel grande albero, e con tutte le vite in e attorno ad esso, si dà un’esperienza dello Spirito come presenza di Dio incomprensibile e indicibile, come fecondità straordinariamente creativa, come il datore di vita del Credo, come «la più cara freschezza in fondo alle cose» di Hopkins. Ma c’è un altro aspetto di questa esperienza. Nello Spirito, posso accogliere quell’eucalipto rosso come rivelazione, come autorivelazione di Dio, come esprimente nel proprio modo creaturale quella stessa ed eterna Sapienza di Dio che si è fatta carne e ha assunto un volto umano in Gesù di Nazaret. In modo unico, specifico e limitato, quell’eucalipto è un dono e una presenza della Sapienza divina nel nostro mondo, una parola di rivelazione che parla sobriamente e in maniera stupenda della Parola eterna.




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