10/11/2005
58. La controversia non è l'ultima parola Intervista a Rosino Gibellini di Vanessa Lopez
Ingrandisci carattere Rimpicciolisci carattere
Pubblichiamo l’intervista su temi di attualità ecclesiale pubblicata sulla rivista brasiliana settimanale IHU on-Line (Instituto Humanitas Unisinos, dell’Università Vale do Rio dos Sinos, Rio Grande do Sul, Brasile), in data 24 ottobre 2005.- Quale segnale manda l’incontro tra il papa Benedetto XVI e il teologo Hans Küng?

L’incontro, che è durato circa quattro ore, cena compresa, è stato richiesto per lettera da Hans Küng, con la precisazione che non intendeva toccare punti teologici controversi, e che non intendeva chiedere una riabilitazione, dopo le misure del 1979, che lo privavano della cattedra nella facoltà cattolica di teologia (ha poi continuato a insegnare teologia ecumenica nell’Istituto ecumenico dell’università di Tubinga). L’incontro, come ha dichiarato Küng, «ha superato tutte le aspettative». I due periti conciliari di un tempo, i due colleghi dell’università di Tubinga si sono ritrovati. L’incontro è avvenuto senza annuncio preventivo, ma è stato seguito da un comunicato ufficiale. Rispetto reciproco. E, si prevede, futura collaborazione.


- Quali cammini teologici hanno percorso i due teologi dopo il Concilio?

I cammini dei due teologi si sono divaricati dopo il 1970. La teologia di Ratzinger si è focalizzata sui contenuti della fede cristiana nella versione cattolica. Il suo capolavoro rimane Introduzione al cristianesimo (1968). Poi il teologo Ratzinger ha assunto responsabilità ecclesiali ufficiali. Il cammino teologico di Küng è più complesso, ed è esemplare per lo sviluppo della teologia negli ultimi decenni: dall’ecclesiologia con l’importante opera La Chiesa (1967), ai grandi temi della teologia cristiana, fino al dialogo con le religioni. La teologia di Ratzinger è una teologia dell’identità cattolica. La teologia di Küng è una teologia del dialogo, ecumenico e inter-religioso: una teologia esplorativa che affronta anche rischi. Ma le due prospettive dovrebbero rivelarsi complementari nell’epoca del pluralismo religioso e in un tempo di grandi sfide per la Chiesa cattolica.


- Quali sono i principali temi trattati nell’incontro?

Küng ha dichiarato: «L’incontro è un segno di speranza». Due punti prospettici sono stati toccati: il dialogo inter-religioso e la “questione di Dio” nel dibattito culturale contemporaneo. Sul dialogo inter-religioso Hans Küng è un precursore, avendo elaborato il “progetto per un’etica mondiale”, che ha avuto risonanza internazionale: è il progetto, ben elaborato, di una alleanza tra le religioni, ciascuna con la sua specifica identità, ma unite, come vie di salvezza, al servizio della pace e della giustizia nel mondo. Inoltre Küng è sempre stato preoccupato della “questione di Dio”, che dà sovrabbondanza di senso alla progettualità umana, nel confronto con la cultura contemporanea. La sua ultima opera, appena apparsa e non ancora arrivata in traduzione italiana, suona, All’origine di tutte le cose. Scienze della natura e Religione (2005).


- Quali sorprese possiamo sperare dal pontificato di Benedetto XVI?

La stampa tedesca ha dato molto risalto. Ha riferito i commenti positivi di Hans Küng, di un Küng «fiero, contento, soddisfatto» dopo la visita a papa Benedetto XVI: «Un incontro di speranza». Un incontro, quindi, rivolto al futuro, e a futura collaborazione. A chi gli ricordava di aver definito in passato Ratzinger come «il grande inquisitore», Küng faceva notare che l’ufficio può cambiare l’uomo, come era già avvenuto con papa Roncalli, e che inoltre papa Ratzinger è pienamente consapevole della crisi attuale. Bisogna anche dire che una parte della stampa ha osservato che rimane una certa ambiguità in questa visita: il papa si sarebbe mostrato conciliante nella forma, ma rimane irremovibile sui contenuti. Comunque, la visita è una dimostrazione che la controversia non è l’ultima parola, e si è delineata una possibile collaborazione comune con la teologia critica in un tempo di grandi trasformazioni, che investono anche la Chiesa e la sua missione nel mondo.


- Qual è l’importanza di questo primo Sinodo del pontificato di Benedetto XVI?

Per quanta riguarda il Sinodo romano in corso sull’Eucaristia bisogna osservare che era già in preparazione da tempo, e non credo che ci saranno delle decisioni innovative, abbastanza rilevanti, sulla prassi eucaristica, soprattutto in riferimento alla intercomunione «agognata e proibita», come si esprimono alcune riviste ecumeniche; o in riferimento agli «esclusi dalla comunione». Come ha notato Hans Küng, che conosce bene Ratzinger, il nuovo papa «è un uomo che riflette molto e ha bisogno di tempo per prendere decisioni». Un’altra cosa attesa sarebbe se i sinodi si concludessero con un documento sinodale. Si sente la necessità di documenti sinodali. E molti ecclesiologi si esprimono in questo senso. Attualmente i sinodi romani non si concludono con un documento firmato congiuntamente dai padri sinodali e dal papa, ma si concludono con l’approvazione di proposizioni, che vengono presentate al papa, che in seguito le elabora in un documento papale. Il sinodo quindi, nell’attuale prassi, ha valore soltanto consultivo. Anche su questo punto si attendono riforme nel senso di un esercizio più convincente della corresponsabilità e della collegialità nella Chiesa.


- Come valuta i risultati del viaggio di Bendetto XVI a Colonia, in Germania?

Anche nel caso della Giornata mondiale della gioventù a Colonia, Benedetto XVI raccoglie ciò che era stato precedentemente progettato e organizzato. Certo, Benedetto XVI non ha il carisma delle masse, in particolare delle masse giovanili, che aveva il suo predecessore Giovanni Paolo II. Però a Colonia Benedetto XVI aveva il vantaggio della lingua, di parlare perfettamente il tedesco, soprattutto nei molti contatti con molte personalità cattoliche, ecumeniche, del mondo della politica e della cultura, che ha incontrato in occasione della Giornata mondiale della gioventù. Inoltre, la visita del papa tedesco alla sinagoga di Colonia è stato un momento alto e di grande valore simbolico, se si pensa che il giovane soldato tedesco Ratzinger, in fuga nei giorni del crollo della Germania, diventato papa con un nome che richiama la pace, è entrato nella sinagoga ebraica. Si è trattato di una grande coincidenza storica, di una “malizia” della storia, per usare l’espressione di Hegel, di alto valore simbolico.


- Come vede la posizione di Benedetto XVI in relazione alle grandi differenze sociali della contemporaneità?

Forse papa Ratzinger non ha la sensibilità sociale che aveva Giovanni Paolo II, che veniva da un paese socialista. Ratzinger è un teologo classico, che ha sempre criticato la teologia politica europea di Metz, così come ha criticato ancora più severamente la teologia latino-americana della liberazione con i due documenti della Congregazione per la dottrina della fede del 1984 e del 1986, oltre che in articoli teologici piuttosto recenti. Ma il problema della povertà del Terzo Mondo si impone in un’era di globalizzazione escludente, che condanna tanti popoli alla povertà e alla miseria. Il problema si impone, anche perché, se è caduto il muro di Berlino che divideva Est e Ovest, si è ancora più approfondito il fossato che divide il Nord dal Sud del mondo. Sarà interessante attendere la prima enciclica sociale che pubblicherà il nuovo papa. Non sappiamo quando. Per ora si è in attesa di una sua prima enciclica, forse sul tema del Concilio, in occasione del 40° anniversario della conclusione del concilio Vaticano II, o forse sulla liturgia, in occasione della celebrazione del sinodo sull’Eucaristia, un tema che sta al centro della riflessione teologica del teologo Ratzinger.


- Quali saranno le prossime priorità di Benedetto XVI?

Penso che il primo sguardo del papa non sia sul Terzo Mondo, ma su Gerusalemme per il dialogo con l’ebraismo, su Istanbul (Costantinopoli) per il dialogo con l’ortodossia, o Ankara per il dialogo con l’Islam. Ma sarà molto interessante il primo viaggio che il nuovo papa farà in Brasile e nell’America Latina. Inoltre papa Ratzinger è sensibilissimo al dialogo e al confronto con la cultura secolare, con la cultura della Modernità, un tema che ha trattato anche nell’incontro con Hans Küng. Ma la realtà del Terzo Mondo si impone, anche per la consistenza numerica delle sue comunità cattoliche. Dobbiamo rimanere aperti al soffio dello Spirito e alle sorprese che può donare il nuovo pontificato.


- Quarant’anni dopo il concilio Vaticano II: dove va la teologia? Per quale cammino?

Siamo a quarant’anni dalla conclusione del concilio Vaticano II, che ha segnato una svolta nella storia della Chiesa cattolica. Si può dire che il concilio ha relativizzato la Chiesa, come si esprime uno storico francese, in quanto ha posto la Chiesa più strettamente in relazione con la Parola di Dio (Dei verbum) e con la sua testimonianza e missione nel mondo (Gaudium et spes). E così facendo ha delineato il programma di una chiesa dialogica e solidale. Come ha osservato Karl Rahner con un’icastica espressione, il concilio ha rappresentato solo «l’inizio dell’inizio». Si tratta pertanto di continuare questo processo di dialogicità e di solidarietà, anche se siamo investiti da problemi nuovi. In questo permane l’attualità del concilio Vaticano II. Certo, i concili rimangono solo uno strumento. Non credo che si possa dire «addio al Vaticano II», come qualche teologo ha affermato di fronte ai nuovi contesti e alle nuove sfide, anche perché i processi di rinnovamento e di riforma richiedono tempo e, come si esprime un teologo come Jürgen Moltmann, «è a piccoli passi che si va verso la comunità».



© 2005 IHU on-Line, dell’Università Vale do Rio dos Sinos, Unisinos, Rio Grande do Sul, Brasile (Director: Inácio Neutzling; Editora executiva: Sonia Montaño).

© 2005 by Teologi@Internet
Forum teologico, a cura di Rosino Gibellini
Editrice Queriniana, Brescia (UE)



- Quale segnale manda l’incontro tra il papa Benedetto XVI e il teologo Hans Küng?

L’incontro, che è durato circa quattro ore, cena compresa, è stato richiesto per lettera da Hans Küng, con la precisazione che non intendeva toccare punti teologici controversi, e che non intendeva chiedere una riabilitazione, dopo le misure del 1979, che lo privavano della cattedra nella facoltà cattolica di teologia (ha poi continuato a insegnare teologia ecumenica nell’Istituto ecumenico dell’università di Tubinga). L’incontro, come ha dichiarato Küng, «ha superato tutte le aspettative». I due periti conciliari di un tempo, i due colleghi dell’università di Tubinga si sono ritrovati. L’incontro è avvenuto senza annuncio preventivo, ma è stato seguito da un comunicato ufficiale. Rispetto reciproco. E, si prevede, futura collaborazione.


- Quali cammini teologici hanno percorso i due teologi dopo il Concilio?

I cammini dei due teologi si sono divaricati dopo il 1970. La teologia di Ratzinger si è focalizzata sui contenuti della fede cristiana nella versione cattolica. Il suo capolavoro rimane Introduzione al cristianesimo (1968). Poi il teologo Ratzinger ha assunto responsabilità ecclesiali ufficiali. Il cammino teologico di Küng è più complesso, ed è esemplare per lo sviluppo della teologia negli ultimi decenni: dall’ecclesiologia con l’importante opera La Chiesa (1967), ai grandi temi della teologia cristiana, fino al dialogo con le religioni. La teologia di Ratzinger è una teologia dell’identità cattolica. La teologia di Küng è una teologia del dialogo, ecumenico e inter-religioso: una teologia esplorativa che affronta anche rischi. Ma le due prospettive dovrebbero rivelarsi complementari nell’epoca del pluralismo religioso e in un tempo di grandi sfide per la Chiesa cattolica.


- Quali sono i principali temi trattati nell’incontro?

Küng ha dichiarato: «L’incontro è un segno di speranza». Due punti prospettici sono stati toccati: il dialogo inter-religioso e la “questione di Dio” nel dibattito culturale contemporaneo. Sul dialogo inter-religioso Hans Küng è un precursore, avendo elaborato il “progetto per un’etica mondiale”, che ha avuto risonanza internazionale: è il progetto, ben elaborato, di una alleanza tra le religioni, ciascuna con la sua specifica identità, ma unite, come vie di salvezza, al servizio della pace e della giustizia nel mondo. Inoltre Küng è sempre stato preoccupato della “questione di Dio”, che dà sovrabbondanza di senso alla progettualità umana, nel confronto con la cultura contemporanea. La sua ultima opera, appena apparsa e non ancora arrivata in traduzione italiana, suona, All’origine di tutte le cose. Scienze della natura e Religione (2005).


- Quali sorprese possiamo sperare dal pontificato di Benedetto XVI?

La stampa tedesca ha dato molto risalto. Ha riferito i commenti positivi di Hans Küng, di un Küng «fiero, contento, soddisfatto» dopo la visita a papa Benedetto XVI: «Un incontro di speranza». Un incontro, quindi, rivolto al futuro, e a futura collaborazione. A chi gli ricordava di aver definito in passato Ratzinger come «il grande inquisitore», Küng faceva notare che l’ufficio può cambiare l’uomo, come era già avvenuto con papa Roncalli, e che inoltre papa Ratzinger è pienamente consapevole della crisi attuale. Bisogna anche dire che una parte della stampa ha osservato che rimane una certa ambiguità in questa visita: il papa si sarebbe mostrato conciliante nella forma, ma rimane irremovibile sui contenuti. Comunque, la visita è una dimostrazione che la controversia non è l’ultima parola, e si è delineata una possibile collaborazione comune con la teologia critica in un tempo di grandi trasformazioni, che investono anche la Chiesa e la sua missione nel mondo.


- Qual è l’importanza di questo primo Sinodo del pontificato di Benedetto XVI?

Per quanta riguarda il Sinodo romano in corso sull’Eucaristia bisogna osservare che era già in preparazione da tempo, e non credo che ci saranno delle decisioni innovative, abbastanza rilevanti, sulla prassi eucaristica, soprattutto in riferimento alla intercomunione «agognata e proibita», come si esprimono alcune riviste ecumeniche; o in riferimento agli «esclusi dalla comunione». Come ha notato Hans Küng, che conosce bene Ratzinger, il nuovo papa «è un uomo che riflette molto e ha bisogno di tempo per prendere decisioni». Un’altra cosa attesa sarebbe se i sinodi si concludessero con un documento sinodale. Si sente la necessità di documenti sinodali. E molti ecclesiologi si esprimono in questo senso. Attualmente i sinodi romani non si concludono con un documento firmato congiuntamente dai padri sinodali e dal papa, ma si concludono con l’approvazione di proposizioni, che vengono presentate al papa, che in seguito le elabora in un documento papale. Il sinodo quindi, nell’attuale prassi, ha valore soltanto consultivo. Anche su questo punto si attendono riforme nel senso di un esercizio più convincente della corresponsabilità e della collegialità nella Chiesa.


- Come valuta i risultati del viaggio di Bendetto XVI a Colonia, in Germania?

Anche nel caso della Giornata mondiale della gioventù a Colonia, Benedetto XVI raccoglie ciò che era stato precedentemente progettato e organizzato. Certo, Benedetto XVI non ha il carisma delle masse, in particolare delle masse giovanili, che aveva il suo predecessore Giovanni Paolo II. Però a Colonia Benedetto XVI aveva il vantaggio della lingua, di parlare perfettamente il tedesco, soprattutto nei molti contatti con molte personalità cattoliche, ecumeniche, del mondo della politica e della cultura, che ha incontrato in occasione della Giornata mondiale della gioventù. Inoltre, la visita del papa tedesco alla sinagoga di Colonia è stato un momento alto e di grande valore simbolico, se si pensa che il giovane soldato tedesco Ratzinger, in fuga nei giorni del crollo della Germania, diventato papa con un nome che richiama la pace, è entrato nella sinagoga ebraica. Si è trattato di una grande coincidenza storica, di una “malizia” della storia, per usare l’espressione di Hegel, di alto valore simbolico.


- Come vede la posizione di Benedetto XVI in relazione alle grandi differenze sociali della contemporaneità?

Forse papa Ratzinger non ha la sensibilità sociale che aveva Giovanni Paolo II, che veniva da un paese socialista. Ratzinger è un teologo classico, che ha sempre criticato la teologia politica europea di Metz, così come ha criticato ancora più severamente la teologia latino-americana della liberazione con i due documenti della Congregazione per la dottrina della fede del 1984 e del 1986, oltre che in articoli teologici piuttosto recenti. Ma il problema della povertà del Terzo Mondo si impone in un’era di globalizzazione escludente, che condanna tanti popoli alla povertà e alla miseria. Il problema si impone, anche perché, se è caduto il muro di Berlino che divideva Est e Ovest, si è ancora più approfondito il fossato che divide il Nord dal Sud del mondo. Sarà interessante attendere la prima enciclica sociale che pubblicherà il nuovo papa. Non sappiamo quando. Per ora si è in attesa di una sua prima enciclica, forse sul tema del Concilio, in occasione del 40° anniversario della conclusione del concilio Vaticano II, o forse sulla liturgia, in occasione della celebrazione del sinodo sull’Eucaristia, un tema che sta al centro della riflessione teologica del teologo Ratzinger.


- Quali saranno le prossime priorità di Benedetto XVI?

Penso che il primo sguardo del papa non sia sul Terzo Mondo, ma su Gerusalemme per il dialogo con l’ebraismo, su Istanbul (Costantinopoli) per il dialogo con l’ortodossia, o Ankara per il dialogo con l’Islam. Ma sarà molto interessante il primo viaggio che il nuovo papa farà in Brasile e nell’America Latina. Inoltre papa Ratzinger è sensibilissimo al dialogo e al confronto con la cultura secolare, con la cultura della Modernità, un tema che ha trattato anche nell’incontro con Hans Küng. Ma la realtà del Terzo Mondo si impone, anche per la consistenza numerica delle sue comunità cattoliche. Dobbiamo rimanere aperti al soffio dello Spirito e alle sorprese che può donare il nuovo pontificato.


- Quarant’anni dopo il concilio Vaticano II: dove va la teologia? Per quale cammino?

Siamo a quarant’anni dalla conclusione del concilio Vaticano II, che ha segnato una svolta nella storia della Chiesa cattolica. Si può dire che il concilio ha relativizzato la Chiesa, come si esprime uno storico francese, in quanto ha posto la Chiesa più strettamente in relazione con la Parola di Dio (Dei verbum) e con la sua testimonianza e missione nel mondo (Gaudium et spes). E così facendo ha delineato il programma di una chiesa dialogica e solidale. Come ha osservato Karl Rahner con un’icastica espressione, il concilio ha rappresentato solo «l’inizio dell’inizio». Si tratta pertanto di continuare questo processo di dialogicità e di solidarietà, anche se siamo investiti da problemi nuovi. In questo permane l’attualità del concilio Vaticano II. Certo, i concili rimangono solo uno strumento. Non credo che si possa dire «addio al Vaticano II», come qualche teologo ha affermato di fronte ai nuovi contesti e alle nuove sfide, anche perché i processi di rinnovamento e di riforma richiedono tempo e, come si esprime un teologo come Jürgen Moltmann, «è a piccoli passi che si va verso la comunità».



© 2005 IHU on-Line, dell’Università Vale do Rio dos Sinos, Unisinos, Rio Grande do Sul, Brasile (Director: Inácio Neutzling; Editora executiva: Sonia Montaño).

© 2005 by Teologi@Internet
Forum teologico, a cura di Rosino Gibellini
Editrice Queriniana, Brescia (UE)
"
Teologi@Internet: giornale telematico fondato da Rosino Gibellini