26/07/2021
491. LA CHIESA E LA SFIDA DEI SOCIAL di Antonio Spadaro
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È in arrivo agli abbonati e nelle librerie il numero speciale di «Servizio della Parola» – dedicato a L’esistenza, il vangelo del Regno, la fede – dal quale anticipiamo alcuni passi dell’interessante riflessione di p. Antonio Spadaro sull’essere chiesa nell’ambiente digitale.

 


 

Per affrontare in maniera corretta il tema della comunicazione «social» della Chiesa dobbiamo partire da un presupposto: dimentichiamoci che internet esista. Noi siamo colpiti dalla tecnologia, ma finché resteremo colpiti dalla tecnica, dal «macchinoso», non ne capiremo il significato antropologico. La rete è una rivoluzione antica, con salde radici nel passato: dà forma nuova a desideri e valori antichi quanto l’essere umano. Quando si guarda a internet occorre non solo vedere le prospettive di futuro che offre, ma anche i desideri e le attese che l’essere umano ha sempre avuto e alle quali prova a rispondere, vale a dire: relazione e conoscenza. E queste non sono certo una novità.

 

  1. L’ambiente social

Internet è una realtà che ormai fa parte della vita quotidiana. Internet non è una opzione: è un dato di fatto. L’evangelizzazione non può non considerare questa realtà. Perché?

Per rispondere a questa domanda è necessario rispondere a un’altra domanda: che cos’è internet? Non è un insieme di cavi, fili, modem e computer. Sarebbe errato identificare la «realtà» e l’esperienza di internet alla infrastruttura tecnologica che la rende possibile. Internet è innanzitutto un’esperienza, ormai parte integrante, in maniera fluida, della vita quotidiana: un contesto esistenziale.

Siamo chiamati, dunque, a vivere bene sapendo che la rete è parte del nostro ambiente vitale, e che in essa ormai si sviluppa una parte della nostra capacità di fare esperienza. Quindi la mediazione tecnologica non è affatto pura alienazione. Del resto, la nostra relazione è sempre mediata.

La rete è un tessuto connettivo delle esperienze umane, non uno strumento. Le tecnologie della comunicazione stanno dunque creando un ambiente digitale nel quale l’uomo impara a informarsi, a conoscere il mondo, a stringere e mantenere in vita le relazioni, contribuendo a definire anche un modo di abitare il mondo e di organizzarlo, guidando e ispirando i comportamenti individuali, familiari, sociali.

Dunque, anche una parte della nostra vita di fede è digitale, vive nell’ambiente digitale. Così anche l’annuncio della Parola avviene sempre in un contesto mediatico.

Ecco, dunque: proprio su questo valore spirituale dell’ambiente digitale si fonda la possibilità dell’annuncio della fede in questo ambiente. In un tempo in cui la tecnologia tende a diventare il tessuto connettivo di molte esperienze umane quali le relazioni e la conoscenza, è necessario chiedersi: può la rete essere una dimensione nella quale vivere il Vangelo e annunciare la Parola?

 

  1. Network e testimonianza

La vera novità dell’ambiente digitale è la sua natura di social network, cioè il fatto che permette di far emergere non solo le relazioni tra me e te, ma le mie relazioni e le tue relazioni. In altre parole, in rete emergono non solo le persone e i contenuti, ma anche le relazioni. È cambiato il significato stesso della parola comunicazione: comunicare non significa più trasmettere, ma condividere. La società e la cultura non sono più pensabili e comprensibili solamente attraverso i contenuti. Non ci sono innanzitutto le cose, ma le «persone». Ci sono soprattutto le relazioni: lo scambio dei contenuti che avviene all’interno delle relazioni tra persone. La base relazionale della conoscenza in rete è radicale. Si capisce bene dunque quanto sia importante la testimonianza. La logica delle reti sociali ci fa comprendere meglio di prima che il contenuto condiviso è sempre strettamente legato alla persona che lo offre. Non c’è, infatti, in queste reti nessuna informazione «neutra»: l’uomo è sempre coinvolto direttamente in ciò che comunica.

Chi evangelizza oggi deve mettere in relazione i contenuti con le persone. Oggi un contenuto che non genera relazione, cioè incontro, passione, dialogo, è un contenuto insignificante, privo di valore. Così se l’annuncio della Parola non genera relazione, cioè incontro, passione, dialogo, è un contenuto insignificante, privo di valore. Oggi i social offrono l’opportunità di rendere più significativa l’esperienza vissuta soggettivamente proprio grazie alla pubblicazione e alla condivisione in una rete di relazioni.

Ma occorre sempre distinguere tra la comunità e il network costituito dai social. Papa Francesco, parlando ai vescovi centroamericani, ha chiesto di «abbandonare la virtualità dell’esistenza e dei discorsi per ascoltare il rumore e il richiamo costante di persone reali che ci provocano a creare legami». Certamente i social possono contribuire a costruire una comunità, ma non sono di per se stessi una «comunità» che, se intesa come comunità cristiana e non semplicemente sociologica, è sempre «dono» della Spirito e non «prodotto» della comunicazione.

Bisogna, in modo analogo, ben distinguere l’ambiente fisico da quello digitale nel momento in cui si parla di sacramenti e celebrazioni. Se si può certamente pregare insieme in rete, nell’ambiente digitale non ci sono sacramenti, perché essi richiedono la materia e la presenza fisica.

La rete non è certo priva di ambiguità e utopie. In ogni caso la società fondata sulle reti di connessione comincia a porre sfide davvero significative alla comprensione stessa della fede cristiana, a partire dal suo linguaggio di espressione, al modo di comunicare, e all’annuncio della parola di Dio.





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