01/04/2024
556. L'INIZIO DELLA GLORIA È GIÀ COMINCIATO di Karl Rahner
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Il 30 marzo 1984 morì Karl Rahner, teologo e gesuita, uno dei più noti pensatori del secolo scorso, protagonista del concilio Vaticano II e della svolta che ha segnato la teologia nel Novecento.
A pochi giorni dalla data dell’anniversario, vogliamo ricordarlo con le sue stesse parole, offrendo solo un assaggio tratto dalla sua quasi sterminata produzione teologica, che ha segnato e continua a segnare la riflessione più accademica così come la spiritualità più quotidiana.
Queste brevi parole sono tratte da alcune pagine della meditazione da noi pubblicata Che cosa significa la Pasqua, con la quale il teologo di Friburgo ci invita a meditare sullo splendore pasquale che celebriamo in questi giorni, su quell’inizio della gloria che è Gesù, crocifisso e risorto, compimento definitivo per tutti coloro che sono ancora in cammino.

 


La Pasqua non è la celebrazione di un avvenimento passato. L’alleluja non vale per quel che era. La Pasqua proclama un inizio, che ha già deciso il futuro più remoto. Risurrezione significa che l’inizio della gloria è già cominciato. E ciò che è così cominciato è qui che si sta compiendo! Durerà a lungo? Dura millenni, perché ha bisogno almeno di questo breve attimo per permettere a una pienezza incalcolabile della realtà e della storia di aprirsi a forza la strada per il suo glorioso compimento attraverso il breve dolore mortale di una immensa trasformazione (che noi chiamiamo storia naturale ed universale).

Tutto è in movimento. Niente ha quaggiù una stabile dimora. A poco a poco noi scopriamo, almeno in una prima intuizione, che anche la natura ha una sua storia a senso unico, che è in corso, che si sviluppa da sé, si evolve nel tempo e in un inspiegabile autosuperamento, dietro al quale sta la potenza creatrice di Dio, raggiunge gli stadi sempre più elevati della realtà. A poco a poco ci rendiamo conto che anche la storia dell’umanità segue una traiettoria orientata verso una meta e non è un eterno ritorno delle medesime cose sotto il sole; che i popoli sono chiamati in un determinato ordine di successione, e hanno una loro ben definita missione storica; che la storia universale ha una sua forma e direzione irrevocabile.

Ma dove si dirige il complesso di questo movimento della natura, della storia e dello spirito? Corre tutto verso un abisso, incontro all’assurdo e al nulla? Corriamo per perderci? Fin dove è arrivata questa storia? Il suo significato è già apparso su questa scena dalle dimensioni infinite? È già stata pronunciata la parola d’ordine che decide tutto, conferisce un senso a tutta l’azione antecedente e reca già in sé la soluzione inequivocabile dell’intero dramma?

Noi cristiani diciamo che tutta la storia della natura e dell’umanità ha un senso beato e trasfigurato, che abbraccia ogni cosa, non è più contaminato da assurdità e da oscurità, ma è l’infinito che comprende ogni possibilità e splendore in un’unica realtà ed unità, che noi chiamiamo Dio, facendo così appello all’assoluto. Egli è, così com’è in se stesso, il punto terminale della storia in genere. Anche lui è in arrivo. In lui confluiscono tutte le acque della nostra trasformazione senza sprofondare negli abissi del nulla e dell’assurdità. Ma quando parliamo così, quando spieghiamo l’infinito come il senso del finito, l’eternità come il senso del tempo e Dio stesso come il contenuto della sua creatura, in virtù della grazia, non parliamo solo di un ideale remoto, ancora del tutto inattuato, che speriamo vagamente di poter realizzare un giorno, ma che per ora e per un tempo incalcolabile sarebbe solo un futuribile.

No, noi diciamo Pasqua, risurrezione. E ciò significa che il futuro definitivo è già iniziato. La trasfigurazione del mondo non è un ideale, né un postulato, ma una realtà. La storia naturale con tutte le sue evoluzioni ed autosuperamenti ha già raggiunto – anche se per ora solo con il primo esemplare – la sua vetta più alta, la realtà materiale che, completamente trasfigurata, è nell’eternità il corpo glorioso di Dio. 

Quando celebriamo la Pasqua noi affermiamo che la storia dell’umanità ha già raggiunto il termine in uno, o meglio, nel suo rappresentante (e in lui ed attraverso di lui anche gli altri). Là dove è giunto pienamente non un puro spirito ed un’anima glorificata, ma un uomo completo, che ha operato e sofferto questa storia, tutto è ancora presente e non passato, e tutto è svelato come significativo e glorioso. Questo termine che è l’inizio del compimento di tutte le cose è già avvenuto e si è manifestato all’umanità peregrinante ancora nella storia.

Il luogo in cui è comparso questo inizio della fine completa si chiama Gesù di Nazaret, crocifisso e risorto. Poiché il suo sepolcro è vuoto e lui, che era morto, si è mostrato come il vivente nella totalità della sua concretezza umana, noi sappiamo che tutto ha già cominciato realmente a diventare buono. È ancora tutto più o meno in cammino, ma verso una meta che non è un ideale utopistico, bensì una realtà già esistente.

Se ci decidiamo chiaramente nella fede e nell’azione per il senso pieno e per la vita come realtà; se la vita e la morte come puri ideali ci sembrano troppo poco, se affermiamo integralmente e non a metà, in una grandezza e ampiezza smisurata, il senso pieno come realtà, abbiamo, consapevolmente o no, detto Pasqua. E poiché noi cristiani sappiamo che la realtà della Pasqua non è solo l’essenza misteriosa, posta alla base della nostra esistenza, ma la verità e la realtà della nostra fede conosciuta esplicitamente per nome, proprio per questo con la festa di Pasqua noi diciamo, inglobando tutta la storia della natura e dell’umanità in una celebrazione che nel culto ha lo stesso Celebrato, e pronunciando l’ultima parola su tutto quel che vi è incluso: Io credo nella risurrezione della carne e nella vita eterna. Io credo che l’inizio della gloria di tutte le cose è già in corso, che noi, apparentemente tanto smarriti ed erranti, bisognosi e lontani, siamo già avvolti dalla beatitudine infinita. Poiché la fine è già cominciata. Ed è la gloria.







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