Lo studio appassionato, la frequentazione, in molti casi l’amicizia personale con i maggiori teologi contemporanei; la scelta, la traduzione e la pubblicazione di testi fondamentali del pensiero del XX e XXI secolo; la presenza eminente in consessi di studio e in eventi editoriali mondiali: tutto ciò ha fatto di padre Rosino Gibellini, sacerdote piamartino, direttore letterario dell’Editrice Queriniana per oltre cinquant’anni, uno degli intellettuali bresciani più noti a livello internazionale.
Proprio l’«internazionalità», che Gibellini indica come tratto distintivo della ricerca teologica degli ultimi decenni, è la cifra caratterizzante del suo lavoro e del suo pensiero, tutto rivolto a tessere conoscenze, riflessioni e visioni su scala globale, senza mai rinunciare alle radici profonde che alimentano la sua feconda esperienza intellettuale. «Il sociologo Bauman», osservava Gibellini, «ha indicato nella “globalizzazione” la parola più pronunciata nell’attualità. Noi siamo partiti da un concetto analogo: quello di internazionalità». Uno sguardo alla cattolicità della Chiesa, dunque, senza mai dismettere però il legame con la comunità delle sue origini e con la comunità religiosa cui apparteneva: è questa una delle eredità che ci lascia il filosofo, teologo ed editore scomparso questa mattina all’età di 96 anni.
Rosino Gibellini nasce a Gambara (in provincia di Brescia) il 22 luglio del 1926. A dodici anni il curato del paese lo indirizza verso il seminario della famiglia religiosa di Giovanni Battista Piamarta, la Congregazione della Sacra Famiglia di Nazareth, dedita all’educazione cristiana dei figli del popolo. Il giovane Rosino non tarda a mettere in luce la sua intelligenza, l’attitudine allo studio: ordinato presbitero nel 1951, la congregazione piamartina valorizza le sue qualità mandandolo a studiare alla Pontificia Università Gregoriana, dove si laurea in teologia con una tesi sul peccato originale. Dal 1955 insegna latino e filosofia sistematica nel seminario piamartino. Da lì muovono gli studi per la seconda laurea, in filosofia, all’Università cattolica di Milano, dove dedica la tesi – relatrice Sofia Vanni Rovighi – al pensiero di Pierre Teilhard de Chardin: nel tempio della neoscolastica italiana, entra la filosofia esistenziale e cosmica del gesuita francese, di cui Gibellini diventerà uno dei massimi esperti.
Nel 1965, anno in cui si conclude il Vaticano II, il vento conciliare soffia forte anche a Brescia. I piamartini, che dal lontano 1886 disponevano dell’Editrice Queriniana fino ad allora dedita a testi di carattere pastorale e devozionale, ne affidano la guida a padre Gibellini e a padre Piergiordano Cabra che ne fanno ben presto, insieme alla francese Éditions du Cerf e alla tedesca Herder Verlag, il tridente editoriale teologicamente più aperto e innovativo in Europa e, anzi, al mondo. Gibellini entra presto in contatto con Yves Congar, Edward Schillebeeckx, Karl Rahner e Johann-Baptist Metz, con il futuro papa Joseph Ratzinger e con Hans Küng, recentemente scomparso, e con Walter Kasper: non solo li frequenta di persona, per esempio durante le riunioni di redazione della rivista internazionale Concilium, punta di diamante del rinnovamento conciliare, ma spesso intrattiene con loro – e con moltissimi altri, come i tedeschi Jürgen Moltmann e Wolfhart Pannenberg, o come il peruviano Gustavo Gutiérrez – strette relazioni di amicizia.
Le scelte degli inizi segnano una svolta rispetto al passato dell’editrice e, avendole dato l’imprinting, la accompagnano fino ai nostri giorni lungo una linea di piena, matura, convinta internazionalità. Se dapprima Queriniana cura l’edizione italiana di Concilium, proprio in quegli anni di grande fermento culturale e teologico prendono vita due prestigiose collane, tuttora presenti in catalogo: la «Biblioteca di teologia contemporanea» e il «Giornale di teologia». Vi entrano tutti i grandi nomi della teologia del Novecento, non solo cattolica: le personalità già citate con cui padre Gibellini ha avuto rapporti diretti, corrispondenze, frequentazioni, ma anche von Balthasar, Lonergan, Alfaro, Duquoc, Dulles, e italiani come Mancini, Sequeri, Brambilla, Sanna, Scola…
Quando il confratello Cabra diviene superiore generale della Congregazione, la guida dell’editrice è quasi tutta sulle spalle di Gibellini, originalissima figura di editore teologo. Padre Rosino legge, studia, traduce, scrive, interviene. Attorniato dai suoi collaboratori e da una schiera di consulenti di fiducia e traduttori di vaglia, porta in catalogo non solo i contemporanei, ma anche “classici” di riferimento come Barth, Bonhoeffer, Bultmann. Pubblica opere monumentali nel campo degli studi biblico-esegetici o di storia della Chiesa, manuali di studio per le facoltà teologiche o saggi che divulgano ricerche innovative e tendenze all’avanguardia. La sua opera di scouting non si ferma ai pensatori emergenti della teologia accademica, di qua e di là dell’oceano, ma ha il pregio di far conoscere per la prima volta ai lettori italiani anche le opere di autori “popolari” del calibro di Henri Nouwen o Anselm Grün, che vendono migliaia e migliaia di copie dei loro apprezzatissimi testi per nutrire lo spirito.
Ma soprattutto Gibellini viaggia incessantemente: è la sua passione. Innsbruck, Monaco, Friburgo sono le prime tappe per incontrare i maggiori teologi tedeschi. Ma anche gli Stati Uniti sono ben presto meta di viaggi a cadenza annuale, complice la sua ammissione alla prestigiosa American Academy of Religion. E, mentre soddisfa la propria curiosità intellettuale volando dal Giappone all’Africa, dall’America latina all’India, la sua mente creativa partorisce progetti editoriali senza sosta. Per la cultura italiana, per il pensiero teologico, tutto questo comporta una boccata d’ossigeno dagli effetti vertiginosi. Gliene davano convintamente atto i suoi colleghi Mieth, Schillebeeckx e Snijdewind: introducendo il volume Cammino e visione, che riuniva studi in onore di padre Rosino per i suoi settant’anni, scrivevano che «Rosino Gibellini è uno dei padri che hanno osato, sostenuto e rinnovato i cammini, intervenendo con sapienza, ma sempre anche con forza, sensibilità e precisione, mostrando capacità di pazienza, ma anche di indignazione».
Con tanti incontri, e una presenza da protagonista alla Buchmesse di Francoforte nel mezzo secolo che va dal 1964 al 2015, padre Gibellini avrebbe potuto scrivere un ponderoso libro sugli incontri della sua vita. «Questo tipo di lavoro però non è nelle mie corde», ammetteva sereno. In compenso, oltre che a quanti lo affiancavano, ha affidato la sua vastissima, inimitabile conoscenza della teologia contemporanea a un testo fondamentale: La teologia del XX secolo; uscito per la prima volta nel 1992, è giunto alla sua settima edizione italiana ed è stato tradotto in dieci lingue. Ne rappresentano la sintesi e il completamento la Breve storia della teologia del XX secolo, l’Antologia del Novecento teologico e Prospettive teologiche per il XXI secolo, fra i libri da lui scritti o curati. Il dialogo personale con grandi filosofi, come Max Horkheimer, ne rappresenta un corollario essenziale.
Dopo le principali collane da lui dirette e le grandi opere, e accanto a un numero vastissimo di editoriali e introduzioni a volumi di Queriniana, nella produzione di padre Rosino c’è stato spazio anche per scritti più intimi, come la Meditazione sulle realtà ultime (2018) nella quale, facendo proprie le parole dell’amico Moltmann in risposta a Ernst Bloch, ricordava quasi a se stesso: dopo la morte, «Noi siamo attesi»[1].
La teologia post-conciliare, grazie anche al lavoro editoriale e di tessitura culturale di padre Rosino, esce dunque dal recinto specialistico, dialoga con la storia e con la filosofia, parla all’uomo e dell’uomo. «La teologia di oggi si occupa di storia, di mondo, di politica, è esistenziale ed ermeneutica», spiegava lui. Difficile sovrastimare il contributo dato dalle pubblicazioni di Queriniana, grazie a Gibellini, alla modernizzazione e alla sprovincializzazione della teologia cattolica in Italia. Innumerevoli studiosi e studiose gli sono grati della ventata di aria fresca entrata nelle stanze dei seminari, nelle sale degli istituti di scienze religiose, nelle aule universitarie e nelle biblioteche delle parrocchie o di tante case private.
Nella prefazione al suo capolavoro, il teologo e filosofo bresciano ora scomparso ha riassunto il senso di una vita di lavoro intellettuale, teologico ed editoriale con queste parole: «Il discorso teologico del XX secolo come discorso fatto “in onore di Dio” (L. Wittgenstein) si è andato sempre più sviluppando come discorso in difesa e a favore dell’humanum, ricollegandosi in questo ai filoni più vivi della tradizione cristiana. Uno dei testi più citati della tradizione cristiana nella teologia del XX secolo è l’affermazione di Ireneo, del II secolo: Gloria Dei vivens homo, “La gloria di Dio è l’essere umano che vive”». Che vive anche oltre la stretta dell’ultimo respiro esalato su questa terra. Un pensiero che ha rappresentato una stella polare nel lungo, fertilissimo lavoro culturale di padre Rosino Gibellini.
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Intelligenza e ironia. Gioia e stupore.
Ecco le parole con cui egli concludeva il suo diario privato.
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Editrice Queriniana, Brescia (Italy)
[Testo ripreso, con modifiche, da: M. Tedeschi, Teologo, editore, intellettuale capace di una visione mondiale, in occasione della consegna del «Premio Brescianità 2020» a Rosino Gibellini].
[1] «Bloch domandava con insistenza all’amico teologo, Moltmann, che cosa ci attende veramente dopo la morte. E su questo voleva una risposta non evasiva. La risposta del teologo è stata: “Noi siamo attesi”»: R. Gibellini, Meditazione sulle realtà ultime, Queriniana, Brescia 2018, 67.