06/06/2011
193. IL NUOVO LIBRO DEL PAPA SU GESÙ di Rosino Gibellini
Ingrandisci carattere Rimpicciolisci carattere

Puntuale, dopo la prima parte del libro Gesù di Nazaret. Dal battesimo nel Giordano fino alla trasfigurazione 1 (sottotitolo che figurava nell’edizione originale tedesca, ma non figurava nell’edizione Rizzoli del 2007), è apparsa, in occasione delle festività pasquali del 2011, a distanza di circa quattro anni, la seconda parte, edita in edizione italiana dalla Libreria Editrice Vaticana, con il titolo Gesù di Nazaret. Dall’ingresso in Gerusalemme fino alla risurrezione.

Il nome dell’Autore è sempre in duplice versione: il nome del teologo e il nome del Papa, che lascia al lettore e recensore libertà di valutazione e critica; e il criterio metodologico dell’esposizione congiunge ancora «l’ermeneutica della fede» con «l’ermeneutica storica consapevole dei propri limiti per formare un’interezza metodologica» (7), che rappresenta una ripresa dei principi metodologici per l’esegesi formulati dal Concilio Vaticano II (in Dei Verbum 12) «un compito finora purtroppo quasi per nulla affrontato» (7). Si rende manifesta anche l’intenzione: «Coniugando tra loro le due ermeneutiche di cui ho parlato sopra, ho cercato di sviluppare uno sguardo sul Gesù dei Vangeli e un ascolto di Lui che potesse essere un incontro e tuttavia, nell’ascolto in comunione con i discepoli di Gesù di tutti i tempi, giungere anche alla certezza della figura veramente storica di Gesù» (9).

Il libro di Joseph Ratzinger/Benedetto XVI è diverso dall’opera in più volumi dell’esegeta americano John Meier, Un ebreo marginale (1991ss.) che segue il modello dell’esegesi storico-critica; e dal libro dell’esegeta tedesco Klaus Berger, Gesù (2004), che illustra la figura e il messaggio di Gesù, ponendosi in dialogo con le domande del presente. Questi tre libri, tra i più recenti, sulla figura di Gesù, sono esemplarmente diversi nelle metodologie, ma si rivelano convergenti e integrabili nei risultati conseguiti.


Il libro che stiamo considerando e di cui intendiamo sottolineare solo alcuni spunti di particolare interesse, è leggibile da tutti e «non è scritto in cinese per esperti», come ha osservato il biblista Thomas Söding in uno dei primi commenti apparsi nel mondo tedesco. Anzi direi che è ancor più leggibile del primo libro, per gli eventi drammatici che ricostruisce e narra con solida documentazione in nove capitoli, seguiti da pagine conclusive con il titolo «Prospettive».

Il primo capitolo descrive l’ingresso in Gerusalemme e la purificazione del tempio, confutando le tesi in chiave politica di Eisler e di Brandon, che aggregavano Gesù al movimento rivoluzionario degli zeloti: «Gesù non viene come distruttore; non viene con la spada del rivoluzionario. Viene col dono della guarigione» (34).

Il secondo capitolo riflette sul discorso escatologico di Gesù, trasmesso nei tre sinottici con varianti diverse, che «è forse da qualificare come il testo più difficile in assoluto dei Vangeli» (37). In questo capitolo Ratzinger riesce in modo efficace a far intendere «lo shock tremendo» che ha costituito per il giudaismo la cessazione del sacrificio con la distruzione del tempio: «Ma Egli sapeva anche che l’epoca di questo tempio era superata e che sarebbe arrivato qualcosa di nuovo che era collegato con la sua morte e risurrezione» (46). Ratzinger poi distingue bene il rapporto tra profezia e apocalisse nel discorso escatologico: «Le parole apocalittiche di Gesù non hanno nulla a che fare con la chiaroveggenza. Esse vogliono distoglierci dalla curiosità superficiale per le cose visibili e condurci all’essenziale» (64).

Il capitolo terzo ha per oggetto la lavanda dei piedi, nell’ultima cena di Gesù con i suoi discepoli. Qui il motivo ricorrente della spiegazione: «La fede purifica il cuore. Essa deriva dal volgersi di Dio verso l’uomo. La fede nasce, perché le persone vengono toccate interiormente dallo Spirito di Dio, che apre il loro cuore e lo purifica» (71). La fede è «il vero lavacro di purificazione per l’uomo» (86). 

Segue nel capitolo quarto la riflessione sulla preghiera sacerdotale di Gesù, che è preghiera per l’unità, e per l’unità «visibile», e non solo «unità dell’annuncio» come spiega Bultmann, il cui commento a Giovanni (insieme a quello di Schnackenburg) accompagna le riflessioni del nostro Autore durante tutto il percorso dell’esegesi di Giovanni. Ratzinger annota: «L’annuncio autentico creerebbe, esso stesso l’unità. Il “frazionamento di fatto” della Chiesa non sarebbe in grado di ostacolare l’unità proveniente dal Signore, ci insegna Bultmann» (111). Ratzinger però precisa che questa unità si basa, implicitamente, su tre pilastri: il sacramento della successione, il Canone della Scrittura, e il cosiddetto Simbolo della fede: il Credo. Si può prevedere che sarà uno dei punti di discussione ecumenica. 

Il capitolo quinto, centrale nella esposizione, è sull’ultima cena, che, secondo Ratzinger, seguendo Giovanni, era una cena d’addio, ma non coincideva con la cena pasquale. Il capitolo farà discutere gli esperti. È noto che degli ultimi giorni di Gesù si danno due datazioni: «La più seguita è la datazione sinottica, per la quale l’ultima cena è la cena pasquale ebraica. Secondo la datazione di Giovanni, ricuperata da Ratzinger, sulla scorta della ricostruzione del biblista americano John Meier, «processo e crocifissione avvengono nel giorno prima della Pasqua, nella “Parasceve”, non nella festa stessa. La Pasqua in quell’anno si estende dunque dalla sera del venerdì fino alla sera del sabato e non dalla sera del giovedì fino alla sera del venerdì» (124). E continua nella precisazione: «Per il resto, lo svolgimento degli eventi rimane lo stesso. Giovedì sera l’ultima cena di Gesù con i suoi discepoli, che però non è una cena pasquale; venerdì - vigilia della festa e non la festa stessa -: il processo e l’esecuzione capitale. Con questa cronologia, Gesù muore nel momento in cui nel tempio vengono immolati gli agnelli pasquali. Egli muore come l’Agnello vero che negli agnelli era solo preannunciato» (124). Si vede bene che la datazione giovannea permette a Ratzinger di ricuperare il motivo «mistico», espresso da quella drammatica ricostruzione della sequenza dei fatti, che il teologo evidenzia con grande intensità spirituale. 

Il capitolo sesto ha un titolo emblematico, Getsemani. Nella presentazione ufficiale del libro, lo scrittore Claudio Magris è andato subito diritto, nel suo dotto intervento, a questo capitolo, per dimostrare l’umanità di Gesù nella «lotta interiore», «nella quale Egli deve assumersi il destino dell’agnello» (165). Questa «lotta notturna» è espressa con la folgorante traduzione delle parole di Gesù nel giardino: «l’anima mia è turbata», fatta da Bultmann, e citata da Ratzinger: «ho paura» (Bultmann, p. 327; Ratzinger, p. 177).

Il movimentato capitolo settimo è dedicato al processo, dove si spiega approfonditamente l’espressione usata da Mt 27, 25, secondo il quale «“tutto il popolo” avrebbe detto: “Il suo sangue ricade su di noi e sui suoi figli”», che la letteratura ebraica valuta come l’espressione più anti-ebraica delle Scritture cristiane. Ratzinger spiega - riprendendo, implicitamente, il Concilio Vaticano II e la grande esegesi contemporanea – che “tutto il popolo” rappresenta solo «il gruppo dei sostenitori di Barabba, non però il popolo ebreo come tale» (209). Ma aggiunge un’altra interpretazione teologica: «Non è maledizione, ma redenzione, salvezza. Soltanto in base alla teologia dell’ultima cena e della croce presente nell’intero Nuovo Testamento la parola di Matteo circa il sangue acquisisce il suo senso corretto» (211).

Nel capitolo ottavo si svolge una teologia della croce, sintetizzata «nella parola “per”; è - come soprattutto Heinz Schürmann ha ripetutamente sottolineato – una pro-esistenza» (196); e ritorna, a proposito della morte in croce, il motivo dell’«agnello». L’ora nona del venerdì santo: «È l’ora in cui vengono immolati gli agnelli pasquali. […] Gesù appare qui come il vero Agnello pasquale, che è puro e perfetto» (250).

Nel capitolo nono si compie un accurato ed essenziale esame di tutti i testi del Nuovo Testamento relativi alla risurrezione di Gesù dalla morte. E si scrive: «Egli è pienamente corporeo. E tuttavia non è legato alle leggi della corporeità, alle leggi di spazio e tempo. In questa sorprendente dialettica tra identità ed alterità, tra corporeità e libertà dei legami del corpo si manifesta l’essenza peculiare, misteriosa della nuova esistenza del Risorto» (295-296).

Il libro di Joseph Ratzinger/Benedetto XVI termina con le «Prospettive» sull’ascensione e sul ritorno nella gloria, e si conclude con il gesto benedicente di Gesù della finale del Vangelo di Luca (Lc 24, 25s): «Nel gesto delle mani benedicenti si esprime il rapporto duraturo di Gesù con i suoi discepoli. […] Nella fede sappiamo che Gesù, benedicendo, tiene le sue mani stese su di noi. È questa la ragione permanente della gioia cristiana» (324).

 

Nota

1) Cf. Teologi@Internet n. 91: Gesù di Nazaret raccontato da Benedetto XVI; – n. 117: Il libro del papa su Gesù nel conflitto delle interpretazioni.




© 2011 by Teologi@Internet
Forum teologico diretto da Rosino Gibellini

Editrice Queriniana, Brescia (UE)

 

"
Teologi@Internet: giornale telematico fondato da Rosino Gibellini