24/03/2014
279. IL ''DE MAGISTRO''-POSTMODERNO di Rosino Gibellini
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famiglia

Il De Magistro di S. Agostino è un testo ormai classico. Ma ora è apparso un De Magistro, che definirei postmoderno, a firma della giovane studiosa bresciana, Francesca Nodari, con il titolo Il bisogno dell’Altro e la fecondità del Maestro (Giuntina 2013). Alcuni pensieri che si rifanno al mio intervento alla discussione sul libro, in presenza dell’Autrice, nella Libreria dell’Università Cattolica, a Brescia, in data 27 febbraio u.s.

Il De Magistro presenta la relazione pedagogica, o educazionale, tra Maestro e discepolo. Agostino aveva elaborato il suo celebre dialogo, da cristiano, appena rientrato da Milano, ma non ancora vescovo. La aveva scritto dopo la morte del quindicenne Adeodato, suo figlio “illegittimo”. Nel testo c’è l’esperienza dell’educazione impartita al figlio, di cui ammirava l’intelligenza; ma anche la sua esperienza di retore a Cartagine prima, e poi a Milano. Databile verso il 390 d.C., si ispira alla dottrina socratico-platonica dell’arte maieutica, secondo la quale il maestro «exterius adminiculat», «aiuta dall’esterno», per favorire l’illuminazione interiore della luce che illumina ogni mente (secondo la visione cristiana dell’interiorità).

Anche Tommaso d’Aquino aveva ripreso il tema, dedicando al De Magistro una delle Quaestiones disputatae de Veritate (sec. XIII), sottolineando l’apporto dell’esperienza.

Quello che definisco il De Magistro postmoderno, firmato dalla Nodari, viene presentato nella concettualità del filosofo francese-lituano, Levinas.

Francesca Nodari aveva già dedicato al suo filosofo, studiato a Freiburg (Germania) sotto la guida del filosofo della religione, Bernhard Casper, lo studio accademico Il pensiero incarnato in Emmanuel Levinas (Morcelliana 2011).

Il testo della Giuntina è dotto, in quanto viene utilizzata non solo la vasta bibliografia del filosofo, ma anche il primo volume delle opere postume, i Cahiers de captivité, pubblicati dal lascito levinasiano solo nel novembre 2009. Levinas (1906-1995), dopo l’emigrazione dalla Lituania in Francia, e gli studi a Strasburgo (con Blondel), e a Freiburg/Germania (con Husserl e Heidegger), aveva anche partecipato come cittadino francese alla seconda guerra mondiale; fatto prigioniero nel 1940 e inviato in un campo di prigionia nel nord della Germania, dove rimarrà fino a fine guerra, nel 1945, e dove nella durezza della prigionia (ma ha salvato la vita come prigioniero francese), aveva incominciato ad elaborare le categorie della sua riflessione. Il libro di Francesca Nodari funziona anche come libro introduttivo alla filosofia di Emmanuel Levinas. C’è da indicare anche un confronto tra teologia cristiana e pensiero ebraico di Levinas nel recente libro del teologo di Bonn, Josef Wohlmuth, Mistero della trasformazione. Tentativo di una escatologia tridimensionale, in dialogo con il pensiero ebraico e la filosofia contemporanea (BTC 164, Queriniana 2013), che riprende in parte i contributi del libro in collaborazione, da lui diretto, dopo la morte del filosofo, Emmanuel Levinas – eine Herausforderung für die christliche Theologie (Paderborn 1998).

Nel De Magistro levinasiano, l’exterius agostiniano, il «da fuori» diventa «di fronte» al Maestro. Sintetizza l’Autrice: «Il maestro, nel suo stare di fronte al discepolo, mostra come “proprio la pluralità, proprio la dualità, proprio la socialità […] hanno una specifica eccellenza, che è irriducibile”» (75). L’uomo è un essere bisognoso, sente «il bisogno dell’Altro», e dall’altro apprende l’arte della vita. L’altro è una categoria della postmodernità (David Tracy), a cui ha dato un decisivo contributo il filosofo lituano-francese.

L’Autrice evidenzia anche questo testo di Levinas: «La relazione tra il Maestro e l’allievo non consiste nel comunicarsi delle idee. Essa è il primo irradiarsi del messianismo stesso» (86). Testo di grande splendore: nell’istruzione avviene un irraggiamento del messianismo, e cioè la vita del discepolo si apre al futuro e alla fiducia e alla responsabilità dell’agire per l’altro.

Ancora: «Il Maestro raggiunge l’acume della sua fecondità: fa crescere il discepolo, lo provoca, nell’accadimento della fiducia […] insieme sperano-per-il-presente nella fonte di ogni fiducia che è salvezza» (89). Levinas ha il merito di aver introdotto nella filosofia del Novecento, con la categoria dell’Altro, l’idea di Dio, l’attesa del messianismo, il desiderio della salvezza, la dimensione etica della vita.

Conclude il suo saggio l’Autrice con queste illuminate parole: «Crediamo che proprio nella relazione che viene tra il Maestro e l’allievo, e dunque, nell’accadimento dell’insegnamento […] si esplichi il senso profondo del capovolgimento dell’amore della saggezza in saggezza dell’amore ovvero dell’etica come filosofia prima» (90). La filosofia prima non è più la metafisica, come nella tradizione occidentale, ma l’etica nella responsabilità per l’altro.

È una visione da riprendere nel tempo della «morte del prossimo» (Luigi Zoja).

 

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Editrice Queriniana, Brescia (UE)

 

Josef Wohlmuth
MISTERO DELLA TRASFORMAZIONE
Tentativo di una escatologia tridimensionale,
in dialogo con il pensiero ebraico e la filosofia contemporanea 

Editrice Queriniana, Brescia 2013

Biblioteca di teologia contemporanea 164
pagine 384

 





 

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