L’autore del presente articolo è caporedattore di «Christ in der Gegenwart», rivista cattolica molto diffusa tra il clero e le comunità cattoliche di lingua tedesca.
La decisione di Benedetto XVI di riabilitare i vescovi tradizionalisti ordinati nel 1988 da Marcel Lefebvre e perciò scomunicati crea irritazioni non solo nel mondo cattolico. Il riaccoglimento di quattro vescovi tradizionalisti del movimento lefebvriano nella comunione della chiesa non tocca, come si vede dalle violenti reazioni, soltanto i cattolici. Un corrispettivo decreto della Congregazione romana dei vescovi, sottoscritto dal cardinale Giovanni Battista Re, spiega la decisione del papa con il fatto che egli ha voluto reagire con misericordia a una «situazione di necessità spirituale» delle persone in questione. Questi vescovi erano state ordinati nel 1988, nonostante il divieto del papa, dal vescovo ribelle Marcel Lefebvre ed erano così incorsi automaticamente nella scomunica. Si tratta di Bernard Fellay, superiore generale della Fraternità sacerdotale S. Pio X, Bernard Tissier de Mallerais, Alfonso de Gallareta e Richard Williamson.
Il decreto dice testualmente: «Papa Benedetto XVI, mosso da sentimenti paterni di fronte alla situazione di necessità spirituale dichiarata dagli interessati, a motivo della scomunica, e confidando nel loro… impegno esplicito a non risparmiare fatica nell’approfondire i dialoghi con la Santa Sede per arrivare così ad una completa e soddisfacente soluzione del problema insorto, ha deciso… di riconsiderare la situazione canonica dei vescovi, che si è creata con la loro ordinazione episcopale». Lo scopo della riabilitazione sarebbe «di rafforzare le relazioni di reciproca fiducia» e di consolidare «i contatti tra la Fraternità S. Pio X e la Santa Sede». Si vuole così promuovere l’unità della chiesa universale e superare lo scandalo della divisione.
Erano preceduti alcuni colloqui con i capi del movimento tradizionalista, i quali a metà dicembre in una lettera avevano chiesto la revoca della scomunica. In quello scritto si dice: «Noi abbiamo la volontà e siamo fermamente decisi a rimanere cattolici e a porre tutte le nostre forze al servizio della chiesa di nostro Signore Gesù Cristo, la quale è la chiesa cattolica romana. Noi accettiamo le sue dottrine con sentimenti filiali. Crediamo fermamente nel primato di Pietro e nella sua speciale posizione. E per questo motivo soffriamo molto nel trovarci nell’attuale situazione».
Unità senza l’ultimo concilio?
Nel decreto – come già in un memorandum precedente redatto dal Vaticano, dai tradizionalisti tuttavia non sottoscritto – non viene richiesto espressamente ai vescovi tradizionalisti di riconoscere le decisioni del concilio Vaticano II senza se e senza ma, sebbene proprio il rifiuto di dare il proprio consenso ad affermazioni essenziali di questo concilio ecumenico fosse il motivo per cui Lefebvre e i suoi seguaci si erano staccati dalla chiesa universale. Questo riconoscimento del concilio è forse sottinteso nelle affermazioni della lettera relative alle dottrine della chiesa e del primato di Pietro?
Su questo si possono nutrire forti dubbi, tanto più se si vanno a leggere i messaggi trionfalistici e talvolta addirittura beffardi nei confronti della chiesa nel suo complesso sul sito internet kreuz-net, portavoce del popolo di Lefebvre. Lì, subito dopo la decisione del papa, tra le altre cose si dice che il superiore generale della Fraternità sacerdotale S. Pio X in una lettera al Vaticano e anche ai fedeli tradizionalisti ha affermato: «Noi siamo pronti a scrivere con il nostro sangue il Credo, a sottoscrivere il giuramento antimodernista, …accettiamo e facciamo nostri tutti i concili fino al Vaticano II, nei confronti del quale noi vorremmo esprimere delle riserve». E già in ottobre Fellay scriveva, come riporta il Tagesspiegel: Il concilio Vaticano II e la «nuova messa» avrebbero «procurato alla chiesa già tanto dolore, così che noi dobbiamo dire di no. Sappiamo abbastanza chiaramente dove vogliamo andare: non vogliamo bere questo veleno». Il superiore distrettuale della Fraternità, il tedesco Franz Schmidberger, a sua volta dichiarò già in novembre che il nuovo ordinamento della messa e il catechismo universale di cui porta la responsabilità papa Benedetto XVI, «annacquano e falsificano» la nostra fede. Non sarebbero i tradizionalisti ad essere disobbedienti, «bensì coloro che arbitrariamente cambiano la dottrina immutabile». Vale a dire: La questione della serietà con cui i tradizionalisti affrontano effettivamente il richiesto riconoscimento di tutte le affermazioni dottrinali, è pienamente giustificata.
Particolare indignazione ha suscitato il fatto che uno dei vescovi nuovamente confermati come maestri della chiesa, Richard Williamson, in una recente intervista abbia di nuovo negato la Shoa, l’annientamento degli ebrei, motivo, questo, per procedere contro di lui penalmente. Non sono soltanto i tedeschi ad essere indignati di come sia possibile che un papa tedesco riammetta un tale uomo al ministero pastorale di vescovo. Il Vaticano ha sì cercato, con tardive prese di posizione, di limitare il forte danno pubblicamente causato, però è incomprensibile come nel campo di decisioni così importanti la diplomazia possa cadere in errori tanto grossolani. In fin dei conti, infatti, si conosceva già prima, da numerose esternazioni provenienti dallo schieramento di Lefebvre, quale latente antigiudaismo e antisemitismo lì emergesse. Già prima di Natale Schmidberger aveva scritto una lettera aperta della sua comunità ai vescovi tedeschi, nella quale egli – in esplicita contraddizione con affermazioni di papa Giovanni Paolo II – dichiarava: non solo gli ebrei «non sono i nostri fratelli maggiori nella fede», ma sono «piuttosto corresponsabili del deicidio, fintantoché essi non prendono le distanze, confessando la divinità di Cristo e attraverso il battesimo, dalla colpa dei loro antenati». Da parte della conferenza episcopale, ad una richiesta della redazione della nostra rivista, si rispose allora: per quanto riguarda i seguaci di Lefebvre, non si tratta di un movimento della chiesa cattolica, perciò non ci si sente tenuti ad un confronto esplicito con loro su questo. Solo poche settimane più tardi la realtà ha dunque superato la valutazione di allora.
Williamson stesso, secondo Radio Vaticana, ha giudicato l’attuale concessione di grazia papale in una prospettiva rovesciata, intendendola in questi termini: il «problema della chiesa a partire dal Vaticano II» è stato «una separazione dell’autorità cattolica dalla verità cattolica». Con il decreto il Vaticano ha ora «compiuto un passo indietro decisivo nella direzione della sua riunificazione». Comunque, occorre sicuramente ancora del tempo perché i «neomodernisti di Roma» riconoscano «in quale falso modo essi comprendono la fede».
Contro Giovanni Paolo II?
La perdita di stima del papa tedesco, salutato quattro anni fa nei media addirittura in modo euforico, appare considerevole, proprio anche nei fedeli più conservatori. Il giornale Frankfurter Allgemeine scrive che per ora rimane «il mistero del papa, del perché egli è ora andato incontro agli avversari fanatici del concilio Vaticano II così tanto da mettere in ridicolo l’insistere del suo predecessore Giovanni Paolo II sull’obbedienza nei confronti del magistero della chiesa e al vescovo di Roma». La Neue Zürcher Zeitung cerca di comprendere, ma arriva alla conclusione: «Certamente al papa non dà pace la preoccupazione per l’unità della chiesa. Ma ciò non esclude un altro motivo, altrimenti impostosi. Benedetto XVI ha scritto sulle sue bandiere la lotta contro relativismo e indifferenza religiosa, e in questa lotta gli può essere soltanto caro l’appoggio da tutte le parti, anche dall’estrema destra».
Esprime un giudizio più severo, considerando documenti, decisioni e azioni di questo pontificato, la Badische Zeitung: «Di nuovo Benedetto XVI ha fatto in modo di inviare nel mondo segnali contradditori… e di creare così un nuovo problema di immagine».
Un spinta contro la spinta?
La Süddeutsche Zeitung diagnostica un «peccato originale del papa»: «Esattamente cinquant’anni fa una spinta in avanti attraversò la chiesa cattolica: Giovanni XXIII annunciava un concilio. In quanto concilio Vaticano II doveva fare storia. Papa e chiesa aprivano le loro porte al mondo moderno… Ora di nuovo una spinta attraversa la chiesa, ma è una spinta all’indietro. Benedetto XVI … si avvicina ampiamente ai seguaci del defunto scismatico Marcel Lefebvre. Lo fa sebbene i lefebvriani neghino lo spirito del concilio e vogliano sospingere indietro la storia della chiesa di cento anni… Molti cattolici vedono come compito della loro chiesa l’impegnarsi con fedeli di fede diversa per un mondo degno dell’uomo. Desiderano che il loro Pontefice costruisca ponti, ad esempio verso le chiese riformate e verso l’ebraismo. In questo però Benedetto XVI manca spesso di quella generosità con cui egli ora abbraccia i reazionari».
Su un problema particolare interno alla teologia richiama l’attenzione il teologo morale della Facoltà di teologia di Friburgo, Eberhard Schockenhoff, al quale certamente non si può imputare di rappresentare concezioni progressiste. Nella eliminazione dello scisma lefebvriano egli vede chiare contraddizioni che riguardano la comprensione del ministero e della chiesa: «È ora possibile essere vescovo della chiesa cattolica senza essere nella piena comunione della sua fede». Ciò riguarda tra l’altro affermazioni centrali sulla rivelazione, come l’immagine di chiesa, la dottrina del sacerdozio universale dei fedeli, la concezione della universale volontà salvifica di Dio come pure il riconoscimento della libertà religiosa e di tutte le affermazioni dell’ultimo concilio. Sotto papa Giovanni Paolo II le trattative con i tradizionalisti erano state condotte ancora secondo il principio che un reinserimento dei vescovi scomunicati presupponeva obbligatoriamente il loro riconoscimento delle affermazioni da essi contestate. Schockenhoff teme: se adesso il papa «con il suo andare incontro desta l’impressione che affermazioni centrali di fede della chiesa siano a disposizione della sua strategia, ciò danneggia la credibilità del suo ministero». Il papa allora non è più lui stesso un garante affidabile della fede, quale il recente concilio l’ha annunciata in modo vincolante.
La problematica dell’antisemitismo proprio in uno dei vescovi riabilitati ha suscitato particolare indignazione, ma questo è solamente un punto accanto a uno ancora più grave, più pericoloso per la situazione della chiesa: il rischio che coloro che sono comunque gravemente delusi a livello spirituale dal persistente e pesante ristagno della riforma nella teologia e nella comunità di fede ora più che mai passino all’emigrazione interna o prendano totalmente distanza a livello intellettuale-spirituale, e forse perfino abbandonino la chiesa perché da essa, sul piano religioso, non si aspettano più nessuna capacità di presente e di futuro. Rispetto a questo – per quanto amaro possa suonare – appare piuttosto periferico che il papato stesso diventi non credibile, se esso rivaluta mondi particolari teologici e spirituali di gruppi particolari di tal genere e riprende e ricolloca al centro della vita di fede i tradizionalisti senza qualsiasi garanzia di correzione duratura e riforma nel senso dell’ultimo concilio, del nostro concilio, del concilio di tutto il popolo di Dio. Neppure tanti e continui tentativi di pacificazione e di chiarificazione possono cancellare il fatto che la recente decisione del papa in favore dei tradizionalisti abbia suscitato all’interno della chiesa cattolica violenti dissonanze – per tacere completamente della perdita di stima sia all’interno che all’esterno. Comunque, ogni conflitto offre – anche tra i devoti – l’opportunità di una presa di coscienza circa ciò che è essenziale e circa un rinnovamento scrupoloso nella fedeltà al messaggio di Cristo, Alfa e Omega della nostra vita, del nostro universo, della nostra storia. Cristo è e rimane, secondo la nostra fede, il capo della creazione e così certamente anche il capo di tutta l’evoluzione, sia secolare che sacra.
© 2009 by Christ in der Gegenwart 6/2009 (Herder Verlag, Freiburg im Breisgau)
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Traduzione dal tedesco di Gianni Francesconi
Forum teologico, a cura di Rosino Gibellini
Editrice Queriniana, Brescia (UE)