30/10/2024
570. GUSTAVO GUTIERREZ: UN TEOLOGO CHE SAPEVA «GUARDARE LONTANO» di Rosino Gibellini
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È scomparso a Lima, all’età di 96 anni, Gustavo Gutiérrez, considerato padre della teologia della liberazione e suo esponente per antonomasia. Nato nel 1928, sempre a Lima, ha studiato medicina e lettere nel suo Paese, ma soprattutto ha poi compiuto studi di psicologia e filosofia all’Università di Lovanio (Belgio) e studi di teologia sia all’Università cattolica di Lione (Francia) sia a Roma. Già fondatore dell’Instituto Bartolomé de las Casas di Lima, era professore emerito dell’Università cattolica del Perù e dell’Università di Notre Dame, nell’Indiana (USA), ma ha tenuto corsi anche presso le università del Michigan, di Cambridge, di Montréal, di Harvard, di São Paulo, di Berkeley, di Layon, l’Universidad Pontificia Comillas, la Sophia University di Tokyo. Prete dal 1959, divenuto domenicano a 76 anni, è stato uno degli intellettuali che hanno denunciato le ingiustizie e le disuguaglianze del Sudamerica. Ha raggiunto la notorietà internazionale con il primo grande trattato sul tema – Teologia della liberazione: prospettive – pubblicato nel 1971 e tradotto in tutto il mondo. La sua opera teologica include altresì una spiritualità basata sulla solidarietà con i poveri e gli ultimi, che esorta la prassi ecclesiale a partecipare al cambiamento delle istituzioni sociali ed economiche promuovendo una maggiore giustizia sociale. Gutiérrez ha ricevuto una dozzina di lauree honoris causa, oltre a premi e riconoscimenti in tutto il mondo.

Per salutare e omaggiare il grande teologo scomparso, proponiamo qui di seguito ai nostri lettori e lettrici un testo del 2008 vergato con ammirazione e affetto da padre Rosino Gibellini, amico e grande estimatore di padre Gutiérrez: da queste righe emerge il legame fra il teologo peruviano e l’Editrice che per prima ha fatto conoscere in Italia la sua opera.



 

 

Ho incontrato Gustavo Gutiérrez per la prima volta a Bruxelles, in Belgio, nel settembre 1970. Lì, al Palais des Congrès, si celebrava il Congresso internazionale in occasione del quinto anniversario della rivista internazionale di teologia Concilium (1965-1970). Tema del Congresso era «Il futuro della Chiesa». In quella occasione ci furono molti incontri.

Ricordo in particolare, oltre ai membri della direzione e della redazione della rivista Concilium, il mio primo incontro con Harvey Cox e con il biblista Raymond Brown. Non vi erano ancora teologhe, né erano presenti teologi dal cosiddetto Terzo Mondo, salvo una eccezione: Gustavo Gutiérrez, allora sconosciuto ai più in Europa. In quella occasione è stato Yves Congar a segnalarmi il teologo peruviano come uno dei grandi interpreti dell’America latina. Datano dunque a partire da Bruxelles 1970 i miei primi contatti di quello che sarebbe poi diventato un percorso fatto di stima, amicizia e collaborazione.

Nell’estate del 1971 perveniva all’Editrice Queriniana di Brescia il dattiloscritto in lingua spagnola di Teología de la liberación, che sarebbe stato pubblicato in prima edizione peruviana a Lima il 31 dicembre 1971. Prontamente abbiamo tradotto il testo dattiloscritto in lingua italiana e lo abbiamo pubblicato nella collana «Biblioteca di teologia contemporanea»: era il marzo 1972 (qualche mese prima dell’edizione spagnola!). Il libro lo rivelava all’Europa come uno dei grandi teologi del XX secolo. 

L’opera Teologia della liberazione è in effetti un libro che fa data: esso segna l’ingresso nella teologia europea e nordatlantica, che veniva largamente esportata nel mondo cristiano, e si riteneva pertanto universale, di una teologia che interpretava “il rovescio della storia”, el reverso de la historia. L’opera ha reso un grande servizio anche alla teologia africana e alla teologia asiatica, che arrivavano in ordine sparso, come voci remote, senza l’incisività del libro del teologo peruviano. È stato un vero servizio alla cattolicità e alla ecumenicità della teologia e della chiesa.

L’ingresso di Gustavo Gutiérrez nella direzione della rivista internazionale di teologia Concilium, a partire dal 1972, lo poneva tra le firme più note in campo internazionale.

Il lettore italiano ama Gustavo Gutiérrez e lo ha seguito nello sviluppo del suo pensiero: nella fase più politica de La forza storica dei poveri (1979); nella fase in cui ha svolto le linee di una spiritualità della liberazione come «avventura comunitaria», con i testi più intensi degli anni Ottanta del secolo scorso; e nella fase storiografica, con il grande studio su Bartolomé de las Casas degli anni Novanta. La sua voce si rivela convincente e coinvolgente.

È vivo il suo lascito: l’opzione per i poveri, la denuncia delle “strutture di peccato”, la nominazione di Dio come Dio della vita, che restano tra i temi maggiori dell’agenda teologica del nuovo secolo. Questi e chissà quanti altri i doni che ci ha fatto un teologo che sa «guardare lontano».







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